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Autore: Delyassodicuori    22/11/2015    1 recensioni
Questa storia è decisamente fuori dal comune, lo so. E per di più è ambientata a Londra, in particolar modo in una scuola frequentata da persone normalissime. La vicenda ruota attorno a Leah Clearwater che, trasferitasi da poco in questo istituto, si ritroverà ben presto con un sacco di problemi alle spalle, e Jacob Black, un normalissimo studente che cerca di aiutare tutti… a modo suo…
Dal testo:
-Ti conviene stare attenta a ciò che fai, sai?- disse –Questa non è una scuola normale. Anzi, sei entrata nell' inferno, piccola-.
Piccola?
-Ehi!- stavo per urlargli in faccia, alzandomi di scatto, quando lui ormai era andato via.
Genere: Comico, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Leah Clearweater | Coppie: Jacob/Leah
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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15_ Bonjour Jelousie!_ Parte 2

 
NB. In teoria ho avuto qualche dubbio su un certo personaggio di questa storia per colpa di quello che era successo a Parigi in questi giorni, e non sapevo se quello che stavo scrivendo andava troppo contro i francesi, ma se lo pubblico è grazie soprattutto ad una mia amica a cui dedico questo scritto (sperando che capisca il perchè della colletta per le penne con questo capitolo :D). Avrei voluto aggiungere anche un messaggio di solidarietà non solo per i parigini ma anche per tutti gli altri, ma purtroppo non sono una che riesce a fare dei discorsi sensati e ho solo paura di dire cavolate. Posso solo augurarmi che tutta questa storia abbia fine, e nel migliore dei modi. 
Detto ciò, vi lascio alla lettura :)

 
 
-E’ cotto di te!- disse Rosalie di colpo, mentre uscivamo da scuola a fine giornata. Avevo raccontato alle altre, una volta raggiunte, la discussione tra me e Jacob, giusto per capire se quello che diceva sul prof. Basile era vero – e anche per comprendere meglio il motivo esatto della sua reazione.
Quando la bionda disse quelle parole, rimasi bloccata in mezzo alla strada. Le altre si accorsero del mio stop dopo due passi e ritornarono da me.
-EH?- riuscii solo a dire. Sentivo le guance bollenti e il cuore martellare, ma stavo cercando di evitarli entrambi.
Jacob Black, anche detto “Super-Teppista”… dovrebbe avere una cotta per me? E’ ESCLUSO!
-Pensaci bene, Leah- riprese Rosalie, mentre Alice sogghignava –Quale ragazzo cercherebbe di avvertirti in questo modo? E poi, se è vero quel che dici sulla sua reazione, allora è fin troppo ovvia la cosa, no?-.
-Ma...ma non… no… ma… insomma…- balbettai. Sembrava quasi che la mia testa stesse per fumare. Scuotevo il capo continuamente, cercando di levarmi dalla testa un pensiero simile.
-Cosa ti prende ora?- domandò Bella –Ok, magari non sei abituata a questo genere di cose, ma smettila di fare così, ci stai preoccupando!-.
-S-scusa…- latrai, ma solo dopo che la mora mi aveva bloccato il capo con entrambe le mani, tenendomelo fermo.
Quando mi lasciò andare, tornai a respirare con calma (con molta calma), e dissi, cercando di mantenere un tono di voce normale:-Ascoltate, è … fuori questione che uno come lui possa innamorarsi di una come me…-
-Io ho detto “cotta”…-
-Lasciami finire! Insomma, quel Black mi odia, e non a caso ogni volta finiamo per litigare di brutto, soprattutto con tanto di botte e calci! Ora ditemi, come può lui provare, anche in misura assai minore, qualcosa per me?-.
Bella sembrava rifletterci su, con le braccia incrociate e gli occhi chiusi.
-E quella volta che ti aveva leccato il collo, allora?- domandò Rosalie.
Sia Isabella che Alice sbottarono un:-COSA? QUANDO?-, talmente forte che tutti gli studenti che stavano uscendo avrebbero potuto sentire.
