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Autore: sailormoon81    26/02/2009    6 recensioni
Usagi è stanca di vedere la sua vita svolgersi secondo un copione scritto da altri. Ha un solo desiderio: una vita normale.
Sarà mai possibile?
E se sì, come cambierà la sua vita e quella delle persone che le sono vicine?
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Usagi/Bunny
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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5.

 

 

Usagi si sfiorò distrattamente la fronte con una mano, quasi volesse allontanare quei ricordi; rifletté su come fosse strano che avesse dimenticato quelle immagini che apparivano e sparivano senza che lei se ne rendesse conto; non poteva negare, però, lo strano senso di benessere che provava ogni volta che si affacciavano alla sua mente …

Guardò l’orologio appeso alla parete della cucina: le otto e mezzo. Solo un paio d’ore prima si sentiva allegra e piena di fiducia, mentre adesso i ricordi avevano minato il suo buon umore.

Si alzò di scatto e si diresse in salotto dove sollevò il ricevitore e formò il numero di telefono dei suoi genitori.

“Pronto?” disse la voce della madre.

“Ciao mamma, sono Usagi…”

“Usagi?” ripeté la donna, stentando a riconoscerla. “Come stai, cara?”

“Io bene, grazie… tu? … e papà…?”

“Andiamo avanti…” si interruppe per qualche secondo, che a Usagi sembrò durare un’eternità. “Vuoi parlare con tuo padre…? Aspetta che te lo passo!”

“No, posso anche…”

“Pronto?” disse dopo qualche istante il padre con voce autoritaria.

“Mi dispiace disturbarti a quest’ora” si affrettò a scusarsi Usagi, sentendosi improvvisamente la figlia diciassettenne, “ma ti chiamo per dirvi una cosa molto importante. Fra poco mi sposo.”

“Mi era giunta voce.”

“Lo sapevate, allora?”

“Si. Ti aspetti che mi congratuli con te?”

“Volevo invitarvi al matrimonio” disse Usagi ricacciando amare lacrime al sentirsi ancora rifiutata dal padre dopo tanti anni. “Sarei felicissima se veniste alla cerimonia.”

“È così improvviso” disse il padre dopo un lungo silenzio, “non ci siamo sentiti per anni.”

“È un’occasione per stare insieme” aggiunse Usagi cercando di frenare un moto di irritazione alla testardaggine dell’uomo. “Keiji, il mio fidanzato, e i suoi genitori vorrebbero conoscervi.”

“Ho sentito che sposi il figlio dell’avvocato Sakage. Un bravo ragazzo e sicuramente con la testa a posto, non come quella gente che eri abituata a frequentare anni fa. Devo presumere che sei finalmente cresciuta!”

“Per favore, papà! Quelle sono storie passate!” esclamò Usagi esasperata.

“È difficile dimenticare un tradimento” sbottò il padre. “Noi la pensiamo così. Il tuo comportamento è stato un vero tradimento verso quanto abbiamo cercato di insegnarti.”

“Ero giovane, allora!” disse Usagi, sforzandosi di mantenersi calma. Anche se ormai era adulta, continuavano a trattarla come se fosse ancora una ragazzina.

“Devo andare al lavoro” disse infine l’uomo.

“Certo, ma promettimi che verrete!”

Solo silenzio dall’altra parte.

“Papà?”mormorò Usagi, non ottenendo risposta.

“Mandaci l’invito, forse tuo fratello Shingo e sua moglie avranno intenzione di perdonarti e farsi vivi al matrimonio” disse con aria distratta, e riagganciò senza nemmeno salutarla.

Gia, Shingo… pensò Usagi, una volta chiusa la comunicazione. Anche lui mi ha puntato il dito contro quando venne a galla tutta la storia… papà è riuscito a plagiare anche lui, in quel suo assurdo modo di vedere il mondo…

 

La neve cominciò a cadere proprio mentre Usagi percorreva i pochi metri dalla fermata dell’autobus fino a casa. Rabbrividì e di strinse nel cappotto per ripararsi dal vento freddo.

Ricordò che quella sera doveva arrivare l’ignoto amico di Kunzite. Se l’avesse saputo Keiji non sarebbe stato contento, ma Usagi non aveva ancora avuto tempo di spiegargli tutta la storia e aveva deciso di raccontargli tutto dopo aver verificato di persona l’identità del suo ospite.

