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Autore: Valerydell95    14/11/2015    0 recensioni
*dedicata a Elfin Emrys e Achernar*
Dal primo capitolo
"Se c’era una cosa che Hannes detestava con tutto il cuore, quella era essere ignorato. E accadeva sempre più spesso che le altre Micronazioni lo ignorassero."
Ladonia ha un problema di cui non si rende conto: ha un ego decisamente troppo grande e non è mai soddisfatto delle attenzioni che riceve. In suo soccorso arriva nientemeno che Prussia, il quale prende Ladonia sotto la propria ala e decide di insegnargli come essere "un vero figo" acclamato e ammirato da tutti. Ma la strada per diventarlo non è semplice e il primo ostacolo che Ladonia si trova ad affrontare potrebbe essere anche l'ultimo...
(Oltre a Ladonia e Kugelmugel, sono presenti come personaggi secondari anche le altre Micronazioni)
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Kugelmugel, Ladonia, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allora scusa, sei meglio tu!
 

3.
Azione e reazione


 
C’era un luogo che, per quanto fosse immaginario, occupava una posizione speciale nei ricordi peggiori –o migliori, a seconda del punto di vista- di Ladonia, così come in quelli di moltissime altre persone in tutto il mondo. Quel luogo era Silent Hill, la cittadina eternamente immersa nella nebbia e popolata da mostri agghiaccianti scenario dell’omonima serie videoludica. Sebbene non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura e per quanto amasse quella serie, niente era riuscito a spaventare Hannes come avevano fatto Silent Hill e i suoi mostri.
Fino a quel momento.
La camera da letto di Kugelmugel rischiava di surclassare la nebbiosa città e di conquistare lo scettro di ‘luogo reale e/o immaginario più orribile’ nella classifica personale di Ladonia. Era proprio vero quello che diceva Timo, cioè che nella vita c’era sempre di peggio.
L’accozzaglia di colori che costituiva la stanza di Heike avrebbe fatto scappare in preda al panico anche Pyramid Head. Il pavimento era un’improponibile moquette blu elettrico, le pareti erano giallo canarino ed erano chiazzate da macchie di altro colore. E le tende, oh, le tende. C’erano tre finestre nella stanza e ogni finestra aveva una tenda di un colore diverso: verde acido, bianco e rosa acceso. Il soffitto era dipinto con un rosso acceso che fece venire il mal d’occhi a Ladonia dopo un paio di secondi che lo guardava.
Nonostante la stanza fosse grande almeno il doppio di quella di Ladonia, l’arredamento era ridotto all’osso. Una cabina-armadio a quattro ante incassata nel muro e con gli sportelli di vetro dominava una parete, un lungo tavolo con le zampe di metallo e il piano di vetro stava sotto alle finestre. Il pezzo dell’arredamento che più colpiva era però il letto, un enorme letto matrimoniale a baldacchino in stile rococò, con tanto di coperte e cortine di broccato dorate e testiera trapuntata. Quel letto era un autentico pugno nell’occhio, oltre ad essere fuori posto come un tizio in giacca e cravatta ad un concerto heavy metal. Completavano il tutto un’ottomana di velluto viola e ferro battuto posta ai piedi del letto e un comodino nero laccato e con le maniglie di metallo accanto ad esso. Quella stanza era uscita dritta dritta dall’incubo di un interior designer e Hannes, pur intendendosene ben poco, ebbe l’impressione che l’arredamento di quella camera sembrava esser stato raccattato qua e là e assemblato a caso in un calderone di stili ed epoche.
E poi c’era il disordine. Hannes non aveva mai visto una stanza così incasinata e sperava di non vederne mai più. Non c’erano mucchi di abiti in giro, per fortuna, ma il caos spadroneggiava comunque. Il tavolo era ingombro di tele, carte, pennelli sporchi, bicchieri e pezzi di creta, il letto era disfatto. Sul comodino stavano una bottiglia vuota mezza accartocciata e un mucchietto di fogli appallottolati.
No, non posso, portatemi via da qui subito! Non poteva conquistare uno così. Non poteva. Non era una questione di mancanza di volontà, era un fatto genetico. Uno come Heike doveva stare lontano da lui almeno mezzo chilometro. Erano incompatibili su ogni piano.
“Non esiste la parola ‘impossibile’ per un vero figo, cancellala dal tuo vocabolario mentale! Tu puoi conquistare Kugelmugel e lo farai!”.
Già. Ma per Prussia era facile dirlo, aveva tanta esperienza. E poi era alto, bello, carismatico e affascinante.
Ah, ma io non sarò da meno! Non posso arrendermi, Prussia crede in me! E io non lo deluderò!
Hannes si era anche messo in tiro per la grande occasione: jeans aderenti nuovi di pacca e camicia bianca fresca di bucato con i primi due bottoni aperti. Era davvero figo vestito in quella maniera, sarebbe stato bello farsi vedere da Gilbert. Ladonia ricordò con un ghigno quando, il giorno prima, aveva raccontato alle altre Micronazioni di essere stato a pranzo da Prussia. La faccia rossa di rabbia di Sealand, l’espressione incredula di Wy e i complimenti entusiastici di Seborga lo avevano abbondantemente ripagato di tutte le volte in cui gli avevano dato del bugiardo. Ma, con somma irritazione di Ladonia, Heike non aveva reagito in alcun modo. Alla notizia si era limitato a proferire un ‘Ah’ distratto, per poi tornare al suo disegno. Hannes non ci poteva credere. Cosa doveva fare per avere la sua attenzione, camminare sul cornicione di un palazzo con gli occhi bendati?!
