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Autore: Malanova    20/11/2015    1 recensioni
Come non detto... HO MODIFICATO LEGGERMENTE LA STORIA!
Ebbene si... perennemente insoddisfatta, ho deciso di fare altre piccole modifiche e cercare di migliorare la storia ed il suo contenuto, grazie anche all'aiuto di Felinala che, con la pazienza di una santa, mi aiuta con la grammatica e mi da qualche spunto XP.
Questa storia narra di Piccolo, figlio del Grande Mago che tenne sotto il suo giogo il mondo per oltre trecento anni, e di Lyrica, la bellissima e alquanto misteriosa fanciulla apparsa dal nulla costretta a prestare servizio alla Famiglia Demoniaca in cambio della sua vita. Sperando di non aver creato un ulteriore pasticcio, vi auguro buona lettura!
P.S. La storia segue la trama dell'opera di Toriyama... se ci sono spazi vuoti vuol dire che la storia è rimasta inalterata
P.P.S Dedico questa storia ad una ragazza molto speciale, di cui non ricordo il nickname (Malanova sei una cretina) che leggeva questa storia, anni fa, ad un gruppo di ragazzini molto speciali... Perdonatemi se vi ho fatto aspettare, non vi ho dimenticati, spero che questa revisione vi piaccia perché grazie a voi che c'è ancora!
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Piccolo, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando il mezzo atterrò, scese anche Chichi, preoccupata a morte per il figlio, che intanto Crilin aveva preso in braccio. Saltò il corpo del marito, prese il bambino guardandolo malissimo e lo avvolse nella coperta, urlando che non l’avrebbe più lasciato. Il suo sguardo si posò infine su Lyrica, sospettosa. Drak intanto si riprese e notò che era tra le braccia di sua madre. “M-Mamma? Ma cosa ci fai qui? P-Papà mi aveva detto che eri tornata a casa!”.

Lei lo guardò sbigottita… Suo figlio aveva chiamato Piccolo Papà?!? “Ehi! Che fine ha fatto Vegeta?” domandò il piccolo namecciano, allarmato “E’ riuscito a scappare…” ripeté di nuovo Crilin, pensieroso. Il gatto parlante che abitava all’obelisco sotto il palazzo del Supremo, Karin, miagolò “I senzu sono finiti e dovremo aspettare un po’ prima che ricrescano… Dovrete dirigervi in un ospedale” “Vieni anche tu?” domandò Goku a Lyrica “No…” rispose lei sorridendo “Non posso portare Drak in un centro ospedaliero… Lo curerò da casa” “Le sue ferite sembrano piuttosto serie…” intervenne il Genio, guardando il piccolo namecciano “Le mie conoscenze mediche sono molto superiori a quelle del vostro medico” ribatté lei “E poi mio figlio è identico a Piccolo e non voglio creare scompigli portandolo in città”. Il gruppetto la guardò sbigottito. “Be? Che vi prende?” “Hai appena detto che Junior è tuo figlio!” sussurrò Bulma sbalordita “Si… E’ mio e di Piccolo…” confermò Lyrica, guardandoli a disagio. Madre e figlio si fissarono negli occhi per qualche secondo. Che gruppo strano! “Eh, eh, eh!” ridacchiò Goku “Così si è risolto il mistero… D’altronde chi, se non lei, poteva andare tanto d’accordo con il terribile Grande Mago?”.

