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Autore: SimmyLu    28/02/2009    4 recensioni
Il villaggio di Amajitaku nel Paese della Pioggia viene attaccato da misteriosi ninja mascherati. Soltanto una geisha di nome Akisame viene trovata ancora in vita dalla squadra di ninja del Paese del Vento guidata da Kankuro. Il giovane jonin mette a repentaglio la propria vita per portare la ragazza al Villaggio della Sabbia in tempo per essere curata prima che sia troppo tardi. Fra i due si crea così un legame profondo, ma una volta raggiunto il Villaggio tutto comincia a cambiare...
Chi è e cosa nasconde questa misteriosa ragazza che per qualche motivo non ricorda nulla della propria aggressione?
Genere: Romantico, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Sabaku no Gaara , Temari, Nuovo Personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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PIOGGIA NEL DESERTO

… di Simmy-Lu …



Capitolo Settimo: Un sorriso gentile



L'emporio Gozen si trovava all'angolo fra uno dei viali principali del Villaggio ed un vicolo più piccolo e meno trafficato sul quale si affacciava anche l'entrata del negozio.
A causa dell'altezza delle costruzioni circostanti, i raggi del sole non vi battevano quasi mai direttamente, facendo così in modo che rimanesse all'ombra per la maggior parte della giornata. L'angolo dell'emporio preferito da Momo era un piccolo scalino di pietra sotto il piano che esponeva la frutta secca; un luogo fresco e tranquillo, specialmente durante quelle prime ore del mattino. La signora Gozen gli allungava di tanto in tanto qualche boccone o una piccola leccornia e il gatto la ricambiava volentieri onorandola con la sua presenza ogni giorno.
«Quel dannato animale è ancora qui!» disse il signor Gozen sbucando dal retro e brandendo minacciosamente una scopa. Momo si disturbò ad aprire un occhio, fissando annoiato il padrone del negozio, un uomo di mezza età dai lineamenti marcati.
«Quando la smetterai di dargli da mangiare!? Odio il modo in cui mi fissa! Quello è il gatto del demonio!» sbraitò rivolto alla moglie, ma agitando la ramazza in direzione del felino che gli rispose con uno sguardo privo di interesse.
«Non è affatto il gatto del demonio.» rispose la moglie con tranquillità, mettendo in ordine il ripiano delle spezie «È della signora Suika, e ti fissa perché lo stai spaventando.»
«Se è suo, perché non se lo viene a riprendere?»
La discussione procedette più o meno sulla stessa linea mentre Momo si impegnava indisturbato in un'accurata pulizia del proprio mantello fulvo. Poco dopo, con tutta la tranquillità di cui era capace, si avviò verso l'uscita, lasciando il Gozen mentre la coppia ancora discuteva di vecchi attriti.
Svoltò l'angolo e si sedette sotto una finestra lasciata aperta. Osservò i passanti camminare distratti oppure di fretta, bambini giocare e ricorrersi, mentre le madri lasciavano la porta di casa aperta per spazzare via la sabbia che si era depositata davanti o dentro l'abitazione la sera precedente a causa dell'ennesima tempesta di sabbia.
Momo li fissò tutti, uno per uno, come se ne volesse leggere i segreti più reconditi sondando ognuno di loro con i suoi occhi gialli.
«Guarda come ti fissa quel gatto!» disse una ragazza al giovane che l'accompagnava, «Sembra che ce l'abbia con te!» aggiunse con una risatina un po' nervosa.
Il ragazzo assunse un'aria preoccupata individuando il felino sul ciglio della strada, «Ma di che cosa parli?!» tentò di ironizzare, senza riuscire a nascondere un certo imbarazzo.
«Perché hai quella faccia adesso?» domandò la ragazza lanciando poi un'occhiata al gatto, come se fra lui e l'animale potesse esserci qualche tipo di accordo, «Mi stai nascondendo qualcosa?»
I due cominciarono a litigare nel bel mezzo della strada, lei lo accusò di aver fatto qualcosa mentre lui cercava di difendersi, ma la furia della giovane donna dimostrava quanto lo scontro fosse impari.
Qualche passante si fermò osservando e commentando la scena, ma Momo si era già stufato dello spettacolo e si alzò stiracchiandosi, decidendo infine di tornare a casa, magari per uno spuntino.
