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Autore: Joy B Cheshire    14/11/2015    2 recensioni
E se Pucca dopo 4 anni a Tokyo incontrasse un fantasma dal passato?
Rating arancione per linguaggio, scene di violenza e si vedrà se aggiungo altro
Questa è una songfic, i diritti delle canzoni citate in questi capitoli vanno ai rispettivi proprietari.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Garu, Pucca
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Lunedì. Poteva esserci giorno peggiore? Normalmente Pucca avrebbe risposto di no senza esitare, ma dopo aver passato la domenica a studiare e rimuginare su quel biglietto, non sapeva decidere se fosse peggio il test di scienze o le ore di sofferenza psicologica trascorse ieri. Rimaneva il dilemma: andare o non andare al parco? Cercava di consolarsi pensando che aveva ancora tempo fino al pomeriggio per decidere. Le prime due ore passarono velocemente agli occhi della sedicenne. Alla terza ora aveva il compito di scienze, ma non solo non se ne preoccupava, non le importava nulla del voto che avrebbe preso. Nonostante tutte le risposte fossero giuste, lei era con la testa da un’altra parte. Aveva il morale a terra. Yomi non era neanche in classe quel giorno perché aveva preso l’influenza giocando con Shinici sulla neve. Si sentiva sola, triste e malinconica, tanto che si era fatta gli odango ai capelli per andare a scuola dove di solito li teneva sciolti. E come se non bastasse mentre pranzava col suo bento in cortile -opportunamente coperta con cappotto e sciarpa di colore marrone/bordeaux- per conto suo, arrivò sua maestà il principe dei deficienti (come le piaceva chiamarlo nella sua testa), Ryoichi senpai.
«Bene, bene! Guarda un po’ chi c’è! Cosa ci fai qui tutta sola, dolcezza?» esordì quello.
«Mangio.» rispose Pucca seccata. Aggiunse: «Che vuoi, Ryoichi?»
Con un sorrisetto stampato sulle labbra cominciò a stuzzicarla: «Uuuuh, che caratterino, eh? Perché mi tratti così, Pucca-chan?? Non lo vedi che siamo fatti l’uno per l’altra? Non è possibile che io non ti piaccia!»
“È possibilissimo invece!” Pensò questa, poi disse spazientita chiudendo di scatto il coperchio del bento: «Vattene, Ryoichi! Oggi non è giornata!» Ryoichi la guardò stupito e disse con una punta di preoccupazione nel solito tono di voce pieno di malizia: «Ehi, che hai? Ti sei alzata con la luna storta? Ci sono certe giornate nere anche per me, sai? Posso capirti!» Pucca, mentre lui parlava si era alzata e aveva iniziato a camminare verso la porta per tornare dentro per non strangolarlo. Aveva il corso di cucina, l'unico lato positivo di tutta la giornata perché la rilassava molto, era l'unica soluzione contro il fastidio che provava in quel momento. Sentiva la rabbia montare ogni parola che pronunciava e cercava in tutti i modi di ignorarlo, di non reagire, di auto-convincersi che non valesse la pena dargli corda: voleva solo andare al corso di cucina e non sentirlo più. Questo finché lui non disse: «Si vede che stai male: ti sei fatta quella pettinatura assurda! Sembri un topolino! *ahahahah*»
Era troppo. Poteva scherzare su tutto, ma non sui suoi capelli, non quel giorno. Si girò di scatto con uno sguardo omicida e nel giro di 10 secondi aveva preso Ryoichi e l'aveva sbattuto contro una colonna del porticato prendendolo per il bavero della giacca. Dopo averlo guardato negli occhi col suo sguardo che aprizzava fiamme dall'ira, disse in tono minaccioso, quasi demoniaco: «Come hai detto? Chiedo scusa non ho sentito bene. Prova a ripeterlo se hai il coraggio! Sembro un topo secondo te? Beh sappi che questa è la vera me stessa: c'è qualche problema per te, Baka-senpai?»