Quando Lyrica e Drak ritornarono a casa, la donna lo portò nella sua stanza e lo adagiò sul letto. I mobili della camera del bambino erano fatti tutti di legno e c’erano anche delle statuine che il piccolo namecciano si era divertito a fare con i rimasugli dei mobili che la madre aveva costruito apposta per lui, con la tanto odiata scrivania dove una pila di libri occupava la superficie. Lei guardò il figlio e gli disse, con un sorriso “Vado un attimo a prendere l’occorrente per curarti. Intanto tu…” andò a prendere un libro dalla scrivania e glielo porse “Farai un po’ di recupero delle materie” e lo lasciò con la bocca aperta. Dopo qualche ora passata a curare le ferite del figlio ed il libro completamente dimenticato al fianco del bambino, Lyrica gli raccontò la verità della sua assenza “…Prima di stendermi, tuo padre mi ha detto -Iod Kirk- o una cosa del genere…”. Vide la faccia di Drak. Aveva gli occhi spalancati e faceva un grosso sorriso “Che ti prende?” chiese lei infastidita “Lo sapevo!” esclamò lui, felice, lasciando che il sorriso si allargasse “Cosa?” domandò la donna, irritata “Ma non capisci?!?” rispose l’altro raggiante “Papà ti ha detto Ied kuurkt! Nella lingua namecciana significa –Ti amo-!”. Si lasciò cadere sui cuscini, estasiato “Gohan mi aveva detto che i suoi genitori si dicevano qualche volta questa parola e mi rattristiva che voi, invece, non ve lo dicevate mai, nonostante fosse palese che voi due vi amate”.

Lyrica gli sorrise, divertita. Se Piccolo lo avesse sentito in questo momento, sapeva che sarebbe diventato viola per l’imbarazzo. Si vede che sapeva che stava per morire altrimenti non glielo avrebbe mai confessato. Ora che le veniva in mente… “Drak... Da quando hai smesso di chiamare tuo padre Il Mago?”. Lui la fissò per un secondo e diventò di colpo serio “Ora tocca a me raccontare”.

“I Sayan… Non saprei descriverti il terrore che provai quando li vidi discendere lentamente dal cielo. Fisicamente non sembravano poi così spaventosi, erano simili a qualunque essere umano tranne per gli abiti con la corazza e la coda scimmiesca che era attorcigliata intorno alla loro vita, ma le loro aure… potevo sentire la terra vibrarmi sotto i piedi senza che loro movessero un solo muscolo… Al principio vollero testare la nostra forza, così, tanto per divertirsi. Crearono dei disgustosi esseri verdi grazie a dei semi, grandi quanto me, con occhi dai bulbi rossi e un sorriso maligno… Ci vollero cinque minuti… cinque, maledetti, minuti e la situazione non fece altro che precipitare…”.

Drak le raccontò dei Saibaman, del piano di Crilin e della morte di Yancha, Tensing e Jaozi “Giocavano con noi come farebbe un gatto con dei topolini. A un certo punto io e Gohan riuscimmo ad attaccare Nappa, facendolo scagliare su una montagna ma quello, più che subire danni, si infuriò come una iena. A causa del nostro attacco io mi ero isolato dagli altri e l’energumeno scelse proprio me per sfogare la sua rabbia. Dalla mano scagliò un raggio energetico ad altissima velocità, che non riuscii ad evitare in nessun modo. Sentii un dolore acutissimo e persi la sensibilità su tutto il corpo, fino a precipitare a terra con un tonfo. Fu allora che sentì la sua voce -NOO! Junior… JUNIOR!- . Nappa sghignazzò, divertito -Povero microbo bastardo… ammetto di aver esagerato… - . Papà si voltò verso l’energumeno, sconvolto e furioso, e quello stava ridendo ancora di più nel vedere la sua reazione, ma smise quando mi vide muovermi e si spaventò quando mi rialzai e mi rimisi faticosamente in piedi. Ero incolume! Un po’ bruciacchiato, ma stavo bene e non capivo che cosa era successo. Papà corse da me e mi guardò stupito, afferrandomi per le braccia e cercandomi le ferite. La collana che mi avevi dato, che tenevo sotto la maglia, mi stava bruciando la pelle così la tirai fuori e la mostrai agli altri. Appena lo feci la pietra si sbriciolò in mille pezzi. Vegeta, appena vide la pietra cadere a pezzi, mormorò – Un maghen… ma guarda un po’… - e si mise a ridacchiare. Anche Gohan mi raggiunse e sussurrò -La collanina che ti ha regalato tua madre… Allora era vero quando ha detto che ti avrebbe protetto!-. A rompere quel momento di stupore fu Nappa che, irato del fatto che lo stavamo ignorando, lanciò un altro raggio ancora più potente di quello di prima contro me e Gohan. Questa volta non ci sarebbe stata la collanina a proteggermi ma… Papà… ci fece da scudo con il suo corpo. Sembrava che il tempo si fosse fermato. Lui cadeva a terra lentamente. Poi sentii Gohan urlare -Signor Piccolo!-. Mi risvegliai dal torpore e andai vicino a papà –Junior… G-Gohan… scappate… almeno voi… -. Lo disse con una fatica immensa e i miei occhi si riempirono di lacrime –No… Non ti lasciamo qui… - gli ho detto -Ti porterò dalla mamma… lei… lei… riuscirà sicuramente a curarti!-. Allora lui mi sorrise -Junior… prenditi cura di lei... sa essere così stupida, certe volte… - chiuse gli occhi e anche lui si mise a piangere -Non avrei mai creduto che avrei sacrificato la mia vita per… due mocciosi… - li riaprì -Sono così fiero di voi… ora andate… dovete… vivere… -. Richiuse di nuovo gli occhi e… Eravamo entrambi accecati dalla rabbia – Pa… Pa… Papà!-. Mi alzai in piedi, puntai due dita sulla fronte e lanciai il mio Makanko Sappo, seguito dal Masenko di Gohan. Sprecammo le nostre ultime energie: l’energumeno le parò senza troppe difficoltà. Mi sentii uno stupido, avevo disobbedito agli ordini di papà in punto di morte e stavo per morire anche io. Però, alla fine, arrivò Goku e…”.