-ROSALIE!- la sgridai, ma la bionda non si demoralizzò:-Eddai, prima o poi lo avrebbero saputo anche loro! Comunque sia, uno che ti odia non avrebbe mai cercato di farti un succhiotto!-.
-Che diavolo dici?- urlò Bella –Una leccatina al collo, ma stiamo scherzando? Cos’era, un tentato di stu.. di stu…-
-Stupro?- chiesi, e la mora annuì con la testa. Chissà perché aveva quello strano tic all’occhio…
-Non lo era, comunque, anche se l’ho pensato pure io in un primo momento- dovetti ammettere, con il broncio e le guance arrossate –Lo aveva fatto solo per avvertirmi riguardo a quello che avrebbero potuto fare i Furious Wolfpack…. Anche se a modo suo…-.
-In ogni caso, non credo che lo avrebbe fatto con qualsiasi ragazza- ricominciò Rose –E quelle volte in cui non si faceva gli affari suoi e puntualmente veniva nel mezzo del discorso solo per dire una cosa a te?-.
-Quelle non contano!-.
-E quando eravate bloccati nelle docce?- si aggiunse Alice.
-Non era successo un tubo!!!-
-Certo, certo- finse la nana –Parlaci invece di quando ti guarda, o di quando ti ha avvertito della banda di Sam. Forza, pensaci un po’ su!-.
-Uh….- mi sfuggì fuori. Avevo esaurito le varie obiezioni.
Ci riflettei sopra come mi aveva detto di fare Alice, respirai a fondo e dissi, in modo tale che quello che stavo per dire potesse risultare chiaro a tutt’e tre:-Ora state a sentire, forse è vero che Jacob Black non mi odia, ma è impensabile che possa provare qualcosa per me, o tanto meno essere geloso per colpa mia, va bene? E comunque non potrà mai funzionare, è già tanto se ci sopportiamo a malapena così, figuriamoci se dovesse esserci una qualche relazione amorosa del cavolo!-.
Non appena finii il discorsetto, mi accorsi che le tre ragazze avevano assunto la stessa espressione. Erano con gli occhi spalancati e le bocche chiuse, ma sbiancate in faccia - come se la nana e la bionda non lo fossero già di loro. E, ciliegina sulla torta, non guardavano me, ma dietro di me.
Merda pensai.
Mi voltai appena di novanta gradi, il cuore in gola. Jacob era proprio dietro di me, un sopracciglio rialzato e con un mezzo broncio da menefreghista.
Dio, avrei voluto essere seppellita viva!
-Ciao…- dissi, stupidamente, la voce stranamente stridula.
-Yo!- rispose lui, neutro –Come butta?-
-Bene- deglutii.
-Bene- fece eco Super-Teppista –Allora a domani-.
-Ok- feci, e Jacob ci superò, dritto verso l’Underground.
Rimanemmo tutt’e quattro ferme e immobili come statue.
Fu Alice a rompere il ghiaccio:-Beh, uhm… che ne dite di uscire questo sabato?-.
-ALICE, TI PARE IL MOMENTO?- le sbraitò in faccia Bella.
-Leah, stai bene?- chiese invece Rosalie. Le guardai in faccia, una ad una.
Risi.
Le ragazze mi fissarono, senza capire come prendere la situazione, mentre io mi piegavo dalle risate. Lo stomaco mi faceva un male terribile, ma poco importava.
-Se sto bene?- feci, rialzandomi –Se sto bene, biondina? Si, sto bene, bene, bene, bene! Infondo, non ho appena fatto una figura di merda davanti ad un ragazzo, no?-.
-Uh…- latrarono le tre, decisamente scosse.
-Ok, sono stanca e piuttosto affamata, lo ammetto- continuai, accarezzandomi l’addome, come quando facevo da piccola per dire che volevo mangiare –Per cui, con permesso, mi avvio verso casa ora-.
Detto questo le superai di corsa e, sempre correndo, raggiunsi l’Under-ground, scesi le scale  e arrivai alla fermata della metro. Avevo fatto un poco di ritardo, per questo dovetti aspettare altri cinque minuti. Solo dopo il suo arrivo, solo dopo esser scesa alla fermata di casa, e solo dopo aver raggiunto la Library, mi fermai per urlare.
