Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: rosamond44    21/11/2015    1 recensioni
Al confine tra la nostra dimensione e un'altra di cui gli umani ignorano l'esistenza, vi è il Mondo Astrale. Un frammento di notte che ospita in un'accademia, la cui maestosità troneggia freddamente sulle limpide acque del Mirror Lake, creature del Giorno, della Notte e del Mondo di Mezzo.
E se una ragazza, per la quale il massimo di anormalità è una pioggia improvvisa in una giornata assolata, finisse catapultata tra le mura di quest'incredibile accademia? Nicole non sa cosa e come fare per tornare a casa, ma lo vuole ed è proprio ciò, che le da la forza necessaria per resistere alle assurde situazioni che continuamente le vengono incontro. Quella che dovrebbe rivelarsi un anormale vita scolastica potrebbe diventare qualcosa di più, e i piani e progetti iniziali di Nicole potrebbero cominciare a vacillare, sconvolgendo a più non posso la sua realtà e la sua visione del mondo, che si sa, non è mai ciò che sembra.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Remì mi porse la mano e mi invitò ad avvicinarmi, sulle labbra stampato un sorriso di incoraggiamento dalla dubbia sincerità, in quanto gli occhi stanchi tradivano lo sforzo, seppure dal benevolo intento. Afferrai la mano titubante e lasciai che mi conducesse davanti a sé. Seguii come un'automa ogni sua indicazioni, fidandomi -o almeno provandoci- dei suoi occhi fosforescenti che mi scrutavano curiosi, non leggendovi alcuna sfumatura di malizia. Erano del colore più puro e luminescente del giallo come delle stelle alte nel cielo.

«Adesso dovrei mettere le mani sul tuo cuore», mi disse facendomi inarcare un sopracciglio.

«In che senso?».

Lui si avvicinò a me facendo appena un passo, ma io indietreggiai. Dopotutto, non mi fidavo ancora fino a tal punto, non lo conoscevo .

«Non temere», mi rassicurò lui «metterò le mani sulla tua schiena all'altezza del cuore».

Lo guardai ancora poco convinta, sperando che dal mio sguardo diffidente capisse che mi dovesse spiegazioni più limpide .

«Serve per percepire la tua aura», chiarì per rassicurarmi.

«Ah!», esclamai ancora non del tutto convinta.

Lasciai che si avvicinasse e cautamente, lentamente, e come si tratterebbe una statua dal più fragile vetro poggiasse le mani sulla mia schiena, irrigiditasi subito ad un tocco estraneo. Le sue mani erano grandi dal tocco forte; deciso; energico, ma delicato; caldo e attento. Mi sentii leggermente in imbarazzo, non amavo il contatto con gli sconosciuti, ma era necessario in questo caso. Chiuse gli occhi prendendo una grossa boccata d'aria e strinse forte le palpebre. Trattenni

il fiato,troppo sconcertata dal suo atteggiamento. Ero in apnea, per qualche strana ragione non volevo che il mio fiato lo sfiorasse nemmeno. Fissai i suoi lineamenti ben marcati: la mascella squadrata, saldamente serrata nel suo atto di concentrazione; le labbra sottili e scure; il naso leggermente ricurvo e il ciuffo ebano che gli carezzava la pelle olivastra.

Luke ridacchiò. «Posso uscire, se sono di troppo».

Remì, troppo assorto dal suo "compito" lo ignorò, o forse non lo sentì, ma io no. Lo linciai con lo sguardo provocandogli ancora più divertimento. Rise a voce alta senza badare che Remì fosse concentrato. A quanto pare troppo concentrato, in quanto la sua espressione non mutò di una virgola. Portai l'indice alle labbra e feci segno a Luke di tacere. Lui mi ignorò bellamente e cominciò a guardarsi intorno. Seguii confusa i suoi movimenti, osservandolo dirigersi verso un vassoio ricolmo di frutta, nascosto dietro ad una pila di libri. Agguantò una mela e se la portò alle labbra.

«Fossi in te non lo farei», parlai sottovoce per non disturbare Remì,il quale sembrò essersi immobilizzato di fronte a me.

Sentii il suo tocco farsi più rigido e lo guardai, voltandomi di scatto in sua direzione. Ma la sua espressione era la stessa.

«Ed io, fossi in te mi concentrerei», scherzò Luke ammiccando in direzione del viso corrucciato di Remì.

Lo guardai allarmata, come se fosse sprofondato in un sonno beato ed io avessi paura di svegliarlo.

