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Autore: DarkLatias2000    17/11/2015    0 recensioni
La figura dell'Oscuro leggendario Darkrai è da sempre avvolta in una coltre di mistero; nessuno ha mai saputo veramente quale sia la sua vera natura: spietata? Fredda? O semplicemente piegata ad una realtà spietata che non può accettarlo?
I fatti rivelati nell'Ascesa di Darkrai' sono estremamente contraddittori. Inizialmente quest'essere sembra avere un'indole ostile, ma ciò che è scritto nel diario di Godey sembra spiegare che si tratta solo di una mera apparenza: si tratta forse invece di un essere solitario e ferito, rifiutato da mondo a cui appartiene e che tuttavia sembra incapace di sopportarlo, che ha forse più bisogno d'amore di quanto non lo abbia qualunque altra creatura vivente che lo abita?
Cosa ha determinato l'incontro tra l'Oscuro leggendario e una ragazzina diversa e innocente che si rivelò la chiave per salvare la propria patria dalla furia dei titani leggendari del Tempo e dello Spazio?
Ciò che mai fu raccontato del passato fra Darkrai e Alicia è qui raccolto e ideato dalla mia immaginazione, se siete pronti a scoprirlo, procedete pure...
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Darkrai, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Anime, Videogioco
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Quella, a dir la verità, non era stata la prima volta in vita sua che l’aveva vista, ma tutti gli eventi avvenuti in passato perdevano ogni rilevanza in confronto a quel giorno.
Fu quando gli spararono.
Tutto a causa di quello sparo. Uno sparo che fu abbastanza stupido da beccarsi in circostanze in cui sarebbe stato ridicolmente facile evitarlo, niente di cui andare troppo fieri. Era cascato nella loro trappola come un cagnolino ingenuo, tutto perché non aveva avuto abbastanza cervello e autocontrollo per trattenersi.
Aveva fame.
Erano giorni e giorni che non mangiava decentemente, nelle sue condizioni già la caccia non era mai stata particolarmente fruttuosa, si doveva accontentare anche dei resti peggiori; gli altri della sua razza vedevano bene di non lasciare nulla in giro che potesse tenerlo nei paraggi: ma se prima le prede erano scarse, in quel periodo erano praticamente sparite, probabilmente a causa di quella razza di uomini insaziabili: era sicuro che fosse il loro ennesimo tentativo di stanarlo per farlo fuori, e saperlo non cambiava le cose.

Esseri repellenti.
Fu quel rodere intenso nel suo stomaco di una fame insostenibile a costringerlo a tentare un’altra sortita nel territorio urbano degli uomini, piuttosto pericolosa per chiunque, ma non per lui: era nato per essere un vero predatore, un inafferrabile cacciatore quale era non avrebbe dovuto avere problemi ad ottenere ciò di cui aveva bisogno.
Dio, se aveva fame.
Anche potendo, fino ad allora si era sempre rifiutato di arrivare a considerare anche solo minimamente i viveri degli esseri umani per sopravvivere, il solo pensiero di toccare ciò che producevano lo disgustava. Si sorprendeva lui stesso del fatto che quella fosse già la decima volta o più che si costringeva ad entrare nel loro   territorio per rubare da loro: ma era al limite. Doveva avere della carne, subito, se non voleva che la fame divorasse il suo stesso corpo.
Si era così infiltrato di nuovo in uno dei loro allevamenti, in cui non facevano che crescere animali di una tale stupidità da renderli buoni solo a farsi portare al macello, per ucciderne e prendersene uno.
Gli umani ne avevano sterminati a migliaia, di quelli della razza a cui ormai apparteneva, per riempirsi la pancia e peggio, e bramavano la sua morte ogni giorno, in modo malsano, ossessivo; aveva tutto il diritto di rubare una delle loro bestie per sopravvivere. Quello che alla fine aveva deciso di fare non poteva essere criticato in alcun modo, perché nessuno poteva trovare un motivo valido per impedirgli di recare un danno, neanche a parlare di quanto fosse minimo, nei confronti di una razza di creature come gli esseri umani, che avevano infettato sia la terra che il suo stesso corpo.