«Momooo...!»
Un orecchio si piegò verso il suono della voce e il gatto si concesse ancora qualche istante per un ultima sistemata al proprio pelo, prima di confondersi fra i piedi dei passanti.
Lasciato il viale principale, le altre stradine apparivano più tranquille e meno trafficate;
serpeggiavano in un tortuoso percorso labirintico intrecciandosi e curvando bruscamente come bizzarri sentieri fra edifici altrettanto singolari. Le costruzioni del Villaggio erano tutte diverse fra loro per forma e dimensione; le case potevano essere infatti sferiche, rettangolari, cilindriche, oppure una composizione di queste varie figure, unite da ponti sospesi o corridoi coperti, con finestre grandi e piccole, con terrazzi sovrastati dai lunghi fili di cavi che le univano in un intricato reticolo. Nonostante questa varietà, tutte avevano degli elementi comuni che le rendevano così parte integrante del Villaggio della Sabbia con i colori tipici dei mattoni di fango erosi dal vento e della calce bruciata dal sole del deserto.
Davanti al cancelletto della propria abitazione, la signora Suika chiamava a gran voce il proprio gatto che puntualmente, come tutte le mattine, era uscito di casa alla prima occasione. Appoggiò le mani sui fianchi abbondanti, così come tutta la sua figura, quando finalmente lo vide apparire dietro l'angolo e dirigersi verso di lei con tutta la calma e la riluttanza possibile.
«Devi smetterla di scappare!» lo sgridò senza troppa convinzione, chinandosi e prendendolo fra le braccia così che le zampe posteriori del gatto penzolassero come la coda e quelle anteriori invece si sollevassero oltre la testa. Momo sicuramente non gradì troppo l'affettuosa stretta, ma non si ribellò, sopportando la tortura; avrebbe dovuto ricominciare da capo a sistemarsi il mantello una volta libero.
La signora Suika si voltò per rientrare, appoggiando la mano sul cancello cigolante, ma si fermò e sorrise; una ragazza bionda era appena uscita dalla casa accanto alla sua.
«Buongiorno, Temari!» salutò.
La giovane si girò sorpresa mentre chiudeva a chiave la propria porta.
«Buongiorno a lei.» rispose avvicinandosi e guardando con una certa apprensione il gatto che la vicina teneva saldamente fra le braccia; nonostante la posizione bizzarra la fissava con i suoi occhi gialli in un modo che, come sempre, la mise un po' a disagio. Si affrettò a rivolgere l'attenzione alla donna anziché all'animale.
«Stai partendo per una nuova missione?» chiese quella mentre il gatto, zampe in alto, la guardava minaccioso.
«No, ma sto andando dal Kazekage; alla mia squadra verrà assegnato un nuovo incarico.» rispose, sistemando il grosso ventaglio che portava sulla schiena.
La signora Suika sorrise ancora e le rughe agli angoli degli occhi e della bocca si accentuarono, «Tu e i tuoi fratelli siete sempre molto impegnati.» disse.
«Già...» rispose Temari pensando al modo più educato possibile per concludere in fretta la conversazione; quella donna riusciva sempre a trovare una scusa per tenerla occupata a parlare del più e del meno e, come al solito, si stava facendo tardi. Lanciò uno sguardo al tetto del Palazzo del Kazekage, ben visibile anche da lontano, e, distraendosi, perse il filo del discorso che si era ormai evoluto.
«... dovresti avere più cura di te, in fondo sei una ragazza graziosa.»
«Come, scusi?» chiese Temari un po' spiazzata: si era persa il punto in cui un semplice scambio di saluti era diventato un velato rimprovero per il poco tempo che dedicava al suo aspetto.
«L'orlo del tuo vestito, cara!» disse con aria d'ovvietà e con l'espressione di chi la sa lunga, «È scucito, non vedi? Voi giovani avete sempre la testa per aria!»
Temari non fece in tempo ad abbassare lo sguardo per controllare, che la signora Suika le trovò subito un altro difetto.
«E questi capelli!» disse, sfiorandole uno dei quattro codini biondi, «Perché mai li porti sempre legati così!? Una giovane come te è molto più femminile con una lunga chioma che...»
«Ora devo proprio andare.» la fermò Temari, indecisa se essere imbarazzata o solamente irritata.
