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Autore: Lovehope_    23/11/2015    3 recensioni
ATTENZIONE:Questa storia è ispirata al romanzo 'Blue lagoon' di Henry De Vere Stacpoole.
Cosa succede quando due ragazzi si ritrovano su un'isola sperduta nel bel mezzo dell'oceano Atlantico?
Sono praticamente l'opposto.
Lei, Jade Mills, diciassette anni, studente modello e obbediente a casa.
Lui, Dorian Anderson, diciotto anni, è tra i ragazzi più popolari e belli della scuola.
Ma un'isola, può cambiare decisamente tutto. Un'isola può far conoscere nel profondo.
E sarà odio o amore?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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                                                   Chapter twenty-three










Ero leggermente in ritardo quella mattina ed il freddo di Dicembre non aiutava. Avevo perso il pullman come un'idiota, ed adesso mi ritrovavo a correre per le strade della mia città con l'ansia di non arrivare a scuola in tempo al suono della campanella. Camminavo tutta trafelata ed una volta all'interno dell'edificio, notai che già tutti gli studenti erano nelle rispettive classi. Merda. Mi diressi velocemente al mio armadietto, giusto per fare un cambio di libri e corsi in tutta fretta verso l'aula a cui era assegnata quell'ora.
- Jade Mills, non è da lei fare ritardi. - Il professore mi guardava sorpreso mentre io ero ferma sul ciglio della porta.
- Chiedo scusa. - Dissi con affanno. Ma quanto ci metteva a darmi il permesso? Diamine, che rottura di scatole!
Con un accenno mi invitò ad entrare e si girò verso la lavagna, continuando a spiegare.


Finalmente arrivò l'ora dell'intervallo.
Uscii a passo svelto dalla classe, superando le persone che si fermavano nel corridoio. Avevo bisogno di parlare con Dorian. Dovevo trovarlo. La prima cosa che feci fu dirigermi al suo armadietto. Una volta arrivata lì, non lo vidi ma subito notai passare accanto a me un tipo abbastanza palestrato. Lo avevo visto spesso insieme a Dorian, specialmente in mensa.
- Ehi! - Con una mano fermai il braccio del ragazzo, e senza aspettare che ricambiasse il saluto, andai dritta al punto. - Sai dov'è Dorian? - In un primo momento mi guardò perplesso, probabilmente per capire chi fossi e poi rispose - l'ultima volta l'ho visto in cortile. - Senza ringraziarlo, mi avviai nel posto da lui indicato.
La cosa sconcertante fu che lo trovai in dolce compagnia. Oh, sì. Ma non avevo poi il diritto di essere gelosa, dato che lui non era ancora mio. Appunto, non ancora, ma presto lo sarebbe diventato. Mi infilai giusto tra i due, ovvero, tra Dorian e la gallina di turno.
Sì, perché si vedeva dal modo in cui lo guardava che fosse soltanto una gallina.
- Dobbiamo parlare. - Esordii con un sorriso. Eravamo faccia a faccia, mentre davo le spalle alla gallina. Dorian, dal canto suo, spalancò prima gli occhi, probabilmente per la sorpresa e poi aggrottò le sopracciglia.
- Ah sì? - Domandò di rimando poi, con un fare altezzoso. Senza rispondere o ascoltare ciò che la gallina stesse farneticando, afferrai il braccio di Dorian e lo trascinai all'interno della scuola. Non avvertivo resistenza da parte sua, mentre io invece, sentivo bruciarmi solo per quel futile contatto. Una volta nel corridoio, mi guardai intorno e inquadrai una porta di uno stanzino poco distante da noi. E senza esitare, la raggiunsi in poche falcate, sempre tirandomi Dorian dietro.
Una volta dentro, spinsi all'interno anche lui e chiusi la porta velocemente, appoggiandomi poi con le spalle contro. Abbassai le palpebre e sospirai, quando le rialzai una scossa di pura elettricità mi pervase.
Lui era di fronte a me.