Appena rientrata in casa, Usagi infilò una teglia nel forno e si sedette stancamente sul divano. Aveva molto tempo a disposizione, ma non voleva assolutamente ripensare al passato, anche se la telefonata ai suoi genitori l’aveva resa nervosa tutto il giorno.

Era incredibile come suo padre non avesse dimenticato e l’accusasse ancora di tradimento, quando il vero traditore era stato Mamoru.

 

Era successo durante le vacanze di metà trimestre. A causa di una malattia della nonna materna, i genitori avevano deciso di trascorrere una settimana a casa dell’anziana donna e dopo accese discussioni si era deciso che  Shingo avrebbe passato le vacanze insieme a un suo compagno di scuola, in una casa in aperta campagna di proprietà di quest’ultimo, a pochi chilometri da Tokyo, mentre Usagi sarebbe rimasta in città, perché non perdesse le lezioni di disegno. Su di lei avrebbe vigilato la coppia di anziani signori che abitava nella casa accanto.

Per la prima volta dopo tanto tempo Usagi si era sentita libera! Ma la sera del martedì, giorno di lezione, venne assalita da una strana indecisione. Fu la telefonata di suo padre a convincerla ad andare nonostante si sentisse imbarazzata all’idea di affrontare Mamoru dopo quanto le aveva detto.

Si precipitò alla fermata dell’autobus così com’era vestita, con un paio di jeans e un maglione azzurro, e con i capelli sciolti. La telefonata l’aveva fatta ritardare, e quando entrò in classe la lezione era già cominciata.

Usagi si accorse che Mamoru aveva notato il suo arrivo e aveva socchiuso gli occhi lanciandole uno sguardo di approvazione, ma solo un’ora più tardi il professore si avvicinò al suo posto.

“Credevo non venissi stasera” disse a bassa voce, “pensavo che ti fossi rifugiata tra le braccia del paparino per sfuggire da questo orso.”

“Non mi spavento così facilmente” ribatté Usagi, “e vorrei che non parlassi in questo modo di mio…”

“Dimmi un po’” disse lui interrompendola e cambiando improvvisamente discorso, “perché ti sei vestita così? Hai seguito i  miei consigli?”

“Mi vesto sempre così quando solo in vacanza” si affrettò a dire lei, “ e non ha nulla a che vedere con quello che mi hai detto. Perché mai dovrei vestirmi per piacerti?”

Ti amo, Mamoru” ripeté Mamoru con voce dura. “Non mi hai detto così, forse?” aggiunse, sollevandole il viso rosso di vergogna con un dito sotto il mento. “Oppure fingiamo che non sia successo nulla?”

“Lasciami stare” mormorò Usagi imbarazzata.

“Se è questo che vuoi…” disse lui, lasciandola andare. “Non ne posso più di questa altalena di umori, Odango. Sono sicuro che Rei non ha problemi del genere. Devo chiederle se è libera venerdì sera?”

“Venerdì?” ripeté Usagi sconvolta.

“Si, venerdì” disse Mamoru allontanandosi. “Volevo invitarti a cena, ma dato che l’idea non ti aggrada, è meglio lasciar perdere.”

Usagi avrebbe voluto prendersi a schiaffi: aveva sprecato una buona occasione. Non vedeva l’ora di andarsene da quell’aula, e quando la campanella squillò tirò un sospiro di sollievo.

Mamoru se ne stava appoggiato alla parete mentre gli alunni uscivano dall’aula e Usagi notò subito il sorriso con cui Rei salutò il professore. In preda a una cupa disperazione, infilò le matite e i pennelli nell’astuccio e si affrettò verso la porta a capo chino.

“Buona sera, signor Chiba” mormorò non rendendosi conto di essere l’ultima, ma dovette fermarsi perché il suo braccio le sbarrava l’uscita.

“L’invito per venerdì è ancora valido” disse Mamoru guardandola in viso.

“Perché?” chiese Usagi con amarezza. “Rei non poteva, questa settimana?”

“Dio, Usagi! Non mi ha nemmeno sfiorato l’idea di invitarla!” esclamò lui con sguardo cupo. “Voglio uscire con te, non con una bellezza stupida.”

“Sul serio? Credevo che ti piacesse.”

“Usagi!” esclamò lui con voce minacciosa. “Stai cercando di farmi impazzire? Vuoi forse che ti dimostri che dico la verità?”

“Va bene venerdì?” chiese di nuovo lui dopo un lungo silenzio. “Devo intendere il tuo silenzio come un consenso?”