“Perché sei rimasto sulla porta?”.
La voce assorta di Kugelmugel lo distolse dai suoi pensieri. Ma perché parlava sempre come se si fosse appena fumato qualcosa?! Era insopportabile!
“Le poche volte in cui gli parlerai dovrai sempre farlo con freddezza e sarcasmo. Non devi mai prendere sul serio quello che dice, nemmeno se ha ragione.”. Gli insegnamenti di Prussia gli riecheggiarono in testa.
“Bel disordine qua dentro.”. Ladonia fece un lieve ghigno tattico. “Troppo preso dal fare il creativo per portare fuori l’immondizia, eh?”. Ahahah, quanto sono bravo a fare il sarcastico! Se ci fosse Prussia sarebbe fiero di me!
“Sono un artista.”. Kugelmugel si sfilò gli stivali e li fece cadere a terra per poi sedersi sul letto a gambe incrociate. “Per creare ho bisogno di essere circondato dall’arte.”.
Certo che questo è fulminato forte… Se per lui avere il tavolo pieno di cartacce era vivere nell’arte, allora doveva avere qualcosa che non andava per forza. “E per te i pennelli sporchi sono arte? Bah, non per essere cattivo, Kugelmugel, ma ti consiglio di parlare con qualcuno.”.
Heike non rispose, troppo preso com’era a fissare –forse- i giochi di colore creati dalla luce sul velluto dell’ottomana. La tentazione di acchiappargli le trecce e strappargliele dalla testa era forte, ma Ladonia si trattenne. Gelido come la regina delle nevi di una fiaba scandinava, Hannes, ricordatelo.
“Perché non ti siedi?”.
“E dove, su quella specie di divano? Grazie, ma non voglio prendermi qualche malattia dalla polvere.”. Mamma mia, sono troppo forte, con questa l’ho steso!
“Dove ti pare. Sull’ottomana, sul letto, per terra.”.
“Resterò in piedi. E accendi la luce, sta diventando buio.”.
“Non ci sono lampadine qui dentro, pensavo l’avessi notato.”.
Ladonia fu preso in contropiede e, ora che ci faceva caso, notò che effettivamente nella stanza non c’era il lampadario, né un’abat-jour o qualsiasi altra fonte di luce artificiale. Quella camera contava sulla sola luce solare.
Ma come diavolo vive, questo?! “Vuoi proprio fare l’originale a tutti i costi, eh? Quale sarà la prossima cosa che eliminerai, l’acqua calda?”.
“La luce artificiale mi distrae.”.
“Sì, in effetti le falene che volano attorno alla lampadina sono davvero deconcentranti.”. No, dai, questa da dove diavolo l’ho tirata fuori?! E’ geniale, me la devo riciclare!
“Ladonia, tu hai mai baciato qualcuno?”.
Fu come se qualcuno gli avesse rovesciato addosso una secchiata d’acqua ghiacciata.
Eh?! Che ha detto?! Ma come diavolo si permetteva di fare certe domande?! Non gli aveva mai dato quella confidenza! E poi cosa gli importava?! “Be’? E a te che importa?”.
“Ma hai mai baciato qualcuno?”. Heike puntò su di lui i suoi strani occhi violacei. Era la prima volta che lo guardava con tanta attenzione e Hannes si sentì in difficoltà.
“Allora?”.
“Cosa?”.
“Hai mai baciato qualcuno?”.
“Certo che sì, ovvio!”.
“Chi?”.
“Come ‘chi’? Ragazze, ovviamente, belle ragazze!”.
“Ah.”.
Meno male, se l’è bevuta! Kugelmugel, così come le altre Micronazioni, non doveva sapere che Hannes Läckberg, contrariamente a ciò che raccontava, non aveva mai dato un bacio in vita sua. Se l’avessero saputo gli avrebbero riso dietro a vita e Ladonia non poteva sopportarlo. “E comunque, Kugelmugel, sono affari miei.”.
“Mh. Però pensavo una cosa.”.
“Tu che pensi? Ragazzi, tiriamo fuori i tramezzini, c’è da far festa!”. Ok, forse quella era stata un pelo troppo crudele, però doveva fargliela pagare per la domanda che gli aveva fatto. “E quindi? Che pensavi?”.
Heike scese dal letto. “Non ti piacerebbe provare qualcosa di diverso?”.
Ma di che cavolo sta parlando? “Ovvero?”.
“Per esempio baciare un altro ragazzo.”.
Il panico s’impossessò di Hannes in un attimo. Quello era pazzo! Come gli saltava in testa di dire certe cose?! “Eh?! Dico, ma sei scemo?! Perché dovrei fare una cosa simile?!”.
Heike non batté ciglio. “Per provare. Che ne sai, magari lo fai e scopri che ti piace di più baciare i ragazzi che le ragazze. Finché non provi non lo sai, no?” spiegò con perfetta calma.
“Tu sei pazzo! A me piacciono le femmine, figurati!”.
“Non puoi saperlo con certezza. Se non hai mai baciato un ragazzo non puoi essere sicuro che non ti piacciano.”.
Ladonia arrossì violentemente. “M-ma che t’importa?! Sono affari miei chi mi piace! E i maschi mi fanno schifo!”.
Heike si avvicinò a lui. “Sei sicuro?”.
“M-ma certo che sono sicuro! Mica siamo tutti duosessuali come te!”.
“Si dice ‘bisessuali’. E poi io non sono bisessuale: a me non interessa il genere di una persona, se quella persona mi piace.”.
“S-senti, questo discorso mi ha stufato, me ne vado a casa!”. Ladonia afferrò la giacca e scappò dalla stanza, mentre le sue guance erano diventate rosse come i suoi capelli.
 
