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Autore: Lady Vibeke    28/02/2009    4 recensioni
Gli avevo graffiato la schiena nei sogni per impedirgli di volare via da me. Doveva essere mio, volevo che mi amasse come io amavo lui. Un abbraccio soltanto, un bacio, l’estasi.
Gli avevo urlato addosso supplicandolo di restare.
Gli avevo pianto addosso supplicandolo di restare.
Gli avevo spirato addosso supplicandolo di restare.
Ma lui mi aveva detto “Lo sai” e io non ero più stata io, o forse ero diventata così io da non riconoscermi più.
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I wish I had an angel for one moment of love
I wish I had your angel tonight

[I Wish I Had An Angel, Nightwish]

 

___________________________________________________

 

Nata e vissuta perversa, forse ero anche pronta a morire. Perversa.

Tenevo sulle ginocchia graffiate uno scrigno di legno scheggiato, vuoto come un gelido aborto. Lo fissavo intensamente, quasi pregando che la speranza che vi avevo riposto vi avesse lasciato un’impronta che io potessi ricalcare e riprodurre all’infinito. Una, tre, mille volte. Sul fondo nient’altro che diamanti artificiali, forgiati per comporre un gioiello distrutto.

R. A. E. O. M.

Mi mancava. Mi mancava da stare male, da farmi perdere il senno. Mi sentivo autistica per come alienavo ogni cosa al di fuori me. Pulsazioni non mie dentro al petto, e un ricordo a brandelli tra le dita.

Se solo avessi potuto averlo. Per un momento soltanto, per un momento d’amore.

Gli avevo graffiato la schiena nei sogni per impedirgli di volare via da me. Doveva essere mio, volevo che mi amasse come io amavo lui. Un abbraccio soltanto, un bacio, l’estasi.

Gli avevo urlato addosso supplicandolo di restare.

Gli avevo pianto addosso supplicandolo di restare.

Gli avevo spirato addosso supplicandolo di restare.

Ma lui mi aveva detto “Lo sai” e io non ero più stata io, o forse ero diventata così io da non riconoscermi più.

“Lo sai” aveva detto ancora, baciandomi un’ultima volta. Una porta verso il paradiso.

“Non andare” lo avevo pregato, aggrappandomi alle sue mani. “Io ti amo!”

Occhi scuri ed addolorati mi avevano risposto senza l’ombra di una lacrima. Forse quelli come lui non piangono.

“Lo sai” disse per un’ultima volta, e poi non ricordo più nulla.

Ricordando la separazione, avevo buttato tutto il mio amore nello scrigno e lo avevo chiuso senza più guardarlo, ma ora lo tenevo in mano tremando, invocando un miracolo, sperando invano che lui tornasse.

Luce mi baciava i capelli tentando di salvarmi.

Domandavo “Perché?” in un’aritmica cantilena stonata, piangendomi tra le mani tra brividi e singhiozzi. Patetiche, io e la mia gemella di ghiaccio, stretta attorno a me come un cappio a mordermi il collo.

Portavo un disegno triste ricamato sulle labbra, ago e filo che mi pendevano ancora tra i denti mentre mi sforzavo di non smarrirmi nella mia stessa perdizione.

Folle. Folle come un’afosa giornata d’estate ed un sole che ti brucia negli occhi.

Luce mi stringeva una spalla, le mani fredde ed appassite, sussurrandomi nell’orecchio parole assordanti.

“Lo sapevi che non si poteva, Shetani. Lo sapevi, lo sapevi, lo sapevi.”

Come colpi di tamburi dalle viscere della terra. Come spari proiettati verso una culla. Sillabe crude ed affilate come rasoi. Sì, lo sapevo. L’avevo sempre saputo.

“Mai innamorarsi di un angelo.”


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 A/N: Il titolo significa: mai innamorarsi di un angelo caduto, ed è ovviamente un gioco di parole. Shetani, in lingua Kiswahili, significa malvagio, demone.
Qualcuno riconoscerà quest'angelo, qualcun altro semplicemente si chiederà chi sia. In realtà è tutto e niente, è una persona vera ed esistente, ma anche l'incarnazione di tante cose di cui ci si può innamorare nella vita e che non si possono avere perchè qualcuno lo ha deciso per noi. Sfighe ontologiche, come le definisco io. Eppure lo amo davvero.

   
 
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