Pagherò il vostro prezzo in eterno. E per questo non smetterò di odiarvi.
Gli bastava passare appena gli occhi su quella pelle color carbone e quei rasoi che costituivano le sue unghie per odiarli con tutta l'anima: non si poteva neanche definire corpo, quello straccio di carne e pelle nera che aveva cucita addosso. Era solo parte della sua maledizione, del prezzo da pagare al posto loro. E ora doveva sopportare per loro anche quella sopravvivenza miserabile da schiavo: il dio dell’Incubo che aveva il potere di un controllo assoluto su ogni tipo di mente schiavo della fame e soprattutto delle loro azioni inqualificabili, a cui doveva il solo esistere.
Uomini.
Se solo quella sensazione dell’acido che lo corrodeva dall’interno in mancanza di cibo non fosse stata tanto insopportabile. Non aveva altra scelta che nutrirsi di ciò che producevano, repellente ma necessario: doveva rubare un’altra bestia.
L’insopportabile desiderio di avere un equino consumava ogni molecola del suo corpo insieme alla fame, carne rossa e nutriente e col sapore che giudicava migliore, fra i loro animali da macello, ma date  le circostanze non avrebbe mai potuto portarselo via o divorarlo in tempo senza che gli spedissero orde di cacciatori armati alle costole; anche un agnello sarebbe stata un’ottima scelta, ma erano protetti persino meglio, stavano nel cuore di interi greggi; un rischio decisamente troppo alto. Sapeva che avrebbe dovuto accontentarsi ancora una volta di un misero pennuto. Carne bianca e insipida praticamente senza valore nutritivo, non calmava il graffiare furioso degli artigli nel suo stomaco neanche un po’, ma era ai limiti della sopportazione: troppo tempo senza mangiare, lo avevano privato di tutta la selvaggina che gli spettava. Ecco che tornava immancabilmente a ripetersi che quello non era che il loro solito trucco sleale: volevano spingerlo a entrare nel loro territorio per ucciderlo giocando in casa, o comunque per farlo morire di fame; la difficoltà però non lo spaventava più di tanto, è risaputo che i fuoriclasse non si scelgono il campo. E aveva un disperato bisogno di carne.
Fu facile entrare, in maniera impeccabile e impercettibile, fondendosi con l’ombra e diventando tenebra pura, una sensazione che adorava; come fu ridicolmente facile tirare il collo a un volatile e trascinarlo via dal recinto, con tutte le intenzioni di farne la cena che si meritava da giorni.
Peccato che la sua debolezza e incapacità di autocontrollo fecero andare tutto a rotoli. Il madornale e imperdonabile errore che per poco non lo fece ammazzare.
Per quanto disgustosa potesse essere, la tentazione di ficcarsi in bocca subito, finalmente, della carne, era qualcosa a cui non voleva resistere, e finì per scegliere di mangiare la bestia sul posto il più rapidamente possibile: si scelse un luogo appartato poco oltre quello stupido allevamento, avrebbe pensato a sbarazzarsi dei resti a fine pasto.
Strappata qualche penna in fretta e furia aveva cominciato fin da subito a sbrindellare e a divorare voracemente il penoso bottino ottenuto il più rapidamente possibile, senza nemmeno preoccuparsi troppo di ripulirlo come si deve, mandando giù quanta più carne riuscisse a ingoiare. Non avrebbe avuto comunque il tempo di fare lo schizzinoso e scegliersi le parti con cura, senza contare che nel suo stato attuale non poteva permettersi di lasciare un solo pezzo ai mangiatori di carogne. Così continuava a scavare furiosamente nella carne cruda, viscida di sangue, dell’animale, strappando brandelli con unghie e denti con la furia disperata di una belva, ripugnante da guardare sia per un umano che per uno del suo popolo. Mangiava senza sentire alcun sapore, al solo scopo di finire il prima possibile.

Bestia che non sei altro.
Immerse ancora una volta la bocca, a intervalli sconnessi e in modo tuttavia ironicamente meccanico, nell’ammasso di tessuti e muscoli viscidi dell'animale crudo, strappando via tutto e ingollando in fretta e furia.
E che cosa avrebbe dovuto importargliene? Che cos’era, quello spettacolo penoso di una creatura privata di ogni forma di dignità, in confronto a ciò che facevano gli esseri umani ogni giorno?

Bestia.
In fondo era quasi un complimento. Sarebbe stata un’identità assai migliore in confronto a quella di un umano, esseri che con la loro follia lo avevano condannato a quella vita come prezzo del potere che gli era stato impresso allo scopo di punirli.
Eppure… faticava, faticava davvero a ingoiare quei brandelli sanguinolenti, e il dorso di quelle zampe da demone a tre dita non poteva proprio fare a meno di continuare a cercare con disperazione di scostargli e pulirgli via di dosso quel denso sangue appiccicoso che continuava automaticamente a imbrattarlo. Non era il disgusto per il sapore di quella roba insipida, non lo percepiva nemmeno: era la vergogna per se stesso che, morso dopo morso, gli rendeva sempre più faticoso ingoiare quei pezzi crudi, un sentimento che covava del tutto involontariamente nel suo spirito lacerato.
La consapevolezza di non poter essere criticato da nessuno per quello a cui si era abbassato, non certo per la prima volta, non bastava minimamente a reprimere quella sensazione di disgusto e rabbia che sentiva contorcersi dentro come un cobra che lo accompagnava e gli avvelenava l'anima giorno dopo giorno.

Che mostro. Non cercare di negarlo, sai benissimo che è questo che sei.
Inutile cercare di ignorarla, poteva solo combattere come una belva disperata contro quella puntuale lotta intestina che lo veniva a trovare ogni volta che spingeva un pezzo di carne cruda nella propria gola.
Ma non era arrivato neanche alle viscere che il latrato furioso dei cani squarciò violento il silenzio, che credeva di essere stato abbastanza astuto da riuscire a mantenere senza problemi durante il suo odiato pasto da animale.
A occhio e croce, sembravano più o meno una decina, e naturalmente non erano soli. Di una puntualità insopportabile.

