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Autore: Adeia Di Elferas    20/11/2015    1 recensioni
Caterina Sforza, nota come la Leonessa di Romagna, venne alla luce a Milano, nel 1463. Si distinse fin da bambina per la sua propensione al comando e alle armi, dando prova di grande prontezza di spirito e di indomito coraggio.
Bella, istruita, intelligente, abile politica e fiera guerriera, Caterina passò alla storia non solo come grande donna, ma anche come madre di Giovanni dalle Bande Nere.
La sua vita fu così mirabolante e piena di azione che ella stessa - a quanto pare - sul letto di morte confessò ad un frate: "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo..."
[STORIA NON ANCORA REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Rinascimento
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~~ “Mia signora...” sussurrò Paolo Orsini, mentre seguiva Caterina che quasi correva verso il proprio padiglione per andare a preparare i pochi bagagli che avrebbe portato con sé: “Non credo sia prudente per voi azzardare una mossa simile... Con tutto il rispetto, non avete mai visto dal vivo un campo di battaglia, né avete mai dovuto affrontare dei nemici...”
 “Di nemici ne ho già affrontati a sufficienza, non abbiate paura.” rimbeccò Caterina, ormai più che dicisa.
 “Ma qui si tratta di uccidere e non farsi uccidere... Non è cosa per una donna...!” tentò Paolo Orsini in extremis, già pentito di aver dato ascolto a Virginio.
 Caterina si fermò di colpo e fissò Orsini dritto negli occhi: “Se mia nonna cavalcava accanto a suo marito in battaglia, guidando con lui le cariche della cavalleria, lo posso fare benissimo anche io.”
 Paolo Orsini deglutì rumorosamente e mentre qualche soldato di passaggio si fermava per guardarli stranito, disse, piccato: “Certo, potreste di sicuro, su questo non ho dubbio. Tuttavia potreste solo se vostro marito scendesse in campo, cosa che non ha mai fatto e che non credo farà mai. Figuriamoci guidare una carica di cavalleria...!”
 Caterina strinse il morso e ribatté: “Se mio marito si rifiuterà ancora a lungo di scendere in campo, presto i soldati faranno altrettanto. È questo che volete, Orsini?”
 “No, mia signora.”
 “E allora lasciate che vada io per prima in battaglia. Mio marito, nel vedermi tornare tutta intera, prenderà coraggio e finalmente guiderà anche lui una carica.”
 “Sempre che torniate, mia signora.” sfuggì alle labbra di Paolo Orsini.
 Caterina restò un momento senza parole, ma poi ebbe lo spirito di commentare: “Quello è sottinteso.”
 
 “Io non sarei così preoccupato.” disse Virginio Orsini, stringendo le cinghie sotto la pancia del suo cavallo da guerra: “L'ho vista cavalcare più di una volta, mentre era a caccia. Si era distaccata dal gruppo dei cacciatori e inseguiva da sola una preda. Se non l'avessi vista con questi occhi partire alla carica come fosse stata in mezzo a un campo di battaglia e riuscire nel frattempo a tenere la mira e la postura, malgrado la velocità folle del suo cavallo... Confesso che non vi avrei creduto. Quella donna sembra essere nata in sella.”
 Paolo Orsini lo stava guardando con un sopracciglio alzato. Non c'era bisogno che qualcuno gli tessesse le lodi di Caterina Sforza. Egli stesso l'aveva vista nel cortile d'addestramento e a caccia, ma una cosa era allenarsi e cacciare e un'altra era trovarsi nel mezzo di una battaglia.
 “Dai!” esclamò Virginio, dando una forte pacca a Paolo: “Le do io un'occhiata, se sei più tranquillo!”
 Paolo Orsini annuì, ancora pensieroso e si chiese che mai avrebbe detto il papa, una volta saputo di quella decisione.
 
