Anime & Manga > Kuroko no Basket
Ricorda la storia  |      
Autore: Stand by Me    16/11/2015    0 recensioni
"Così si era ritrovato ad aspettare. Come si misura un anno? Un intero anno lontano da lui?"
----
GI project series - o quasi.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shintarou Midorima, Takao Kazunari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note introduttive:

Greetings mortals!

Io sono la grande, adorabile, magnifica Malik Ishtar e vi presento la mia storia! Non nel senso che vi parlerò della mia illuminante e molto fashon esistenza, intendo questa storia. E, dopo aver preso in considerazione la seria idea di stampare dei comodi dépliant informativi, vi spiegherò (per l’ennesima volta) questo brillante e folgorante progetto, perché dai: fandom nuovo, spiegazione nuova! E anche perché i soldi mi servono a comprare l’eyeliner. Perciò procediamo.

La magnifica medesima me e Fluffy Bakura (che non si accolla nemmeno una spiegazione, altro che Ore sama) abbiamo avuto la geniale, brillante e insana idea di prendere un GI, il dizionario Greco-italiano, e di aprirlo a caso, pescando improbabili e temibili parole come prompt. E ci potete dire giuro: prima o poi arriverà uno di quei lemmi da me tanto attesi, che solo la lingua greca può avere. Eppure qualcosa non vi torna eh? E non avete torto: Seasons of Love non è né greco né tanto meno un lemma, ma bensì una canzone di un famosissimo musical, Rent, che dovete assolutamente vedere! Questo perché Bakura, colei che detiene e coccola il temibile dizionario come fosse un micetto di nemmeno un grammo, ha iniziato a tirare fuori parole che, per l’orario inverecondo che era, non ci ispiravano per niente. Non che fossero parole strane, solo nessuna idea. Rien de rien. Una delle parole fu domani, ma non ci veniva in mente niente. L’altra fu “flauto”, ma vista la chiara metafora sessuale che giace dietro questa apparentemente innocente parola, è stata scartata. Perché sì, insomma, chi non conosce la chiara metafora sessuale del flauto?

Mi avrebbe chiaramente impedito di leggere la storia di Bakura.

Così, non si sa bene chi, qualcuno iniziò a canticchiare questa canzone, e così andò a finire.

Tengo a specificare una cosa: arrivate a quell’ora nessuna delle due, io in particolar modo, non era molto presente a se stessa, così ebbi l’insana idea di far indovinare a Bakura il fandom. Ovviamente, visto che io ho sempre ragione e non devo mai perdere, tutta la storia è stata costruita per indurre la mia adorabile Fluffy a pensare che i protagonisti fosse Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha (canon quanto la Midotaka, intendiamoci) di Naruto. E posso dire che ci sei cascata con tutte le scarpe, insomma: strike when least expected! Eh eh.

Detto ciò vi lascio alla storia, con la speranza che possa piacervi!

Recensite numerosi, ma soprattutto Enjoy Yourselves and Praise the Paco!

Malik Ishtar



SEASON OF LOVE

 

I tasti rimbombavano ritmici sulla tastiera del pc, mentre con l’altra mano afferrava la sua tazza bianca, quella che lasciava sempre di fianco al monitor, sulla scrivania. Era in ritardo, ma quando mai non lo era? La gente normale, quella che non è del giro, definisce il lavoro dello scrittore in milioni di modi, che passavano dal morto di fame all’idolatria come inventore di un mondo di fantasmi che si incarnava su pagine di inchiostro e carta bianca. Ah, giusto, e drogati di caffè. Veneratori costanti e instancabili del dio del chicco di caffè. Qualche buontempone era arrivato persino a dire che alcuni di loro tenessero nel portafoglio una fotografia ripiegata di un tenero e pacioccoso coltivatore colombiano di caffè con la stessa cura con la quale si potrebbe trattare un santino che raggruppava tutti i santi del calendario. Perché andiamo: che sarebbero gli scrittori senza Paco? Come chi è Paco? Ma l’adorabile e pacioccoso coltivatore colombiano di caffè, eroe indiscusso di qualsiasi laureando e scrittore. E sebbene no, lui non aveva nessun Paco nel portafoglio, di certo non poteva dare torto a quella parte di persone, perché purtroppo sapeva che qualcuno, il santino dell’adorabile Paco, protettore delle notti insonni e delle scadenze per poco passate, ce l’aveva davvero. E ad ogni modo lui era di certo grato dell’esistenza di caffè. Nonostante ciò il lavoro dello scrittore, a suo parere, non era definibile come massimo esperto in fatto di essicazione e tostatura dell’ambrosiaco chicco, ma quello di procrastinatore. Sì, lo scrittore era il procrastinatore per eccellenza, con tanto di patentino riconoscimento.

