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Autore: Adeia Di Elferas    18/11/2015    1 recensioni
Caterina Sforza, nota come la Leonessa di Romagna, venne alla luce a Milano, nel 1463. Si distinse fin da bambina per la sua propensione al comando e alle armi, dando prova di grande prontezza di spirito e di indomito coraggio.
Bella, istruita, intelligente, abile politica e fiera guerriera, Caterina passò alla storia non solo come grande donna, ma anche come madre di Giovanni dalle Bande Nere.
La sua vita fu così mirabolante e piena di azione che ella stessa - a quanto pare - sul letto di morte confessò ad un frate: "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo..."
[STORIA NON ANCORA REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Rinascimento
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~~ Non c'era voluto molto tempo per organizzare tutto. Caterina aveva ordinato che i suoi figli, assieme ai suoi preziosi scritti di alchimia, venissero immediatamente mandati a Forlì con una scorta numerosa e preparata e, una volta visti partire i bambini, aveva lei stessa lasciato Roma.
 La notizia non era stata sbandierata troppo sia per sfruttare l'effetto sorpresa, sia per ridurre i rischi del viaggio.
 Caterina arrivò al campo che si era appena fatta mattina. Aveva convinto i soldati che la scortavano a muoversi a marce forzate e infatti il suo arrivo così celere sorprese Paolo Orsini, che l'aspettava come minimo il giorno seguente.
 “Mia signora...” la salutò, mentre Caterina smonatava da cavallo: “Arrivate in un momento tranquillo, per fortuna. I Colonna ci stanno dando una breve tregua e così avremo modo di parlare.”
 “Bene.” annuì Caterina, poi indicò un punto impreciso alle sue spalle: “A mezza giornata da noi ci sono delle nuove bocche da fuoco di cui voglio parlare al comandante d'artiglieria.”
 Paolo Orsini sorrise, immediatamente rincuorato dalla presenza di qualcuno che fosse in grado di parlare la lingua dei soldati, e disse: “Volete vedere vostro marito, immagino. Lo trovate al suo padiglione, quello là in fondo, con il vessillo dei Riario appeso fuori.”
 Caterina non aveva alcuna voglia di incontrare Girolamo, tuttavia non poteva esimersi da quella visita.
 “Grazie.” disse: “Più tardi discuteremo la campagna.”
 Paolo Orsini fece un breve inchino e subito dopo si mise a spiegare alla scorta di Caterina dove lasciare i bagagli e quale padiglione occupare.

 Girolamo Riario era nel suo padiglione, davanti a una caraffa di vino quasi vuota. Aveva dormito male anche quella notte e gli dolevano tutte le articolazioni per via dell'umidità.
 La vita del campo non faceva per lui. Quasi rimpiangeva la sua stanzetta grigia a Savona. Non era il Vaticano, ma era meglio di una tenda in mezzo a un campo...
 All'improvviso sentì vociare le guardie del corpo che stavano all'ingresso del suo padiglione. Chi lo disturbava a quell'ora del mattino? Cosa volevano ancora da lui? Non era abbastanza che fosse lì? Che avesse messo i suoi soldi in quella guerra? Che il suo vessillo garrisse al vento fuori dal suo padiglione?
 “E lasciatemi entrare!” disse una voce di donna che Girolamo stentò a riconoscere.
 Tra le proteste delle guardie, che alla fine cedettero, la voce esclamò: “Finalmente!” e i tendaggi dell'ingresso si aprirono.
 Girolamo restò senza fiato. Sua moglie Caterina, con indosso un pesante mantello da viaggio e i capelli biondi raccolti dietro la nuca era lì, davanti a lui, in carne e ossa.
 “Caterina...” sussurrò Girolamo, alzandosi immediatamente dallo sgabello: “Siete qui... Siete davvero qui...” e così dicendo le si avvicinò e le afferrò la mano prima che lei riuscisse a scostarla: “Oh, grazie, grazie...”
 “Non sono qui per te.” disse Caterina, liberando la mano da quelle del marito: “Sono qui per me stessa e per i nostri figli. Non voglio che abbiano a vergognarsi anche della loro madre.”
 Girolamo era così felice di vedere la moglie, che non riuscì nemmeno a controbattere a una simile accusa: “Prego, sedete... Bevete un po' di vino con me... E i nostri figli? Come stanno?”
 Caterina passò in rassegna il padiglione di Girolamo. Spazioso, ma spoglio. Un giaciglio, un tavolo basso e uno più alto, qualche sgabello e là nell'angolo, tristissima, un'armatura, assieme alle armi e agli altri vestiti.
 “I nostri figli sono a Forlì.” disse Caterina, senza muovere un passo.
 “A Forlì?!” esclamò Girolamo, gli occhi improvvisamente colmi di paura: “Ma... Ma...! A Forlì...! Sono in pericolo, dunque! Come avete potuto...!”
 “A Roma non sarebbero di certo stati più al sicuro.” fece notare Caterina: “E ora devo andare da Paolo Orsini. Dobbiamo capire come vincere la guerra che tu hai iniziato.”
 Girolamo la guardò uscire e quando fu solo si chiese se quella era stata una visione o la realtà. Si affacciò fuori dal padiglione e fece in tempo a vedere Caterina che passava accanto a dei soldati intenti a lucidare le proprie armature e si rese conto che lei era davvero lì. Non era una visione.
 I soldati accanto a cui passava, salutavano Caterina Sforza con un misto di sorpresa e approvazione, e solo pochi apparivano scettici o contrariati.