“Sei andato a casa sua?! Ti avevo detto di limitare al minimo i contatti con lui!”. Prussia stava seduto sulla poltrona braccia incrociate battendo ritmicamente il piede sul pavimento. Hannes stava seduto davanti a lui sul divano a testa bassa torcendosi le mani.
“E allora? Spiegami perché hai disobbedito ai miei consigli!”.
“Ecco… Pensavo che andando a casa sua… avrei potuto studiarlo meglio… Bisogna conoscere il proprio nemico, lo hai detto anche tu.”.
“Quando?”.
“Lo hai scritto in un post su Facebook due settimane fa.”.
Gilbert sbuffò. Già, si era dimenticato dei social. “Comunque, l’hai trattato con freddezza e sarcasmo come ti ho spiegato?”.
“Certo.”.
“Bene. Cos’hai scoperto su di lui?”.
“E’ disordinato da morire e ha dei gusti orrendi in fatto di arredamento.”.
“Mmmh… Non ci è di granché aiuto.”.
“Mi dispiace, è che sono scappato dopo cinque mi-“.
Prussia sbarrò gli occhi. “Cos’hai fatto?!”.
“Mi dispiace, è che-”.
 “Sei scappato! Non ci posso credere!”. Gilbert si alzò di scatto camminando su e giù per la stanza. “Cosa ti ho detto ieri?! Per essere un vero figo non devi aver paura di nulla, men che mai della tua preda, e invece sei scappato con la coda fra le gambe!”.
“Ma quello ha iniziato a fare discorsi strani, cosa potevo fare?!”.
Gilbert si fermò. “Discorsi strani? Di che tipo?”.
“Ha iniziato a chiedermi se avevo mai dato un bacio e io gli ho detto di sì, anche se…”. Ladonia tacque e arrossì.
“Cosa?”.
“Anche se… Anche se non è vero. Ho detto una bugia perché mi vergognavo a dirgli che non ho mai baciato nessuno.”.
Prussia sorrise e si sedette accanto a Ladonia passandogli un braccio attorno alle spalle. “Ehi, non c’è da vergognarsi. Ora ti svelerò una cosa: quando ho dato il mio primo bacio ero più grande di te.”.
“Davvero? E a chi l’hai dato, ad Austria?”.
“No, non era lui, era… E’ una storia lunga, te la racconterò presto, promesso. Quindi non devi vergognarti se non hai ancora baciato nessuno. Comunque, dicevi?”.
“Insomma, gli ho detto che ho baciato delle ragazze e lui mi fa ‘eh, ma non ti piacerebbe provare qualcosa di diverso?’ e io ‘tipo?’ e lui ‘tipo baciare un ragazzo’.”.
Prussia inarcò le sopracciglia. “L’ha detto davvero?”.
“Sì! Allora io ho fatto ‘ma perché dovrei, scusa?’ e lui ‘no, per provare, magari poi scopri che ti piace pure di più’ e io ‘ma a me piacciono le ragazze, i maschi non mi piacciono!’ e lui ‘eh, che ne sai, finché non ci provi non lo puoi sapere’ e allora me ne sono andato!”.
Prussia sospirò. La faccenda era diventata di colpo molto più complicata. Ma era mai possibile che ogni volta che prendeva un’iniziativa quello ci si doveva mettere in mezzo?
“Accidenti a lui, che diavolo avrà in mente?” mormorò.
“Cosa?”.
Prussia posò le mani sulle spalle di Ladonia. “Ragazzo, la faccenda è più ingarbugliata di quello che pensavo. E’ una cosa veramente  seria, adesso.”.
“Non capisco…”.
“Ti spiegherò tutto a tempo debito. Ora torna a casa e continua a comportarti con Kugelmugel come ti ho detto ieri. Ho bisogno di stare da solo per riflettere su una strategia.”.
 
