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Autore: Abby_Donati    20/11/2015    1 recensioni
"Vivi la vita al momento perchè tutto il resto è incerto" era la sua filosofia. Era un po’ come me, ma non avrei mai pensato che il nostro primo incontro non si svolse in quel negozio, ma anni prima, in cui la mia vita cambiò.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 4
 
 
“Alison muoviti, faremo tardi!” Curtis aspetta nel soggiorno e parla con mia madre.
Scendo le scale e un sorriso si forma sul suo viso.
“Possiamo andare” saluto mia madre, prendo Curtis a braccetto ed usciamo di casa.
Ci dirigiamo verso casa di Lucas, il suo migliore amico.
Quando scendiamo dalla sua macchina l’aria di metà marzo ci investe con il suo leggero vento.
Mi stringo nel cappotto bordeaux e ci inviamo dentro casa.
Mia, appena ci vede, ci abbraccia e ci presenta altre persone della scuola.Lucas è molto popolare ed è famoso per le sue feste.
“Torno subito” Curtis esce di casa ed io rimango con Mia, parlando di quanta gente c’è in quell’immensa casa.
Un urlo arriva dall’esterno della casa, facendoci uscire subito.
Perché tutto questo trambusto? Dov’è Curtis? Non lo vedo. Ho troppe persone davanti.
“ALISON!!” Lucas? Lo cerco e non lo vedo. Una mano mi prende il braccio. E’ lui.
“Lucas dov’è Curtis?” mi tira e finiamo davanti ai ragazzi e alle ragazze di cui non ho mai visto le facce.
Non capisco. Cosa è successo? Perché siamo tutti qui? Mia è alla mia sinistra e Lucas alla mia destra che guardano un punto fisso.
Un ragazzo è disteso sull’asfalto gelido, con una pozza di sangue sotto la nuca. Non è lui, non può essere lui.
Mi avvicino piano, mentre gli altri rimangono scioccati da quella scena.
Un nodo mi investe la gola.
Ho gli occhi chiusi. Non voglio guardare.
Continuo a dire che non è lui, ma mi ricredo appena li apro.
I suoi occhi marroni sono chiusi, le labbra rosee sono socchiuse.
“NOOOO!!” ho gli occhi gonfi, singhiozzo, le lacrime rigano il mio viso.
Le gambe mi cedono e cado in ginocchio accanto a lui.
E’ un brutto sogno, un incubo.
“CURTIS SVEGLIATI!! CHIAMATE UN AMBULANZA VI PREGO!!” La sua mano è ghiaccia tra le mia. Non si muove.
Perché deve accadere tutto questo?

Ormai era così da anni. Mi svegliavo con il fiatone e il sudore che colava dalla fronte.
Mi alzai dal letto, prendendo le sigarette sulla scrivania.
Mi girai a guardare Kate: era raggomitolata tra le coperte, i capelli sparpagliati sul cuscino e un sorriso sulle labbra, evidentemente per un sogno. Non mi ricordavo da quanto tempo non dormivo bene, ormai era passato troppo tempo.
Uscii da quella stanza, passando per il soggiorno dove, sul divano, dormiva Louis. A differenza di Kate, era rigido, senza espressione, con le mani posizionate sotto la nuca.
Senza fare rumore, andai in cucina a bere un bicchiere d’acqua e, subito dopo, uscii sul terrazzo mettendomi a sedere su una delle due sedie.
Il vento era caldo e soffiava leggermente, con la luna che illuminava i punti più esposti del paesaggio circostante.
Ormai era una routine: incubo, bicchiere d’acqua, aria fresca, sigaretta. Tutte le volte che andavo a letto sapevo quello che mi aspettava e posizionavo sulla scrivania un accendino, una sigaretta e una felpa nel caso facesse freddo.
“Perché tieni queste cose?” Kate, prima di andare a letto, mi aveva rivolto la stessa domanda che mi rivolse mia madre anni prima, ma non gli risposi. Entrai sotto le coperte e feci finta di dormire.
Buttai il mozzicone della sigaretta nel portacenere e mi alzai tornando in camera.