All'inizio Ryoichi era rimasto un po' interdetto e non riusciva a capire come mai non riuscisse a liberarsi dalla presa d'acciaio della ragazzina che aveva davanti, che era più bassa e minuta di lui. Da gran egocentrico quale era ovviamente attribuiva la causa di ciò alla velocità con la quale la brunetta lo aveva colto di sorpresa e che quindi si trovasse in posizione di svantaggio. La realtà era che Pucca lo spaventava, ma avrebbe preferito spararsi in un piede piuttosto che rinunciare alla sua immagine. Con una vena di spavento nella voce disse: «Ma no! Certo che no! È solo che non vieni mai a scuola così. Di solito porti i capelli sciolti. Credimi, non volevo ferire tuoi sentimenti, volevo solo farti sorridere: stavo scherzando....» Fece un sorriso nervoso. Pucca guardandolo pensò che forse non era del tutto insensibile, ma che comunque rimaneva uno scemo di prima categoria e alzando gli occhi al cielo lo spinse un ultima volta contro la colonna e disse in tono seccato prima di andarsene: «Non era divertente...»
Finalmente era cominciato il corso di cucina. Pace, tranquillità e qualche chilo di farina qui e là. Amava quel corso perché le permetteva di sperimentare ricette nuove e soprattutto ricette di dolci buonissimi. Quel giorno avevano carta bianca su cosa cucinare e lei scelse di fare dei "dango" tricolori, ai gusti ciliegia, vaniglia e menta, e dei piccoli "manju" classici a forma di pulcini, gattini e piccoli panda. Lei era talmente brava in cucina che ormai qualsiasi cosa facesse aveva automaticamente il permesso del professore di portarsi le sue creazioni a casa per farle assaggiare a Saki. Scelse di portarsi due dango e due manju a forma di gatti a casa, delle versioni in miniatura di Mia e Mio. Stavolta però erano per lei: ne aveva bisogno per darsi coraggio. Aveva finalmente deciso di andare all'appuntamento con Garu. Pensava: “Tanto la giornata non poteva andare peggio... Almeno scoprirò come stanno...”
Arrivò a casa alle 17.15, essendo molto vicina alla scuola; subito si mise a fare i compiti che le erano rimasti dopo che se li era in parte anticipati il giorno prima. Alle 18.30, dopo aver finito i compiti, si fece una doccia veloce; era così malinconica che si rifece gli odango, questa volta lasciando i capelli fuoriuscire da sotto in due piccole treccine, si vestì e, non sapendo bene il perché da sé, si truccò un po’ con del mascara un velo di lucida labbra magenta, non le piaceva truccarsi troppo. Poi scese per avvertire Saki.
«Vuoi uscire?! Ma sei matta? Dopo tutto quello che ti è successo venerdì?» Sbraitò la cugina già stressata per conto suo.
«Dai, Onee-chan! Ho finito i compiti e a casa da sola mi annoio, voglio solo andare a fare una passeggiata al parco qua vicino e leggere un po'. Per favore, non mi trattare come se fossi una malata terminale.» Disse la piccola brunetta in tono supplice facendo degli occhioni da cane bastonato che avrebbero intenerito perfino un serial killer.
Saki, che a quella faccia non sapeva dir di no, sbuffò e sbottò: «Bene, fai pure! Io ho troppe cose a cui pensare in questo istante- Ehi, Subaru, che cazzo fai? Quel piatto è sporco puliscilo per bene! Yudai, quello va al tavolo 10, non al 7- Pucchan, quello che voglio dire è: non fare tardi, torna qui entro e non oltre le 21.00. Stasera c'è una sorpresa per te.»
«Una sorpresa? Lo sai che manca ancora molto al mio compleanno, vero?» Disse lei con una risatina.
La sua Onee-chan sorrise e disse: «Tranquilla, credo che ti piacerà. Su, vai adesso.»
«A dopo, Saki-chan!» Salutò l'altra e si avviò fuori dal locale.