“Si” disse Usagi con un sorriso, “mi piacerebbe venire.”

“Devi chiedere il permesso al papino?”

“Sono grande abbastanza e posso decidere da sola con chi uscire.”

“E tuo padre cosa pensa delle tue decisioni?”

“Non ho ancora avuto modo di parlargliene, ma lo farò, e sono sicura che capirà.”

“Lo spero anch’io” disse Mamoru con un lungo sospiro.

 

Venerdì arrivò velocemente e dopo una settimana di totale libertà Usagi si sentiva un’altra persona. Per festeggiare l’avvenimento, Usagi aveva comprato un vestito nuovo con tutti i propri risparmi: sua madre l’avrebbe sicuramente disapprovata.

Mamoru invece apprezzò molto quel vestito, che lasciava scoperte le spalle sottolineando le curve del suo corpo.

Cenarono in un simpatico ristorante italiano e la serata volò. Il cibo fu delizioso anche se Usagi non riusciva a ricordare i nomi; fu la prima volta che bevette del vino e le piacquero subito il sapore secco e leggero e il suo potere di sciogliere la lingua.

Purtroppo la cena finì e Usagi si ritrovò nell’auto di Mamoru senza accorgersene. Era una fredda sera di novembre e un’improvvisa folata di vento riportò Usagi alla realtà.

“E adesso dove andiamo?” chiese lei accomodandosi sul sedile.

“Ti accompagno a casa.”

“Ma sono solo le dieci!”

“Credevo che tu dovessi rientrare a quest’ora” aggiunse Mamoru con voce pacata.

“Non stasera” si affrettò a dire lei. “Non importa a che ora ritorno a casa. Potremmo…”

“Ti porto a casa” ripeté Mamoru, “e parlerò con tuo padre!”

“No, non puoi!” esclamò Usagi inorridita all’idea che i vicini di casa la vedessero in compagnia di un estraneo.

“Certo che posso e lo farò! Sono stufo di nascondermi. Non ho paura di conoscere i genitori di una ragazza: sono un uomo a cui piacciono le cose alla luce del sole. Devo conoscere…”

“Non puoi” mormorò Usagi imbarazzata, “non sono a casa.”

“E quando tornano?”

“Domenica sera.”

“Usagi!” esclamò Mamoru con voce dolcemente minacciosa. “Quando sono partiti?”

Usagi si strinse nelle spalle e abbassò il capo.

“Dimmi quando, Usagi?” ripeté lui.

“Sabato scorso. Sono stati via tutta la settimana.”

Le mani di Mamoru strinsero il volante con forza e con gesto fulmineo avviò l’auto e uscì dal parcheggio andando nella direzione opposta alla casa di Usagi.

“Dove stiamo andando?” riuscì a chiedere lei.

“A casa mia” sibilò Mamoru a denti stretti. “Dobbiamo parlare di qualcosa.”

“Di cosa?”

“Non fare l’ingenua. Mi rifiuto di venire usato come arma nella guerra che hai dichiarato alla tua famiglia. È meglio se chiariamo tutto e subito.”

“Non ti sto usando” protestò Usagi.

“Davvero? A me sembra che sia vero il contrario.”

Mamoru fermò l’auto davanti a casa e la condusse senza molte cerimonie nel suo appartamento.

“Non voglio più giocare a nascondino” disse infine, dopo averla fatta sedere su un divano. “Devi decidere adesso se frequentarmi con o senza l’approvazione della tua famiglia, oppure non vedermi mai più. Allora, cosa mi dici?”

Usagi si sentiva confusa, soprattutto perché Mamoru non smetteva un attimo di camminarle nervosamente davanti agli occhi. Si rendeva conto che qualunque fosse stata la sua scelta avrebbe comportato la perdita di qualcosa…

“Siediti” lo implorò, “mi fai paura.”

“Non essere arrabbiato con me” proseguì lei dopo un attimo di esitazione. “Dimmi cosa dovrei fare, ma ti supplico, non essere arrabbiato con me.”

Lentamente Usagi gli prese una mano mentre con l’altra gli accarezzava i capelli.

“Usagi” sussurrò Mamoru con un fremito, “spero che tu sappia cosa stai facendo, perché altrimenti faresti meglio a smettere.”

La tensione abbandonò il corpo di Mamoru e lentamente lui l’abbracciò mentre le sue labbra la cercarono in un bacio appassionato. Usagi si sentì trasportare lontano, in un luogo dove non esisteva né il bene né il male, sospinta dall’irrefrenabile desiderio di rimanere per sempre accanto a quel ragazzo meraviglioso.

