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Autore: Everian Every    22/11/2015    4 recensioni
(Forte presenza di autori)
Diavolo, non ho idee per il titolo... bah, pazienza.
Primo: la storia è a scazzottate. Cioè, non è un torneo, ma si basa sulle scazzottate lo stesso.
Secondo: la storia è DAVVERO piena di scazzottate.
Terzo: la storia tratta di un gruppo di ragazzi, rapiti da diversi universi paralleli dallo strano individuo di nome Omino di Mai, il quale li obbliga a combattere contro il Supremo Nero per impedirgli di conquistare il mondo. Riusciranno i nostri eroi a sconfiggere il terribile nemico? O saranno sconfitti? E poi... Le cose saranno davvero come l'Omino vuol far credere?
Dal testo:
""è una battaglia senza speranza allora." fece notare Xurst, corrugando la fronte.
"Non ho detto questo." ribadì Gioyglory con pazienza.
"In effetti lo hai detto." la apostrofò di nuovo il rosso, fissandola con sguardo carico d'odio.
Gioyglory sospirò.
"Diciamo che l'esito è totalmente sotto il controllo di Nero." concluse infine, facendo calare un silenzio inquietante sul gruppo."
Enjoy This :D
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Over Worlds'
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In principio era il capo. Con lui viveano le sue emozioni, un groviglio convulso di sentimenti non definiti, esistenti, ma non vivi.
Il capo si stancò presto della sua condizione, di vivere in quel buio eterno e solitario, e così creò la Realtà. Un mondo al suo comando, come lui aveva ordinato, nacque dal nulla. Con voce ferma, nominò le mille e mille ancora creature che vi mise per popolarlo, e lo riempì tutto, nella sua infinita estensione e nella sua eterna storia.
Ma tra le mille e mille ancora creature che egli creò, ve n'erano di più potenti e di meno potenti. Così il più forte dominò sul debole, spazzandolo via.
Il capo, contrariato, decise di dividere la Realtà, di separare i potenti dagli indifesi, e così creò gli Strati, o Mondi.
Creò il Mondo per i mortali, sotto la custodia dei tre demiurghi Titano, Mitrano e Cowius.
Creò l'Oltremondo, sotto il dominio del re dei demoni Hadon, il secondo dio.
Creò il Sottomondo, regno dei dijin, servi del terzo dio Discus.
Creò Il Nulla, dove tempo e spazioconoscevano la loro etarna  fine e il loro continuo inizio, e li vi pose il primo dio, nato dal conflitto tra Hadon e Discus, che chiamò Howtlas. E pose il Nulla a base della realtà, rendendolo inaccessibile agli dei del chaos, che ambivano il ritorno del buio iniziale.
E infine creò il Settimo Mondo della Morte, dove poterono riposare le anime dei morti, accompagnate lì dal Mietitore e dai suoi seguaci.
Ma le emozioni che aveva accompagnato silenziosamente il capo fino ad allora, si stancarono di aspettare, rinchiuse nella sua mente, ed uscirono nella Realtà.
Il loro potere però era grande, incontrollabile, e le loro faide insanabili, aspre e distruttive.
Lo scontro tra due di loro, alla fine, accese nel capo il timore di perdere tutto. La Realtà fu sconvolta, piegata, sottomessa da quei demoni trascendenti la Realtà stessa, distrutta dalla loro sola presenza, azzerata dal loro potere.
Il capo ricreò la Realtà.
Aggiunse un nuovo Strato.
Lo chiamò Mondo di Mai, e vi pose le sue emozioni. In quel luogo senza tempo e spazio, esistente al di fuori di tutto ciò che era Reale, il capo diede forma alle sue emozioni. E chiamò le più pericolose e diede loro poteri e il suo stesso simbolo, che pose nel loro occhio sinistro. Così ne limitò la forza, li rese più deboli e al tempo stesso più grandi. E diede loro regole e leggi con cui regolarsi, diede loro il compito di vegliare sulla Realtà affinché le emozioni che loro incarnavano ed erano non la soggiogassero di nuovo.
E le emozioni più docili, le migliori e pure, che non necessitavano di essere limitate, restarono nel Mondo di Mai, sotto il nome di Opposti.
Il capo si addormentò placido, sicuro si aver svolto bene il suo compito.
Le sue emozioni scesero nella Realtà per regolarla e vi portarono alcune Reliquie, oggetti appartenenti al capo, intrisi del suo potere.
Così nacquero i supremi...
 
Era notte. O forse il cielo terso di nubi li traeva in inganno, nascondendo il sole. Non si poteva dire con certezza. In lontananza si potevano scorgere ancora i bagliori violenti del fuoco di Lars.
