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Autore: The_Lock    17/11/2015    0 recensioni
Tyler, Sydney, Kyle, Lydia e Skylar sono i nuovi prescelti per difendere Kandrakar e l'equilibrio dell'universo. Nove sono le missioni che dovranno affrontare, e nove saranno i temibili nemici che minacceranno la Pace e le loro vite; sì perché questi nuovi nemici sono più sanguinari di qualsiasi altro nemico mai affrontato e, per cominciare in bellezza, i ragazzi saranno costretti ad andare alla ricerca del Cuore di Kandrakar
Genere: Avventura, Commedia, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Hay Lin, Wilhelmina (Will) Vandom
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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3.6- Vanessa, part I

“TYLER!” urlò Lydia, distraendosi e permettendo così a Vervan un grosso vantaggio. Il vampiro si liberò dei rami e colpì la guardiana con un manrovescio, facendola capitolare a terra intontita, ma la grossa esplosione folgorante che scaturì dall'impatto del rosso con l'acqua, generò una luce accecante ed alcuni fulmini che provocarono altre piccole esplosioni.

Il dolore provato da Tyler in quel momento fu talmente sconvolgente che il ragazzo temette in morire in quel preciso istante. Urlò con tutta l'aria che aveva nei polmoni, facendovi entrare una gran quantità d'acqua; ma per fortuna, appena il suo cervello decise di censurare quell'esperienza orribile permettendogli di perdere i sensi, l'elettricità smise di torturare l'acqua di quella piscina, calmandosi poco dopo.

“Andiamocene.” disse Damien e sia Vervan che Rider si avvicinarono al loro capo. Damien si incamminò verso Kyle, deciso a portarlo via con sé, ma Sydney si sovrappose fra i due, minacciando di colpire il vampiro.

“Levati di mezzo, biondino.” ringhiò Damien, ma in tutta risposta ricevette un pugno in pieno volto dal ragazzo.

“L'hai voluto tu.” sbottò il vampiro, e così dicendo caricò il braccio e sferrò un pugno allo stomaco di Sydney, facendolo cadere a carponi per terra, alla presa con qualche conato di vomito. Damien prese, indisturbato, il moro, se lo caricò sulle spalle e si avvicinò agli altri.

“Dì addio al tuo amore.” sibilò, schernendo Sydney, e i vampiri sparirono.

 

Skylar si tuffò nella piscina e recuperò Tyler più in fretta che poté. Quando riuscì a portarlo in superficie, con l'aiuto di Sydney allontanò il ragazzo dal bordo e poi si prodigò con la respirazione bocca a bocca in modo tale che il ragazzo potesse rigettare tutta quell'acqua che aveva nei polmoni.

Alla sesta rimboccata d'ossigeno, Tyler si svegliò e vomitò tutta l'acqua che aveva in corpo, preso da conati e da leggere convulsioni. La sua pelle era ustionata a causa dell'impatto con l'acqua, ma il rosso stava guarendo velocemente grazie ai prodigi del cuore di Kandrakar.

“Come sta?” domandò Lydia, accarezzandogli il volto.

“Si riprenderà.” la rassicurò Skylar, sospirando.

“Cosa facciamo? Ha preso Kyle.” mormorò la rossa, guardando Sydney che, in piedi, continuava a fissare la pozza d'acqua con un'espressione che la ragazza non riusciva a decifrare.

“Non lo so. Andiamo dall'Oracolo; abbiamo bisogno di risposte, subito.” disse Skylar, inginocchiandosi vicino all'amico.

“Ah no! Tu non vai da nessuna parte!” ringhiò Sydney, e subito il biondo piantò il braccio nell'acqua della piscina ed essa si congelò ad una velocità tale che i bordi si ruppero in più parti. Lydia e Skylar non capirono il perché di quella frase o di quel gesto, ma quando si girarono videro Malik che, con mezzo busto fuori dal ghiaccio, cercava di uscire dal lato opposto della piscina. Sydney liberò il braccio con uno strattone e poi si diresse con una falcata enorme verso il vampiro, riservandogli dapprima un calcio sul volto e poi ringhiandogli contro.

“Dove l'hanno portato? DOVE?” urlò.

“Syd...” disse Lydia, raggiungendo il biondo insieme a Skylar.

“Dovrai uccidermi.” sputò Malik.

“Non credere che io non voglia farlo! Dove l'hanno portato?” ripeté.

“Non te lo dirò mai.” sghignazzò l'omaccione, allora Sydney gli afferrò un braccio e glielo congelò all'istante, facendolo urlare di dolore.