«Non riesce ancora ad identificare la tua razza», sbuffò roteando la mela, tenendola sulle punta delle dita lunghe ed affusolate «povero stolto!».

«Guarda che ti sente».

«È questo il bello!», rise «Non può!».

«Come non può?», ripetei alzando la voce di un paio di decibel.

«Shh!», ridacchiò «Non può e basta. Leggere l'aura di qualcuno richiede tempo,forza e concentrazione».

«Tu ne sei capace?».

«Mica devo sapere fare tutto», rispose con noncuranza.

«Quindi è un no».

«Sta' più attenta, così complichi il lavoro a Remì».

Si alzò dalla sedia e lanciò la mela in mia direzione. Presa alla sprovvista la afferrai per riflesso ad un soffio dal mio naso.

«Che c'è, vuoi che ti faccia da cavia?».

«Guarda che Remì si offende se dici che le sue mele sono avvelenate. Sono da parte di sua nonna, appositamente per il suo unico e tra parentesi preferito, nipote».

«Davvero?», chiesi pentita di aver messo in dubbio la commestibilità delle mele.

La guardai attentamente. Una mela bellissima rossa e dall'aspetto invitante, degna di indurre Eva in tentazione per una seconda volta.

«No! Neanche io so la natura di quelle mele», confessò divertito.

Sgranai gli occhi.

«E se l'avessi mangiata?!».

«Alla fine non l'hai fatto».

«E se?».

Sbuffò, lasciandosi cadere la testa all'indietro.

«Come sei noiosa. Ma quanto gli ci vuole per darti una risposta?», disse esasperato rialzando il capo e guardandomi «Non te la prendi se me ne vado,vero?».

«Certo che sì», risposi «tu mi hai portata qui, e tu mi riporterai indietro».

«Non sono certo la tua balia», mi guardò infastidito.

«Ho dimenticato la strada», inventai «era tutto buio», questa era vera.

«Non è che invece vuoi ancora stare in mia compagnia. Confessa!».

Sbuffai distogliendo lo sguardo.

«Ti piacerebbe».

Lo sentii ridere beffardo, ma non lo guardai per nessuna ragione. Concentrai la mia attenzione invece, sul viso di Remì, mutato in un'espressione sofferente. Lo guardai preoccupata. Che gli sta succedendo? Le sue mani cominciarono a tremare, mentre l'intero corpo sembrava essere attraversato da spasmi di dolore, dovute allo sforzo prolungato. Si allontanò da me con uno scatto improvviso. Con respiro affannoso e gli occhi ancora chiusi, cadde in ginocchio. Schiuse le labbra per ispirare ancora più ossigeno, ed io mi avvicinai al suo fianco, e cercando di mantenere la calma gli poggiai una mano sulla schiena, pronta ad intervenire nel caso soffocasse. In breve anche Luke apparve silenziosamente e velocemente accanto a noi. Lo afferrò per un braccio e costringendolo ad alzarsi, se lo caricò in spalle, per poi cominciare a dirigersi verso l'uscita.

«Che gli è successo?», chiesi preoccupata, quando vidi che non si muoveva più. Era svenuto?

«Non lo so», rispose serio Luke, intimandomi di proseguire in silenzio.

Gli lanciai un'ultima occhiata di sfuggita, notando la sua espressione pensierosa, e lo seguii fuori dal laboratorio. Ci addentrammo nel buio pesto della biblioteca che antecedente il laboratorio e ci avviammo verso l'uscita. Spezzammo poi velocemente il buio, correndo a perdi fiato lungo i corridoi dell'accademia arrivando infine nel cortile.

«Ci penserò io a lui, tu va' pure a dormire», mi disse Luke sistemandosi meglio il corpo di Remì in spalle.

«Ma...».

«Non preoccuparti», mi disse guardandomi severo negli occhi «neanche se volessi non potresti aiutarlo».

Mi incupii nel sentire tali parole e lo guardai storto. Anche se non molto, sarei stata capace di aiutarlo in qualche modo.Il suo sguardo d'acciaio però, non ammetteva repliche.

«Va bene!», risposi offesa «Buona notte».

Non badai al mio tono di voce e mi incamminai verso la mia stanza a passo spedito e accigliata, mentre ripensavo a quello che successe appena. Accidenti a te, Luke!