Dannazione. Andate al diavolo.
Come aveva sospettato, sapevano che presto si sarebbe mosso per rubargli una bestia un’altra volta: dovevano averlo attirato di proposito, prendendolo per fame, per braccarlo senza doversi disperare per stanarlo inutilmente nel suo territorio, da cui non avrebbero avuto una sola possibilità di uscire sani.
E pensare che, a dirla tutta, al contrario di ciò che pensavano loro, lui non aveva alcun tipo di dimora: i suoi simili lo odiavano, erano capaci di arrivare quasi allo stesso livello di ferocia del popolo umano per tenerlo lontano dalle loro tane, non gli avrebbero mai permesso di stabilirsi da nessuna parte, almeno senza che l’intero branco venisse a muovere guerra contro di lui con zanne e artigli. Dunque era un nomade indomito, e pieno di odio per gli umani, che viveva nascondendosi nel buio o a fuggendo continuamente da qualche parte.

Ridicolo.
Che situazione patetica: davvero, lo era, chiunque lo avrebbe pensato. Col potere che gli avevano imposto avrebbe potuto tranquillamente stroncare tutti coloro che lo infastidivano. Un unico gesto, e chi lo costringeva a quella sopravvivenza forzata, che non poteva neanche essere chiamata vita, non si sarebbe mai più svegliato. Bastava davvero, uno sguardo.
Ma a che scopo? Sarebbe stato un gesto da umano. Da lurido essere umano. E non avrebbe fatto altro che insanguinarsi l’esistenza più di quanto non fosse attualmente, rendendosela solo ancora più insopportabile, a cominciare dal mostruoso intensificarsi della caccia sulle sue tracce che ne sarebbe seguito, come se quella che gli stavano dando in quel periodo non fosse già abbastanza.
Erano preparati, lo aspettavano, erano lì per farla finita. Continuassero pure a sognarlo, una volta che li avrebbe resi incapaci di uscire dalle loro stesse menti sarebbero stati liberi di farlo per tutto il tempo che volevano.
Dall’aura che avevano addosso dovevano essersi ricoperti di Alalunari in maniera decisamente esagerata: erano intere valanghe di piume di Cresselia, riuscivano quasi a coprire persino il loro insopportabile odore di pelle umana. Preferì non immaginare in che maniera se ne fossero procurati una simile quantità. E con questo, tanti saluti al suo cavallo di battaglia: senza le capacità che lo rendevano famoso vrebbe dovuto sistemarli alla vecchia maniera, letteralmente con le unghie e coi denti. Non avrebbe potuto mai ricorrere ad attacchi e manipolazioni mentali nel sonno con la presenza di tutte quelle dannatissime piume: tutto sommato le nuove generazioni non erano così stupide come pensava, a livello di precauzione stavano migliorando.
Si liberò immediatamente della carcassa, almeno per provare a depistare i cani in arrivo, per poi cominciare a correre... o meglio… sfrecciare lontano, più fulmineo di un falco in picchiata, per mettere un po’ di distanza fra lui e i cacciatori.
Buffo, neanche loro sapevano che i ruoli in realtà erano da sempre invertiti: gli piaceva credere che solo il suo disgusto nei loro confronti impedisse loro di trasformarsi totalmente in prede servitegli su piatti d'oro zecchino.
Quando si gareggiava con lui in rapidità non c’era la minima competizione, ma se erano preparati al suo assalto, come dimostrava la quantità abnorme delle Alalunari che si portavano addosso, probabilmente avevano previsto anche una situazione simile.

Se avete proprio deciso di rovinarmi la cena, almeno vedete di non annoiarmi.
Nonostante i crampi, decisamente insoddisfatti per quel pasto senza sapore e incompleto che continuavano a mangiucchiargli lo stomaco come soda caustica, non fu difficile lasciarsi alle spalle i loro edifici e tornare sui suoi passi, almeno per allontanarsi da loro territorio.
Il problema venne quando, inaspettatamente, dopo essersi accertato di avere a una bella distanza dalle proprie spalle il loro centro abitato, quelli iniziarono a recuperare terreno: nessun tipo di macchina finora costruita era ancora in grado di reggere il confronto con la sua velocità, e a giudicare dal rumore di zoccoli in corsa e dallo sfrigolio del terreno al contatto con essi dovevano essere a dorso di Rapidash. Una buona scelta, doveva ammetterlo, se c’era una specie di Pokemon abbastanza rapida da tenergli testa nella corsa questa era quella dei superbi stalloni nati direttamente dal sole, dotati di un’accelerazione a malapena descrivibile, unici in grado di raggiungere i 240 chilometri orari in pochi secondi. Senza contare che, da come riuscivano a stargli dietro nonostante la propria capacità di aumentare la velocità di movimento in maniera esponenziale, dovevano averli appositamente addestrati per superare i loro limiti, forse ai 300 chilometri erano pure in grado di arrivarci.