«Oh, ma certo, certo...» rispose la vicina sorridente, sempre tenendo fra le braccia il gatto dallo sguardo truce, «... ti auguro buona giornata!»
«Arrivederci.» la salutò Temari prima di incamminarsi con una certa fretta.
«Se vuoi ci metto un attimo a sistemarti il vestito!» propose la signora Suika salutandola già con la mano.
«Non si preoccupi.» gridò lei, ormai ad una buona distanza di sicurezza.
«Che cara ragazza.» sospirò la donna rivolgendosi al gatto, «Peccato sia così poco attenta al suo aspetto. Pazienza, andiamo a fare uno spuntino?»
Momo emise un miagolio strozzato.


Qualcosa produceva uno scricchiolio continuo, un ronzio intermittente nell'oscurità; Akisame lottò per uscire dal buio in cui si trovava e liberarsi di quel suono così fastidioso.
Sbatté le palpebre un paio di volte cercando di distinguere le forme tracciate dalla luce e mettere a fuoco ciò che aveva davanti. Su un soffitto irregolare una sottile scatola trasparente emetteva energia elettrica ad intervalli irregolari producendo quel rumore sottile e tedioso.
Girò la testa sul cuscino e vide ampie finestre circolari da cui poteva scorgere un cielo azzurro intenso; respirò a fondo e mosse le dita delle mani e dei piedi trovandole indolenzite. La sensazione di realtà fu così concreta e improvvisa che finalmente la ragazza ebbe la consapevolezza di essere sveglia e cosciente.
Spalancò gli occhi con il cuore che batteva come un tamburo nel petto; quella non era la sua stanza, ma un luogo sconosciuto. Non aveva la più pallida idea di dove si trovasse. Il panico durò solo un secondo ancora, poi, come l'acqua di una diga che di colpo viene aperta, i ricordi la invasero con rapidità e forza eccezionale, seppur confusi per la maggior parte: l'edificio che andava a fuoco, così come tutto il suo villaggio, il piccolo stagno nel giardino, un dolore lancinante e poi l'oblio dei sensi, le bambine che correvano sulle pietre con gli zoccoli di legno, i ninja della Sabbia, il deserto, la foresta, un liquido amaro che le colava in gola.
E il ragazzo che le aveva salvato la vita.
Cercò il proprio ciondolo sotto il vestito sospirando sollevata trovandolo ancora al proprio posto e stringendolo nel palmo della mano come per accertarsene definitivamente.
Akisame tentò di mettersi a sedere, riuscendoci ma non senza fatica; le girò la testa per qualche istante, dopo i quali notò che nella stanza in cui si trovava era sola. C'erano altri letti simili al suo coperti di lenzuola bianche, fresche e pulite, ma erano vuoti; ognuno di essi era munito di rotelle, bloccate da piccoli freni alle estremità, in modo che potessero spostarsi sui binari che correvano in linea retta sul pavimento. Osservò tutto ciò incuriosita e ogni cosa le sembrò essere tanto singolare quanto sconosciuta.
Si portò una mano alla nuca rivolgendo lo sguardo sul proprio corpo: qualcuno si era preoccupato di legarle i lunghi capelli in una pratica treccia e di cambiarle gli abiti. Indossava infatti una veste color panna lunga fino alle caviglie, larga e comoda; la fasciatura allo stomaco era stata cambiata con bende pulite e la ferita non bruciava più. Al braccio destro aveva una flebo collegata ad una sacca sorretta da un'asta di metallo, nel punto in cui l'ago penetrava nella carne poteva avvertire un dolore debole, ma costante.
Senza alcun dubbio si trovava in un ospedale in cui, com'era più che evidente, era stata curata; probabilmente quello era il centro medico del Villaggio della Sabbia, in cui Kankuro aveva promesso di portarla.
Per qualche inspiegabile ragione, Akisame fu attraversata da una vampata di orgoglio ed ammirazione nei confronti del giovane jonin che le imporporò le guance e le dipinse un mesto sorriso sulla bocca. Ma del coraggioso ninja non c'era traccia in quella stanza e forse, concluso il suo compito, non avrebbe più avuto nulla a che fare con lei che sarebbe stata solo una delle tante persone salvate durante una delle svariate missioni compiute. Questo pensiero le fece sparire il sorriso dal volto e la oppresse con una profonda sensazione di solitudine e abbandono, familiare e gelida, ma non le impedì di domandarsi se le condizioni di salute del ragazzo fossero buone quanto le sue. Non ricordava nulla dell'ultimo tratto del viaggio a parte qualche immagine sfocata.
