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Autore: Nerys    18/11/2015    2 recensioni
Quante volte ad ognuno di noi è successo di sognare in modo talmente vivido da sembrare reale? Almeno una volta nella vita, giusto? Beh, se è questo il vostro caso dovreste ritenervi fortunati, perché io ormai sono settimane che sogno senza sognare. Avete capito bene, non è un errore di battitura… I miei sogni non sono invenzioni del mio subconscio, sono avvenimenti successi realmente in un altro tempo…
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Way

 

Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate.

Dante Alighieri, III canto della Divina Commedia.

 

Ogni cosa presente in quel posto pareva emanare sentimenti negativi, nel silenzio che aleggiava in quella landa desolata il leggero alito di vento si mescolava con sussurri di lamenti ed imprecazioni. Voci provenienti da un passato vecchio di secoli e da uno più recente. Era incredibile come il vociare era quasi impossibile da sentire, a meno che non lo si ascoltasse attentamente.

Il Whispers’ Wind non era l’unico elemento inspiegabile del luogo, non era altro che il principio.

Il cielo, all’apparenza torbido, se studiato con calma svelava una consistenza acquosa che assorbiva ogni sprazzo di luce presente in quella lugubre distesa arida. Lì l’unica costruzione consisteva in un imponente castello dall’aspetto ostile ed impenetrabile: quattro torri ne delineavano il perimetro, le cui guglie svettavano pericolose ed affilate nel cielo; le mura a difesa erano costituite da enormi blocchi di roccia dall’aria invalicabile e resistente. Ciò che stonava in quella fortezza era il cumulo di legna distrutta e disordinata che bloccava il portone, resti di quello che una volta doveva essere l’ingresso principale.

Visto da fuori dava l’impressione di essere disabitato ed abbandonato alle intemperie da diversi secoli, se non fosse stato per la debole luce proveniente da alcune finestre della sala da ricevimento e da alcuni movimenti che si intravedevano attraverso il vetro, come l’ingresso di una creatura all’interno della stanza.

Il nuovo arrivato entrò nella stanza con passo lento e leggermente incerto, lanciando veloci occhiate ad ogni angolo e studiandone ogni particolare. L’ambiente era spoglio, eccetto per un lungo tappeto rosso che ricopriva in linea retta il percorso dalla porta ad un trono, rialzato da una piccola pedana di tre scalini, che sostava al centro del lato opposto del salone. Il seggio era interamente costruito in mogano con l’imbottitura rossa che spiccava in quella stanza oscura, così come risaltava la donna dall’aria elegante e sofisticata che lo occupava.

«Bentornato.» lo salutò poggiando leggermente il capo sulle dita della mano destra che terminavano con lunghe unghie laccate nere, mentre gli occhi dello stesso colore scrutavano il nuovo arrivato, che si stava avvicinando con un’andatura piuttosto veloce, nonostante il ciondolio preoccupante del busto.

L’essere aveva una colore cadaverico e due cavità scure a sostituire gli occhi, mentre le dita non erano altro che lunghi ed affilati artigli. Privi di vera volontà, venivano spesso manipolati da forze superiori per raggiungere i propri scopi. Erano presenti in alcune leggende del passato e in alcune fiabe raccontate ai bambini, nelle quali venivano usati come mostri dai quali guardarsi ed avvertimento su cosa poteva succedere se avessero disobbedito ai genitori. Una delle maggiori figure con cui venivano presentati era quella dell’Uomo Nero, altrimenti identificato come Boogeyman o Babau. Anche se la loro vera nominazione era quella di Lost, anime rubate ed intrappolate in corpi-fantocci, capaci di contenerle e rendere manovrabili da esseri legati all’Oltretomba.

Infatti, non avendo alcun interesse ad averne un tornaconto personale, erano più efficienti di molti demoni o spiriti inferiori nel completare gli ordini dei propri padroni. Anche se non sempre riuscivano a portarli a termine…

«Devo intendere che tu non abbia portato a compimento la mia semplice richiesta?» domandò la donna con voce candida e suadente, una combinazione contraddittoria e spaventosa allo stesso tempo.

Il Lost chinò il capo in un inchino frettoloso e contenuto, quando aprì la bocca per obbiettare, mostrando una lunga fila di denti affilati, lei lo interruppe immediatamente. «Dove si trova la ragazza?»