Chissà quanto ci metterà Gilbert a capire tutto.
Poco tempo, certamente, al massimo un paio di giorni. Si conoscevano troppo bene, in alcuni momenti era come se si leggessero nel pensiero a vicenda.
Quando Heike gli aveva riferito che Ladonia aveva raccontato di essere stato a pranzo da Prussia, nel suo cervello si era accesa una spia. Gilbert non poteva aver perso l’occasione per “istruire” quel ragazzino a dovere, era poco ma sicuro. Poi Heike aveva confermato i suoi sospetti raccontandogli che Ladonia aveva iniziato a comportarsi in modo strano con lui. Laddove prima lo provocava e lo prendeva in giro, adesso gli parlava a malapena e quando lo faceva si limitava a lanciargli battute che volevano essere pungenti ma che in realtà erano solo stupide, ed era diventato in generale arrogante e spocchioso. Sì, Gilbert ci aveva decisamente messo il suo zampino.
“Secondo te perché lo ha fatto?”.
“Mh?”.
“Perché Prussia si è preso a cuore Hannes?”. Heike posò la tazzina sul piattino. “Voglio dire, perché gli interessa?”.
Austria sorseggiò il tè. “Io credo che Gilbert veda in Ladonia se stesso da ragazzo. Fa così perché, e credo proprio che non sia affatto qualcosa di inconscio, non vuole che a Ladonia succeda la stessa cosa che è capitata a lui.”.
“Cioè?”.
Roderich sorrise. Sapeva di poter parlare di certi argomenti con Heike.
“Vedi, figliolo, io sono… come dire, il primo e unico amante di Gilbert. Posso confermarti con assoluta certezza che non ha mai baciato nessuno tranne me, a dispetto delle fanfaronate che racconta.”.
Provò una punta d’orgoglio nel dirlo. Con Gilbert era stato tutto difficile, terribilmente difficile. Faceva il navigato vantando esperienze amorose al limite dell’inverosimile ma quando Roderich l’aveva baciato per la prima volta, Gilbert era rimasto fermo come una statua, con le mani che gli tremavano. Rod provava sempre una fitta di dolcezza nel ricordare quel bacio ma si guardava bene dal dirlo all’altro.
Per non parlare poi della loro prima volta. Gilbert non ne parlava quasi mai e, le rare volte che lo faceva, non era con piacere. A sentire lui Austria lo aveva sbattuto sul letto e gli aveva strappato la camicia di dosso, ma la realtà era ben diversa. Non era stato nemmeno un rapporto completo, a ben guardare, bensì uno scambio di effusioni, anche se molto appassionato. Erano arrivati al rapporto completo più avanti perché Gilbert non se la sentiva. Prima di quella sera non sapeva assolutamente nulla sulla sessualità in atto pratico e fargli da insegnante era stato il più grande piacere che Roderich avesse mai sperimentato.
“Quindi Prussia vorrebbe che Ladonia avesse il… diciamo, il successo che lui non ha avuto?”.
“Più o meno sì. Questo spiega anche il perché Ladonia abbia preso di mira proprio te.”.
“Perché?”.
 “Perché glielo ha detto Prussia.”. Roderich posò la tazza di tè sul tavolo. “Gilbert vuole portare la sfida ad un piano personale tra me e lui.”.
“Ma voi due state insieme, perché ti sfida?”.
“E’ tipico di Gilbert, l’ha fatto sempre. Mi sarei stupito se non l’avesse fatto. In ogni caso, Heike, non possiamo starcene con le mani in mano mentre quei due esagitati scorrazzano a destra e sinistra, ti pare?”.
“No, non possiamo.”.
“Esatto, figliolo.”. Roderich sorrise. “Non possiamo assolutamente permettercelo.”.
 
 

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Ed ecco finalmente il terzo capitolo di questa storiella!
Be’, che dire? Qualcosa si sta muovendo dall’altra parte della barricata e le forza in campo sono cambiate, e non di poco!
Nient’altro da dire. A presto con il quarto capitolo!
  
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