E bravi, bella mossa. Peccato che la vittoria non abbia mai fatto parte della vostra natura perdente.
Da come spronavano e aizzavano le bestie, e dalle grida che lanciavano, dovevano avere tutte le intenzioni di impedirgli di raggiungere il bosco più vicino: erano sufficientemente intuitivi per capire che una volta lì dentro, nel suo regno, il buio causato dalle fronde più fitte che coprivano i raggi solari, dove avrebbe potuto far perdere le proprie tracce e lasciarli imbarazzantemente a bocca asciutta, non sarebbero più riusciti a prenderlo. Peggio ancora, nel buio avrebbe avuto qualche possibilità di togliergli di dosso le Alalunari, e in quel caso sarebbero finiti alla sua completa mercé: dritti nella tana (se ne avesse mai avuta una) e nelle fauci del lupo. Se proprio credevano di avere qualche possibilità di prenderlo, di certo avrebbero fatto di tutto per tenerlo fuori dall’ombra, alla luce del sole, dove avrebbero potuto vederlo, impedirgli di nascondersi e colpirli alle spalle.
“Non farlo arrivare alla foresta, o prova di nuovo a usare i suoi trucchetti!"
"E corri, maledizione, qui finisce che ci semina di nuovo!”
“Tagliategli la strada, se entra siamo fregati!”

Sapete davvero essere così patetici?
D’altra parte, non che ci volesse tutta questa genialità per capire che dovevano impedirgli di raggiungere l’ombra, se volevano esibire la sua pelle come trofeo di caccia, dopo migliaia di tentativi andati a vuoto. Ed erano ancora abbastanza ingenui da non pensare neanche minimamente che lui intendesse la loro lingua forse anche meglio di loro stessi. E comunque, in ogni caso, era perfettamente preparato ad un’eventualità del genere: una tattica simile sarebbe stata la prima cosa che avrebbero cercato di mettere in atto.
Cielo, che scontati.
Aveva una certa voglia di divertirsi un po’ con loro: aveva cominciato a stancarsi di prenderli sempre con la stessa rete, se proprio doveva giocare con quei bipedi tanto odiosi tanto valeva farlo come si deve: d’altronde il carico di Alalunari che si tiravano dietro rendeva il tutto di una certa complicatezza.

Divertiamoci, miei vecchi giocattoli.
La partita fra lui e quei cacciatori sembrava aver assunto i caratteri di una gara di astuzia e velocità, avrebbe fatto uso della rapidità e della sua esperienza sul campo: conosceva molto bene il terreno sul quale stavano giocando al gatto e il topo, a loro completa insaputa.
Per prima cosa avrebbe ridicolizzato quella patetica strategia per tentare di fermarlo, usando lo stesso gruppo che si era separato dagli altri per cercare di tagliargli la strada. Avrebbe aggiunto una beffa al danno, umiliandoli come gli ingenui che erano: che credevano di fare con quella mossa scontata?
Rallentando appena l’accelerazione per far recuperare un po’ di terreno agli inseguitori alle sue spalle, intravide presto di fronte ai suoi occhi i loro compari, a bloccare l’accesso alla foresta, pronti ad accogliere il suo arrivo.

Inizia il gioco.
Due metri di apertura alare si distesero dalle sue spalle, ansiosi di abbracciare il vento, abbandonò ogni appiglio al suolo e sfrecciò rasoterra dritto contro gli altri membri del gruppo di caccia, leggendo nei loro occhi la vita di ognuno, scavando nelle loro menti, carpendone ogni dettaglio.
Una tensione terribile aveva preso possesso dei loro cuori: giovani che cercavano di mettersi in mostra, riuscendoci peraltro pessimamente: avevano una paura del diavolo. La loro era una storia come un’altra, niente di nuovo o interessante, sempre la solita manciata di citrulli che speravano di guadagnarci qualcosa; entrarono nella sua testa una dozzina di nomi totalmente irrilevanti, fu come non averli neanche sentiti, e quando la distanza sempre più piccola fra lui e quello schieramento da due soldi cominciò a diventare preoccupante, in quelle menti umane sopraggiunse una considerevole dose di ansia e terrore: certo tipi così non si aspettavano che il loro temibile obiettivo venisse direttamente loro incontro per affrontarli a viso aperto come si deve, mostrando quei due pezzi di ghiaccio azzurro, i suoi occhi da serpente, dritti contro le loro iridi, in un’espressione beffarda tipica da Oscuro. I cavalli ardenti cominciarono ad agitarsi, uno, al solo vederlo, rischiò seriamente di imbizzarrirsi.