Drak raccontò fino a quando Vegeta si era trasformato in un grossa scimmia e l’aveva colpito con una mano così forte da fargli perdere i sensi. Lyrica ascoltò il figlio senza interromperlo. Così Piccolo era morto per salvare la vita di Gohan e di suo figlio. “Nostro figlio” le ricordò una vocina, nella testa. Gli sorrise tristemente e gli sussurrò “Sei stato bravissimo, tesoro mio… Anch’io sono fiera di te. Hai contribuito a salvare il nostro pianeta e l’hai fatto con molto coraggio…”. Il bimbo arrossì con tutti quei complimenti. Lyrica gli accarezzò la testa “Però adesso devi riposarti e dormire un po’… Appena starai meglio andremo a trovare Gohan in ospedale” “Davvero? Grazie mamma!” e l’abbracciò forte. Poi Drak mormorò “Mamma… Cosa faremo adesso? Senza le Sfere del Drago non potremo far risorgere papà…” “Non lo so…” lo interruppe la madre con le lacrime agli occhi. Lo strinse più forte a sé e ripeté con un sussurro lieve “Non lo so…”.

Il bambino si addormentò poco dopo tra le sue braccia. La donna lo adagiò di nuovo sul letto e gli rimboccò le coperte con amore. Gli accarezzò il viso con delicatezza e sospirò “Alla fine mi hanno trovata… Spero che LUI non lo venga a sapere…”.

Passarono alcuni giorni. Lyrica si affacciò alla stanza del figlio e lo chiamò “Drak! Tesoro, svegliati che oggi andiamo a trovare Gohan e gli altri all’ospedale”. Il namecciano si svegliò e constatò, con stupore, che le ferite più gravi erano guarite perfettamente in pochi giorni. Com’era possibile? “Allora? Vieni?” chiese la donna con un sorriso “La colazione si raffredda…”. Il bambino saltò giù dal letto e uscì dalla stanza. Si voltò verso la madre, che era già pronta per uscire. Quel giorno Lyrica aveva i lunghi capelli sciolti, freschi di lavaggio, ed indossava una maglietta leggera, aderente, bianca, che faceva risaltare il seno prosperoso e l’addome piatto. I pantaloncini neri, invece, risaltavano le gambe affusolate ma forti allo stesso tempo. Ai piedi portava degli anfibi neri e alle mani dei guanti senza le dita. Drak la guardò a bocca aperta. La madre gli rivolse un sorriso e chiese “Che cosa c’è tesoro?” “Non vorrai uscire vestita così spero” “Perché? Cosa c’è che non va?” domandò lei, guardandosi “Tutto!” rispose il bambino, allibito “Quella maglietta è troppo aderente, i pantaloncini sono cortissimi e… sbaglio o ti sei anche truccata?!?” “Ho messo solo un velo di rossetto…” si difese lei e alzò gli occhi al cielo “Piuttosto, sbrigati a fare colazione che devi provare alcuni vestiti che ti ho comprato…” “Come?” “Mi hai sentito bene signorino!” rispose Lyrica “Vedi di darti una mossa altrimenti faremo tardi per l’orario delle visite” “Ma…” “Niente ma! Fila subito a fare quello che ti ho detto!”. Drak andò in cucina, scocciato. Lyrica incrociò le braccia e mormorò “Tutto suo padre”.