Pucca cominciava seriamente a pentirsi della scelta che aveva fatto. Era seduta alla sua panchina preferita da 20 minuti completamente da sola. Sentiva freddo, anche se si era preoccupata di imbacuccarsi per bene. Indossava una maglietta nera a maniche lunghe con sopra disegnato un teschio decorato in stile "dia de los muertos" con i disegni viola, blu e fucsia,- un regalo di Yomi ovviamente, era l'unica cosa di quello stile che le piaceva- con sopra un cardigan grigio di lana, un paio di jeans grigio scuro con qualche strappo qua e là, un paio di stivali neri con della pelliccia finta, un piumino scuro con cappuccio e dei guanti bianchi che si era ritrovata nelle tasche. Si maledisse per essersi dimenticata la sciarpa, ma ormai era tardi per tornare a prenderla. Siccome si stava annoiando, si mise a mangiare uno dei 'dango' che aveva con sé e a leggere il libro che si era portata: "Cloud Atlas" di David Mitchell. Lo stava leggendo perché interessata vedere il film che i fratelli Wachowski avevano realizzato qualche tempo prima. Era arrivata alla quinta delle sei storie narrate, la più bella secondo lei. Ambientata nel 2141, questa storia parlava di una ragazza coreana come lei, di nome Sonmi, che ad un certo punto si rendeva conto di vivere in una Corea corrotta e schiavista nei confronti delle persone come lei, perciò decide di allearsi con la resistenza per diventare l'icona del loro movimento. Lesse i primi versi del discorso fatto alla nazione di Sonmi~451: “La nostra vita non è nostra, da grembo a tomba, siamo legati ad altri, passati e presenti. E…”
«… da ogni crimine e ogni gentilezza, generiamo il nostro futuro.» Pucca si girò di scatto verso la voce maschile che aveva terminato la frase.
Vide, seduto sulla panchina accanto a lei, un ragazzo alto con i capelli neri spettinati, con ciuffi che ricadevano sul viso e dei codini legati con dei nastrini rossi poggiati sulle spalle. Indossava una giacca di pelle scura con un cappuccio, dei jeans invernali, mocassini neri e una sciarpa grigia intorno al collo. Si girò a guardarla con un piccolo ghigno malizioso sulle labbra. La ragazza chiuse il libro e lo rimise nella sua borsetta a tracolla grigio chiaro e disse seccata: «Sei in ritardo…»
«In teoria no, siccome non ti ho dato un orario preciso.» Rispose sogghignando e, addentando un pezzo del 'dango' che le aveva sfilato di nascosto dal contenitore, aggiunse: «*Mmmmh* Che buono! Alla ciliegia, giusto? Uuh c’è anche un piccolo Mio!»
Pucca con finta noncuranza disse: «Non credo di averti dato il permesso di prenderli. Siamo in vena di ritorni al passato?» indicò i codini.
«Senti chi parla...» ribatté l’altro. Pucca cercò di cambiare argomento: «Comunque, posto che è maleducazione spiare i libri degli altri, conosci questo romanzo?»
«Sì, l'ho letto di recente e mi è piaciuto molto. Sai, per via del significato che nasconde.» Rispose semplicemente. Aggiunse: «Suppongo, però, che tu non sia qui per parlare di libri, o sbaglio?»
La ragazza abbassò lo sguardo un po' imbarazzata. Poi guardò negli occhi Garu e disse: «Ci ho pensato a lungo e voglio per prima cosa farti tre domande che mi tormentano da un po'. La prima è: come stanno al villaggio?»