“Dove. L'hanno. Portato.” ripeté, ma Malik continuava a rimanere muto. “Bene.” soffiò il biondo e alzò la gamba, pronta a frantumare il braccio del vampiro, ma Skylar intervenne e allontanò via Sydney con uno spintone.

“Per l'amor del cielo, Sydney! Datti una calmata!” lo rimproverò.

“Come posso darmi una calmata?” sbottò, sull'orlo del pianto.

“Lo porteremo a Kandrakar, e lì ci diranno cosa fare.” disse Lydia.

“Hanno preso Kyle! Hanno... l'hanno portato via.” singhiozzò, mettendosi una mano sulla bocca e iniziando a piangere.

“Andrà tutto bene, Syd.” dissero i due amici, abbracciando il biondo. I tre ragazzi cercarono di trovare nell'abbraccio dei propri amici un po' di conforto da quella situazione che facilmente induceva al panico; ma un rumore sinistro distrasse tutti e tre. Malik, infatti, approfittando della distrazione, aveva raggiunto un ramo che poco prima Lydia aveva utilizzato per intrappolare Vervan e se l'era conficcato nel cuore, riducendosi in cenere.

“S'è suicidato...” mormorò Skylar, inorridito.

 

Poco dopo il suicidio di Malik, il cuore di Kandrakar prese ad illuminarsi vistosamente e un varco si generò dal nulla, invitando i quattro ragazzi a varcare la soglia dimensionale. Cordelia decise di accompagnarli giusto perché non voleva essere presente al momento in cui Lilian avrebbe trovato quello spettacolo di distruzione nella propria abitazione, ed i cinque ragazzi furono accolti nella sala delle Stille. L'Oracolo, insieme a Taranee- guardiana delle stille – osservavano le gocce di potere muoversi non più circolarmente ma alla rinfusa. Mentre quella di Sydney sembrava in iperventilazione, quella di Tyler si muoveva appena e quella di Tyler era diventata completamente nera.

“La situazione è grave, Guardiani.” fu il benvenuto dell'Oracolo.

“Possiamo aiutare Kyle?” domandò il biondo.

“Solo se lui vorrà essere aiutato. Il suo potere di Fuoco potrà tornare utile alla sua cura, ma ci sarà bisogno che lui riprenda coscienza e che si guarisca da solo.” spiegò. “Quando sarà il momento giusto, lo attirerete qua e, se sarà abbastanza forte d'animo, si lascerà convincere a curarsi. Altrimenti il suo destino sarà segnato. Verrà bandito da Kandrakar.”

“Ma non è diventato un vampiro per sua volontà!” sbottò Sydney.

“Ma la sua decisione di curarsi o meno sarà del tutto arbitraria! E da tale decisione, qualunque essa sia, scaturiranno delle conseguenze più o meno gravi!” rispose l'Oracolo leggermente adirato. “Ma adesso non vi ho chiamati per parlare del vostro compagno. Dovete conoscere bene il vostro nemico, per questo vi racconterò di Damien e Vanessa e di cosa gli rende così terribili.”

 

Brighton, 1798

“Mi perdoni padre, perché ho peccato.”

“Vanessa. Sei di nuovo tu?” domandò il prete, non riuscendo a distinguere niente della figura nascosta dalla graticola del confessionale. La ragazza rispose affermativamente, trattenendo le lacrime a stento.

“C'è qualcosa che non va in me, padre.” disse la giovane, alzando gli occhi cerulei al cielo e imponendosi una certa calma e decoro poiché si ritrovava all'interno della casa del Signore.

“Si spieghi meglio.”
“Io... vedo cose, sento cose che non appartengono a questo tempo, ma che... non so spiegare precisamente, padre, però, prima o poi, le cose che percepisco si avverano.” spiegò in un sussurro.

“È successo ancora?” domandò il prete.

“Sì. Ero a Londra in vacanza dai miei zii e loro volevano prendere un traghetto per visitare il Tamigi. Sarebbe stata la conclusione di una vacanza perfetta, padre! Ma appena misi piede in quella nave, un forte senso di angoscia e di paura mi ha pervaso, ed io sono svenuta non prima di aver insistito affinché tutti scendettero.”

“E poi cosa è accaduto?”
“E poi la nave ha avuto un guasto ai motori ed ha preso fuoco.” spiegò, scoppiando in pianto.

“Nove Ave Maria e due Padre Nostro.” fu la risposta del parroco.