Con gesto gentile Mamoru le sfilò la giacca e le accarezzò sensualmente la schiena. “Usako” le sussurrò all’orecchio, “sei incantevole.”

La sua bocca le sfiorò il collo e Usagi si abbandonò a quella sensazione che le faceva battere forte il cuore. Non protestò quando Mamoru le allentò la lampo del vestito, anche se un brivido di paura le percorse tutta la schiena.

Le parole dolci che uscivano dalle sue labbra ebbero il potere di calmarla. La testa le girava e all’improvviso non capì più nulla.

 

L’insistente squillo del campanello distolse Usagi da quei pensieri a lungo relegati in un angolo del proprio cuore. Si guardò intorno frastornata e all’improvviso si ricordò che il fantomatico amico di Kunzite doveva arrivare a momenti.

“Arrivo!” urlò irritata. “Non c’è bisogno di suonare così!”

Usagi aprì la porta di scatto e vide un’auto nera parcheggiata davanti al vialetto. Un uomo si fece avanti uscendo dalla penombra e la salutò con un sorriso sornione.

“Buonasera, Usagi” disse Mamoru Endou, fermandosi sulla soglia.

Usagi sgranò gli occhi esterrefatta e per un attimo credette che le gambe le cedessero.

“Vattene!” riuscì a dire pallida in volto cercando di chiudere la porta.

“Non mi sbatterai mica la porta in faccia, vero?” disse lui sgattaiolando dentro il vestibolo.

“Cosa vuoi?” sibilò Usagi con un filo di voce.

“Dove sono andate a finire le buone maniere?” la provocò lui con un sorriso. “È questo il modo di accogliere una persona che arriva da Yokohama con questa bufera di neve per farti vedere i provini delle foto?”

“Potevi anche fare a meno di venire!” esclamò lei cercando di riaprire la porta.

“Non vuoi proprio vederle?” chiese Mamoru bloccandola con tutto il peso del corpo.

“Mostrale al signor Sakage” sbottò lei frenando a stento la curiosità, “è stato lui a commissionarti il lavoro.”

“Strano! Tutte le donne che ho fotografato finora sono sempre state impazienti di vedere i provini.”

“Io non sono come loro!” ribatté lei infuriata.

“Certo che no” ammise Mamoru.

“Devi andartene” riuscì a dire Usagi dopo un lungo attimo di smarrimento. “Aspetto una persona e arriverà fra qualche minuto.”

“Uomo o donna?”

“Non sono affari tuoi.”

“Allora è un uomo” disse Mamoru sorridendo. “Forse il tuo caro fidanzato?”

“No!”

“E Keiji è a conoscenza del fatto che inviti altri uomini a casa tua?” chiese lui con voce vellutata.

“Ho detto che non sono affari tuoi! E adesso, se non ti dispiace…”

“Ho fatto un viaggio lunghissimo e tu non mi offri nemmeno una tazza di caffè.”

“Se vuoi un caffè, c’è un bar in fondo alla strada. Dovrebbe essere ancora aperto.”

“Sei davvero un’ospite perfetta” l’apostrofò lui con tono sarcastico.

“Vai via!” urlò Usagi con quanto fiato aveva in gola.

“No. Una tazza di caffè non è chiedere troppo.”

“Va bene!” sibilò lei, “ma dopo il caffè te ne vai.”

Si diresse verso la cucina stringendo i pugni dalla rabbia, ma con la coda dell’occhio vide che Mamoru si era già accomodato in salotto e aveva appoggiato la giacca su una sedia. Indossava un maglione di lana color crema e un paio di pantaloni di velluto a coste marrone. Usagi dovette ammettere a se stessa che quell’abbigliamento metteva in risalto il fascino seducente che quell’uomo sprigionava.

L’arrivo di Mamoru svegliò la gatta che stava dormendo sul divano.

“Questa è Luna, vero? Regge bene gli anni!” disse Mamoru.

“Luna è morta. Questa è Diana e odia gli estranei.”

Mamoru accarezzò la nuca di Diana che, dopo qualche secondo di indecisione, si accoccolò sul suo grembo.

“Vado a preparare il caffè” disse Usagi indignata dal tradimento spudorato della propria gatta.

Il nervosismo le fece perdere la cognizione del tempo e le parve che l’acqua si rifiutasse di bollire. Quando entrò nel salotto con il vassoio e le tazze vide che Diana si era appisolata sulle gambe di Mamoru, che non sembrava avere la minima intenzione di andare via tanto presto.