Garu fece un lieve sospiro con e si allungò sullo schienale della panchina incrociando le braccia dietro la testa, che era rivolta verso il cielo plumbeo. Poi rispose: «Tutto sommato stanno bene. I tuoi zii hanno ampliato il Goh-Rong e hanno creato un'area dove c'è un bar/pasticceria. Ci lavora Ching: è diventata molto brava a fare i cupcakes e le torte. Forse è per questo che Abyo ogni mattina passa da lì per fare colazione.» Fece una risatina. Poi aggiunse in tono un po' triste: «Però, sentono la tua mancanza, Pucca. Glielo vedo scritto negli occhi. I tuoi zii non fanno più acrobazie quando cucinano, non hanno più neanche l'energia per sgridare Dada quando sbaglia a portare i piatti. Anche Ching non è più la stessa: le piace molto lavorare alla "Goh-Rong Cupcake's factory" e fa quel che può per tirare su il morale dei tuoi zii, ma si vede che le manchi. Si è chiusa in se stessa e l'unico con cui si confida è Abyo. Forse l'unica persona alla quale non importa della tua assenza è Ring Ring, ma agli altri non importa nulla di lei. Sono tutti cambiati molto: ad esempio Ching adesso ha i capelli più corti, ogni tanto li raccoglie in una piccola treccia. Anche Abyo ha cambiato look: adesso porta i capelli un po' più corti a spina, ma caratterialmente è cambiato solo di un decimo. *ahah*...Però, mancano a tutti e tre i bei vecchi tempi...»
Pucca si sentì uno po' in colpa e malinconica, ma disse decisa e facendo in modo che lui la guadasse: «La seconda domanda è questa: da quanto tempo parli, eh? Che fine ha fatto il voto inviolabile del ninja a caccia di onore?»
Garu rimase un po' spiazzato da quella domanda sul momento. Poi fece un sorrisetto e disse: «Beh, durante l'esilio ho capito molte cose che mi hanno fatto cambiare. Dopo due anni di esilio decisi di tornare e di non dare più tutta quella importanza al fatto di essere un ninja. Una delle cose che decisi di cambiare era il mio atteggiamento schivo e il fatto che non parlavo. Rimasi molto sorpreso dal fatto che avevo difficoltà ad esprimermi quando ripresi. Per fortuna durante l'esilio avevo conosciuto un ragazzo che era figlio di un logopedista e mi aiutò a superare tutto ciò… Aspetta un secondo! Anche tu parli!» osservò il ragazzo girandosi a guardare con gli occhi sgranati Pucca, che in risposta diventò paonazza in volto e, con un'espressione a metà tra lo stupore e lo spavento, si limitò ad annuire.
«Tu invece perché hai ripreso a parlare?» Chiese curioso lui.
Lei riprese coraggio e, anche se ancora un po' rossa in volto, disse seccata: «Chiedo scusa, ma oggi sono io che faccio le domande e ne ho ancora una: perché sei qui e perché mi spii? Vuoi forse riportarmi indietro? Se è così stai solo sprecando il tuo tempo, perché io...»
Garu si era guardato intorno e, vedendo che in giro non c'era nessuno, si stava avvicinando a lei piano piano con uno sguardo serio e rilassato allo stesso tempo. Quando i loro visi furono a pochi centimetri l'uno dall'altro, Pucca avvampò spalancando gli occhi e disse di nuovo, quasi sussurrando: «Io...» l'altro le premette un dito sulle labbra e sussurrò, guardandola nei suoi grandi occhi marroni e scostandole dolcemente una ciocca di capelli bruni dal viso: «Sono qui per proteggerti, mia Hime. All'inizio volevo riportarti al villaggio, ma quando ti ho vista così felice a Tokyo, non volevo rovinare tutto costringendoti a mollare la tua nuova vita per tornare. Eri così bella quando studiavi e ci mettevi tutto quell'impegno, quando ridevi con le tue amiche al bar e al centro commerciale, quando andavi a fare le consegne per tua cugina Saki… Sai? Sei bellissima anche adesso…» arrossì lievemente e iniziò ad avvicinarsi piano piano chiudendo gli occhi. Ma invece di ricevere ciò che pensava, ebbe uno schiaffo in faccia così forte da lasciargli il segno della piccola mano di Pucca sulla guancia. Si massaggiò il segno sul viso perplesso e guardò la ragazza furente che si era alzata di fronte a lui. «Ma sei completamente impazzito?!» Sbraitò arrabbiatissima. «Cosa ti fa pensare che io possa ricambiarti dopo tutto quello che mi hai fatto passare? Prima te ne vai all'improvviso dicendo che a Sooga ci sono "troppe distrazioni": lo so benissimo che era colpa mia, è inutile che ci prendiamo in giro! Poi torni a Sooga dopo due anni di esilio volontario, non sei più un ninja e parli, e poi dopo altri due anni vieni qui, facendomi stalking, con la pretesa di riportarmi indietro, e adesso vorresti dirmi che ti piaccio?» concluse esasperata.
