Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: SabrinaSala    15/11/2015    9 recensioni
"...Sdraiato supino sul letto, un braccio dietro la nuca e l’altro appoggiato sul ventre piatto, pantaloni e calzari ancora indosso, Johannes accolse così, sfacciatamente seducente, le prime, impertinenti luci dell’alba. «Proteggere una donna, salvaguardare la sua persona, è il compito più difficile e più importante al quale un uomo possa essere chiamato. Ne sarai all’altezza?»"
***
Sacro Romano Impero Germanico. Città di Rosenburg. Anno Domini 1365
Quando Johannes, altero e affascinante capitano delle guardie cittadine, riceve l’incarico di proteggere Madonna Lena, pupilla del Vescovo di Rosenburg, solo Justus, l’amico di sempre, può trovare le parole per chetare il suo animo inquieto.
Pedine inconsapevoli di un gioco iniziato quando ancora erano in tenera età, Justus, Johannes e Lena si troveranno loro malgrado coinvolti in un ordito di peccati e di colpe… Sarà sufficiente lo stretto legame con il Vescovo-conte, reggente della città, loro padrino e benefattore, a salvare le loro anime?
***
"Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam" ("Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia") – dal Salmo 51
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo, Inquisizione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 14 – Soliloquio
 
 
 

Maddalena Aicardo si portò una mano alle labbra. Le sfiorò delicatamente con le dita, seguendone il profilo, quasi giocando con la loro morbida consistenza, suggendole poi lentamente, appagata dal sapore di Johannes del quale ancora erano intrise.
Socchiuse le palpebre sugli occhi stanchi. Arrossati e lividi.  
La precipitosa partenza del capitano, alle prime luci dell’alba, l’aveva come svuotata. Esattamente come era successo il mattino precedente, quando l’urgenza della fuga lo aveva strappato via da quel letto caldo, e da lei. Sorpresa e disorientata ma pronta a vivere nuovamente  quel timore tramutatosi in mero desiderio. Egoista, pretenziosa, arrogante. E al tempo stesso capace di cedere e di plasmarsi, docile, come non era mai stata prima.
Cosa restava, ora, in quella stanza, spoglia e disadorna? Un corpo vuoto, un involucro inutile e fragile. Anima e cuore avevano lasciato Rosenburg insieme a Johannes.
L’incontro frettoloso di quella mattina, nel silenzio umido delle stalle, lontano da occhi e da orecchie indiscrete, le aveva portato conferme e strappato l’ultimo barlume di razionalità.
Il capitano le aveva spiegato brevemente ogni cosa, mozzandole il fiato, contravvenendo per la prima volta agli ordini del vescovo e alla sua richiesta di massimo riserbo, votato al rispetto di colei che sarebbe presto diventata sua sposa. La cui serenità e incolumità erano diventate improvvisamente le sue massime priorità a discapito di qualunque altro aspetto.  Lo aveva confidato a lei, così come a Justus, ancora una volta complice della loro follia.
Si irrigidì.
Fratello Justus… pensò. Pallido e teso come non lo aveva mai visto. Gli occhi rivolti a terra. Taciturno e schivo.
Dalla notte precedente, la sua amichevole gentilezza si era tramutata in dovuta e affettata cortesia. I suoi occhi turchesi, schietti e pronti a cogliere ogni sguardo, ogni cenno, ogni tremito non si erano mai più rivolti direttamente a lei.
Sospirò, provando una profonda amarezza, temendo il giudizio troppo severo di quel giovane chierico biondo che in quelle lunghe settimane aveva imparato non solo a conoscere ma anche ad amare.
Amare… sussultò.
Si morse il labbro inferiore, a guisa di una dolorosa punizione, aggrappandosi alle gonne e  abbassando repentinamente il capo sul petto come se avesse azzardato troppo, rivolto a Justus un pensiero di troppo. Un amore casto, certo, ma pur sempre un sentimento troppo terreno se dedicato ad un uomo di chiesa…
 
 
***
 
Justus inspirò profondamente.
Nei suoi occhi turchesi, la luce tremula delle candele sembrava riflettersi instabile come i suoi più oscuri pensieri.
Serrò le palpebre, nel tentativo puerile di confondersi con le lamentose litanie delle lodi mattutine. Fondersi con la ruvida pietra della cappella, immobile e sereno come le statue dei Santi che la custodivano proiettando le loro ombre adoranti verso l’immagine della Vergine Maria. Dimenticare il suo essere uomo e mortale. Il sangue… la carne… il dolore…
Lieve, il calore delle fiamme si profuse sulle sue guance confondendosi con il suo avvampare.
Risollevò a mezzo le palpebre, sfiorando con lo sguardo le pietre levigate e scure dell’impiantito. Le labbra serrate in una smorfia di rimprovero. I muscoli tesi. Deglutì.
Per chi fosse quel rimprovero era la sua unica certezza.
Snocciolò il rosario, con dita rapide ed esperte, e le sue labbra profane si schiusero nella preghiera.
In silenzio, mormorando parole sacre e consolatorie, si batté il petto. E nella solennità di quella cappella, accettò la colpa. La propria colpa…
 