«Ca… Casa… Ho det… to che padrona vuole lei, ma la koré» e la sua bocca si piegò in un’espressione di disgusto. «… è intervenuta…» poi alzò il capo per fissarla in modo accusatorio.

Poche erano le cose che potevano interferire durante il lavoro di un Lost, una di queste era rappresentata dalla Koré. Quelle marionette demoniache non riuscivano a sopportarne la presenza e possedevano un odio viscerale nei suoi confronti.

«Avevate detto che non… che non c’era quellla cosa…» si lamentò. «Avevate giurato che era morrrta…» affermò con voce tremante e stridula, mentre muoveva in modo nervoso gli artigli facendoli sferragliare fra di loro e creando un rumore fastidioso.

La sua rivelazione sembrò incuriosire la donna, che, con un movimento elegante, si alzò dal trono e a passo deliberatamente lento si avvicinò al suo servo.

Mentre percorreva il divario tra di loro, la sua figura venne illuminata a tratti dalla flebile luce delle torce collocate lungo le pareti, donandole un aspetto crudele e mostrando un viso privo di imperfezioni. Una lunga chioma mogano le si arricciava in morbidi boccoli lungo la schiena color alabastro, lasciata scoperta dal profondo scollo interrotto solo a metà da una piccola catena formata da frammenti di onice, che legavano fra loro le spalline sottili. Era un essere dalla bellezza eterea e spettrale ed il cui potere era percepibile come un aura violenta intorno a lei ed il suo vestito cremisi sembrava accentuare la sua natura pericolosa: totalmente realizzato in seta, in modo da seguire alla perfezione ogni curva come una seconda pelle, formava delle morbide pieghe dandole un tocco sensuale.

Una volta giunta ad un passo dalla sua marionetta lo scrutò attentamente con quegli occhi più scuri delle tenebre stesse. «In questo caso cambia tutto.» affermò decisa e con un gesto rapido gli trapassò il torace, chiudendo le dita attorno ad un ammasso informe. Poi con un gesto rotatorio del polso, strattonò la presa ed estrasse la mano.

Il sangue la ricopriva fino al braccio, sporcando leggermente in gran parte il guanto nero di pizzo che le arrivava fino a sotto la spalla, ma lei non sembrò preoccuparsene dato che la sua completa attenzione era assorbita da ciò che teneva in mano. «Signo-ra…» singhiozzò dolorosamente il Lost inginocchiandosi, mentre la stretta, intorno a quello che doveva essere il suo cuore, aumentava in modo graduale.

«Ormai non mi sei più di alcuna utilità. Hai fallito!» affermò semplicemente distruggendo l’unico legame che lo manteneva ancora in vita. Dopo di che il sangue schizzò ovunque e di quella creatura non rimase che una lugubre melma scura in cui lasciò cadere i resti del muscolo cardiaco.

Con un movimento lezioso la donna si portò le dita della mano alla bocca e ne leccò via il sangue con un’espressione compiaciuta.

«Koré…» sussurrò con voce melliflua, scrutando con lo sguardo tutta la stanza che la circondava fino a fermarsi quando nel suo campo visivo comparve una debole fiammella blu. Allungò il braccio lungo la fiamma volante, raccogliendola al centro della mano, e se l’avvicinò alle labbra. «Thanatos… Giochi sporco.» sibilò prima di assorbire l’anima.

 

«Lo vedremo Morrigan…» affermò con un ghigno compiaciuto una figura maschile all’esterno del castello.

 

 

 

 

Buongiorno a tutti voi, valorosi superstiti che avete avuto l’ardire e la pazienza di continuare a seguirmi. :)

Questo capitolo è stata una breve interruzione per introdurre nuovi personaggi e spiegare alcune cose, che avevo lasciato in sospeso nei capitoli precedenti. Piaciuta la vera natura di quel demoniaco manichino scheletrico? Spero di non avervi deluso >.<

Cosa ne pensate del nuovo personaggio? E della figura maschile misteriosa?

Se avete un momento di tempo, fatemi sapere. Sono curiosa di conoscere le vostre opinioni.

Kiss,

Nerys.

   
 
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