“Zucchero?” chiese Usagi nervosamente seduta sul bordo di una sedia mentre gli riempiva la tazza.

“Non ricordi proprio?” ribatté lui con un sorriso indolente.

“Perché dovrei?”

“Perché io mi ricordo che ne metti due cucchiaini nel tè e niente nel caffè. Ho sempre pensato che i tuoi gusti rispecchiassero una personalità contrastante. Niente zucchero, grazie.”

“Hai un’ottima memoria” disse lei porgendogli la tazza.

“Ti sei sistemata bene, qui” disse Mamoru cambiando improvvisamente discorso. “Non vivi sola, vero?”

“Vivo con Minako” spiegò Usagi fissando il liquido fumante nella sua tazza.

“Camere separate, suppongo.”

“Esatto” ribatté lei con voce asciutta, “la camera di Minako è di là, mentre la mia è quella davanti” aggiunse indicando un punto dietro di sé. “Poi c’è il bagno, la cucina, il salotto e una piccola lavanderia.”

“Molto carina” disse Mamoru, “e l’affitto deve essere molto alto!”

“Esatto! È per questo che…” Usagi si morse le labbra e rimase zitta.

“Che cosa?”

“Oh, nulla!”

Usagi guardò l’orologio con aria impaziente, nella speranza che l’amico di Kunzite arrivasse. “Hai finito il caffè?”

“Se ne è rimasto, ne gradirei un’altra tazza” disse Mamoru imperturbabile.

Usagi gli riempì di nuovo la tazza mentre Mamoru osservava un quadro appeso alla parete che raffigurava il ritratto di Minako.

“L’hai fatto tu?”

“Si.”

“Sei migliorata molto” disse Mamoru con aria soddisfatta. “Ti sono giovate le mie lezioni.”

“Solo le lezioni di disegno!” sibilò Usagi. “Dimmi piuttosto come mai un professore di disegno è diventato un famoso fotografo?”

“Io sono sempre stato un fotografo” disse Mamoru con voce pacata, “anche durante i mesi meravigliosi che ho passato qui a Tokyo.”

“Non lo sapevo” ribatté Usagi, fingendo di non cogliere il velato sarcasmo di quella frase.

“Ci sono molte cose che ancora non sai di me. La fotografia non rendeva, e io avevo bisogno di soldi. Il preside della scuola era un amico di famiglia e aveva disperato bisogno di un supplente. Ci siamo venuti incontro e io sono stato assunto con un contratto temporaneo.”

“E te ne sei andato via non appena ti si è presentata un’occasione migliore!” esclamò Usagi con amarezza.

Mamoru si mosse lentamente sul divano e sollevò Diana per appoggiarla su una sedia. Usagi provò un fulmineo senso di sollievo all’idea che fra pochi secondi l’ospite indesiderato se ne sarebbe andato.

“Sembra che il tuo amico sia in ritardo” disse Mamoru alzandosi. “Forse è colpa della neve. Prima che il tempo peggiori mi conviene andare a prendere la valigia.”

Usagi non poteva credere alle proprie orecchie e rimase a guardare allibita mentre Mamoru infilava la giacca.

“La tua valigia?” ripeté esterrefatta.

“Credi forse che possa indossare questi vestiti per le prossime tre settimane?” chiese lui con un sorriso divertito. “Sono il tuo nuovo compagno d’appartamento” aggiunse quando vide che Usagi non capiva, “Kunzite e Minako non ti hanno detto nulla?”

 

 

 

 

Ed eccomi qua ^^

Come promesso a qualcuno, il capitolo è pronto in tempo per la fine del mese… ^^

In queste pagine non si va molto avanti con la storia, ma credo che il passo indietro sia apprezzato per capire un po’ la situazione di Odango, no?

Il nuovo coinquilino di Usagi è, come avete tutti intuito già dal capitolo precedente, proprio Mamoru, e vi anticipo che la vita della nostra Odango verrà sconvolta un tantino, da questa convivenza forzata…

Il prossimo aggiornamento non so quando sarà, ma proverò a non farvi aspettare molto!

Grazie a tutti coloro che leggono  e anche a chi spende il proprio tempo per recensire.

Un grazie anche a chi ha aggiunto la storia tra i preferiti.

 

A presto, spero, col prossimo capitolo!

 

Bax, Kla

   
 
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