Dopo qualche minuto, Drak si era nutrito e vestito di tutto punto con gli abiti scelti da lei: una felpa con le tasche grigio chiaro, pantaloni neri simili a quelli della sua tuta e scarpe da ginnastica. “Stai benissimo!” esclamò lei sfoggiando un sorriso smagliante. Lui arrossì “Mi vergogno” “Ma tesoro… E’ solo per qualche ora…” prese da una borsa una specie di cuffia di lana nera con motivi a lettera grigi “Mettiti questo in testa… serve per nascondere le antenne”. Drak sospirò. “Dai su che facciamo tardi” borbottò Lyrica prendendo la mano del bambino. Fuori c’era parcheggiato un chopper blu mare. Diede al figlio un grosso casco bianco con delle alette di stoffa ai lati “Mi devo mettere anche questo?!?” borbottò lui “Vuoi che la mamma prenda una multa una volta giunta in città?” gli domandò di rimando lei, mentre si metteva un casco di colore rosso con delle orecchie da cocker color arancio. Poi, finalmente, sfrecciarono diretti alla Città dell’Ovest.

“Drak! Come sono felice di rivederti! Pensavo che non saresti più venuto!” urlò Gohan quando vide entrare nella stanza il namecciano, seguito dalla madre. “Ehi Gohan!” lo salutò l’altro, sorridendo, ed avvicinandosi al suo letto “Per quanto tempo rimarrai in ospedale?” “Ancora per qualche giorno poi potrò uscire!” rispose il piccolo Sayan. Durante quest’anno di convivenza forzata sull’isola, i due erano diventati amici inseparabili. Lyrica sorrise verso gli altri e notò che Crilin la stava fissando seriamente. “Mi starà fissando così per via di ciò che ho detto l’altra volta… maledetta la mia boccaccia” pensò lei ma ad alta voce gli disse “Ehilà! Come stai Crilin? Vedo che anche tu ti stai riprendendo in fretta…” “Beh, sai com’è… non c’e pioggia, grandine o neve…” replicò lui atono, senza smettere di guardarla storto. Goku girò la testa, per quanto gli era possibile, verso l’amico e domandò, serio “Crilin che ti prende?” “Niente” rispose lui e si voltò a guardare la finestra.

Lyrica e Drak furono informati da Bulma delle sfere di Namek “Allora papà potrà ritornare in vita!” urlò il namecciano con le lacrime ai occhi, che si mise a saltellare per la stanza ed a esultare insieme a Gohan. “Guarda che cosa ha dimenticato il Sayan…” disse allegra Bulma a Lyrica, mostrandole un piccolo apparecchio elettronico simile a una radiolina “Questo è il telecomando per far partire la navicella aliena che sta apparendo in questo momento al telegiornale!”. Lyrica lo fissò attentamente e le chiese “Sai come azionarlo?” “Certamente! Sono un genio in fatto di macchine”. La turchina puntò il comando sullo schermo del televisore e pigiò un pulsante. La navicella esplose in mille pezzi. Crilin guardava storto Lyrica da un po’ “Sta nascondendo qualcosa… Non so cosa, di preciso, ma deve aver a che fare con il suo passato o roba simile... Il fatto che conoscesse Vegeta e Nappa mi fa venire i brividi…”. Una goccia di sudore gli scivolò dalla fronte e gli andò sul viso “Mi dispiace pensar male di lei… soprattutto perché non mi sembra una persona cattiva ed è la madre di Junior, ma… che cosa ci sta nascondendo?”.

