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Hitomi non stava tremando. Nessun respiro affannato, nessuna espressione terrorizzata o spaventata ad incorniciare il suo volto angelico quella notte.
Solo la sua mano, più tremante e fredda del solito, si trovava nuovamente lì, a stretto contatto con la guancia già umida di lacrime dell’Uchiha.

-Shh- aveva provato a consolarlo più volte Hitomi, rendendosi però presto conto di riuscire a sortire solamente l’effetto contrario.

-Non avrei mai voluto arrivare a questo, credimi- le aveva confessato Itachi, sovrastando con la sua voce quei flebili tentativi di calmare i suoi spasmi, annullando poi quel poco di distanza che li separava appoggiando la sua testa contro il petto di lei, coperto da una leggera camicia biancastra che, entrambi ne erano già consapevoli, presto si sarebbe macchiata di rosso.

Le parole dell’Uchiha erano state sincere, soffocate solamente da pesanti singhiozzi che non avevano fatto altro che annebbiare i suoi pensieri ed il suo sguardo feroce e sanguigno.

-Credere in te è ciò che ho sempre fatto, dal primo momento in cui ti ho conosciuto, Itachi-
-Hitomi io.. Perdonami-

Mai come in quel momento Itachi aveva avuto bisogno di percepire quel battito forte ed irregolare: avrebbe tanto voluto poter continuare a percepirlo chiaramente, sentirlo battere ancora, per lui.

-Morirò senza rimpianti se sarai tu ad uccidermi perché, allenandomi insieme a te, ho capito una cosa: il sogno di cui mi parlavi è molto più vicino di quanto tu riesca a vedere-

Aveva solo avuto il tempo di sfiorare ed assaporare per l’ultima volta la delicata essenza di quelle sue morbide labbra prima di attraversare quell’ancora acerbo petto con l’affilata e sottile lama della sua katana, spezzando in un attimo i sogni e le speranze della giovane Uchiha, riposte per sempre nel suo futuro da nukenin.

Arigatou Itachi, gli sembrava di essere riuscito ad udire, in ultima istanza. Persino il suo ultimo alito di vita Hitomi lo aveva speso per lui, ringraziandolo per qualcosa che ad Itachi era sfuggito o, più semplicemente, lei non aveva avuto il tempo di confessare.

Avrebbe dovuto essere lui a ringraziarla, perché anche nel dolore per la morte del suo migliore amico Shisui, grazie a lei si era riuscito a sentirsi meno solo. Hitomi lo aveva sempre spinto a credere nei propri sogni, a non arrendersi di fronte alle difficoltà delle vita. Grazie a lei, Itachi era tornato a sorridere.

Hitomi era stata l’unica ragazza che non aveva avuto bisogno degli occhi per apprezzarlo; lei era stata il suo primo bacio, il primo amore e, in quella notte buia e senza stelle, anche la sua prima vittima.

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