 

Per tutta la strada del ritorno, Vanessa e sua madre rimasero a lungo in silenzio. La giovane ragazza, allora di appena diciannove anni, non osava alzare lo sguardo dalla strada per evitare di incorrere nell'ira della madre, avvezza a pensare che la dote della figlia fosse qualcosa di diabolico. Ma a guardarla dall'esterno, Vanessa appariva tutto fuorché diabolica. I suoi lunghi capelli neri erano raccolti in una elegante treccia arricchita con qualche fiore di campo fresco; il suo volto delicato e pallido era teatro di due occhi talmente belli che ogni uomo sentiva le proprie ginocchia tremare non appena si fissavano su di loro; e la sua bocca, così rosea e delicata tradiva un'infanzia non ancora conclusa.

Quando arrivarono a casa, la domestica avvisò le due signore che il colonnello Stroy e suo figlio erano ad attenderle in salotto.

“Cielo, spero non abbiate aspettato troppo, signori.” disse la madre di Vanessa, entrando in salotto e sfoggiando un sorriso convenevole.

“Certo che no.” rispose il colonnello, esibendosi in un baciamano per entrambe le donne, subito imitato da suo figlio.

“Qual avvenimento turba il suo bel volto, Vanessa?” domandò il colonnello, vedendo la ragazza così silenziosa e distante. Gli occhi cerulei di Vanessa incontrarono quelli severi e castani della madre.

“Un brutto sogno, signore.” spiegò, cercando di sorridergli.

“Un brutto sogno? E di cosa trattava, se posso chiederlo?”

“...Serpenti.” disse Vanessa, facendo sorridere il colonnello e suo figlio. “Ma di certo non vorremo indugiare troppo su tali stupidi dettagli al limite della superstizione, vero? Andrò a dire alla domestica di preparare del buon tè.” disse la ragazza, ed uscì dalla stanza, sorridendo sebbene ignorasse ancora di poterlo fare. Arrivata in cucina, Vanessa comunicò l'ordine alla domestica e successivamente si soffermò a guardare dalla finestra. Era una giornata uggiosa, il vento soffiava forte e il sole era da settimane coperto da un fitto strato di nuvole; per nulla al mondo la ragazza sarebbe tornata da quell'uomo, il colonnello Stroy che tanto le dava i brividi ogni volta che sorrideva o ogni volta che la guardava. Vide nel cortile William, il figlio dello stalliere, intento a giocare con i cuccioli di beagles tanto cari a sua madre. Un sorriso nacque spontaneamente sulle sue labbra della ragazza, intenta a vedere i bei capelli biondi del giovane essere cullati dal vento, e lei si trovò a domandare se avrebbe mai avuto il piacere di accarezzare quel volto ancora una volta.

“Il tè è pronto, signorina.” disse la domestica, e la ragazza sussultò, cercando di ricomporsi.

“Assicurati di portarlo un minuto dopo che io torno in quella stanza. Non voglio sospettino abbia passato troppo tempo qui.” spiegò, prendendo un bel respiro e aprendo le porte del salotto.

 

Un manrovescio costrinse Vanessa a svegliarsi in piena notte. La ragazza non capì il perché di quel gesto, ma bastò qualche occhiata per intuirne i motivi; era tutta sudata ed ansimava ancora, le coperte del letto erano cadute a terra e sulla testiera del letto v'erano segni di unghiate.

“C-cosa è accaduto?” domandò la ragazza, toccandosi la guancia.

“Urlavi a pieni polmoni!” spiegò il padre, guardandola preoccupato.

“Dobbiamo chiuderla in un convento! È l'unico posto dove il demonio la lascerà in pace!” disse la madre, battendosi il petto.

“Non sono indemoniata!” pianse Vanessa. “Padre, voi mi credete, non è così?” domandò, afferrando il genitore per il polso.

“Non lo so, Vanessa. Urlavi così intensamente il nome di una persona che anche io ho temuto il peggio, per qualche secondo.” spiegò, respirando profondamente.

“Nome? Quale nome?” domandò, allarmata. I due genitori si guardarono per un momento, la madre fece di no con il capo, “Quale nome, vi prego!” ripeté.

“Re Draven.”

 

“Perdoni padre, perché ho peccato.”

“Vanessa? Son passati solo due giorni.” disse il parroco.

“Ho sognato il demonio.” rispose.

“Undici Ave Maria e cinque Padre Nostro.”

 

“Uno... due... tre...” contò Vanessa, spazzolandosi i lunghi capelli neri davanti allo specchio. Il colonnello, sua moglie e suo figlio, Nicholas, erano stati ospiti a cena a casa loro e non si erano ritirati fino allo scoccare delle undici.