La testa le doleva e si sentì sciocca per quel turbinio di emozioni che l'avevano appena attraversata. Se era ancora in vita, era merito di quel ninja a cui doveva essere solamente riconoscente; non poteva certo pretendere che si prendesse cura di lei più di quanto avesse già fatto.
«Nobile Kankuro?» provò a chiamare con la voce un po' roca, ma non ottenne risposta.
Allora provò ancora cercando di scendere dal letto.
La testa fasciata di un giovane spuntò dalla porta.
«No, no!» disse questi avvicinandosi con una strana andatura saltellante. Akisame cercò di metterlo a fuoco: era abbastanza basso e sopra le bende che gli coprivano la testa portava il coprifronte con inciso il simbolo del Villaggio della Sabbia e aveva un paio di occhiali con lenti così spesse da ingrandirgli gli occhi a dismisura.
«No, no!» ripeté facendole cenno di rimettere i piedi sul letto e di stendersi, «Non puoi ancora alzarti, non puoi!»
La fece sdraiare sul materasso e controllò che l'ago della flebo fosse ancora al suo posto, si accertò del suo ritmo cardiaco tastandole il polso ed infine della temperatura poggiandole velocemente una mano sulla gola e sulla fronte.
Akisame non pensò neanche per un attimo di opporsi o sottrarsi alla visita, turbata e sorpresa dai suoi modi un po' rudi e nervosi.
«Va meglio, eh? Va meglio.» disse infine lui non riuscendo a stare fermo nemmeno per un secondo, fissandola con gli occhi comicamente ingranditi oltre misura dalle lenti. Aveva la strana abitudine di ripetere più volte quello che diceva in una sola frase e i suoi movimenti sembravano essere il risultato di un calcolo preciso che veniva però eseguito con tensione.
Intimorita e imbarazzata da quel comportamento, la geisha non seppe cosa rispondergli e si limitò a sorridergli in un muto ma esplicito ringraziamento.
Il giovane dalla testa bendata si fermò e rimase qualche momento a guardarla, come catturato da qualcosa di insolito, prima di esclamare: «Vado a chiamare Yasumi, vado a chiamarla!» e allontanandosi poi con la stessa bizzarra camminata di poco prima.
Akisame rimase con gli occhi fissi sulla soglia per qualche minuto, fino a quando nella stanza entrò una ragazza che poteva avere la sua stessa età, la lunga coda di cavallo in cui si era legata i capelli scuri sembrava perfetta ondeggiando mentre camminava.
«Buongiorno!» disse cordialmente avvicinandosi al suo letto, «Sono Yasumi, il tuo medico.»
La geisha trovò poco educato non potersi alzare per salutarla con un inchino, ma le era stato ordinato di non muoversi e così si limitò ad esprimere la propria gratitudine solo a parole: «È stata molto gentile ad occuparsi di me.»
«Sono un ninja medico, è il mio lavoro.» rispose Yasumi con un sorriso forse fin troppo tirato mentre prendeva in mano la cartella clinica della propria paziente dandole una rapida occhiata, aveva degli occhi molto belli che valorizzava truccandoli con cura.
«Il nobile Kankuro... sta bene?» chiese Akisame preoccupata, con la speranza che almeno la giovane dottoressa potesse in qualche modo informarla della situazione in cui si trovava il ninja.
«Il nobile... Kankuro?» farfugliò quella sollevando divertita le sopracciglia e reprimendo una breve risata in una strana smorfia; nessuno chiamava il jonin in quel modo. «Sì.» riuscì a rispondere infine, «Sta bene, non devi preoccuparti.»
Akisame si rilassò: «Vorrei poterlo...»
Non finì la frase interrompendosi di colpo perché il ragazzo con gli occhiali spessi era comparso accanto a loro all'improvviso.
«Tora-san è arrivata, è arrivata.» disse al suo solito modo rivolto a Yasumi, ma fissando la geisha. Lei gli sorrise una seconda volta, lo trovava simpatico nonostante i modi e l'aspetto strampalati.