 La notizia dell'arrivo al campo della moglie del Conte Riario si sparse più velocemente tra i soldati dei Colonna che non tra quelli degli Orsini. 
 “Quella piccola intrigante...” stava dicendo Lorenzo Colonna: “Ora ci mandano le donne a fare la guerra...”
 “Scommetto – ghignò Jacopo Conti – che almeno due suoi figli su tre sono di Sua Santità!” e si lasciò andare a una risata sguaiata.
 “Già!” commentò uno degli artiglieri che aveva ascoltato tutto: “E il terzo è dello stalliere!”
 “O del maestro d'armi!” rincarò Colonna: “Visto che passa più tempo con lui che col marito!”
 “Giusto!” convenne l'attendente: “Altrimenti perchè una donna dovrebbe continuare a correre al cortile d'addestramento?”
 “Che corra anche qui, le faremo trovare quello che cerca.” fece allora Lorenzo Colonna, improvvisamente serio.
 “Non credo che la faranno combattere... Al massimo le faranno fare il teatrino davanti ai suoi soldati...” soppesò Jacopo Conti, facendosi a sua volta più serio.
 “Staremo a vedere... Ma osa scendere in campo contro di noi, voglio che venga catturata e che venga portata da me. Non mi faccio prendere in giro da una sottana.” concluse Lorenzo Colonna e così nel padiglione si spense definitivamente ogni risata e tutti ricominciarono a pensare alla prossima battaglia.

 Caterina aveva preso visione delle carte e dei resoconti stilati con estrema precisione da Paolo Orsini e si era fatta spiegare punto per punto quale fosse la sua strategia.
 Paolo Orsini, assieme al comandante di artiglieria e a tutti gli ufficiali, si era reso conto in breve tempo che Caterina non aveva solo avuto coraggio nel mostrarsi al campo, ma che poteva anche essere una vera risorsa.
 Al contrario di alcuni di loro, infatti, aveva avuto modo di documentarsi sulle armi più alla moda e stava già proponendo aggiustamenti di vario nell'organizzazione del campo.
 Quando la riunione venne sciolta, Orsini si sentì in dovere di andare a complimentarsi direttamente con lei, che però rifiutò i complimenti con un lapidario: “Se non fossi stata preparata almeno sulle basi, non sarei mai venuta qui.”
 