***
 
Il legno marcio delle scale scricchiolò al suo passaggio.
Sinistra proiezione dell’oscurità che ancora avvolgeva il piano superiore, senza una parola, Ludwig lanciò sul bancone la somma dovuta per l’ospitalità e si diresse alla porta.
Il locandiere afferrò la scarsella, senza fretta, e la infilò nell’ampia tasca del grembiule senza nemmeno darsi la pena di contare il danaro. E quando il boemo ebbe varcato la soglia, chiudendosi la pesante anta di legno alle spalle, trasse un profondo sospiro di sollievo.
Come ogni volta.
Sui trent’anni, più alto della media e prestante, i capelli biondo cenere lunghi sul collo e scarmigliati tanto da far intravvedere a stento gli occhi celesti, il cavaliere boemo incuteva timore. E se non fosse bastato il suo sguardo, a gelare il sangue nelle vene, la lunga cicatrice sotto l’occhio sinistro avrebbe fatto il resto.
Se ne andava, per ora. Chissà se sarebbe tornato, si domandò l’oste.
Fuori albeggiava.
Le mascelle serrate in un’espressione dura e indecifrabile, Ludwig montò in sella. Trattenne la cavalcatura, poi si piegò in avanti, sussurrando qualche parola al suo orecchio e la spronò in direzione di Rosenburg.
Una manciata di ore lo divideva dalla sua destinazione. Avrebbe varcato le porte della città molto prima della Terza.
Allungò le labbra in un sorriso di scherno. Fratello Erasmus sarebbe stato contento, pensò, rievocando la breve conversazione del giorno precedente, divertito dall’imbarazzo e dal timore che il frate cercava inutilmente di dissimulare in sua presenza. Vile e ipocrita, lo disprezzò.
Disprezzò l’intera categoria alla quale apparteneva. Poi lasciò che Erasmus e la sua vigliaccheria gli scivolassero via di dosso, come granelli di polvere, disinteressato alla motivazione di quella convocazione come di quelle  precedenti.
Non gli importava lo scopo della chiamata, ma il fine ultimo della sua risposta. Solo quello…
 
***
 
Konstantin Winkel sollevò il mento spingendo lo sguardo verso l’orizzonte. La luce livida dell’alba restituiva agli occhi degli uomini il confine tra cielo e terra, tra umano e sovrumano.
Immobile, di fronte alla finestra della camera da letto, le spalle dritte, le braccia allacciate dietro la schiena, il vescovo inspirava profondamente l’aria fresca del mattino.
«Alea iacta est» mormorò senza tradire la minima emozione. Il dado è tratto… ripeté tacitamente, piegando un solo angolo delle labbra in quello che sarebbe potuto sembrare un sorriso ma che nessuno avrebbe potuto giurare lo fosse davvero, nemmeno Erasmus.
Una piccola ruga profonda si incise tra le sopracciglia. Un pensiero molesto. Più degli altri. Ludwig… 
Seccato, Konstantin volse bruscamente le spalle alla finestra e attraversò la stanza, accompagnato dal fruscio del pesante strascico di stoffa della vestaglia. Raggiunto un piccolo tavolo rotondo, afferrò la lettera che vi aveva riposto, scorse con un’ultima, rapida occhiata l’elegante scrittura di Edelbert, poi avvicinò un angolo della lettera alla fiamma gaudente di una candela e attese…
 
***
 
Incapace di trattenersi oltre, Johannes lanciò definitivamente Shatten al galoppo, deciso ad allontanarsi il più in fretta possibile. Da Rosenburg, da Maddalena Aicardo, da Justus e dall’uomo che vi avrebbe presto fatto ritorno, Edelbert…
Respirava a pieni polmoni, le labbra serrate, gli occhi rivolti a nord, alla sua destinazione, consapevole che, in quel momento, una qualunque esitazione lo avrebbe riportato dritto tra le braccia di Lena, nel suo letto, tra le spire voluttuose dei suoi lunghi capelli castani, arso dai suoi occhi nocciola, avido affamato delle sue labbra morbide e sensuali…
Si sentì sciocco, come un ragazzino. Si incupì.
Si aggrappò alle redini, piegandosi in avanti, facendosi un tutt’uno con il frisone.
Cancellò ogni pensiero, ogni dolorosa pulsazione, offrendosi a viso scoperto al vento freddo del mattino così come si era rimesso al vescovo. Provò una profonda gratitudine e questo pensiero gli permise di proseguire, ignorando la tentazione di tornare indietro e di riprendersi prepotentemente la propria vita...



-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
 
IL CONFESSIONALE (ovvero, l'angolo dell'autrice):

Cosa posso dire, se non che il BELLO della scrittura è di scoprire ogni volta emozioni nuove? Ebbene sì, credo di essermi INNAMORATA per la seconda volta da quando ho iniziato la stesura di MISERERE! Di chi? Di cosa? Non vi dico nulla di più... ma leggerò volentieri le vostre ipotesi e supposizioni...
Per il resto... capitolo piuttosto corto e un po' anomalo, forse, nella sua composizione... Ma, anche questo, necessario per "oliare gli ingranaggi".

Per chi se lo domandasse, la TERZA (orario d'arrivo previsto da Ludwig a Rosenburg) corrispondeva alle 9 del mattino circa; Justus vorrebbe fondersi con le LODI MATTUTINE, e quindi siamo sempre a ridosso dell'alba; e la frase in latino pronunciata dal vescovo è proprio quella indicata qualche parola dopo: IL DATO E' TRATTO... che poi sembra non essere la traduzione effettiva della famosa frase pronunciata da Cesare. Si vocifera fosse: IL DADO è STATO LANCIATO (ipotesi più idonea al significato che le viene dato). 

Basta, non vi tedio oltre, mi crogiolo nel mio "amore" e aspetto di sentire, se vorrete, la vostra VOCE! Intanto, vi ringrazio e vi saluto tutti con affetto (recensori e silenti). 
Al prossimo aggiornamento!
Sabrina 

 
   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: SabrinaSala