 “Io... Non credo che... Non saprei...” boccheggiò Girolamo.
 “Oh, dannato asino d'un Riario!” sbottò Caterina: “Non lo capisci che non ti ammazzano solo perchè tuo zio respira ancora?!”
 Girolamo si chiuse in uno dei suoi soliti momenti di mutismo e così a Caterina non restò che prendere in mano la situazione: “Prepara i tuoi bagagli. Verrai con me. Presenzierai alla discussione della campagna e sarai presente quando monteremo i padiglioni volanti prima della battaglia.”
 Girolamo ascoltava con gli occhi bassi, come l'ultimo degli scudieri che si sentiva impartire ordini dal proprio cavaliere.
 “E cerca di toglierti quell'espressione di dosso.” concluse Caterina, sbuffando.
 Il caldo stava facendo scappare il freddo dell'inverno, che era stato più lungo del solito e anche più freddo. Da qualche anno pareva che estate e inverno si fossero mossi guerra come gli Orsini e i Colonna e che il secondo stesse prendendo sempre più terreno.
 Girolamo annuì, spiritato e cominciò ad aggirarsi per la tenda, cercando di radunare i pezzi della sua armatura, in segno di buona volontà.
 Da quando Caterina era all'accampamento, non aveva passato molto tempo solo con lei. Di notte stavano in due tende differenti e di giorni condividevano a stento i pasti e si scambiavano due parole di quando in quando solo quando l'etichetta lo prevedeva. Non aveva il coraggio di chiederle quanto sarebbe rimasta, né se avesse notizie dei loro figli. Gli bastava sapere che lei era lì, che non l'aveva lasciato solo.
 Ma ora gli andava a dire che stavano per spostarsi per andare a fare una sortita contro i Colonna e che lei avrebbe preso parte all'attacco. Come poteva lui non seguirla? Malgrado tutto il panico che lo stringeva in pugno, come poteva davvero permettere che lei andasse via senza di lui?
 Per la prima volta da tempo, si permise di darle un'occhiata, di osservarla con attenzione.
 In quel momento Caterina era di profilo, stava esaminando una delle mappe che Girolamo aveva sempre spiegate sul tavolone da campo.
 Il suo profilo era sempre lo stesso, altero e dolce allo stesso tempo, i suoi occhi erano concentrati e senza indecisioni, la sua figura era come sempre sinuosa e gentile, le spalle erano dritte, la vita era...
 Girolamo strinse appena gli occhi, riappoggiando in terra l'elmo. Il modo in cui la veste stringeva attorno al ventre della moglie...
 “Caterina... Voi siete...?” balbettò Girolamo, avvicinandosi.
 Caterina, soprappensiero, non aveva sentito una parola. Aveva solo avuto il sentore che suo marito le aveva detto qualcosa, perciò, senza sollevare lo sguardo dalle mappe, domandò: “Come?”
 “Siete incinta?” chiese Girolamo, un po' più deciso, a pochi passi da lei.
 Caterina reagì in un modo strano. Era come se improvvisamente avesse paura. Le sue labbra piene si schiusero appena e i suoi occhi si aprirono come non mai, cercando quelli del marito. Fu come se per un battito di cuore la donna avesse lasciato il posto alla bambina.
 Il modo in cui, immediatamente dopo, tornò a fissare le carte e le si imporporarono le gote, tolse ogni dubbio a Girolamo.
 Vergognandosi del suo stesso ardire e dei suoi stessi dubbi, egli si schiarì la voce e domandò, lentamente: “Sono io il padre?”
 Caterina sbuffò, ogni traccia della puerile paura che l'aveva illuminata era scomparsa, mentre chiedeva: “E chi altro dovrebbe essere?”
 Girolamo non riuscì a reprimere un sospiro di sollievo. Si fidava sempre di quello che sua moglie gli diceva, perchè sapeva che su una cosa del genere non avrebbe mai mentito.
 “Perdonate la mia sfrontatezza.” disse Girolamo, la voce sciolta come il burro al sole: “Solo che sono stato lontano molto tempo e per un attimo ho temuto che voi... Siete giovane e con un marito in guerra...”
 Caterina preferì non sindacare su cosa significasse per Girolamo l'espressione 'marito in guerra', e si limitò a dire, velocemente: “Se c'è una cosa che non mi interessa in questo momento sono le relazioni sentimentali.”
 Girolamo fece un breve sorriso, ancora stordito dalla improvvisa rivelazione che quella veste un po' stretta gli aveva fatto. Sarebbe divenuto di nuovo padre...
 “Non se ne parla che voi andiate in battaglia.” disse, sentendosi coraggioso tutto d'un colpo.
 “Abbiamo già avuto una discussione simile, Girolamo.” lo fermò Caterina, alzando una mano: “E ti ho già pregato di non mettere la mia gravidanza davanti a tutto come scusa.”