 
Nelle seguenti settimane le cose a scuola sembravano peggiorare sempre di più. Francese si rilevò essere in assoluto la materia che più detestavo, e non solo per il professor Basil che continuava a lanciarmi strane e inquietanti occhiate, ma anche perché di quella lingua non capivo proprio nulla. Avevo provato a farmi spiegare qualcosa da Bella (secchiona com’è!), ma non è servito a niente. Ogni volta che aprivo il libro di testo le parole mi si incrociavano davanti agli occhi, e invece di leggere dei caratteri normali, mi ritrovavo a fissare dei geroglifici.
Dopo quella discussione con le ragazze sulla cotta o no di Jacob nei miei confronti, quest’ultimo era sempre più cupo mano a mano che i giorni passavano. Mi rivolgeva si e no due o tre parole, ma mai un discorso o una frase sensata. Avevo cercato di dialogare con lui più volte, ma ogni volta era come se mi sfuggisse di mano. Ad esempio un venerdì lo avevo trovato durante l’intervallo nel corridoio dell’edificio C, seduto sul bordo di una finestra aperta a giocare con il cellulare. Era talmente concentrato sul display che non si era ancora accorto che ero a qualche metro da lui. “Bene, è la mia occasione!” mi ero detta, serrando i pugni. Già dal giorno di quella figuraccia avevo intenzione di parlare con lui, anche scusarmi se necessario, tutto pur di non sopportare più questo silenzio atroce – che era anche peggio di quando mesi fa avevo deciso io di mantenere le distanze. Mi ero incoraggiata, dicendomi che andava tutto bene e che non c’era nulla di cui preoccuparsi, e che se era intelligente (poco probabile) mi avrebbe ascoltata e ci avrebbe messo una pietra sopra. Stavo così per andare da lui, dopo aver fatto un bel respiro profondo, ma appena Embry e Quil sbucarono fuori dal nulla al fianco di Super-Teppista, mi ero bloccata di colpo e avevo fatto retromarcia prima che uno dei tre potesse notarmi. Mi ero così nascosta dietro al muro, osservando gli amici di Jacob che, con mio grande stupore, erano riusciti a farlo ridere con una sola battuta. Li avevo invidiati parecchio per un millesimo di secondo, per poi maledire me stessa per essere stata codarda – e anche per aver avuto un tempismo del cavolo.
Inoltre a Ginnastica Jacob era sempre deconcentrato, non riusciva a giocare a basket o a calcio come prima, motivo per cui almeno quattro volte il prof. Ammazzacinghiali lo ha mandato in panchina.
Merda, ora sta esagerando!” pensai in una di quelle volte.
E intanto le ragazze non miglioravano affatto le cose. Invece di aiutarmi a capire come risolvere il problema Jacob, non facevano altro (più che altro Alice e Rose) che rinfacciarmi che se l’era preso perché effettivamente era cotto di me, mentre io continuavo a rifiutare questa idea. Che razza di ragazzo è uno che ignora così una ragazza che (ipoteticamente parlando) dovrebbe esserne infatuato? Non aveva senso per me, e forse quelle due non avevano nient’altro di meglio da fare che tormentarmi con questi discorsi senza sbocchi. Nemmeno Bella sembrava volermi aiutare, anzi, continuava a dire la cosa più ovvia del mondo:-Devi semplicemente scusarti con lui. Questo non è mica un problema nostro-.
Ti ricordo che è grazie a voi se ho fatto quella figuraccia, e voi non vi siete nemmeno mosse per avvertirmi! avrei voluto ribattere, e invece me ne stetti zitta ad annuire, e solo per non dover litigare anche con loro.
Ripensavo a tutto ciò, e a come pacificare con Jacob, quando il professor Basile mi rimbeccò di colpo, facendomi risvegliare nell’aula di Francese.
