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Autore: lostinpercyseyes    22/11/2015    1 recensioni
All'inizio vidi solo delle ombre che si muovevano, ma presto si trasformarono in sagome di corpi.
Qualcuno calò dentro la stanza. Volevo strillare, piangere, vomitare. La presenza che avvertivo si stava avvicinando, quando mi fu di fronte si chinò su di me. Sentii un sussulto provenire dalla figura e poi un'esclamazione in un gergo che non capii: -Caspio...-
Era sicuramente un ragazzo, lo capivo dal tono della sua voce, ma non riuscivo a vedere i lineamenti del suo volto, solo a distinguere il colore dei suoi capelli, biondo sporco.
-Che c'è che non va, Newt?- chiese una voce dall'alto.
Il ragazzo di fronte a me, Newt evidentemente, mi guardò un attimo e poi si girò verso la folla.
-È una ragazza.-
Dall'esterno sentii provenire un gran vociare, di cui riuscivo a cogliere solo poche frasi sparse.
Mi sentivo confusa, infondo una ragazza non doveva essere un così grande stupore, o forse sì?
{Sequel: "Into The Scorch"}
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chuck, Minho, Newt, Nuovo personaggio, Thomas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Infine, riuscii a calmarmi, a risucchiare nel mio cuore la marea dolorosa della disperazione che provavo. Nella Radura, per me Chuck era diventato un simbolo. Come un faro che indicava che in qualche modo saremmo riusciti a sistemare le cose. A dormire in un vero letto. Ad avere dei genitori che ci dessero il bacio della buonanotte. A mangiare uova e pancetta a colazione e ad andare in una vera scuola. A essere felici.
Ma ora Chuck non c'era più. Il suo corpo inerme, a cui ero ancora aggrappata, sembrava un talismano freddo. Che diceva che non solo i nostri sogni di un futuro pieno di speranza non si sarebbero mai realizzati, ma anche che comunque la vita non era mai stata così. Che anche se eravamo riusciti a fuggire, ci aspettavano giorni tetri. Una vita di dolore.
I ricordi che mi stavano tornando in mente erano solo abbozzati. Ma in quella poltiglia mentale non vedevo niente di bello.
Cercai di raccogliere il mio dolore e di chiuderlo da qualche parte, nel profondo del mio animo. Lo feci per Newt. Per Minho e Thomas. Qualunque fosse il cupo futuro che ci aspettava, saremmo stati insieme, e in questo momento era tutto ciò che importava.
Lasciai andare Chuck e mi accasciai all'indietro, cercando di non guardare la maglietta del ragazzo tutta annerita dal sangue. Mi asciugai le lacrime dalle guance e mi strofinai gli occhi, pensando che dovevo sentirmi imbarazzata, ma non in questo modo. Infine, sollevai lo sguardo. Vidi Newt, con quei suoi occhi castani appesantiti dalla tristezza, sia per me che per Chuck, ne ero certa.
Mi allungò il braccio e mi prese per mano, mi aiutò ad alzarmi. Una volta in piedi, non smisi di stringergli la mano e non lo fece nemmeno lui. Continuai a stringere, cercando di comunicargli ciò che provavo con questo gesto. Nessun altro disse una parola. La maggior parte dei ragazzi stava fissando il cadavere di Chuck con espressione vacua, come se ormai fossero andati oltre la capacità di provare sentimenti. Nessuno stava guardando Wes, che respirava ancora, ma che era rimasto immobile.
La donna della CATTIVO spezzò il silenzio.
-Tutto accade per uno scopo.- disse. Nella sua voce non c'era traccia di malignità. -Dovete capirlo.-
La guardai, concentrando in quello sguardo furente tutto l'odio che provavo. Ma non feci nulla.
Newt posò l'altra mano sul mio braccio, stringendolo. -E adesso?- domandò.
-Non lo so.- risposi. -Non riesco...-
La mia frase fu interrotta da un'improvvisa serie di urla e di rumori al di fuori dell'ingresso da cui era passata la donna. Lei andò chiaramente in panico, voltandosi e impallidendo all'istante. Seguii il suo sguardo.
Diversi uomini e donne con addosso jeans luridi e soprabiti fradici fecero irruzione dalla porta brandendo pistole, strillando e gridandosi parole a vicenda. Era impossibile capire cosa dicessero. Le armi, fucili e pistoloni,  sembravano... arcaiche e rudimentali. Come giocattoli abbandonati in un bosco per anni e appena riscoperti dalla generazione successiva di bambini che volevano giocare alla guerra.
Sconvolta, rimasi a fissare due dei nuovi arrivati che gettavano a terra la donna della CATTIVO. Poi uno fece un passo indietro, estrasse la pistola, prese la mira.
Non esiste, pensai. No... 
L'aria si illuminò dei bagliori della pistola, da cui partirono diversi colpi diretti al corpo della donna. Era morta, un cumulo sanguinolento sul pavimento.
Feci diversi passi all'indietro, rischiando quasi di inciampare.
Un uomo ci si avvicinò mentre gli altri componenti del gruppo ci circondarono, puntando svelti le pistole a destra e a sinistra e poi sparando alle finestre degli osservatori, mandandole in frantumi. Sentii delle urla, vidi del sangue, distolsi lo sguardo, concentrandomi sull'uomo che si stava avvicinando. Aveva i capelli neri e un viso giovane, ma pieno di rughe intorno agli occhi, come se avesse trascorso ogni giorno della sua vita a preoccuparsi di come arrivare a quello successivo.
