Milo di Scorpio ( Le Fleur Du Mal )
Aphrodite
dei Pesci ( Kijomi )
Camus dell’Acquario ( Ren-Chan )
Presentano:
Heramachia
Prologo
Quando
rinvenne, nella stanza
sacra c’era silenzio. Milo fece un paio di respiri profondi,
per impadronirsi
di quanto più ossigeno possibile, in tutto quel fumo
dolciastro e argenteo.
Calcolò
che dovessero essere
trascorsi solo una manciata di istanti e sbatté le palpebre,
come per snebbiare
la mente.
Hera
sedeva ancora sul suo
seggio, gli occhi verdi tradivano tranquilla soddisfazione e lo
guardava da
lontano quasi con dolcezza, come una madre che si assicura di non
essere stata
troppo severa.
Menelao
l’aveva raggiunta e,
piegato davanti a lei, spingeva l’anello al dito della dea.
Il
gioiello baluginò per un
attimo.
La
fanciulla, Tifi, gli appoggiò
una mano sulla spalla, leggera.
Milo
si rannicchiò, come per
sfuggire al suo tocco, singhiozzò di rabbia e frustrazione,
guardandoli tutti e
tre, pieno d’odio.
“E’
tutto finito” diceva la
fanciulla con dolcezza, cantilenando la voce “E’
tutto a posto. Tutto a posto”.
Milo sentì le dita fresche di lei sciogliere con delicatezza
i legami stretti e
dolorosi di edera ai polsi e alle caviglie. Seppe di essere libero.
Si
tirò su di scatto, deciso a
balzare addosso a quella traditrice, Tifi della Bussola o chi accidenti
fosse,
ma venne raggelato dal grido basso e potente di un guerriero.
“Madre
Hera! Sommo Menelao!”
“Argo!”
nella voce di Menelao,
girato verso l’Argonauta che adesso entrava con trafelata
urgenza, si avvertì
una nota di cortese disappunto, per la maleducazione che il giovane
stava
dimostrando, con quell’ingresso poco formale al cospetto
della sua dea.
“Sommo
Menelao!” berciò l’altro,
in risposta, indicando freneticamente più o meno in
direzione dell’ingresso
“Alle porte del Tempio! Sono arrivati due Gold
Saint!”
“Come?!”
Anche
Tifi si irrigidì, le
sopracciglia sottili adombrarono il suo sguardo, preoccupato.
“Alle
porte! Si avvicinano e sono
due! Medea li ha avvistati dalla sua postazione!” Argo era
corso appena l’aveva
saputo.
“Due?”
Menelao si fece avanti.
“In
armatura!” assicurò Argo
“entrambi giovani, ma grandi abbastanza per sostenere un
combattimento. Uno dei
due ha le ali”.
Sollevando le sopracciglia, mimò le ali sulle
spalle, con le mani, come se ai suoi occhi quella fosse una decorazione
assolutamente inutile e veniale.
Milo
sentì il cuore gonfiarsi di
gioia e vergogna.
Il
suo primo pensiero fu: Aioros e Saga!
Aioros e Saga sono venuti qui a prenderci,
ma seguì subito dopo il disagio di farsi trovare prigioniero
e inerme tra quei
guerrieri ostili, farsi trovare così proprio da loro, da
Gemini e Sagitter di
cui bramava l’ammirazione.
Fremette,
a metà tra il sollievo
e l’imbarazzo, guardandosi intorno.
Serrò
le labbra, raggelato,
quando alle spalle di Argo comparve quella figura. Alto e longilineo,
sotto la
tunica presentava una muscolatura elastica e ben definita. A vederlo,
sembrava
un giovane uomo, come poteva esserlo Saga, ma il bambino
notò la curva leggera
dei seni, sotto la stoffa, il collo elegante. Innaturale, con la pelle
troppo
bianca per i raggi del sole di Grecia, con quei lineamenti da statua
levigata,
era attraente e spaventoso.
Argo
sobbalzò, quando si accorse
del suo ingresso.
Milo
non si sentì di dargli
torto, ma rimase coraggiosamente dov’era, anche quando gli
occhi appannati di
cecità dello sconosciuto di posarono su di lui, come se
potessero vederlo
comunque.
“Era
previsto” li placò Hera,
serena, che fino a quel momento non aveva detto nemmeno una parola
“Vengono a
riprendere i loro compagni. Non è così,
Tiresia?”
Egli
non si inchinò né si mosse
dal fondo della stanza e quando parlò lo fece con voce
maschile.
“E’
come dite, Madre Hera. Tra le
onde dell’Egeo ho seguito il loro viaggio dal Santuario di
Atene fino a qui.
Vengono alla ricerca dei bambini e di spiegazioni”.