Uh, allora ti faccio paura?
Rimasero così sorpresi e paralizzati nel vederselo arrivare letteralmente addosso che quando lui li superò semplicemente scavalcandoli in volo, innalzandosi in maniera agile e perfetta sulle loro teste, non si resero neanche conto di essere andati a sbattere direttamente col gruppo che gli stava alle costole; con ogni probabilità cozzò qualche testa, con somma soddisfazione dell’Oscuro.
Tuttavia, quelli in coda, con una non trascurabile dose di fortuna, abbastanza da non farsi destabilizzare come gli altri, furono i primi a riprendere il controllo delle cavalcature e a ripartire al suo inseguimento, decisi a non cadere più nelle sue trappole, pur non avendo certo le capacità necessarie per evitarle. E spronavano gli stalloni come pazzi per non perderlo di vista. Era divertente sapere che i loro peggiori sforzi non gli sarebbero stati di alcuna utilità: perché se a terra era un ghepardo in cielo, nel vento, era un lampo, e dire che gli inseguitori erano il tuono era persino una sopravvalutazione, rispetto alla sua velocità.
Stavano costeggiando il bosco, senza però accennare nemmeno l'intenzione di addentrarvisi. Piuttosto strano, credevano probabilmente gli esseri umani, se lui fosse entrato, e avesse recuperato il vantaggio del buio, per loro il gioco si sarebbe subito concluso: eppure lui continuava a volare avanti, nemmeno troppo in alto, aveva tutte le intenzioni di attirarli da qualche parte. In realtà, giocare con loro e le loro ridicole tattiche per abbatterlo non era niente di estremamente stimolante, ma se c’era una cosa che riusciva a fargli dimenticare per un po’ quel tremendo, assolutamente tremendo, senso di fame, questa era la soddisfazione nel ridicolizzarli.
Decise di cambiare direzione, e puntò verso la base del costone roccioso che dava sugli alberi della foresta, per continuare la partita su un campo diverso. Non si fermarono neanche per un istante, gli corsero dietro senza neanche pensare, e in un attimo ecco che sfrecciava fra le pareti rocciose inseguito da circa cinque o sei di loro.

Avrete anche imparato a fare qualche scattino, ma che ne dite delle lunghe distanze?
Se ponderava bene le energie avrebbe potuto sfiancare i cavalli di fiamme, e in quel caso volgere la situazione direttamente a proprio favore: però erano ancora decisamente un po’ troppi per i suoi gusti. Se li avesse presi uno per volta, con calma e ragionata imprevedibilità, non avrebbero mai potuto difendersi. Anche con una manovra pericolosa come quella.
Vediamo di spedirne a casa qualcuno.
Adocchiò per primo quello che sembrava il più giovane e lento, si sarebbe tenuto i migliori per dopo. Trattenne il respiro e poi, senza preavviso, nel pieno dell’inseguimento, all’improvviso sparì dalla loro vista, inabissandosi invisibilmente nel terreno.
“Ma che diavolo…?”
“E ora dov’è andato? Giuro che questa volta lo ammazzo davvero!”

Riderei, certo, se solo ne fossi capace…
Fu più problematico del previsto evitare gli zoccoli incandescenti dei cavalli mentre era fuso con le loro ombre, questo però non gli impedì in ogni caso di rispuntare dal terreno alle spalle dei cacciatori e di buttare giù di sella l’ultimo della fila, con un unico colpo secco e preciso. Il Rapidash si imbizzarrì e perse il controllo per lo spavento, fuggendo via dal resto del gruppo come indemoniato, che il poveretto ringraziasse il fatto di essersi salvato da quei letali zoccoli roventi. Il resto del gruppo certo non aveva i riflessi sufficientemente pronti per rendersi conto dell’assalto al momento opportuno.
Fuori uno.
“Ma che..! Norm! Norm!”
“Lasciate perdere Norm! E occhio alle spalle, voi altri, sta facendo come quella volta!”
Era un peccato aver perso l’effetto sorpresa, ma non era certo la prima volta che adottava quella tattica per seminarli: eppure, nonostante ciò, continuava in ogni occasione a fregarli in quel modo. Puntò a quello più avanti, fece esattamente come prima: un fulmineo slalom tra le zampe in pieno galoppo degli stalloni per poi assaltare alle spalle il cavaliere, con cui bastò un’unica spinta all’indietro per tirarlo giù di groppa.

Fuori due.
“Cribbio… non ci provare, dannata bestiaccia!”
“Occhio, Ed, il prossimo sei tu, è sotto di te!”

Uh, quindi sei terribilmente miope, ma cieco ancora no.
A quanto pareva, per gli esseri umani la terza era davvero la volta buona, perché il cacciatore in questione ebbe abbastanza cervello da obbligare il Rapidash a espandere le fiamme intorno a sé prima che lui potesse disarcionarlo come gli altri due, costringendolo a togliersi subito dalla zona di corsa dei cavalli ardenti e a tornare visibile ai loro occhi, riprendendo così l’inseguimento tradizionale.
Un paio in meno tutto sommato erano sufficienti, e non era il caso di trattenere il respiro a lungo per sfruttare quella abilità, lo avrebbe fatto stancare troppo: ora sarebbe bastato seguire la strategia originale. Nonostante i muscoli avessero cominciato a dare qualche lamentela, cominciava finalmente a trovare quella piccola gara entusiasmante: non voleva smettere di fendere l’aria, voleva accelerare sempre di più, sentire quei tre rompiscatole in preda all’esasperazione per non poter reggere il confronto con lui.
Naturalmente, però, tutte le cose hanno una fine, e dopo qualche tempo iniziò a intravedere la fine della pista sotto il costone roccioso che avevano percorso finora: vicolo cieco.

Perfetto.
Come si aspettava, chi gli stava dietro riprese ad esultare appena ebbe capito che l’odioso percorso si degnava di finire:
“Beccato!”
“L’abbiamo preso, Ed!”
“Corsa finita, mostriciattolo, sei fregato!”