Sempre perso nel suo mondo di consegne, quasi non aveva fatto caso a quando glielo aveva detto. Non nel senso che non lo aveva ascoltato, lui lo ascoltava sempre. Ai suoi occhi chiari non sfuggiva nulla, nemmeno la più piccola espressione, smorfia, persino quel semi sorrisino del cavolo che si ostinava ancora tanto a nascondere. Per fino quando facevano sesso si ostinava a nascondere il suo viso mentre, ansante, continuava a bramare di vederlo. Il suo volto sconvolto dal piacere era un vero e proprio spettacolo e lui si sentiva orgoglioso ad ogni amplesso perché quello show era solo per lui. Però sapeva che non faceva apposta, lo sapeva benissimo. Lui era solo così, uno tsundere fatto e finito che sembrava essere saltato fuori da uno shonen di prima categoria, uno di quelli in cui i due personaggi principali, due migliori – aperte virgolette – amici – chiuse virgolette – finiscono l’uno sulla bocca dell’altro, e la cosa più divertente è che quel bacio sarebbe potuto anche essere escluso dal milione di indizi che avrebbe indicato i due come coppia. Era solo fatto così, il suo ragazzo: persino dopo due anni di convivenza e tre di un qualcosa che tutti definirebbero fidanzamento, ma che lui continuava a definire come “qualcosa” semplicemente perché ancora non ci teneva a sperimentare la vita del senzatetto, sorte che gli sarebbe sicuramente toccata se avesse usato una parola diversa da “qualcosa”, gli dava ancora dell’idiota davanti ai loro amici, anche se grazie ai suoi occhi da falco non potevano non notare quel lieve rossore che gli dipingeva le guance. E lui gli dava ancora dell’idiota, alla stesso modo di quando si erano incontrato da Starbucks ai tempi dell’università, quando preso dal solito articolo che doveva scrivere per il corso di giornalismo aveva urtato con un studente di medicina avvolto nel suo camice non più tanto candido e pulito. L’istinto lo spinse ad afferrare il bicchiere che gli aveva fatto cadere nell’inutile tentativo di poter salvare il salvabile, che per inciso si era riversato sul camice, sul pavimento e sulle scarpe del ragazzo, che lo guardava come se avesse potuto incenerirlo, mentre gli dava dell’idiota. Eppure, anche in quella situazione assurda da film, a cui sarebbe tanto piaciuta alla sua amica, persa completamente per ogni genere di rosa, si trattasse di una pellicola o banalmente per il colori dei suoi capelli, lui aveva capito che cosa era il colpo di fulmine. E mentre si sentiva insultare, i suoi occhi di falco avevano notato quella S elegante scritta con l’uniposca nero, l’inziale di una nome che non si sarebbe mai stancato di dire.

Così lui lo ascoltava sempre. Non nel senso che faceva ciò che voleva lui, cosa che l’altro avrebbe tanto voluto, ma semplicemente lo ascoltava. Perché cos’altro avrebbe potuto fare? Quando gli aveva detto che avrebbe dovuto passare del tempo all’estero, lo aveva sentito, sì, ma non lo aveva davvero capito. Non aveva capito che un anno era davvero tanto, ma tanto tempo. E lui non poteva di certo mollare tutto: era uno scrittore, era così che si definiva, sebbene avesse concluso e pubblicato un discreto numero di manoscritti con un successo medio, ma appena qualche mese prima aveva accettato di lavorare per una grande tesata giornalistica. Mollare il lavoro non sarebbe stato facile, fare il giornalista gli piaceva, ma soprattutto sapeva che lui non glielo sarebbe mai perdonato. Idiota testardo, era troppo dedito al lavoro.

Così se n’era andato. Non si erano lasciati, questo no, lui non l’avrebbe permesso. Nemmeno se fosse dovuto andare in Antartide e usare un pinguino come salvagente in quelle gelide acque per riprendere quel testardo tsundere del suo ragazzo. La tentazione di attaccargli un’etichetta sulla fronte per chiarire a chi appartenesse era stata grande, ma l’altro gli avrebbe di sicuro tranciato la mano con uno dei suoi bisturi.