 “Lorenzo Colonna ha portato i suoi verso la fontana di Trevi, vicino ai loro palazzi...” disse Jacopo Conti, incrociando le braccia sul petto: “Addio favori di una battaglia campale, quelli si sono spostati in città.”
 “Poco importa. Siamo pronti anche a questo. Prenderemo la fontana in meno di mezza giornata, parola mia.” annuì Virginio Orsini, con un sorrisetto scaltro.
 “E il Conte Riario cosa ne pensa?” chiese Conti, punzecchiando appena Girolamo.
 Questi sollevò le sopracciglia e stava per dire qualcosa, quando Caterina, seduta al suo fianco, parlò per lui: “Attacchiamo e distruggiamo i loro palazzi. Che abbiano paura, che capiscano che possiamo colpirli anche dove si sentono più sicuri.”
 Jacopo Conti ci mise un po', ma alla fine esclamò: “Per me va bene!”
 E anche Virginio Orsini si dichiarò favorevole: “Li radiamo al suolo i palazzi di quei farabutti, poco ma sicuro.”
 Paolo Orsini aveva ascoltato il tutto in silenzio, poi alzò le spalle: “Come credete. Dunque sbrighiamoci. Dobbiamo entrare in città il prima possibile.”
 E detto ciò, il consiglio si sciolse.
 
 I soldati degli Orsini avevano marciato a gran velocità verso la zona della fontana di Trevi. Paolo Orsini aveva deciso di non schierare l'intera forza in suo possesso, limitandosi a utilizzare i cavalieri migliori.
 Uno scontro tra i palazzi della città era ben diverso da uno scontro su un campo propriamente detto. Quella non sarebbe di certo stata la battaglia definitiva, ma era una grande occasione per fiaccare il nemico e mettergli fretta.
 Avrebbero preso i palazzi dei Colonna che stavano nella piazza e nelle sue vicinanze e con un po' di fortuna si sarebbe trattato di una battaglia con poche perdite.
 Magari sarebbero riusciti anche a prendere qualche ostaggio importante, in modo da ottenere un buon riscatto o buone informazioni.
 Anche se la guerra era entrata a Roma, insomma, Paolo Orsini era convinto che presto nel sarebbe uscita e si sarebbe ricominciato a lottare in campagna, cosa che lui preferiva.
 Leone da Montesecco si era unito a loro appena prima dell'ingresso in città e così Paolo Orsini aveva avuto modo di organizzare una tenaglia perfetta per stringere i Colonna e costringerli quanto meno alla ritirata.
 Aveva organizzato tutto nei minimi dettagli, sperando di non dover contare troppi cadaveri a fine giornata e aveva anche avuto modo di trovare un compromesso con Caterina Sforza: lei si sarebbe tenuta fuori dai guai e in cambio lui le avrebbe permesso di badare all'artiglieria.
 Anche se Caterina desiderava un ruolo più importante, si era resa conto che prima doveva vedere da vicino cos'era una battaglia. Andando subito in prima linea avrebbe messo a repentaglio non solo la sua stessa vita, ma anche quella di Paolo Orsini e di Virginio Orsini, che avevano promesso di proteggerla.
 Era giusto così, e di certo avrebbe avuto modo di mettere in pratica le sue abilità con le bocche da fuoco e le bombardelle. Ci sarebbero stati altri scontri in cui mettersi in prima linea.
 Girolamo aveva subito preso la palla al balzo, offrendosi di stare accanto alla moglie, per proteggerla da qualsiasi pericolo.
 Tutti quanti avevano capito che dietro quello sprazzo di devozione e cura altro non c'era che il desiderio di tenersi il più possibile lontano dalla ressa.
 Tuttavia Caterina era stata felice di questa decisione del marito. Se non altro, non se ne sarebbe stato tutto il tempo nascosto nel suo padiglione. Anche se defilato, sarebbe stato in battaglia e i soldati, finalmente, l'avrebbero visto con addosso un'armatura.

   
 
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