-Così proprio non va, signorina Clearwater- disse lui, mentre l’intera classe mi guardava. Cercai di non ricambiare subito lo sguardo del prof e, nel mentre, notai con la coda dell’occhio Jacob che fissava entrambi. Era ancora seduto al banco con me nonostante tutto. E la sua espressione era indescrivibile, cosa che mi metteva sempre più a disagio.
-Cosa non va?- domandai, stupidamente, tornando a guardare il quaderno.
Basile non sembrava molto contento di non ricevere attenzione da parte mia, così mi buttò davanti alla visuale il foglio della verifica della settimana scorsa. Tanti segni rossi erano scarabocchiati (con una certa eleganza, bisognava ammetterlo questo) sopra la mia scrittura, e una grossa F decorava la parte superiore del foglio. Era palese che sarei andata male già dal primo tentativo, per cui non ne ero affatto stupita.
-Ricorda quando il primo giorno le ho suggerito qualcosa riguardo alle lezioni di recupero in privato?- fece il prof, con un tono talmente gentile che per poco non mi tremavano le ossa.
Annuì con la testa, e il prof. Basile tirò fuori dalla tasca della sua giacca un biglietto, che lo posò sopra la verifica.
-Venga a questo orario, signorina Clearwater- disse, mentre indicava il biglietto –E vedrà che il suo livello di Francese salirà… alle stelle-.
Era un impressione mia, o all’ultima frase Jacob sembrava trattenere la tosse? Il prof. tornò a consegnare le verifiche corrette agli altri studenti - con la coda dell’occhio ero riuscita a scorgere una bella F rossa anche per Super-Teppista, cosa che mi fece quasi imbestialire. Perché io dovevo fare queste stupide lezioni private, mentre Jacob no?
Ricordai di colpo le parole che mi aveva detto a quella prima lezione con il prof. Basil e scossi la testa. Forse stava solo esagerando, o forse voleva mettermi alla prova o che so io.
Guardai il biglietto. Avrei dovuto incontrarlo qui proprio oggi, alla fine delle lezioni. Sbuffai, scarabocchiando sul quaderno con la biro per pure noia. Stavo cominciando a disegnare una faccina annoiata che mandava a cagare un professore a caso, quando sentii un crack al mio fianco.
Voltai di poco la testa e per poco non mi si seccò la bocca. Jacob doveva aver stretto troppo forte la sua penna perché ora era spaccata in due, con la metà superiore caduta sopra la sua verifica. Il suo pugno su quella biro era serrato, così stretto che potevo distinguere bene i nervi e le ossa.
Spostai lo sguardo sul suo volto e subito me ne pentii. Aveva lo sguardo cupo, nero e sinistro, lo stesso che aveva usato con Sam dopo il salto dalla finestra. Uno sguardo omicida che faceva venire i brividi. Tornai a guardare la sua mano, e per poco non perdevo lucidità.
-Jacob!- sussultai, attirando la sua attenzione. Si riprese di colpo, come se non si fosse accorto che fin’ora eravamo in questa aula.
-La tua mano- gli indicai, mentre le sue dita che stringevano ancora la parte inferiore della penna cominciavano a colare sangue.
Lui sembrò accorgersi del suo pugno solo in quel momento, sospirando un banalissimo:-Oh!-, per poi lasciar cadere la parte restante della biro e osservare il danno  subito.
Allungai automaticamente la mano verso la sua ma, quando sfiorai con le dita le sue, lui si ritirò di colpo.
-Non è nulla- disse, mentre con la mano sana cercava qualcosa dalla borsa. Stavo per ribattere, ma poi mi morsi il labbro e lo lasciai in pace. Se si faceva male da solo erano cavoli suoi infondo. Ciò nonostante continuai a tenerlo d’occhio, anche quando tirava fuori un fazzoletto dalla cartella e lo avvolgeva intorno al palmo.
Se si fa male sono cavoli suoi, è vero” disse la mia coscienza “Ma sappi che questo è per colpa tua”.
 
 
-Oh, bene signorina Clearwater, è arrivata finalmente- mi sorrise il prof. Basile quando entrai nell’aula.