Maglietta a maniche corte bianca, che gli delineava meglio gli addominali, con sopra una felpa grigia e le gambe fasciate da una tuta del medesimo colore. E i suoi occhi. Oh cavolo, i suoi occhi mi stavano letteralmente infiammando. Il suo sguardo era scottante al tal punto da eccitarmi in così pochi secondi. Senza pensarci due volte, presi il suo volto tra le mani e lo avvicinai di scatto al mio, alzandomi sulle punte. Feci scontrare con foga le nostre labbra. Lui sembrava non aspettare altro, perché ricambiò subito, rispondendo con altrettanto ardore al bacio e afferrando i miei fianchi. In un attimo, mi ritrovai con le gambe attorcigliate attorno al suo bacino e con la sua lingua che inondava la mia bocca del suo sapore. Era tutto così passionale. I nostri respiri erano affannati mentre ci divoravamo a vicenda. La mia schiena andò a sbattere in modo indelicato contro la porta e le sue mani si infilarono al di sotto del mio maglione. Il contatto fu al quanto incandescente. Il freddo delle sue mani in contrasto col bollore della mia pelle. Gli morsi d'istinto un labbro e senza farlo casualmente, ma quasi mossa da qualcosa di follemente naturale, strusciai il mio bacino contro il suo. Lo trovai decisamente eccitato, a giudicare anche dal suono gutturale che uscì dalle sue labbra subito dopo. In un attimo, mi ritrovai distesa su una vecchia cattedra. Subito fu sopra di me, così come la sua bocca sul mio collo. Le sue mani toccavano ogni parte del mio corpo con urgenza. Sembrava aver perso il controllo. Sentivo le sue labbra e i suoi denti stuzzicarmi il collo, e poi l'anfratto di pelle fra quest'ultimo e la spalla. Portai le mie mani nei suoi capelli, come sempre, scompigliandoglieli. Mi morsi il labbro inferiore e poco dopo, la sua bocca mi raggiunse. E fu di nuovo un bacio dettato dalla foga del momento, dal bisogno spasmodico che avevamo uno dell'altro.
- Fermami ora o non sarò più in grado di farlo. - Sussurrò con un tono di voce talmente roco ed eccitato da non riconoscerlo quasi. Feci finta di non ascoltarlo e approfondii ancor di più il bacio, portando le mie mani sulle sue spalle e cercando di levargli la felpa.
- Jade. - Iniziò una scia di baci ardenti dal mento fino alla base del collo. - Io ti prendo qui sopra, hai capito? - Mormorò con una voce sofferente ma allo stesso tempo autoritaria. Stavo impazzendo. Come per fargli capire che aveva tutto il mio consenso, alzai leggermente il busto e mi tolsi in un unico movimento il maglione. Mi mancava fare l'amore con lui, ed anche se si trattava solo di una sveltina, mi sarebbe andata bene lo stesso. La sua bocca gonfia dei miei baci era ora sul mio seno che veniva di conseguenza scoperto dalle sue mani che frettolosamente sganciavano il reggiseno. Stuzzicò il mio seno con passione prima di abbassare la cerniera del mio jeans. In un attimo mi ritrovai in mutande e lui a petto nudo. La mia bocca era sui suoi addominali, i miei denti mordevano piano e le mie orecchie si beavano dei suoi gemiti. Si abbassò velocemente tuta e mutande insieme e dopo aver spostato le mie, senza sfilarle, in un solo colpo secco e profondo mi penetrò. Dalle mie labbra fuoriuscii un urletto di piacere misto a sorpresa. Mi eccitai ancora di più notando i suoi denti torturare il suo labbro inferiore in un disperato tentativo di trattenere i gemiti. Afferrai il suo viso e in un attimo le mie labbra erano sulle sue, di nuovo. Le nostre lingue giocavano in una danza sensuale e passionale. Lo sentii scendere dalla cattedra, senza mai interrompere il contatto tra le nostre intimità e mi trasportò col sedere sul bordo. Era in piedi di fronte a me, l'espressione trafelata, la bocca umida e i capelli scompigliati. E uno sguardo liquido.