Hera
sorrise appena. Non sapeva
perché l’indovino fosse venuto, quando
già Argo aveva annunciato l’arrivo dei
giovani di Athena, ma conosceva la vista interiore sul futuro e il
passato del
giovane Argonauta Tiresia: se era lì, era lì per
agire.
Non
chiese spiegazioni e si
apprestò a governare, caricando la bella voce
dell’antico tono del comando.
“Che
la sala sia predisposta per
accogliere i messaggeri del Santuario di Atene. Fate alzare il
fanciullo e
conducete l’altro, affinché possano essere
riconsegnati agli emissari di Athena
che vengono a reclamarli”.
“Sì,
Madre”. Menelao si inchinò e
prese una mano di Tifi. “Riponi gli oggetti, cara”,
le disse sottovoce “E tu,
Argo. Conduci l’altro giovane Cavaliere qui”.
Argo
si battè il petto con una
mano, in un nervoso saluto militare, poi uscì, di nuovo,
borbottando.
Milo
percepì l’atmosfera
distendersi, osservò i volti sereni dei suoi rapitori, tesi
fino ad un attimo
prima.
Decise
che non c’era più tempo da
perdere. Libero dalla sua prigione d’edera, balzò
già dall’altare.
“Giasone!” berciò, spingendosi
all’indietro i riccioli scuri “Giasone, esci col
moccioso! Madre Hera lo vuole
al suo cospetto, sta succedendo qualcosa”.
La porta di legno si spalancò con
forza e il sollievo di Giasone fu paragonabile a quello di Milo, quando
poté
uscire, cercando di trattenere il piccolo prigioniero.
“Ti ho detto molla”.
Ringhiò Aphrodite, conficcandogli per l’ennesima
volta il
gomito appuntito nello stomaco. Poi fronteggiò Argo
“Allora?! Dov’è Milo?”
Aveva avvertito anche lui i cosmi
in avvicinamento, in lontananza, familiari.
Aveva riconosciuto quello
sontuoso di Aioros e quello avvolgente di Saga. Stavano venendo
lì e Aphrodite
aveva tutta l’aria di qualcuno che voleva vedere piegati nel
fango i seguaci di
Hera per mano di Gemini e Sagitter.
D’altro canto aveva avvertito
l’esplosione del Cosmo di Milo, il potere pesante e denso che
poi l’aveva
avvolto, nascondendolo ai suoi sensi.
“Ho chiesto dov’è!”
“Buono, buono, ragazzino!” Argo
provò l’impulso di prenderlo per un orecchio, ma
si trattenne. “Adesso ti ci
porto. Cammina”. E lo spinse in avanti, con una manata, verso
le stanze sacre
della Madre.
Milo
era balzato giù dall’altare
così rapidamente da non essere intercettabile.
“Nonno!” aveva strillato Tifi,
più lontana, e Menelao – anziano ma atletico
– si era slanciato per prenderlo,
piegandosi lui stesso sull’ara. Aveva sfiorato i capelli di
Milo in corsa, ma
quando aveva chiuso le dita il bambino era già lontano.
“Fermatelo!” esclamò roco, lo
stomaco premuto sul marmo. Non era esattamente civile riconsegnare un
ragazzino
ai suoi pari grado se questi saltellava per tutta la stanza come un
grillo,
pensava il Pontefice di Hera. “Per la bellezza degli occhi
verdi della Madre,
riportatelo qui!”
Milo evitò Tifi, scartando di
lato, poi corse verso il vestibolo, con tutte le sue forze. Lo
separavano
dall’uscita sul corridoio solo pochi metri.
Tiresia non cercò di afferrarlo,
e forse fu questo a trarre in inganno la percezione di Milo. Se
percepì
l’avvicinarsi del piccolo Saint di Scorpio o se
già sapeva dove sarebbe
esattamente passato, non fu chiaro nemmeno ad Hera, che
appoggiò tranquilla la
schiena al suo trono, in fondo alla stanza.
Semplicemente vide il proprio
Argonauta stendere appena il braccio, morbidamente, afferrando le
tempie di
Milo con una mano grande e pallida.
Il ragazzino frenò sorpreso,
aggrappandosi con le mani al suo polso, per non franare a terra.
Tiresia aveva
piegato la testa in avanti, come se lo stesse guardando con quei suoi
occhi
ciechi. Non cambiò espressione. Sembrava quasi che non
respirasse.
Dal suo palmo aperto, però, sprigiona
un lieve bagliore perlaceo.
Tiresia schiuse le labbra bianche
gli occhi morti fissi in quelli di Milo. Il bambino non emise un
gemito, ma gli
conficcò le unghie nei polsi, per reazione.
Nel bianco perlaceo che
effondevano quella mano e quegli occhi, qualcosa nella mente di Milo
cambiò.