***

Il "giorno" seguente cominciò male, malissimo. Non riuscii a chiudere occhio tutta la notte, girandomi di continuo tra le fresche lenzuola. Fremevo di impazienza e agitazione; un miscuglio di emozioni che come un turbine mi contorceva lo stomaco e non mi dava tregua. Eppure mi sarei dovuta preoccupare per la salute di Remì, ma non lo feci. Che persona orribile. Mi definii. E continuai a pensarlo: mentre mi alzavo dal letto; mentre mi lavavo e spazzolavo lentamente i capelli; mentre indossavo l'uniforme; mentre mi dirigevo insieme alle due ragazze, mie compagne di stanza fuori; mentre trascinavo pigramente i piedi giù per le scale e poi verso la mensa; mentre mi sedevo sulla sedia elegante, ricoperta di velluto color crema; mentre addentavo un biscotto. Per tutto il tempo non feci altro che pensare a quello che successe il giorno precedente, o la notte. Alla fine non ricevetti alcuna risposta. Sapevo solo di essere un Incrocio, nient'altro.

«Estelle chiama Nicole. Ci sei?».

Estelle agitava una mano d'avanti ai miei occhi, guardandomi con i suoi occhioni verde scuro, con lievi sfumature topazio.

«Stai bene?», chiese.

Anche Beatrix alzò lo sguardo sul mio viso, guardandomi inespressiva.

«Sì, sto bene», borbottai «ho semplicemente un po' sonno».

Per confermare le mie parole sbadigliai annoiata e stampai un'espressione annoiata in volto. Sperai di riuscire a ingannarla, perché il vero problema era Estelle. Beatrix non sarebbe intervenuta mai, neanche se le mie intenzioni fossero palesi per lei.

«Chi mente, brucia all'inferno», sentii sussurrare al mio orecchio.

Sobbalzai e guardai in direzione della provenienza della voce. Luke, alla mia sinistra raddrizzò la schiena, mentre stava in piedi con una mano poggiata sullo schienale della mia poltrona.

«Sono desolato», cominciò terribilmente garbato «ma dovrei privarvi della presenza della vostra amichetta per un po'».

Estelle alzò un sopracciglio tenendo lo sguardo fisso sul viso del fratello.

«Non pensare male», le rispose accigliandosi.

«Non l'ho fatto», sorrise questa «quindi a cosa ti serve Nicole?», chiese sorridendo enigmatica.

«Ma piantala!», disse Beatrix «deve andare da Remì».

Sgranai gli occhi e sua sorella la fissò.

«E tu come fai a saperlo?», le chiese.

«Lo so e basta», rispose annoiata.

«Sai, sono sempre stata curiosa di sapere, come mai tu fossi sempre a conoscenza di vita, morte e quant'altro su Remì. Non è che sotto sotto c'è qualcosa tra di voi?».

Beatrix sgranò gli occhi, finalmente mostrandosi sorpresa, per poi guardare truce sua sorella.

«Ma che cazzo dici?».

Luke trattenne a stento una risata.

«Calma, Betty. Le mie erano innocenti supposizioni», ridacchiò sua Estelle, sbattendo le ciglia con innocenza.

«Quell'espressione da angelo non ti dona per niente», sorrise anche Beatrix.

«Guarda che a me dona tutto».

«L'importante è che tu ci creda», ridacchiò.

Le guardai sorridendo anche io. Chiedendomi come fosse avere una sorella. Io avevo solo un fratello, più grande di me di ben sette anni. Non era lo stesso. Le due sorelle continuarono a punzecchiarsi ignare del mio sguardo poggiato avidamente sulle loro figure, in cerca di fare mie le loro stesse gioie. Avere una sorella sembrava proprio divertente.

«Andiamo, Remì si è ripreso», mi disse Luke abbassandosi di nuovo verso di me.

La vicinanza mi rese possibile assaporare il suo odore. Portava un profumo non troppo forte, ma comunque inebriante, che non tardò a riempirmi le narici, lasciandomi lì imbambolata mentre Luke saliva i pochi gradini verso la porta. Lo seguii con lo sguardo. Ero piacevolmente sorpresa dalla mia nuova e piccola scoperta. Adoravo i profumi maschili, ed ero anche piuttosto pretenziosa sull'argomento, infatti erano pochi i profumi che mi piacevano realmente e quello che mi colpiva particolarmente in un ragazzo era l'odore. Il suo mi piaceva.