I suoi pensieri furono interrotti con l’arrivo di Mr. Popo, l’aiutante del Supremo, che portò su un tappeto volante Bulma per farle vedere un’astronave che era appartenuta al vecchio namecciano. Quando lei tornò indietro era raggiante. Disse che la navicella poteva sopportare il lungo viaggio per Namek, anche se avrebbe dovuto modificare un paio di funzioni, e aggiunse “Però non posso andarci da sola. Qualcuno del gruppo deve venire con me…” poi guardò Drak e disse “Ad esempio tu, Junior. Potrebbe servirci un interprete per comunicare con i namecciani… Piccolo ti ha insegnato la sua lingua natia, giusto?” “Trekas ta ui! (certo che si!)” affermò il bambino, sorridendo, poi si voltò verso la madre, speranzoso. La donna lo guardò severamente “Voglio essere sincera con te Drak… L’idea che tu vada su un pianeta sperduto, di cui neanche tuo nonno serba alcun ricordo, mi preoccupa…”. Tese una mano per zittire sul nascere la protesta del figlio “Potrai essere un valente guerriero ma sono tua madre! Ho tutto il diritto di stare in ansia!”. Rimase per pochi attimi in silenzio e sospirò “Spero che tu sia cosciente che il viaggio che farete non sarà una visita di piacere… I namecciani potrebbero rivelarsi ostili, soprattutto nel voler usare le loro sfere per i nostri scopi…”. Il bambino afferrò la mano della madre e mormorò “Mamma… se c’è anche una piccola speranza per far si che papà torni a casa, voglio prendere la palla al balzo. Non lo faccio solo per me, ma anche per te”. La guardò negli occhi “Anche se non lo ammetti, lo so che vuoi che papà torni…”. La donna arrossì. Poi fece un verso esasperato e sbottò “Discutere con te è diventato impossibile, come con tuo padre! Và se lo ritieni necessario!”. “Quasi, quasi vengo anche io…” disse Crilin “Anche perché Goku, fino a quando non sono pronti i senzu, non potrà uscire di qui…” “Perfetto!” esclamò Bulma schioccando le dita, euforica “Inizio subito a sistemarla! Allora ci sentiamo quando l’astronave sarà pronta!”.

Dopo dieci giorni…

L’astronave bianca superava, con tutto il suo candore, la casa del Genio delle Tartarughe, contrastando il paesaggio tropicale dell’isola. Lyrica e Drak arrivarono laggiù tramite una macchina volante verde bottiglia e con due aluccie in ambo i lati. In lontananza sembrava una manta gigante. Appena videro Bulma e il Genio fermi sulla spiaggia a chiacchierare, la donna si sporse appena dal mezzo e li salutò agitando una mano “Ehilà!”. I due risposero al saluto, il vecchietto con enfasi mentre la turchina con un brusco cenno della mano. Chissà perché era così arrabbiata… Forse centrava il fatto che, anche se faceva particolarmente caldo, si sentiva costretta ad indossare quell’ingombrante tuta da astronauta mentre Lyrica sfoggiava un bel vestito leggero color rosso intenso e con le maniche di pizzo che lasciavano intravedere la pelle nivea delle braccia. Drak, invece, portava una maglietta asiatica senza maniche, nera, con ricamato sul dorso della schiena il simbolo dei Daimao in rosso come i pantaloni.