Cose di poco conto, non strutture precise.
Solo piccoli particolari che il
bianco di Tiresia soffocò e inghiottì.
Qualcosa di piccolo come un
anello che incide le carni, un’esplosione di Cosmo non
comandata, corde d’edera
flessuosa e resistente strette ai polsi e alle caviglie. Cambiarono le
sensazioni di prigionia e quelle di costrizioni, il ricordo di marmo
gelido
sotto la schiena e quello di mani ruvide strette ai polsi. Dappertutto,
a
colmare, c’erano solo gli occhi verdi e caldi di una madre.
Milo avvertì alla bocca dello
stomaco un vago senso di nausea ed ebbe un capogiro. Si
aggrappò ancora, questa
volta per non perdere l’equilibrio.
Quando il malessere si placò,
aveva scordato qualcosa che non avrebbe dovuto dimenticare.
Tiresia ritirò il braccio, i
lineamenti perfetti senz’ombra di tensione.
“Lasciami, ho detto! Ti sto
seguendo!”
Insensibile se non alla volontà
di Hera, Argo lo strattonò ancora fino alla soglia,
affiancato da Giasone.
Imbecille decerebrato!,
sillabò mentalmente il giovane Pisces. Poi
smise di seguire i due carcerieri e si slanciò in avanti,
verso Milo.
“Stai bene?” Lo afferrò per un
braccio, ruvido, ma ad assicurarsi che fosse tutto intero
“Cosa ti hanno
fatto?”
Milo lo guardò e parve confuso.
“Ecco qui anche l’altro, Sommo
Menelao”, Argo gonfiò il petto, affiancando
Tiresia insieme a Giasone, sul
fondo della sala.
“Bene”. Il sommo Pontefice si era
ricomposto e adesso rimaneva in piedi, insieme alla piccola Tifi,
accanto al
seggio della sua dèa. “Tra breve saranno
qui”.
“Allora?” Aphrodite scosse
l’amico e avvicinò il viso al suo, incoraggiandolo
a dire qualcosa, qualsiasi
cosa.
“Phro…” cominciò Milo, per
poi
tacere di nuovo. Aveva la sensazione di dovergli assolutamente dire
qualcosa.
Invece aveva la mente fastidiosamente vuota, da mezz’ora a
quella parte. “Mi
hanno portato qui… e….”
“E?”
“…beh!” Non si ricordava! Milo
sbuffò di fastidio, pestando i piedini.
“…non lo so più!”
“…non lo sai più.”
Ripeté
l’altro, seccato.
“No!”
“Come fai a non saperlo più?!”
Milo stava per ribattere, ma
venne interrotto dall’annuncio ufficiale
dell’arrivo dei messaggeri di Atene.
Il Cosmo caldo e familiare di due
Cavalieri d’Oro precedette i loro passi oltre la soglia della
stanza,
accarezzando familiare i due bambini Gold Saint scomparsi da Atene.
Rispondendo:
miloxcamus: yes!
La prima! Siamo davvero contentissime che ti piaccia, nonostante i
tempi di
aggiornamento piuttosto lunghi. Sappi che ormai siamo alla fine (
mancano due
capitoli, per la fine del prologo) e andiamo piano piano per definire
gli
ultimi dettagli e portare avanti la costruzione di quella che
sarà l’Heramachia
vera e propria. Insomma, qui siamo alla resa dei conti e speriamo che
tu possa
continuare a seguirci ancora! Beh… Milo ha preso una bella
batosta, stellina
mia. é__è Ma era necessario. Poi, vedrete
perché. *C* Si prospettano sorprese
bestialissime. Vedrai gli sviluppi. Un bacio enorme!
Shinji: Ah, non
lamentarti, Hades Sama, visto che di sviluppi già ne
conosci! *C* *lo
pungola* Volgiamo alla conclusione, per
questo prologo. Poi. Inizia. Il peggio. *C* Infondici del tuo oscuro
Cosmo,
Hades Sama! *C*
ArabianPhoenix: E’
successo, sì. No, carissima é_è Nessun
salvataggio per Milo. Ma non possiamo
anticipare niente, anche se questi eventi saranno ovviamente
importantissimi
per il futuro. Speriamo di tenerti col fiato sospeso tanto quanto
adesso.
>O<
Ichigo: Amore
é__è
ci dispiace! Non potevamo davvero fare altrimenti. E’ dovuto
succedere. Ma
stiamo organizzando l’Heramachia ( quindi Prologo e Saga vera
e propria) in
modo da rimanere in continuity e IC con la serie originale. Quindi
niente paura
e non aspettatevi stravolgmenti di carattere su Milo o altri. Ma
attenti:
succederanno cose tremende! *C* *musica
inquitante*