-Ma sono in orario!- ribattei, guardando l’orologio appeso sopra la lavagna. In effetti ero arrivata puntuale, quindi quel finalmente non aveva un minimo di senso.
-Si accomodi pure- disse il prof. senza nemmeno ascoltarmi, indicando un banco davanti alla cattedra. Andai a sedermi e cominciai a tirar fuori il materiale. Quando ormai avevo preso il quaderno mi accorsi che intanto il prof. stava camminando intorno a me, lo sguardo fisso sulla mia schiena, come ad esaminarmi. Questa cosa naturalmente mi stava mettendo a disagio, ma cercai con tutte le mie forze di ignorarlo. Aprii il quaderno, cercando di rimanere calma. Stavo per chiedere al prof che cosa avremo fatto di preciso riguardo alla materia, ma mi bloccai all’improvviso quando lui mi domandò:-Lei è vergine, signorina Clearwater?-.
-Prego?- mi ritrovai a sussultare, con il groppo in gola. Che razza di domanda era?
-Deduco di si- si rispose da solo Basile, senza nemmeno darmi il tempo di capire che cosa stava dicendo –E’ per scelta sua, o semplicemente perché non è stata fortunata?-.
-C-come?- domandai ancora, incredula. Se me lo avessero chiesto Alice o Rosalie o Bella avrei risposto semplicemente che non ero stata fortunata, e che di certo non sarei andata a letto con il primo che capitava, ma qui stiamo parlando di un professore! Cosa importa a lui se ero vergine o meno?
-Suvvia, Leah- fece lui (siamo arrivati persino a chiamarci per nome?), mettendo le mani in tasca con disinvoltura –Si può confidare, dovrebbe saperlo. Molte ragazze della sua età si sono sfogate con me, e io ho saputo consolarle. Direi che ne sono uscite piuttosto rincuorate e soddisfatte-.
Si, consolate come di preciso?” mi ritrovai a pensare.
Decisi di non rispondere e di chiedere invece:-In che cosa vado male esattamente? Parlando della sua materia, ovvio-.
-In tutto.- rispose, mezzo offeso, poggiando il didietro sulla cattedra –La sintassi, i vocaboli, i singolari e la differenza tra maschile e femminile. Sono cose molto importanti e bisogna tenerne conto, signorina, non sono affatto da sottovalutare-.
Annui, sperando che almeno con questo iniziava a fare sul serio. Mentre mi annotavo queste cose sul foglio, però, sentii di nuovo il prof che si avvicinava. Quell’uomo doveva essersi messo un qualche tipo di profumo molto forte perché mi ritrovai ad arricciare il naso. Continuavo a fissare il foglio, ma avvertivo chiaramente come Basile si abbassava ogni tanto su di me, o meglio, sui miei capelli. Giurerei di averlo sentito anche annusare!
Mi venne la pelle d’oca quando mi accorsi che effettivamente mi stava odorando la nuca.
-Che shampoo usa, Leah?- domandò, la sua lurida faccia vicino al mio orecchio destro.
-Perché le interessa?- feci io, come una perfetta cretina, senza però voltare la testa per paura di trovarmelo in faccia. Come altro potevo rispondergli? Non sapevo decisamente che fare! Fosse stato un ragazzo della mia età non avrei esitato a sferrargli un cazzotto sul naso, ma essendo un insegnante non mi sembrava proprio il caso…
Anche lui però potrebbe evitare di fare certe cose con una sua studentessa!” pensai.
-Perché ha un così dolce profumo, mademoiselle- disse, assumendo un tono che doveva essere sensuale (e invece, a parer mio, era inquietante!) –E’ un peccato che sia ancora così pura, lo sa?-.
Deglutii, stringendo forte la biro. Chissà, forse anche io avrei spaccato la penna oggi.
Ero sul punto di ignorarlo di nuovo, quando afferrò delicatamente una mia ciocca e se la portò al naso. Tremai di brutto e allora non ci vidi più nulla.
Mi alzai di scatto, allontanandomi da quell’essere rivoltante, stringendo i denti. Sembrava piuttosto stupito, o contrariato, non sapevo dire quali dei due per quanto ero disgustata.