Lui leggermente spaventato, con le gote rosse e guardando da un'altra parte rispose piano e incerto: «Circa...?»
Allora gli si avvicinò e, costringendolo a guardarla, rispose: «Beh, sappi che non basta tentare di baciarmi per farmi innamorare di te. Vuoi sapere come mai ho ripreso a parlare? Dopo che mi hai spezzato il cuore non aveva più senso restare zitta ed era l'unico modo per sfogarmi. Parlare con la mia nuova famiglia, con la mia Onee-chan, con la mia amica Yomi. Sono le uniche persone che mi sono state vicino tutto il tempo e tu non me le porterai via adesso! Vattene, non voglio più vederti!» La ragazza cercò di ricacciare indietro le lacrime che si facevano strada sulle sue guance mentre si allontanava a passo svelto. Il moro, nel vederla così, si sentì un nodo intorno al cuore. La raggiunse mettendole una mano sulla spalla. La fece voltare e l'abbracciò stretta. Lei cercò di liberarsi dalla sua presa dicendo "Lasciami!" finché lui non disse: «Mi dispiace tanto. Hai ragione, non ho alcun diritto di farti questo. Sfogati, anche picchiandomi se vuoi, non importa. Ma ti prego, non posso vederti così.»
La ragazza allentò un po' la tensione. Ancora un po' scettica disse in tono calmo: «Come posso fidarmi di te? È come se fossi un estraneo per me ora come ora.»
Questo allentò la presa e disse guardandola negli occhi: «Dammi una possibilità. Ti posso dimostrare che sono cambiato.»
Pucca lo osservò. Non aveva il sorrisetto strafottente di prima, aveva un sorriso un po' imbarazzato e gli occhi le sembrarono sinceramente preoccupati. Non era mai stato bravo a dissimulare le emozioni per quanto si sforzasse. Lei allora sorrise e disse: «Va bene. Ti darò una possibilità. Ma ad alcune condizioni.»
Il volto di Garu si illuminò ed esclamò entusiasta: «Certo, tutto quello che vuoi!» Poi rendendosi conto dell'eccessiva enfasi con cui lo aveva detto, si corresse schiarendosi la voce: «*Hem Hem* Volevo dire: ti ascolto.»
La ragazza fece una risatina che fece arrossire l'altro, poi disse: «Numero uno: devi smetterla di farmi stalking!»
«Ma devo proteggerti!» Protestò lui.
«Devo ricordarti che posso cavarmela benissimo da sola?» Rispose lei scrocchiandosi le dita.
«Ok ok, niente "stalking". Ma se dovessi incappare in qualche pericolo, come quello di venerdì sera?» Chiese lui preoccupato. Pucca ci pensò un attimo e poi disse: «Potremmo inventarci un segnale d'allarme. Per ora non importa, tanto Saki chiederà a qualcun altro di fare le consegne al posto mio per un po' di tempo, per cui non corro pericoli rientrando per le 21. Seconda condizione: ti devi far perdonare un intero anno di sofferenze causato da te, perciò per tre mesi farai tutto ciò che ti dico.»
Garu sbuffò e disse: «Giustamente non basta un "mi dispiace". Va bene, vedrò che posso fare.»
«Terza cosa: non cercare di convincermi a tornare, è una mia scelta. Tutto chiaro?» Concluse la ragazza.
L'ex ninja sospirò e disse: «Comincia a mancarmi la Pucca che mi saltava addosso ogni volta che mi vedeva.»