Mi affrettai ad uscire dall'edificio e cominciai a guardarmi intorno. Scorsi la figura di Luke poco più avanti. Non si fermò ad aspettarmi, ma camminava piano. Ciò mi permise -correndo un po'- di raggiungerlo in fretta. Arrivai al suo fianco in breve.

«Potevi anche aspettarmi», gli dissi imbronciata.

«Guarda che non ho certo intenzione di dedicarti tutto il giorno», parlò innervosito guardando di fronte a sé. Che antipatico! «Ho anche io da fare. È già troppo che ti accompagni ovunque tutto il giorno».

«Qualcuno qui ha la luna storta», mi stavo innervosendo anche io, ma appellai a tutto il mio autocontrollo -parecchio- e gli risposi il più "gentilmente" possibile «e comunque non te l'ho chiesto io di diventare il mio tutor, potevi rifiutare».

«Sì è vero», ammise più tranquillo «ma a quanto pare ti sei rivelata più complicata di quanto sembrassi... e sperassi», posò lo sguardo su di me analizzandomi.

«In che senso scusa?».

«Remì ti spiegherà tutto. Quindi vedi di avere pazienza», disse freddamente «e magari questa volta prova a non ucciderlo».

Cosa? Aggrottai la fronte guardandolo confusa.

«Ma di che stai parlando? Io non gli ho fatto proprio niente».

Luke continuò a camminare ignorando la mia domanda, facendomi innervosire ancora di più.

«Sarebbe buona educazione rispondere alle domande, lo sai?», chiesi lievemente acida.

«Così come sarebbe buona educazione non assillare le persone di domande, lo sai?»,rispose a tono, voltandosi a guardarmi.

Sbuffai guardandolo in cagnesco, mentre lui avanzava spedito verso l'entrata laterale dell'accademia, la stessa del giorno precedente. Io ero qualche passo dietro di lui, e con lo sguardo sulla sua schiena e i ricordi ancora vividi del nostro pseudo litigio, non riuscii a trattenermi e gli feci la linguaccia. Odioso!

«Sei proprio una bambina», disse ridendo senza voltarsi indietro.

Beccata!

***

Entrai per prima -di nuovo- nel laboratorio di Remì. Lo trovammo come la sera precedente, intento a eseguire chissà quale pazzesco esperimento. Si muoveva tra le scartoffie energeticamente, tant'è che dubitai che gli fosse successo qualcosa di grave. Era allegro e pieno di vitalità. Non potei fare a meno di guardarlo stupefatta.

«Stai bene?!», ero ancora a bocca aperta.

«Certo», rispose lui allegramente.

«Ne sono felice», sorrisi avvicinandomi al tavolo, a debita distanza da lui.

«...Quindi vedi di avere pazienza... e magari questa volta prova a non ucciderlo».

Il ricordo delle parole di Luke riaffiorarono nella mia mente, influenzando -involontariamente e anche volontariamente- il mio comportamento.

«Allora, perché mi hai fatto chiamare», gli chiesi sorreggendomi coi palmi sul tavolo e guardando distrattamente verso la porta.

Luke era appoggiato al muro con lo sguardo fisso nel vuoto. Era stranamente silenzioso. Sorrisi. Anche se diceva di non volermi aiutare alla fine lo faceva comunque. Ero in debito con lui, dovevo ringraziarlo. Non era certo sua obbligazione, eppure lo faceva. Sarebbe scortese e da ingrato non dirgli almeno un grazie.

«Ah, Nicole!», mi strappò dai miei pensieri Remì «ti spiacerebbe passarmi quel libro alla tua destra?».

Guardai in basso sul tavolo. Vicino alla mia mano vi era un libro grosso, dalla coperta verde scolorita con qualche chiazza di inchiostro qua e là. Aveva l'aria di essere molto vecchio e la totale assenza di titoli o scritte varie, indicava che non provenisse dalla biblioteca. Lo presi nella mano, soppesandolo un po' e glielo porsi. Lui guardò il libro senza alzare lo sguardo verso di me e sorrise.

«Ah! Grazie», lo prese con una mano, sfiorando l'altra con la mia.

Guardai la mano con fare interrogativo. Era evidente che fosse un gesto intenzionato.

Avvenne tutto velocemente: un vortice di colori mi si parò davanti agli occhi, creando uno stato confusionario nella mia mente, e costringendomi a chiudere gli occhi per l'improvviso dolore. Li riaprii, ma l'immagine che ebbi di fronte a me era diversa. Non mi trovavo più all'accademia, ero altrove.

 

 

 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: rosamond44