Promemoria.  Ascolta Jacob quando ti avverte su qualcosa o qualcuno!” mi dissi. Quando imparerò la lezione?
-Qualcosa non va, dolce zuccherino?- chiese lui, ricomponendosi –Non vuole essere consolata?-
Dolce zuccherino? Che faccia tosta!
-Ora mi ascolti bene, professore- dissi, respirando con calma –In primo luogo sarò anche vergine, ma non ho bisogno che per questo qualcuno mi consoli! Secondo, sono affari miei che razza di shampoo uso, e di certo non lo vado a dire ad un insegnante! E terza cosa io sono venuta qui per recuperare il voto di Francese, non per accettare le sue… lusinghe? Come diavolo dovrei chiamare quello che stava facendo?-
-Carezze consolatorie- disse Basile, come se la situazione che si era appena creata non lo turbasse affatto. Questo mi fece arrabbiare ancor di più.
-Beh, non mi servono, e se lei non vuole farmi un recupero decente come Cristo comanda, allora sto sprecando tempo qui!-.
Detto questo infilai la roba di fretta e furia nella borsa, caricandola poi su una spalla. Arrivai alla porta quasi senza accorgermene.
-Signorina Clearwater- mi fermò il prof, proprio mentre avevo poggiato la mano sulla maniglia.
-Se esce da quest’aula, senza nemmeno aver concluso nulla, allora stia certa che non le renderò la vita facile!-.
Era un tono provocatorio, minaccioso, ma allo stesso tempo persuasivo. Non abbastanza persuasivo.
Risi, con lo sguardo sempre sulla porta. –Ah davvero?- risposi –Peccato, più difficile di così non può essere la mia vita-.
Forse se fossi stata zitta il destino non avrebbe deciso di scherzare con me. Forse, se non avessi detto quella frase, non mi sarei ritrovata a vergognarmi a morte qualche secondo dopo.
Perché proprio quando aprì la porta e misi un piede fuori dall’aula, mi ritrovai a faccia a faccia con Jacob, che si era fermato a mezzo metro dalla porta.
Rimanemmo lì a fissarci, immobili.
Avrei potuto fare una marea di cose in quel momento. Andare da lui e chiedergli scusa. Scattare e abbracciarlo forte, implorando perdono. Buttarmi sulla sua mano per vedere com’era ridotta. Arrabbiarmi con lui per il comportamento infantile e trascinarlo via con me fino all’uscita. E invece stavo lì, a fissarlo negli occhi, con mille pensieri che mi frullavano nel cervello. Ma il più dominante tra tutti era:”E’ decisamente più bello del prof.. E se non fosse per quegli strani schizzi potrei anche dire che è un bravo ragazzo…
Aprimmo entrambi la bocca per dire qualcosa (qualsiasi cosa andava bene, anche la più grossa delle cazzate, bastava soltanto rompere quella barriera che si era ricreata tra noi), ma il volto di Jacob cambiò immediatamente espressione. Da stupito, ora era decisamente disgustato e shoccato. Capii il motivo quando sentii dietro di me il prof. Basile che sospirava un:-Ah, Leah, sei proprio un fulmine tu!-.
Stavo per chiedergli un:-Eh?- confuso proprio quando mi sono voltata. Non appena avevo poggiato lo sguardo su quell’uomo (se tale si può definire), mi pietrificai. Aveva la giacca tutta storta da un lato, la cravatta sciolta attorno al collo e la camicia mezza aperta. Ma la cosa che più risaltava di tutto ciò era quel misterioso segno di rossetto stampato sulla guancia, a formare un bacio.
MA CHE DIAVOLO STA SUCCEDENDO?!?” era l’unica cosa che riuscivo a pensare.
Cambiavo sempre visuale, da Jacob al prof, senza sapere come reagire.
-Signor Black- fece Basile, rivolgendosi a Teppista-Superman –Ancora qui? Non dovrebbe tornare a casa, ora?-.