La ragazza impassibile ripose: «Abituati, siamo a Tokyo adesso. Questo implica niente effusioni di nessun genere in pubblico.»
A quel punto guardò l'orologio del cellulare e sgranò gli occhi: le 20.40. Pucca cominciò ad agitarsi, si mise le mani tra i capelli: «Merda! Sono in ritardo! Non ce la farò mai ad essere alle 21 a casa. Adesso chi la sente Saki?»
Garu le mise le mani sulle spalle e disse: «Calmati, ti accompagno io. Ho la moto qui vicino.»
«Non voglio disturbare.» Disse la ragazza attorcigliandosi una ciocca di capelli intorno al dito imbarazzata.
Il moro fece un sorrisetto: «E che disturbo? Sono qui per servirti, mia Hime. Su andiamo adesso, o farai tardi.» E mentre correvano nella direzione in cui lui aveva indicato lei disse facendo ridacchiare l'altro: «Dovrai anche spiegarmi questa faccenda della 'Hime' un giorno di questi...»
Garu aveva una Kawasaki ninja 300 nera, una moto che si poteva guidare anche a 18 anni. Riuscirono ad arrivare appena in tempo, anche se Pucca lo pregò di non avvicinarsi troppo, altrimenti avrebbe dovuto delle spiegazioni a sua cugina. Gli lasciò il suo numero di cellulare e corse dentro. Saki la aspettava a braccia conserte e disse: «Era ora! Stavo quasi per annullare la tua sorpresa.»
«Di che sorpresa parli Onee-chan?» Chiese un po' perplessa l'altra.
Saki fece un ghigno malizioso e annunciò: «Gentili clienti! Questa sera la mia cuginetta Pucca canterà al karaoke!» i clienti applaudirono per incitarla a cantare.
Pucca sbarrò gli occhi e a un tratto si ricordò: il venerdì di solito c'era il karaoke, ma lei era sempre in cucina a cucinare gli spaghetti. Saki l'aveva incastrata questa volta. Si avvicinò al palchetto per cantare, quando vide Garu entrare e sedersi a un tavolo infondo. Si era alzato il cappuccio sulla testa e le fece segno di fare silenzio per non tradirlo davanti a Saki, che probabilmente lo avrebbe disintegrato.
Pucca con il cuore in gola per l'agitazione cercò di pensare a una canzone. L'unica che le venne in mente fu "Stand by me" di Ben E. King. Partì la base e cominciò a cantare:
When the night has come
And the land is dark
And the moon is the only light we'll see
No I won't be afraid
Oh, I won't be afraid
Just as long as you stand, stand by me
Si girò a guardare Saki. Era vero: non aveva paura quando era con lei, le dava un forte senso di sicurezza sapere che lei ci sarebbe sempre stata per lei.
So darling, darling
Stand by me, oh stand by me
Oh stand, stand by me
Stand by me
If the sky that we look upon
Should tumble and fall
All the mountains should crumble to the sea
I won't cry, I won't cry
No, I won't shed a tear
Just as long as you stand, stand by me
Avrebbero affrontato qualsiasi ostacolo insieme, sicuramente l'avrebbe aiutata moltissimo il suo appoggio.
And darling, darling
Stand by me, oh stand by me
Oh stand now, stand by me
Stand by me
So darling, darling
Stand by me, oh stand by me
Oh stand now, stand by me, stand by me
Whenever you're in trouble won't you stand by me
Oh stand by me, oh won't you stand now, stand
Stand by me
Una volta terminata la canzone tutti in sala applaudirono e Saki si asciugò una lacrima per la commozione.
Non lo vide ma Garu era rimasto senza parole e pensava: “Wow, che voce…”
Angolo d'autrice:
Salve a tutti,
Lo so, ci ho messo secoli, ma devo dire che sono soddisfatta del mio lavoro. Chi vuole sapere come andrà a finire? Fatemi sapere nelle recensioni che ne pensate!
Un bacio da Abyss
Joy B Rabbit
  
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