- Dio, Jade. - Sussurrò con voce rotta. - Ti farei di tutto, giuro. - Detto questo, non mi diede neanche il tempo di elaborare che iniziò a muovere il suo bacino in modo frenetico. Le sue mani artigliavano il mio sedere in modo da aiutarsi con i movimenti. Oddio, rischiavo di morire per il troppo piacere. Avevo gli occhi dischiusi e le labbra semiaperte che emettevano continui gemiti. Mi sforzai di alzare le palpebre, giusto per contemplare il ragazzo che in quel momento mi torreggiava davanti. Torturava in continuazione le sue labbra, senza mai staccare il suo sguardo dal mio viso e dal mio corpo. Improvvisamente i suoi movimenti iniziarono a velocizzarsi e chiuse gli occhi, in una pura espressione di piacere immenso. Con due ultimi colpi finali raggiunse l'orgasmo, poco prima di uscire da me e qualche attimo dopo, lo raggiunsi anche io. Sentii il suo busto adagiarsi sul mio corpo. Il suo capo era appoggiato sul mio petto e i nostri respiri erano affannati. Ci fu qualche momento di silenzio e poi, lentamente, alzò il viso, puntando i suoi occhi grigio asfalto nei miei. Le farfalle iniziarono a svolazzare nel mio stomaco. La sua espressione era del tutto appagata, la sua fronte imperlata di sudore.
- Adesso cosa sono? - Mormorò a poca distanza dalla mia bocca. - Il tuo amante? - Chiese, fissandomi in modo serio. Oh, cavolo. Avevo praticamente accantonato il vero motivo per cui lo avevo chiamato in disparte. Lo avevo chiuso in quello stanzino e da lì il mio cervello era partito in quarta, dimenticandomi di parlargli. Anche se, in quel momento la voglia di giocare mi stuzzicava parecchio.
- Non ti piace la parte dell'amante? - Chiesi di rimando, cercando di usare un tono suadente. I suoi occhi saettarono sulle mie labbra, fissandole insistentemente per poi ritornare sui miei occhi.
- Oh, beh... - Si alzò dal mio corpo, issandosi sui gomiti. - Pensandoci sì. - Affermò, guardandomi con un'espressione da bambino cattivo. - A meno che non si tocchi... - le sue labbra iniziarono a baciare l'anfratto di pelle tra i miei seni - o baci – disse, lasciando una scia umida di saliva con la sua lingua lungo tutto il tratto fino all'inguine - questo corpo. - Sentii il suo fiato sul mio monte di Venere, ancora coperto dal tessuto delle mie mutandine. Tremai tumultuosamente, gemendo di conseguenza. Le sfilò lentamente, mentre io rischiavo di impazzire.
Alzò gli occhi di scatto e li puntò nei miei, mi morsi il labbro dal piacere mentre vedevo la sua lingua giocare con la mia intimità. Non interruppe mai il nostro contatto visivo. Il suo sguardo poteva esprimere tutto ciò di quanto più perverso esistesse. Vederlo lì, col viso immerso tra le mie gambe mi portò quasi ad urlare dal piacere. Le mie mani erano sul suo capo mentre continuava a torturarmi, portandomi poi, sull'orlo del precipizio.
– Hai capito? – Domandò con voce roca, poco dopo che venni sulla sua bocca.
Dopo qualche secondo in cui espirai, giusto per riprendermi, decisi di iniziare a stuzzicarlo.
– Mi stai chiedendo implicitamente se io faccia sesso con Jason? – Si alzò prontamente, appoggiando entrambe le mani ai lati della mia testa, il suo corpo mi sovrastava. – Anche. – Rispose serio, fissando subito dopo il mio seno scoperto.
– Voglio sapere se sei sempre rimasta mia. – Mormorò, riferendosi al fatto che era stato lui a prendersi la mia verginità e se fosse ancora l’unico con cui avessi fatto sesso. Stavo per rispondergli, quando qualcuno bussò alla porta.
Sobbalzammo entrambi anche se Dorian riuscì a mantenere la prontezza nel rispondere.
– Chi è? – Dall’altra parte udimmo una voce ovattata.
– Sono un’amica di Jade, dille che il professore Ronald ha richiesto di lei in segreteria. – Capii all’istante che fosse Melanie.
Ma il punto era, come faceva a sapere che Dorian fosse lì dentro?
Quest’ultimo si allontanò da me, cercando probabilmente la sua maglia ed indossandola mentre io scendevo dalla cattedra. Ci vestimmo in silenzio, ed io ero preoccupata del perché il professore Ronald mi cercasse.
Senza salutarmi né altro, Dorian uscì dallo stanzino, lasciandomi lì perplessa. Forse era arrabbiato, forse non voleva avere più niente a che fare con me. Ma non poteva farlo, non dopo che avevamo fatto l’amore dopo quasi un mese. Eppure non aveva tutti i torti, gli avevo fatto capire che ero fidanzata e nel frattempo facevo sesso con lui in uno stanzino della scuola. Chissà che idea si stesse facendo di me in quel momento. Varcai la porta della segreteria del tutto sovrappensiero.