“Quattordici... quindici... sedici...” contò ancora, pensando a quanto quell'uomo le dava i brividi. Sin dal suo ballo da debuttante, Vanessa aveva sentito quei viscidi occhi verdi su di sé, e se fosse stata una ragazza come tutte le altre, non ci avrebbe fatto caso; ma Vanessa non era come le altre. Lei vedeva cose che dovevano ancora avvenire, e sentiva dentro le proprie ossa che qualcosa di terribile sarebbe successo fra lei e il colonnello Stroy.

“Trentasette... trentotto... trentanove...” come sarebbe stato bello vivere con William e la sua famiglia. I suoi genitori erano deliziosi, William era un ragazzo adorabile nonché bello ed affascinante nella sua semplicità; ignorava dettami che Vanessa conosceva a menadito, ma era la sua puerilità ad ammaliarla più d'ogni altra cosa.

“Cinquantanove... sessantuno... sessantadue...” cento colpi di spazzola prima di andare a letto e i tuoi capelli saranno i più belli di Brighton, era solita dire la sua balia, quand'era ancora in vita.

“Ottantatré... ottantaquattro... ottantacinque...”
“Tesoro, non vai a letto?” domandò il padre.

“Finisco e vado subito.” mormorò Vanessa, guardando il riflesso del padre allo specchio. L'uomo si avvicinò e strinse la spalla della figlia con la sua mano calda e forte, mani che Vanessa aveva adorato e temuto al contempo durante la sua infanzia.

“Buonanotte.” disse, baciandola sullo zigomo.

“Novantotto... novantanove... cento.”

 

La domestica bussò alla porta della ragazza e Vanessa chiuse il libro che era intenta a leggere con tanta passione e dedizione da quasi due ore.

“Il colonnello Stroy è qui.” disse la domestica, affannata per aver salito le scale. Vanessa sospirò e alzò gli occhi al cielo, alzandosi dalla sedia e sistemandosi la gonna per poi scendere lungo le scale cercando di essere il meno elegante possibile così da disgustare il colonnello ed indulgerlo a lasciare casa sua.

“Vanessa, oggi è uno splendore.” disse, baciandole il dorso della mano.
“Lei è sempre gentile, colonnello Stroy. Purtroppo nessuno dei miei genitori è in casa, ma sarò felice di dire loro che siete venuti a farci visita.” sorrise, inchinandosi brevemente per congedarlo.

“Sa', Vanessa, che non l'ho mai sentita suonare il piano?” disse l'uomo.

“Oh, sono una terribile musicista.” si giustificò la ragazza.

“La modestia è fra tutte le doti quella che apprezzo di più, ma quella che sopporto di meno. Vi prego di farmi il favore di suonare qualcosa per me.” disse l'uomo. Vanessa sospirò e si diresse al pianoforte a coda che si ergeva al lato del grande salotto e prese a strimpellare qualcosa, sbagliando volutamente tutti gli accordi più facili. Sentiva il colonnello muoversi dietro di sé, ma per nulla a mondo Vanessa si sarebbe girata, riuscendo solo lontanamente intuire le intenzioni dell'uomo; continuava a concentrarsi affinché sbagliasse il più possibile quando un rumore metallico anticipò il buio in cui cadde.

 

La ragazza si svegliò, provò a muoversi ma era troppo intontita persino per mettere a fuoco la sua vista.
“Che succede?” domandò Vanessa, accusando un forte dolore alla tempia.

“Siete svenuta e avete battuto contro il camino. Non ricordate?” domandò il colonnello.

“No, io... suonavo il piano.”
“Presto, vada a chiamare un dottore.” disse il colonnello e la domestica annuì immediatamente, allontanandosi e chiudendo la porta di casa dietro di sé.

“Ora, Vanessa... abbiamo poco tempo. Dobbiamo fare in fretta.” disse il colonnello, tappandole la bocca con un fazzoletto. La ragazza capì immediatamente le intenzioni di quell'uomo e prese a dimenarsi con tutte le sue deboli braccia, ma il colonnello era parecchio forte e riusciva a tenerlo a bada. Lacrime di rabbia fuoriuscivano dai suoi occhi confusi, mentre le grida giungevano troppo attutite persino alle sue orecchie per sperare che qualcuno accorresse a salvarla.

“Ti piacerà, credimi.” sghignazzò l'uomo, calandosi le braghe ed iniziando ad armeggiare con la gonna della ragazza.

“Conta fino a cento, e sarà tutto finito.” le sussurrò, leccandole l'orecchio.

 

  
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