Guardai Jacob, sperando che potesse almeno capire dal mio sguardo che quella del prof. era solo una bufala. Invece mi accorsi che la mia faccia non doveva essere abbastanza convincente, o forse semplicemente non mi voleva guardare, perché l’espressione di Jacob era più nero di stamattina. Avrei anche giurato che avesse stretto i pugni.
-Si, ci stavo andando- disse infine il ragazzo all’insegnante, con un tono neutro, ma che tradiva un sacco di emozioni negative.
Più cercavo di guardarlo negli occhi e più il mio coraggio scivolava via. C’era qualcosa in quelle iridi scure che mi convincevano sempre più ad odiare Basile e mi incitavano invece a correre da Jacob per abbracciarlo.
-Bene, passi una buona serata allora- lo salutò il prof, sorridente. Quanto mi sarebbe piaciuto spaccargli quei denti bianchi e perfettamente allineati!
Jacob annuì in risposta. Forse ero io che sentivo male, o forse Jacob stava ringhiando con la bocca chiusa nel frattempo. Il ragazzo si sistemò meglio la borsa in spalla e si avviò velocemente lungo il corridoio, verso le scale. Intanto la mia borsa era scivolata via fino a cadere al mio fianco, la mia bocca si era seccata e i miei pugni erano talmente serrati che per poco non mi ferivo i palmi con le unghie.
-L’avevo avvertita, signorina Clearwater- sussurrò quel fetente di un professore al mio orecchio sinistro. Il suo “profumo” era decisamente l’odore più rivoltate che avessi mai annusato.
-Come aveva risposto lei?- fece di nuovo –Ah, si! Che la sua vita non poteva essere più difficile di così. Beh, sappi la vita diventa sempre più pesante da sopportare man mano che si frantuma un cuore, figurarsi due!-.
Quello che feci di seguito fu automatico, istintivo. E rilassante. Anche se come idea era pessima.
Ad una velocità incredibile il mio corpo si mosse, senza controllo, facendomi voltare verso quell’imbecille. Lo schiaffo risuonò potente e vibrante per tutto il corridoio contro la sua guancia, la stessa che era stata decorata con quel rossetto fasullo. Non avevo mai sentito suono più bello.
L’uomo si ritrovò a barcollare all’indietro, poggiandosi sullo stipite della porta. Si toccò la guancia, che nel frattempo era diventata rossa quanto un pomodoro, e mi guardò, shoccato.
-Frantumare due cuori, eh?- risposi io, la mia testa fumante di rabbia.
Fissai il professore dritto nelle palle degli occhi, quasi a volerlo incendiare completamente.
Con mia grande gioia notai come lo sguardo del prof mirava sempre più alla paura. Era evidente che non aveva mai ricevuto uno sguardo come il mio prima d’ora.
Ero pronta per fargli male. Ero pronta per farlo soffrire, per fargli capire cos’era il vero dolore. Ero pronta ad ucciderlo
 
Sei sicura, Leah? Vuoi commettere lo stesso errore? Vuoi che la storia si ripeta?
 
Sobbalzai, ma giusto di poco. Stavo quasi per andare in trans, ma per fortuna mi ero ripresa in tempo. Se non mi fossi svegliata subito…
Tornai a guardare la faccia del prof.. Avevo ragione io. I suoi occhi erano davvero color merda.
-Sa cosa le dico, “professore”?- sibilai, dopo aver fatto un bel respiro –Che se davvero esiste l’inferno, spero vivamente che ci sia un girone intero solo per tipi come lei-.
Non gli diedi nemmeno il tempo di agire. Ripresi la borsa da terra e schizzai via, lontano da quella maledetta aula, provando a fuggire persino da me stessa. Ma quest’ultima opzione era impossibile se non inutile.
Mentre correvo via, avevo solo l’immagine di Jacob stampata nella mente, che mi perseguitava, ricordandomi quanto io sia patetica, ridicola. E stupida.
 
Angolo Autrice: Ci sono riuscita, finalmente, a scrivere questo capitolo!
L’università uccide, questo è poco ma sicuro.
Alla prossima :D
Delyassodicuori
   
 
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