– Signorina Mills, le chiedo di firmare questo modulo. – Fortunatamente non era niente di cui avrei dovuto preoccuparmi e in cinque minuti, dopo avermi fatto firmare un modulo riguardante la scuola, fui nell’aula di lezione. Le ore passarono velocemente fino all’ora di pranzo ed io sentivo continuamente l’odore di Dorian su di me. Amavo il suo profumo. Amavo tutto di lui e ancora dovevo dichiararmi. Arrivai in mensa insieme a Melanie e con lo sguardo lo cercai per i vari tavoli. Lo inquadrai seduto insieme ai suoi amici, ed anche una ragazza. La stessa gallina che quella mattina era con lui in cortile. Mi veniva voglia di andare lì e buttarle addosso tutto il vassoio pieno di cibo che stavo reggendo. Mi andai a sedere con stizza in un tavolo scelto da Melanie, dove c’erano anche alcune sue amiche. Mangiai tutto svogliatamente, i miei occhi saettavano sempre su Dorian che sorrideva a quella ragazza. Una fanciulla indubbiamente bella. Al diavolo lui e tutte le oche che gli stavano dietro!

Passai l’intero pomeriggio a cercare di studiare e la sera quando andai al letto, con i nervi ancora a fior di pelle, ci misi un po’ per addormentarmi. Forse era la paura di perderlo. Era praticamente scappato da me quel giorno e subito dopo lo ritrovavo in dolce compagnia di quella nuova fiamma. E se si stesse innamorando di lei? Magari aveva capito che anche io ero una sciacquetta che faceva sesso con altri ragazzi mentre era fidanzata. Dio, che macello che avevo combinato! Sempre perché ero curiosa delle sue reazioni. Mi stava dimostrando tanto in quel modo ed io avevo bisogno, dopo quasi un mese di estremo dolore, di tutte quelle attenzioni.

La mattina dopo, inutile dire che lo notai appoggiato al suo armadietto sempre con quella ragazza affianco. Stavo davvero pensando di averlo perso, ormai. Volevo parlargli, volevo capire. Ma non sapevo quando trovare l’occasione giusta per farlo. Insomma, lo trovavo sempre con quella!
Durante l’intervallo, abbastanza stanca per la notte insonne e per le intense ore di biologia, mi diressi al bar del primo piano. Ordinai un caffè, abbastanza amaro e in pochi sorsi lo finii. Stavo per andarmene in classe, quando alla mia destra notai proprio lui, Dorian. Ora o mai più, Jade! Mi ripetevo. Così, dopo aver preso una sana dose di coraggio, mi avvicinai a lui. Appena si accorse della mia vicinanza, girò il capo verso di me.
– Ehi – Sussurrai in completo imbarazzo.
– Ehi – rispose semplicemente di rimando. Non mi guardava, sembrava mi stesse ignorando di proposito.
– Dorian – lo chiamai seria, deglutendo vistosamente – guardami. – Era un ordine, ma detto da me in quel modo sembrava quasi che lo stessi implorando. O forse, era davvero così. Girò lentamente il capo verso di me, appoggiandosi col busto al bancone.
– Ti sto guardando. – Disse poi, sbattendo le palpebre in una pura espressione esausta.
– Io credo che dovremmo chiarire… - Sussurrai, improvvisamente intimidita dal suo sguardo nervoso e attento.
– Chiarire? – Sbottò di scatto, aggrottando le sopracciglia. – Io dovrei chiarire? – Si indicò con un gesto nervoso per poi passarsi la mano nei capelli in modo agitato. – Io sono stato fin troppo chiaro con te, Jade! – Il suo tono di voce iniziava a farsi più alto.
– Hai ragione – lo interruppi bruscamente – sono io che devo chiarire delle cose – puntai i miei occhi color smeraldo nei suoi – sempre se ti interessa ancora. – Finii la frase, con un’insinuazione abbastanza limpida.
– Che cosa stai cercando di dirmi? – Domandò con un’espressione stranita stampata in viso.
– Ah, non so… - feci vagare il mio sguardo, fingendo un certo distacco – sembri interessato totalmente ad un’altra ragazza, ora. –
Era palesemente un’accusa sotto forma di frecciatina. Dorian, dal canto suo, rise nervoso scuotendo la testa con un’aria incredula.