-Non c'è tempo per le spiegazioni.- disse l'uomo, con voce affaticata quanto il suo volto. -Seguitemi e correte come se fosse una questione di vita o di morte. Perché lo è.-
Con queste parole, l'uomo fece alcuni cenni ai compagni e poi corse fuori dalle grandi porte di vetro, tenendo il braccio con cui brandiva la pistola teso e rigido davanti a sé. La stanza era ancora scossa dai colpi di pistola e dalle grida di agonia, ma feci del mio meglio per ignorarli e seguire le istruzioni.
-Andate!- gridò da dietro uno dei salvatori. Era l'unico modo in cui potevo definirli, in questo momento.
Dopo una brevissima esitazione, seguimmo l'uomo, quasi pestandoci i piedi a vicenda nella foga di uscire da questa stanza, andando il più lontano possibile dai Dolenti e dal Labirinto. Con la mano ancora stretta a quella di Newt, corsi con loro, in coda alla fila. Non avevamo scelta e dovemmo lasciare indietro il corpo di Chuck.
Non provai alcuna emozione. Ero completamente intontito. Corsi giù per un lungo corridoio e poi entrai in una galleria scarsamente illuminata. Salii una tromba di scale a chiocciola. Tutto era buio e c'era odore di roba elettronica. Giù per un altro corridoio. Ancora su per altre scale. Altri corridoi. Avrei voluto potermi addolorare per Chuck, eccitarmi riguardo alla fuga, sentirmi felice del fatto che Newt fosse qui con me. Ma avevo visto troppo. Ormai c'era solo il vuoto. Un nulla. Continuai ad andare.
Continuammo a correre; alcuni degli uomini e delle donne ci guidavano, in testa al gruppo, mentre altri gridavano incoraggiamenti da dietro.
Raggiungemmo altre porte di vetro e le attraversammo, uscendo all'aperto e trovandoci sotto un cielo azzurro e limpido; sotto i nostri piedi la sabbia.
Il capo non smise di muoversi finché non raggiungemmo un grosso elicottero dai fianchi ammaccati e graffiati in vari punti e la maggior parte delle finestre coperte da un reticolo di crepe. 
-Salite!- gridò l'uomo. -In fretta!-
Ubbidimmo. Ci stringemmo fuori dalla porta dell'elicottero in un gruppo compatto e poi salimmo, uno alla volta. Quel momento parve dilatarsi all'infinito. 
Ero la penultima della fila, con Newt dietro. Sollevai lo sguardo verso il cielo e sentii il sole in faccia. Era caldo, accecante. In qualche modo mi aiutò a uscire dallo stordimento, mi riportò a uno stato di attenzione vigile. Mi concentrai sull'elicottero, su Newt, sulla fuga.
Quando arrivò il mio turno, Minho e Thomas mi aiutarono ad entrare, tirandomi su. Poi fu il turno di Newt. Le porte furono chiuse non appena il ragazzo mise l'ultimo piede dentro l'abitacolo. L'elicottero si animò improvvisamente, alzandosi da terra e allontanandosi nel cielo.
-State bene ragazzi?- ci chiese un'uomo che sedeva di fronte a noi. Non ricevette risposta, ma solo occhiate taglianti da parte di vari ragazzi. Eravamo tutti seduti l'uno accanto all'altro, la schiena appoggiata alla struttura di metallo. Stanchi, sudati, distrutti. 
Ci alzammo tutti in piedi quando intravedemmo un grande edificio dai finestrini, curiosi di vedere quello che era il Labirinto in tutto il suo splendore. Era imponente e da questa altezza si potevano osservare tutti i corridoi delle varie Sezioni, la scritta "CATTIVO" che spiccava sullo sfondo di pietra grigia. 
Mi rimisi seduta: non volevo vedere più niente che avesse a che fare con quel posto. Anche Newt si accasciò al mio fianco, gli occhi e la bocca spalancata. Ci guardammo per diversi secondi, forse minuti. Poi, gli presi la mano e mi sentii rassicurata. Non stavo proprio sorridendo. Non era un'espressione del tutto felice. Ma quasi.
E in questo momento, andava bene anche un quasi.
Mi appoggiai al petto del ragazzo, avvolgendogli il torace e abbracciandolo. Newt mi cinse la vita e mi strinse con urgenza. Era come se fossimo tornati di nuovo ai tempi della Radura, quando ci coccolavamo dietro alle Faccemorte.
-Siamo salvi.- sussurrò Newt. -Siamo usciti.-
-Ma non potremo mai dimenticare.- 
-Tu non vuoi dimenticare Chuck.- Aveva ragione, il ragazzino che mi aveva donato tanti attimi di felicità sarebbe sempre rimasto nel mio cuore.
-Sono felice che tu sia al mio fianco.- alzai il volto, facendo allacciare i nostri sguardi ancora una volta.
-Non c'è altro posto dove vorrei stare.- disse lasciando un bacio sulla mia fronte. Incastrai la testa tra il suo collo e la spalla e vi lasciai un piccolo bacio a mia volta.
-Ti amo, Newt.- sussurrai contro la sua scapola. 
-Ti amo, Anna.- mi accarezzò i capelli.
Cercai di scacciare i brutti pensieri, concentrandomi sulle braccia di Newt e sul battito del suo cuore, scivolando lentamente nell'oblio.
   
 
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