«Kizu! Sei il solito idiota!» strillò Yasumi con un tono acuto e indolente, ma quello la ignorò come se non l'avesse nemmeno sentita, e, inaspettatamente, mutò i lineamenti inespressivi fino a quel momento e gli angoli della sua bocca si sollevarono in un sorriso gentile mentre guardava Akisame.
«Quante volte ti ho detto di non comparirmi alle spalle così!?»
«Scusa, scusa.» sillabò lui senza troppa convinzione.
«Ti avevo ordinato di sistemare i medicinali nella stanza sette! Cosa fai ancora qui? Sparisci!»
Kizu si allontanò con calma, sembrava che la sfuriata non avesse sortito su di lui alcun effetto; sulla soglia si voltò rivolgendo un ultimo sguardo alla geisha prima di uscire.
«Finalmente!» esclamò Yasumi «Cerca di non farci troppo caso, è innocuo anche se insopportabile... d'altronde dopo l'incidente non è più stato normale.» aggiunse infine come se parlasse a se stessa. Sospirò tornando a leggere la cartella di Akisame che aveva preferito non commentare in alcun modo quelle affermazioni per non rischiare di far torto a nessuno dei due assumendo un'espressione neutrale.
Si sentì all'improvviso di nuovo terribilmente stanca, forse non avrebbe dovuto tentare di alzarsi con tanta leggerezza; ora la testa le girava e aveva la nausea.
«Comunque...» riprese Yasumi, spostandosi dalla spalla l'ordinata coda di cavallo che terminava in un altrettanto perfetto boccolo, «Ti sei ripresa velocemente. L'antidoto ha fatto subito effetto. Sei stata fortunata.»
Akisame, pallida e con gli occhi segnati dalla stanchezza, la guardò facendo fatica a capire quello che diceva.
«Cerca di dormire.» le disse Yasumi «Hai ancora il tempo di riposarti prima dell'interrogatorio.»
Le palpebre della geisha erano diventate pesanti e il significato di quelle parole le risultava confuso, «Interrogatorio...?» chiese, come se fosse il termine di un'altra lingua.
«Non temere, è solo una formalità.» la tranquillizzò il ninja medico, «Piuttosto... Akisame...» disse poi, leggendo il suo nome dalla cartella con un po' di esitazione, «...da dove hai detto che vieni?»
«Am... Amajitaku.» disse chiudendo gli occhi ormai esausta e addormentandosi.
Yasumi sorrise compiaciuta e prima di uscire dalla stanza gettò nella pattumiera la siringa vuota che aveva in mano.








FINE SETTIMO CAPITOLO, continua...

Naruto © Masashi Kishimoto


N.d.A. - Per prima cosa mi scuso con tutti voi perché il mio pc è di nuovo fuori uso, ormai è una cosa che non fa più notizia. Ho una piccola ancora di salvataggio che mi ha permesso di lavorare comunque al nuovo capitolo di questa storia. E a questo proposito mi scuso perché ho erroneamente invertito le date di pubblicazione fra le due fic che sto scrivendo, quindi come al solito ho fatto un casino. Aggiungo che sto lavorando ad una nuova fic su Naruto, one-shot o al massimo di un paio di capitoli, che ha come protagonisti Itachi e un nuovo personaggio, con qualche comparsata di Kisame, perché no! XD Ovviamente per ora è tutto su carta perché sono antica e perché il mio pc a quanto pare è un simpatico burlone.
Vorrei aggiungere una cosa al discorso fatto sui cactus del capitolo precedente. Una persona, Fabio93, mi ha fatto giustamente notare che non ho scritto che una grande maggioranza dei cactus esistenti è velenosa. Ovviamente è così, infatti Kankuro non prende il primo che capita ma ne sceglie uno "cercando fra i cactus come se avesse perso qualcosa". Infatti penso che un ninja del Villaggio della Sabbia sia ben addestrato a sopravvivere nel deserto e sappia di conseguenza distinguere i vari tipi di piante, evitando quelle nocive. Non ho sottolineato questa cosa perché mi sembrava superfluo farlo, anche se in effetti non lo è, e anche perché mi sembrava di essermi dilungata abbastanza in spiegazioni tecniche. Comunque è vero e avrei dovuto specificarlo. Perdono.