In un certo qual modo era rassicurante vederlo lampeggiare come un faro, perché significava che gli altri stavano bene.
Lelq si fermò davanti al precipizio.
"Non ricordavo che l'Impero fosse così grande." commentò, fissando la città estendersi per kilometri in ogni direzione. La periferia era invasa dal ghiaccio e qui e là comparivano bruciature e cristalli neri. Sembrava fosse passato un Sombra arrabbiato insieme ad uno stormo di demonietti del fuoco.
Xurst sbuffò infastidito e fece spallucce.
Era da quando erano partiti che non faceva altro che guardare il cielo con aria annoiata e un po' scontrosa, tirando calci davanti a sé ad ogni suo passo. Di quando in quando gli riusciva di beccare un detrito che si trasformava in ruggine aranciognola, per poi venir sbalzato contro un muro, frantumandosi.
Lelq non sapeva spiegarsi se fosse troppo stupido o troppo arrogante per rifiutarsi di capire la gravità della situazione. Ormai era piuttosto chiaro che dovevano mettercela tutta per riuscire nell'impresa di imprigionare Nero. Quello era l'unico modo per tornare indietro da quel mondo in rovina.
Ricordò le parole dell'omino.
"Ho una piccola commissione da affidarvi." aveva detto. Subito il rosso era sbottato con un: "E perché dovrei aiutarti?".
L'omino aveva sorriso sornione. Era apparso per un attimo come fosse più grande di quaanto in realtà fosse, ma era stata solo un'ombra, un'illusione, probabilmente.
La risposta non era piaciuta molto a Lelq.
"Altrimenti resterete qui per sempre. O almeno, finché Nero non vi troverà e vi ucciderà."
Secondo quanto aveva detto loro, quel tale, Nero, era una delle emozioni citate nel racconto sulla genesi di quella realtà. Lui non aveva creduto davvero a quella specie di favola per bambini. Delle emozioni che diventano concrete, sciocchezze! Però l'omino sembrava così convinto di essere nel giusto che non poteva ignorare la vocina che sentiva dentro, intenta a sussurrargli all'orecchio "attento..."
E poi non gli interessava più di tanto quello. Lui doveva riuscire a tornare indietro, punto e basta. Doveva.
Una lacrima gli sesce, ripensando al giorno prima, uno dei giorni più belli della sua vita.
Intanto Xurst stava studiando quel promontorio così insolito.
"Sembra come se... come se qualcosa avesse preso la terra e l'avesse sollevata." mormorò, accigliato.
Lelq lo guardò perplesso.
"Seek avrebbe fatto di peggio..." pensò, ridacchiando.
Una fitta lo prese alla spalla. Cavoli, ripensare al suo scontro con la mezzo-demone gli faceva ancora male!
"Guarda laggiù." disse con calma glaciale il suo compagno, indicando un punto in lontananza.
Lelq seguì la direzione indicata dal suo dito. In una piazza a qualche centinaio di metri di distanza, molto larga e spaziosa, intorno alla quale gli edifici erano stati completamente rasi al suolo come da un'esplosione di proporzioni catastrofiche, si poteva scorgere una figura seduta su un cumulo di macerie.
Non riuscivano a capire chi o cosa fosse, ne cosa stesse facendo, ma aveva l'aspetto di un uomo vestito di nero.
"Che sia lui?" chiese Lelq, sperando fosse vero. Se quello era Nero avevano la possibilità di risolvere la faccenda in quel momento e di tornare così a casa. Lo sperava davvero.
"Non ne ho idea. Ehy, pare abbia compagnia." replicò Xurst, completamente preso dalla scena che si stava svolgendo nello spiazzo.
Un bestione, un drago grande quanto un palazzo, completamente dorato, proruppe da un sotto un cumulo di massi e detriti. Sembrava ferito a vedere i suoi movimenti e il rossore che imporporava le sue scaglie splendenti.
La fiera si avventò sull'omuncolo. Lo avrebbe schiacciato, se quello non si fosse mosso. E infatti così avvenne. O meglio, la zampa del bestione calò sull'individuo, che restò immobile. Solo che, invece di schiacciarlo al suolo, il colpo fu fermato dal braccio esile dell'altro. In confronto i due contendenti erano spettacolari. L'uno, titanico, così malconcio, l'altro minuscolo, quasi scompariva sotto la mole del bestione rilucente, eppure non sembrava minimamente toccato dall'impeto del drago.
Un sonoro crack si propagò dalla piazza, arrivando fino ai due ragazzi. Poi la zampa del drago esplose letteralmente, come se una pressione troppo forte fosse stata esercitata ad una sua estremità. Del fumo bianco come la neve coprì l'orrido spettacolo.