La mora si rivolse al figlio, porgendogli il bagaglio “Hai messo nella valigia qualcosa di pesante? Non sappiamo che temperatura ci sarà su Namek o che stagione sia in questo momento” “Mamma!” esclamò il bambino, esasperato “Ti ho detto che ho preso tutto! E poi, se dovesse mancarmi qualcosa, lo posso creare con la magia!”. Lei si chinò su Drak e gli sistemò meglio la maglietta “Lo so che sai badare a te stesso ma… lasciami fare un po’ la mamma chioccia…” gli sorrise con amore “Stai crescendo così in fretta…”. Lui arrossì e lasciò che la madre gli allisciasse la maglietta e, prendendo un fazzolettino umido dalle tasche, gli togliesse la polvere dalle guance. Intanto arrivarono Crilin e Gohan.

A Chichi, Lyrica non le piaceva particolarmente. Un po’ perché trovava ridicolo che una donna con figli sfoggiasse così impudicamente il proprio corpo, ma anche perché era venuta a conoscenza che tra lei e suo marito c’era stato del tenero. Però, quando la vide prendersi con così tanta premura del suo bambino, non poté fare a meno di addolcirsi un po’. Crilin e Gohan, invece, si scambiarono una piccola occhiata e si misero a ridacchiare. Drak li guardò storto e incrociò le braccia, come faceva di solito il padre ma quando posò gli occhi su Gohan ridacchiò malignamente anche lui “Bell’abitino che ti sei messo scimmiotto”. Ora era il turno di Gohan ad essere imbarazzato. “Drak! Non essere scortese con Gohan!” lo ammonì Lyrica. Piegò il fazzoletto, rimettendolo in tasca e, d’improvviso, gli scoccò un grosso bacio sulla guancia. Bulma li chiamò. Era arrivato il momento della partenza. “Mi raccomando Drak, fa attenzione. Non correre rischi inutili e ascolta sempre quello che ti diranno Bulma e Crilin”. Lo abbracciò forte “Quando ritornerai, voglio che mi descriva tutto”. Prima di lasciarlo andare, gli diede un altro bacio sulla guancia. “Mamma!” urlò rosso il bambino “Smettila!” “Uh! Se ti imbarazzi per così poco, chissà quando troverai la fidanzata…”.

Intanto nell’aldilà… Piccolo era esausto, nonostante fosse morto. Era arrivato sul pianeta di Re Kaio prima degli altri, mal celando la sua soddisfazione, però sentiva le gambe tremargli per via della gravità, dieci volte più forte di quella terrestre. Si voltò verso gli altri, a qualche metro di distanza. Gli umani stavano boccheggiando come dei pesci fuor d’acqua, sdraiati per terra. Preferiva morire di nuovo piuttosto che far vedere che anche lui risentiva dello sforzo fisico. Aveva già fatto una figura di merda di fronte a loro, era più che sufficiente.

All’inizio si era trovato un po’ spaesato. Ricordava di aver chiuso gli occhi solo per un istante, vinto dal forte dolore che sentiva su tutto il corpo, e quando li aveva riaperti si era ritrovato lì, nell’aldilà, in fila dietro a una moltitudine di fuochi fatui e varie razze con una aureola in testa. Affianco a lui c’erano tutti: Tensing, Jaozi, Yancha e… Lui, il Supremo. L’anziano namecciano non aveva proferito parola. Si avvicinò e lo guardò intensamente. Poi, d’improvviso, il Dio della Terra lo aveva circondato con le braccia e tenuto stretto contro di sé. Gli aveva dato due pacche sulle spalle e, in lingua namecciana, gli aveva sussurrato “Gaj agnam domgoh va gid (Sono molto orgoglioso di te)”. Una minuscola lacrima solcò la guancia di Piccolo mentre, con voce strozzata, stava dicendo “Pa…”. Il suo sguardo saettò verso il gruppetto di umani, che li stavano fissando a loro volta, rompendo il toccante momento. Il namecciano più giovane spinse con poca grazia quello anziano, urlando “Pazzo! Vecchiaccio della malora! Come ti sei permesso di… ARGH!”. Si era allontanato da lui bestemmiando e imprecando ma il Supremo sapeva… Piccolo era cambiato.

  
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