Parlando di questo capitolo invece, spero di non avervi stordito con tutti questi nuovi personaggi che ho inventato. Ce ne sono pochi descritti in Naruto appartenenti a questo Villaggio e ne ho creati personalmente molti, ninja e non, così come ho immaginato luoghi e città che nella storia originale non esistono. Aggiungo che questi personaggi hanno tutti un solo nome, così come Temari, Kankuro e Gaara che non hanno cognome (così come tutti i personaggi della Sabbia). Voglio augurarmi che questo non vi infastidisca.
Alcune informazioni relative ai materiali di costruzione e agli elementi strutturali delle case del Villaggio, presenti in questo capitolo e nei successivi, sono state da me ricavate dalla ricerca "Abitare il Deserto" presente nella Lista dei working papers on-line del CCTM-Politecnico di Torino, polito.it; oppure da me meramente inventate.
Grazie a tutti come sempre.


Risposte alle recensioni:

x Myluna91: ciao cara! purtroppo niente msn, il mio pc mi ha lasciato per l'ennesima volta. Sono felice che il capitolo sei ti sia piaciuto tanto; è un momento importante per la storia che verrà ripreso più avanti. Grazie infinite per i tuoi complimenti, mi piace inserire dettagli in questa storia^^. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, fammi sapere che ne pensi! Baci!^^
x slice: ciao^^ mi fa piacere che mi perdoni i lunghi periodi fra un capitolo e l'altro. Io sono lenta purtroppo ma ci si mette anche il pc che si scassa ogni due per tre. La scena del combattimento nel capitolo sei mi ha fatto davvero sudare, faccio fatica nei momenti d'azione anche se mi piacciono molto. Kankuro e Akisame si sono avvicinati molto e il loro legame risulta anche in questa nuova parte. No, non hai affatto preso un abbagglio! XD Anzi hai capito tutto e non credo ci sia bisogno di aggiungere altro: da "signora nessuno", Akisame è diventata speciale, a causa della promessa, certo, ma anche perché entrambi i personaggi si sono affidati completamente l'uno all'altro con fiducia estrema. Cerco sempre se posso delle informazioni che mi siano utili per non scrivere baggianate su cose che non conosco, che è una cosa che mi dà fastidio, e poi comunque tutto serve da ispirazione. Grazie mille, sei sempre gentilissima! Fammi sapere che ne pensi di questo nuovo capitolo^^, troppi personaggi nuovi?
x Chris: Ciao! Felice di leggere anche questa volta una tua recensione! Che dire? Ho riso come una matta quando hai fatto il paragone con lo zainetto! XDD Sono contenta che nonostante Gaara non sia ancora comparso (sta arrivando, lo giuro!) la storia ti piaccia e anzi che Kankuro sia diventato un eroe! XD Su di lui c'è pochissimo su cui lavorare perché è un personaggio più che secondario, ma proprio per questo si può spaziare di più con quel poco che si ha. Poi giustamente ognuno fa le proprie considerazioni. Una volta cresciuto Kankuro mi è proprio sembrato più maturo, gentile e, anche se rimane una testa calda, ovviamente più responsabile. Di Akisame c'è "più di quel che si vede", certamente, ma non posso aggiungere altro per ora! ^_^ Tiro un sospiro di sollievo per la scena d'azione! L'ho già detto varie volte che per me è fatica pura! XDD Iroyoi è un chunin non per nulla dopo tutto, è giusto che faccia la sua figura! Il rimprovero che fa ad Hidari è importante perchè è una parte che verrà ripresa poi più avanti anche se non so dire di preciso quando. XD Non so esattamente a cosa ti riferisci parlando di "scenette inverosimili" di Masashi Kishimoto, anche se seguo anche io le uscite giapponesi; c'è comunque da dire che il più delle volte guardo le figure senza leggere! XD
il miglior modo di rendere un ambiente fantastico sia quello di dispiegarne le meraviglie nel modo più realistico possibile, lo penso anch'io, anche perché altrimenti è molto facile uscire dal filo della logica e cadere in contraddizione.
Quando una fanfiction riesce a farmi affezionare ad un personaggio che normalmente nel fumetto snobberei senza troppi sensi di colpa, la suddetta fanfiction non deve essere per nulla malaccio, vero? Spero di no!XDDD Baci e grazie mille!
   
 
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