Senti un po’ chi parla.
Gli artigli scattarono fuori in tutta la loro lunghezza, le ali piumate si tesero per l’ultima volta, fino a quando la parete rocciosa non gli si ritrovò di fronte.
La partita si chiude in bellezza.
Un battito abbastanza potente da sollevare una corrente d’aria carica di polvere, e le unghie si agganciarono come rampini acuminati alla superficie rocciosa, mentre gli inseguitori, finalmente arrivati a destinazione, costringevano i cavalli sfiancati ad una brusca frenata, non avendo la minima idea di ciò che il loro obiettivo stesse cercando di fare. In un attimo, appena il tempo di alzare la testa, e incrociarono le sue gelidi iridi blu, che li sovrastavano dall’alto come due spietati inquisitori, che bastarono a paralizzarli con un’unica, penetrante occhiata:
“Cosa…”
Erano in tre. Proprio come aveva sospettato. Tutti abbastanza giovani, il che certo non li aiutava e non li aveva mai aiutati finora, era necessaria come minimo un'esperienza abnorme per poter realmente sperare di confrontarsi alla pari con lui.
L’Oscuro penetrò in quegli occhi umani color cioccolato come un virus corrodente, facendosi strada nelle loro menti: trasse da esse ogni pensiero con la stessa facilità con cui un prestigiatore estrae un coniglio dal cilindro, per poi infondere in essi un’emozione disturbante e avvolgente, non ebbe pietà. Erano agitati, e la loro paura continuava ad aumentare esponenzialmente, esseri umani del genere non sarebbero mai stati in grado di tenere testa al suo sguardo.
Uno cominciò a far indietreggiare la cavalcatura, incapace di reggere il confronto con quella pupilla da serpente, mentre l’agitazione degli altri continuava a crescere gradualmente: quando quella penetrante mezzaluna azzurra scintillò minacciosamente contro i loro volti, il ragazzo che si era fatto indietro non resistette più e tornò indietro di corsa senza nemmeno la necessità di guidare indietro il cavallo ardente, riuscendo a malapena a soffocare delle grida. Piuttosto imbarazzante.

Ti faccio paura?
A malapena gli altri due si accorsero della fuga del terzo, tanto erano paralizzati da quella mezzaluna di un blu acceso, con quel sottile e arcuato triangolo nero al suo interno, che li fissava trapanando psicologicamente i loro occhi.
Allora, ti faccio paura?
La situazione diventava più ridicola a millisecondo che passava, in effetti gli sembrava di vedere quasi il tempo scorrere al rallentatore: non solo non riuscivano a guardarlo negli occhi senza riuscire a muovere un solo muscolo, nonostante per loro fosse il momento perfetto per puntarlo con una canna, ma non erano neanche in grado di distogliere lo sguardo: quegli scuri occhi umani sembravano potersi sciogliere per il terrore da un momento all’altro, senza che fosse neanche necessario stringerli in una morsa psichica.
Ti faccio paura, non è vero?
Con una tale confusione emotiva nelle loro teste, scatenare un’ipnosi su di loro sarebbe stato di una facilità imbarazzante... naturalmente se non avessero avuto addosso un’intera scorta di piume anti-sonno come garanzia totale. Un impedimento rognoso e ridicolmente insormontabile, una piumetta che, per legge della natura, da sola, lo rendeva praticamente impotente.
Ma se loro potevano aessersi protetti nel modo migliore, che dire delle loro cavalcature?
Gli stalloni coperti di fiamme, tenute lontane da chi li montava grazie alla loro volontà e alle selle ignifughe, avevano cominciato ad agitarsi, a scalpitare leggermente: la loro paura era paragonabile a quella dei loro cavalieri, ma a quanto pareva quella del frustino era ancora più grande.

Così mi offendi, schiavo.
Un Rapidash, per natura splendido e superbo, reso uno schiavo totale da un essere umano. Pur non essendo stata certo una sua scelta, aveva più paura di un frustino o degli speroni che dello sguardo superiore, ipnotico e spietato del guardiano Oscuro, un essere che era in grado di spezzargli tutti e quattro i garretti semplicemente fissandolo.
Mi offendi davvero, lo sai?
Gli umani si erano pure potuti ricordare di impedirgli in tutti i modi di usare i boschi a proprio vantaggio e di infarcirsi gli abiti di Alalunari, ma non era passato loro neanche per la testa di prendere qualche minima misura di sicurezza per quanto riguardava le cavalcature.
Idioti davvero.
Nelle sue iridi ora pulsava una luce così accesa da renderle più simili a fiammeggianti torce azzurre, l’affilata pupilla di petrolio puntò il Rapidash di sinistra.
Ti faccio paura?
Il cavallo si agitò ulteriormente, i suoi occhi commisero il grave errore di incrociare i suoi, rendendolo totalmente incapace di fuggire.
Allora, ti faccio paura?
L’agitazione dell’equino incandescente continuava ad aumentare, il fatto che il suo padrone non se ne fosse ancora neanche accorto aveva un aspetto esilarante.
Trema.
L’agitazione del Rapidash aumentò a tal punto che anche il proprietario si accorse del problema, riuscendo finalmente a tornare lucido, ma non comprese la situazione, preferì dare la colpa a un semplice nervosismo, causato dalla fiacchezza della bestia, e forzò la mano per tenerlo fermo, mentre tornava a cercare l’impugnatura del fucile:
“Sta’ fermo, piantala di agitarti! Adesso ti sistemo io, bestia amorfa…”

Oh, ma per favore.
Speravano di poter battere la sua influenza mentale semplicemente forzando il cavallo? Una superbia sciocca di cui potevano essere capaci solo gli esseri umani.
Fissò dritta la bestia in quegli occhi colmi di panico.