 “No, non se ne parla... Lei non deve scendere in campo. Al massimo la faremo sfilare davanti ai soldati appena prima di cominciare la battaglia, ma nulla di più.” stava dicendo Paolo Orsini, il collo sudato e le mani scosse da un breve tremito.
 I Colonna stavano preparando un attacco e le spie avevano appena riferito il luogo e il giorno del presunto attacco. Probabilmente si trattava di una decisione presa sull'onda emotiva dell'ultima battaglia. Gli Orsini avevano perso solo due uomini e un cavallo, mentre i Colonna avevano subito una disfatta...
 Il comandante d'artiglieri aveva appena chiesto di poter avvalersi della nuova arrivata per piazzare nel modo corretto le nuove bocche da fuoco, ma Paolo Orsini si era categoricamente opposto.
 Il papa stesso gli aveva scritto di badare alla moglie del nipote, di tenerla d'occhio e di evitare il peggio. Se fosse scesa in campo, anche solo per piazzare le bocche da fuoco, Paolo Orsini non avrebbe certo potuto impedire che qualcuno la riconoscesse e la colpisse o la prendesse prigioniera...
 “Io dico che spetta a lei decidere.” disse Virginio Orsini, con una scrollata di spalle: “Se vuole unirsi alla battaglia, che si arrangi. Non è una bambina, può decidere per conto suo.”
 Seguì un lungo silenzio durante il quale tutti i presenti si guardarono l'un l'altro senza esprimersi più.
 Paolo Orsini strinse il morso e alla fine dovette convenire con Virginio: che la scelta fosse di Caterina, e di Caterina soltanto.

 Per trovare Caterina, Paolo Orsini dovette vagare per quasi tutto l'accampamento. Non era al suo padiglione, né in quello del marito, perciò aveva dovuto cercare e chiedere in ogni angolo, prima di trovarla vicino alle salmerie, intenta a disputare un'accesissima partita ai dadi.
 Non appena i soldati riconobbero Orsini, nascosero i dadi – e le monete puntata nelle scommesse – assumendo un'aria vaga e serafica. Anche Caterina, influenzata da chi le stava attorno, assunse l'espressione di una bambina scovata con le mani nel miele.
 “Mia signora, vi devo fare una domanda, ma vi prego di pensare bene, prima di rispondere.” iniziò Paolo Orsini, facendole segno di seguirla.
 Caterina si accigliò: “Vi ascolto.”
 “Ecco, si è appena tenuto un breve consiglio di guerra e...” cominciò l'uomo.
 “E come mai non mi avete chiamata? Credevo che la discussione sarebbe stata nel tardo pomeriggio.” lo bloccò Caterina, gli occhi verdi lampeggianti di sospetto. Non le piaceva il modo in cui Paolo Orsini le stava parlando. Credeva che di lui ci si potesse fidare.
 “Io... Ecco...” disse Orsini, impacciato.
 “Facciamo così, da questo momento vi ordino di rendermi partecipe di qualunque novità, dalle riunioni ai problemi del campo.” rimediò Caterina, capendo che l'imbarazzo dell'uomo che aveva di fronte gli stava facendo desiderare di sprofondare.
 Orsini sorrise, impacciato e proseguì: “Ecco, il consiglio ha deciso di attaccare, in modo preventivo, prima che siano i Colonna a sferrare la prossima mossa. Per fare ciò, dobbiamo allontanarci dal campo, lasciando qui solo una piccola guarnigione e noi vorremmo che, prima della partenza, la signoria vostra facesse una breve apparizione davanti alle truppe, per rincuorarle.”
 “Non ho intenzione di fare una 'piccola apparizione', come la chiamate voi.” scosse il capo Caterina.
 Paolo Orsini rimase sorpreso, ma si disse che, in fondo, quella era pur sempre solo una giovane donna, di sicuro atterrita e spaventata anche solo all'idea di sfilare davanti a uomini in arme...
 “Io ho intenzione di partecipare. Vengo con voi. Attaccherò assieme a voi. Inoltre esigo che vengano utilizzati i pezzi di artiglieria che ho fatto portare appositamente.” riprese  Caterina.
 Paolo Orsini strabuzzò gli occhi. Si era sbagliato, quella non era una giovane donna piene di paure. Quella era la nipote di Bianca Maria Visconti, moglie di Francesco Sforza.
 

   
 
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