I due rimasero attoniti.
"Bene. Quello è Nero? Speravo almeno in un avversario decente..." bofonchiò poi Xurst. "Andiamo?"
Lelq lo fissò. Sembrava che in lui si fosse riacceso l'impeto della sfida. Forse vedere all'opera Nero lo aveva infervorato.
"Ci serve un piano."
"Non sarai ancora convinto che quello là sia una minaccia? Uff... sei patetico. Comunque non mi va di perdere altro tempo. Facciamo così, tu crei un diversivo, io lo prendo alle spalle, lo trasformo in una statua di ruggine e ce ne torniamo a casa felici e contenti. Ti va bene?"
Il rosso lo fissava accigliato. Non ammetteva repliche.
"Sarai in grado di fare da diversivo, per lo meno." lo incitò.
Lelq tornò a fissare Nero. Per un solo, singolo istante gli parve che li stesse fissando da laggiù e che stesse sorridendo. Sentì l'impulso a nascondersi. Scosse la testa, chiudendo gli occhi, poi annuì.
Xurst parve soddisfatto.
"Bene. Vagli incontro, io preparo la festicciola. Al mio segnale togliti di mezzo." disse.
"E quale sarebbe..." fece per chiedere Lelq, ma l'altro se n'era già andato.
Il giovane si morse le labbra.
Fissò di nuovo Nero e gelò. Stava camminando nella loro direzione. Tra di loro c'era solo l'immenso rettilineo della via maestra.
 
Xurst camminò rasente al muro per circa venti metri, prima di gettare un occhio alla strada principale. Aveva visto passare Lelq, dopo che erano scesi entrambi dal promontorio, e si era affrettato a seguirlo. Voleva vedere fino a che punto era forte Nero, prima di affrontarlo. Un comportamento subdolo, da parte sua, ma non poteva fare altrimenti. Si era ripromesso di uscire vivo da lì e non era proprio il tipo da sottovalutare l'avversario.
Anche se si mostrava così sicuro di sé, non aveva mai in vita sua preso sottogamba una sfida.
L'omino di mai lo aveva scelto per le sue capacità, ne era certo. Il suo potere di trasformare in ruggine ciò che toccava che contenesse metallo era l'ideale per indebolire qualsiasi avversario, inoltre aveva sempre il suo asso nella manica.
Gli venne in mente il suo primo incontro con lo strano ragazzo.
Era in una stanza buia, fredda e per nulla accogliente.
Intorno a lui niente.
Aveva provato a tramutare in ruggine una parete, ma a nulla erano valsi i suoi sforzi. Quel maledetto muro non voleva saperne di cedere.
Non si capacitava su che materiale fosse tanto resistente da tener testa alla sua corruzione.
Poi era arrivato lui, serafico, seguito dalla bella Gioyglory. Che lei fosse bella non poteva negarlo. Però non era decisamente il suo tipo, così... perfetta sotto ogni punto di vista.
Ricordava ancora la loro conversazione.
Lui che ordinava loro di lasciarlo libero, l'omino che gli proponeva un patto, lui che rifiutava... Non aveva tempo da sprecare con quei perdenti e non voleva sporcarsi le mani per loro. Però l'omino lo aveva convinto.
Alla fine aveva vinto lui. Come poteva essere altrimenti? Lui era un Mastro, uno dei creatori, uno dei "capi". Vivevano su due piani differenti, e solo questo gli impediva di ammazzarlo. Lui, lì, era un dio.
Che poteva fare invece il rosso? Il suo potere era grande. Ma forse non così grande. Nessuno ne aveva tanto da intaccare un Mastro.
E così ora doveva sbrigare quella faccenda. Quando aveva visto che non era solo, ma che il maledetto aveva portato lì altri cinque sfigati, aveva sperato nel buon senso di questi, per attuare una specie di sciopero e costringere l'omino a lasciarli liberi.
La domanda che ancora gli frullava in testa, però, era una: "Perché io?"
L'omino non gli aveva risposto che con un sorriso amichevole e falso.
Poi se n'era andato, lo aveva invitato a seguirlo e non aveva più parlato fino al loro arrivo nell'Impero.
Cosa voleva da lui? Lui, che non aveva fatto niente di male.
Intanto una risatina isterica, seguita da un tonfo sordo e dal suono di terra smossa, lo fecero concentrare sulla missione. Salì sul tetto di una casa. A qualche decina di metri di distanza c'erano Lelq, in piedi, e Nero, steso a terra in una pozza di sangue.
   
 
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