Agitati.
Subito il Rapidash cominciò a ribellarsi alle briglie, scuotendo la testa da ogni parte con disperazione, avrebbe dato di tutto per togliersele di dosso e scappare via da quell’Incubo onnipotente che lo stava soggiogando fino a farlo impazzire.

Agitati di più.
Il suo scalpitio divenne esasperato, le fiamme che emanava rischiavano di perdere il controllo da un momento all’altro, finalmente il padrone cominciò a preoccuparsi e cercò di trovare un modo per domarlo:
“Fermo, sta’ fermo, dannata bestia! Così mi scotti, stupido!” Lo stallone però aveva già iniziato a scalciare, nitrire, tentando disperatamente di sfuggire al controllo del cavaliere.

Agitati, ancora di più, corri a casa. Obbedisci.
L’uomo stava andando in esasperazione, sembrava essersi persino dimenticato di lui, cercava solo di tenere ferma la propria cavalcatura, ormai fuori di sé, che si dimenava come posseduta, tirando le briglie con disperazione.
Agitati, esplodi. Obbedisci!
Il compagno del cacciatore, ancora col cavallo sotto controllo, finalmente sembrò rendersi conto di ciò che era tutto intorno a loro, un potere che li soggiogava e surclassava le loro capacità come una morsa lenta e senza scampo. E quando i suoi occhi ricordarono l’immagine di quelli glaciali della creatura che ormai li aveva in pugno…
“Ed…”

Correte. Impazzite. Non potete sottrarvi.
“Ed… Ed! Levati subito da lì, è in grado di ipnotizzare il tuo Pokemon!”
Era decisamente un po’ troppo tardi per accorgersene.
In quel momento anche il secondo Rapidash perse il controllo, le loro fiamme esplosero in tutta la loro potenza e i due cavalli, totalmente imbizzarriti, si impennarono con furia scagliandoli per terra. Prima ancora che i due uomini riuscissero anche solo a pensare di fare qualcosa, l’Oscuro era già saltato sopra di loro con una velocità impressionante sovrastandoli con quelle enormi ali di tenebra, non poterono fare altro che abbassare la testa e cercare di proteggersi dall’assalto.
Lui non perse certo tempo con loro, si era divertito abbastanza: si limitò ad abbattere i cavalli con due colpi precisi e a superarli con un balzo, riprendendo la strada per tornare indietro.

Uomini del genere non potrebbero farmi più pena di così.
Li sentiva ancora lamentarsi, imprecare e agitarsi, mentre cercavano di riprendere il controllo delle bestie, indirizzandogli ogni tipo di maledizione e insulto della Terra.
“Tu, dannato…!”
“Maledetto, questa me la paghi, bastardo!”

Lo prendo come un complimento.
L’accelerazione fu automatica e le ali tornarono a fendere l’aria: il gioco è bello quando dura poco, ed era stato decentemente divertente, abbastanza da fargli dimenticare per un po’ la sensazione di fame, il che era già qualcosa. Anche se la distanza fra loro era già non indifferente, continuava a percepire la loro dirompente frustrazione, rabbia, esasperazione, esilarante.
“Maledizione… inseguilo, inseguilo!”
“E dove vuoi che vada, quest’affare non vuole stare fermo!”
“Gente, mi ricevete? Sta tornando indietro, bloccategli la via di fuga, con la velocità che si ritrova rischiamo di lasciarcelo scappare di nuovo!”
Aveva appena abbandonato la lettura di quelle menti umane quando incrociò il resto del gruppo che era venuto loro dietro, di quei primi ritardatari che erano andati a sbattere gli uni contro gli altri come dei polli, tutti dotati di canna e proiettili.

Se non vi foste meritati tutto il mio odio fareste quasi tenerezza.
I primi della fila, in preda al panico per quell’apparizione velocissima e improvvisa, riuscirono a malapena a puntare il fucile e a premere il grilletto. Peccato che il Pokemon nero fosse in grado di precedere qualunque cosa, e un proiettile per lui non costituiva certo un problema: appena il tempo di fissare la pallottola che andava a vuoto che i cacciatori se lo ritrovarono sopra la testa:
“Oddio…!”
“Tutti, presto, state giù!”

Bravo, stai giù, non puoi neanche permetterti di guardarmi in faccia.
Un altro balzo di precisione perfetta, un brevissimo volo sopra quelle teste coperte in maniera patetica, una rapida artigliata alle ultime cavalcature e l’Oscuro atterrò alle loro spalle con leggerezza maestrale, riprendendo a correre con un’eccitazione superba.
Forza, perché non correte? Avanti, ridicolizzatevi ancora.
“Ma che…”
“Di nuovo? È scappato di nuovo?”
“Non state lì impalati, andategli dietro!”