Così si era ritrovato ad aspettare. Come si misura un anno? Un intero anno lontano da lui?

Abbattersi non era nelle sue corde. Certo, aveva le sue notti insonni, quelle in cui si girava nel letto e pensava che erano troppo lontani l’uno dall’altro. Perciò aveva iniziato a misurare. Ma trovare un unità di misura era un’impresa. Prima aveva cominciato con le tazze di caffè. L’altro lo rimbeccava troppo per quanto ne beveva. Una volta gli aveva tirato fuori uno dei suoi vecchi manuali per illustrargli nel dettaglio cosa succedeva al suo organismo quando ne assumeva troppo, con tanto di tavole anatomiche. Inutile da dire, lui era più interessato a ben altra anatomia, qualcosa di più pratico e concreto, e il suo ragazzo l’aveva accontentato: un manuale di medicina sulla testa ha molti effetti fisici.

Poi aveva misurato le miglia, le distanze, quanti soldi ci sarebbero voluti per andare a trovarlo. Ma erano troppi, lo sarebbero sempre stati, perché lui non se ne sarebbe voluto più andare. Era passato ai ricordi, ma si conosceva solo da cinque anni, e le notti sono lunghe: li aveva esauriti in fretta. Così aveva fatto quello che gli veniva meglio: aveva scritto. Lettere, mail, messaggi: aveva, no, avevano misurato quell’anno interminabile in parole. Il suo occhio scivolo sull’orologio e afferrando le chiavi della macchina e la sua giacca arancione uscì.

L’aereo arrivò puntuale, spaccando il minuto. Ed eccolo lì, in piedi, affianco alle valigie, probabilmente spazientito per il suo ritardo, gli si leggeva in faccia. Si avvicinò come se nulla fosse, come se non avesse aspettato quel momento per un anno.

«Sei sempre il solito. Andiamo a casa, sono stanco» Non gli avrebbe mai detto che gli mancava, non era nelle sue corde. Prese uno dei suoi borsoni in spalla, mentre silenzioso lo guardava, perso nei suoi conti matematici.

«Ehi, allora? C’è qualcosa che non va?»

Lo prese per la cravatta costringendolo ad abbassarsi e a baciarlo, soddisfatto dal risultato di quelle operazioni.

«Niente, andiamo a casa, Shin-chan!» gli rispose con entusiasmo.

«Piantala idiota, ci guardano tutti. E poi perché hai messo la mia giacca? Sembri ridicolo, è troppo lunga, nanodayo» borbottò Midorima riposizionando gli occhiali per nascondere l’espressione imbarazzata

Takao rise di lui. Alla fine era stato semplice misurare quell’anno, una soluzione davvero idiota. Gli era bastato prendere tutti quei minuti e moltiplicarli per circa sessant’anni. La prospettiva di passare così tanti anni con Midorima aveva fatto impallidire quei 525.600 minuti. Del resto non aveva la minima intenzione di lasciarlo andare molto presto né di morire giovane, nemmeno per il caffè.


Simili pomposità meritano note finali altrettanto pompose. Insomma, mi stupisce sempre come tu riesca a ficcare una tale marea di scemenze in appena tre paragrafi! Secondo me è Hashirama che ha preso lezioni da te e non viceversa.

Comunque la cosa di Naruto è stata davvero perfida perchè sfido chiunque abbia anche una vaghissima idea di cosa sia il Sasunaru a leggere la prima metà della storia *senza sapere di che fandom si tratta, ovvio* e non pensare che si tratta di Naruto e Sasuke! Se tirassi fuori simile perfidie anche durante i concili del male avremmo già conquistato il mondo! Per il momento invece ci rimane il mio temibile e fluffoso GI, da cui prima o poi usciranno anche quelle paroline che tu tanto attendi. Lo so perchè i greci erano dei pervertiti. 

Anyway, la mia magnifica presenza qui ha due scopi ben precisi:

1. Invitarvi a leggere anche la mia versione di Seasons of Love, che trovate
qui. Perchè in quella storia io avrò la mia rivincita.
2. Invitarvi gentilmente *comincia ad affilare coltelli* a recensire la storia di Malik. La mia adorata partner non ficca solo tonnellate di cretinate nelle sue storie, ma anche un sacco di impegno. Lasciatele un commentino.

Abayo! 

Bakura

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: Stand by Me