**

La mattinata fu abbastanza noiosa: Louis andò via poco dopo aver fatto colazione e sarebbe tornato per pranzo; Harry era uscito a fare la spesa insieme a Kate ed io ero rimasta in quella stanza, con la mia amata chitarra, le sigarette e la solitudine.
Quella mattina mi ero alzata con la voce della mia coscienza che mi diceva di preparare subito i libri e i quaderni per i corsi che si sarebbero svolti il giorno dopo, ma io e la mia stupida testaccia non le avevamo dato retta; mi ero messa sul letto strimpellando Hello di Adele.
Le note viaggiavano nella stanza insieme alla mia voce. Ogni volta che le mie dita, o il plettro, toccavano le corde della chitarra e la dolce melodia si liberava nell’aria mi sentivo libera, come se tutti i problemi fossero stati spazzati magicamente via dalla mia vita. Era la mia droga, ma, come tutte le droghe, l’effetto svanì non appena suonai gli ultimi accordi.
I problemi non erano svaniti, erano sempre rimasti lì, si erano solo affievoliti per quei pochi minuti.
Giravo per quel piccolo appartamento senza meta, senza avere idea di quello che avrei potuto fare.
Mi misi sulla terrazza ammirando il paesaggio che mi circondava: le case non si distinguevano, erano una la copia dell’altra, senza espressività, senza vita; il parco era pieno di bambini che giocavano tra di loro con i genitori troppo incoscienti per guardare le dolce creature, che avevano messo al mondo, sorridere ed essere felice senza avere la consapevolezza di essere in un mondo distrutto dall’egoismo dell’umanità.
Un trillo mi fece spostare lo sguardo dal parco al telefono dove era comparso l’arrivo di due nuovi messaggi; li aprii mostrando il mittente e il contenuto.

Harry: Louis dovrebbe arrivare tra poco con altri ragazzi, comportati bene in mia assenza. Per pranzo ci penso io.

A volte mi domandavo se avesse dei problemi o se proprio era così. La sua ‘intelligenza’ mi spiazzava.

Kate: Alison non ci sarò a pranzo scusa. Buon fortuna con gli animali.

Sospirai ritornando nel soggiorno sedendomi sul divano accendendo il televisore e la Playstation 3.
La noia mi sovrastava e in quel momento giocare a Call of Duty Advanced Warfare mi aiutava a scaricare i nervi.
Non mi preoccupavo di Louis, ma bensì degli altri di cui, se erano come Harry, avrei fatto anche a meno. Me li immaginavo già, tutti altezzosi e pieni di se, odio profondo.
Un suono mi riportò alla realtà e dopo qualche minuto mi accorsi che qualcuno aveva bussato alla porta.
“Louis se sei te usala la chiave cazzo!” Stoppai il gioco e aprii la porta dove, all’esterno, si trovavano Louis e altri ragazzi. Li guardai scocciata e li feci entrare.
Harry mi aveva riferito solo i nomi abbinandoli a degli aggettivi: biondo Niall, pakistano Zayn e intelligente Liam.
“Baby calmati” gli sghignazzi dei ragazzi girarono intorno a quella voce a me sconosciuta. Non era Louis, la sua era potente ma allo stesso tempo vellutata, quella era potente e dura con un misto di superbia.
Li guardai attentamente e lo sguardo mi cadde su Zayn che, come immaginavo, non staccava gli occhi da me.
Sapevo come erano fatti i ragazzi come lui: vanitosi, pieni di attenzioni, superbi con gli ormoni a mille. Lo squadrai con faccia disgustata ritornando sul divano e riprendendo a giocare.
“Comunque mia dolce Ally la chiave l’ho lasciata a casa in quanto sapevo che c’eri te ad aprirmi” si mise accanto a me appoggiando una mano sul mio ginocchio.
“Tua? Mai. Dolce? Nemmeno.” gli dissi spostandogli la mano rimanendo concentrata sui nemici che avanzavano verso di me.
“Cazzo” esclamai quando Louis mi tolse il joystick di mano facendomi così morire.
“Devi socializzare un po’!” indicò i tre ragazzi posti dietro il divano intenti a guardare me e poi il loro amico.
Non avevo voglia di socializzare, volevo stare in tranquillità, senza ragazzi con gli ormoni alle stelle, senza rompipalle, senza Louis.
Gli mostrai delicatamente il dito medio avviandomi sul terrazzo.
L’aria calda di inizio settembre si sentiva anche con il vento che soffiava leggermente; sembrava tante piccole carezze che sfioravano la palle abbronzata dell’estate appena trascorsa.
Sentivo Louis scusarsi con gli altri, dandomi della stronza che pensavo solo a me, che facevo così solo per attirare la loro attenzione, ma se avesse conosciuto la verità non avrebbe niente, avrebbe solo capito.
Sentii la portafinestra aprirsi e richiudersi poco dopo.
“Se sei venuto qui solo per offendermi puoi anche andare via Tomlinson” presi un sigaretta accendendola subito dopo: sentii i nervi sciogliersi poco dopo.
“Non sono Louis”mi girai e vidi, andando per esclusione, il presunto Liam.



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SPAZIO AUTRICE:
Scusate se speravate in qualcosa di meglio.
cercherò di farmi perdonare.
Alla prossima .

-Bibi

 
  
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