Sì, provateci, crollate pure nel tentativo.
Sfoderò la sua massima accelerazione, inutilmente gli zoccoli dei Rapidash tornarono a pestare e bruciare con violenza il terreno alle sue spalle sempre più forte, incapaci di stargli dietro, figuriamoci di recuperare terreno.
Avanti, correte pure, che credete di ottenere ammazzando i vostri schiavi di fatica?
Il suo udito superiore percepiva gli stalloni in fiamme sfiancarsi sempre di più, la loro andatura aumentare gradualmente di lentezza e pesantezza, l’intensità e il volume del loro rumore andava scemando, e inutile era l’uso spietato del frustino da parte dei loro padroni, non avrebbero mai raggiunto la sua velocità. Il loro era un ennesimo tentativo, patetico ed inutile come tutti gli altri. No, non lo avrebbero mai preso, troppo superbi, superficiali, ingenui e stupidi, una razza come quella non sarebbe mai riuscita a sfiorarlo con un dito.
Correte, correte, sognate pure di riuscirci, non riuscirete mai a raggiungermi.
Artigliava la polvere e i sassi e si lanciava in avanti a intervalli brevissimi, con una padronanza magistrale, sempre più fulmineo, una freccia nera che sembrava non conoscere limiti di rapidità, chiunque avrebbe avuto il dubbio che prima o poi arrivasse a diventare invisibile a occhio nudo. Ne era sicuro, gli inseguitori non avevano più forza né fisica né psicologica per continuare ulteriormente la caccia, di certo avevano abbandonato l’impresa, il solo vederlo correre bastava a spiazzarli completamente. Per un popolo inferiore come il loro il solo pensare di poter riuscire in un obiettivo simile era pura follia.
La vostra velocità non è neanche minimamente paragonabile alla mia. Restate indietro, rimanete lì, non potete neanche permettervi di osare il confronto con me.
Raggiunta la base della zona rocciosa, decise di procedere verso l’alto, percorrendo il costone: tornando direttamente dalla strada da cui era venuto sarebbe stato fin troppo probabile incontrare altri seccatori, scelse di gettarsi nel vuoto, verso gli alberi, dall’alto della roccia, una volta raggiunto il punto più vicino alla grande foresta che si estendeva sotto per metri e metri. Le unghie artigliarono la terra in curva in maniera perfetta, uno slancio fulmineo e in un attimo tornò a divorare metri e metri di terra, diretto verso la cima.
Sì. Più forte.
I muscoli che si tendevano con regolarità in un movimento rapido e perpetuo, sfidando ogni limite fisico, eccitati, il calore corporeo ardente, feroce, esaltante, si ritrovò a pensare di sentirsi molto più simile a quei Rapidash di quanto non fosse mai stato.
Ancora. Più forte!
Non poteva fare a meno di amare quella sensazione, dinamica e avvolgente, lo faceva sentire più potente e vivo che mai.
Uno di quei pochi, rarissimi, preziosi momenti in cui davvero riusciva a dimenticare chi era.

Non provate a fermarmi. Nessuno può farlo.
In un attimo, la fine della corsa era lì, proprio davanti a lui, il pendio dava proprio sugli alberi.
Le ali si spiegarono sovrane dalle spalle, enormi, superbe e potenti come sempre, un unico battito, e poco meno di un metro lo separò dalla terra.

Io sono il capo, nessuno può ostacolarmi.
Le unghie si ancorarono al terreno con forza e precisione assoluta, le braccia furono rapide a piegarsi per dare il potente slancio che lo separava dall’abbracciare il cielo, in tutta la sua immensità, e il vento furioso, per poi abbandonarsi a una vorticosa picchiata verso il verde scuro che si stendeva sotto; un attimo e sarebbe stato di nuovo nel suo regno, padrone delle fronde.
Adesso!
Proprio in quel momento sentì quel rumore. Improvviso, sordo, breve.
Per un attimo squarciò l’aria, gli percosse i timpani per neanche mezzo secondo. Una consapevolezza paralizzante ebbe il potere di frenare il volo, non riuscì a pensare a nient’altro.
E la sensazione di un trapano incandescente di dolore insostenibile gli lacerò senza pietà le carni sotto la costola sinistra.







Nota dell'autrice:
Ciccini belli, non pagate per scrivere un piccolo parere, lo sapevate, vero? O c'è stata una specie di epidemia di mutismo negli ultimi tempi? XD
Sono settimane che non mi faccio viva, ma ho avuto una brutta crisi di scrittura negli ultimi tempi, e, non so perché, per quanto io potessi riscriverlo da capo, questo capitolo non veniva mai come volevo, mi ha messa a dura prova.
Beh,alla fine ce l'ho fatta, tra un impegno e l'altro. Avendo ricominciato a riscrivere da capo la trama da quache capitolo a questa parte, vi ricordo di nuovo che la frequenza con cui usciranno altri capitoli sarà piuttosto irregolare e con intervalli anche molto lunghi, vi prego di avere pazienza.
Un saluto veloce dalla sottoscritta ;-)
   
 
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