– Sei incredibile – mormorò sarcasticamente – ora fai anche la parte della gelosa? Complimenti! – Con le mani fece il segno dell’applauso, in una chiara presa in giro.
– Non faccio la… - Cercai di difendermi ma mi interruppe sul nascere.
– Sbaglio o sei te quella con un ragazzo? – Improvvisamente si fece più vicino. – Non hai proprio il diritto di fare certe insinuazioni. – Constatò, con uno sguardo severo. Iniziai a sudare freddo, le mani mi tremavano.
– E’ proprio di questo che voglio parlare. – Dissi con un filo di voce. Volevo arrivare al punto, ma le sue continue interruzioni non me lo permettevano.
– Io davvero non so cosa tu voglia da me, Jade. – Si girò verso il bancone, appoggiandosi entrambe le mani sotto il mento e puntando lo sguardo davanti a sé. – Ok, ho sbagliato. Sono andato a letto con Jessica. Ma mi pare di averti fatto capire che non lo avevo fatto perché volevo, ma perché pensavo di averti perso. – La sua voce divenne improvvisamente più calma. – Era un fottuto sfogo il mio. – Disse fra i denti. Nel frattempo, io mi limitavo ad osservare il suo profilo. I capelli abbastanza spettinati come sempre e la mascella contratta. – So che non è una giustificazione, ma sono venuto ad implorarti perdono. Mi sono dichiarato, mettendo da parte il mio orgoglio perché ti rivolevo con me. – Le sue pause erano seguite da brevi tratti di silenzio. Sembrava stesse facendo un monologo con sé stesso, cercava di trovare delle spiegazioni ai miei comportamenti. E i miei sensi di colpa iniziarono a riaffiorare. – Ma tu non ti sprechi a dire una parola, ti limiti a fare sesso con me mentre hai un ragazzo. Che intenzioni hai, Jade? Ti stai vendicando, per caso? – Si girò verso di me. Le sue pozze scure mi inghiottirono completamente. Forse, sì. Forse era una vendetta, anche se, lui l’aveva recepita in un altro modo. Pensava che lo stessi usando, che stessi giocando con i suoi sentimenti. In realtà, volevo solo tenerlo un po’ sulle spine. Non ebbi il tempo di rispondere che un braccio mi circondò le spalle e mi attirò verso il suo corpo.
– Principessa, cosa ci fai ancora in giro? – Jason bloccò la nostra discussione, irrompendo con le sue solite frasi ad effetto.
Mi rigirai verso Dorian ma lo vidi di spalle, allontanarsi a passo spedito. Senza dare spiegazioni al ragazzo accanto a me, strisciai via dalla sua presa e rincorsi Dorian che intanto era già dentro un altro corridoio. Quando lo raggiunsi, mi appigliai al suo braccio e pronunciai il suo nome.
– Dorian! – Senza girarsi, ma ancora tenendomi le spalle e camminando a grandi falcate, con un gesto secco si liberò della mia presa.
– Ehi! – Stavolta il mio tono di voce era quasi arrabbiato mentre riafferravo il suo braccio. Con uno scatto improvviso, si girò e prese velocemente entrambi i miei polsi, sbattendomi poco delicatamente al muro. Avevo le mani ai lati della mia testa, intrappolate nella stretta di Dorian sui miei polsi. Lui era di fronte a me, i nostri visi a pochissima distanza.
– Jade, smettila. Io non ce la faccio a vederti con un altro. - Sussurrò socchiudendo gli occhi e contraendo la mascella.
Il mio respiro era ancora affannato. – Sto seriamente impazzendo a saperti con quel ragazzo. – Appoggiò in un gesto disperato la sua fronte contro la mia, sembrava mi stesse praticamente pregando. – Smettila di giocare con me. – Chiusi gli occhi anche io, cullata dal suo respiro. Non potevo farlo ancora penare per molto, era arrivato davvero il momento di dichiararmi.
– Dorian – sussurrai il suo nome, con una cadenza quasi dolce – Dorian, vieni a prendermi oggi. – Aprì gli occhi lentamente, puntandoli nei miei, ancora con la fronte appoggiata alla mia.
– Io voglio solo parlarti. – Sciolse la stretta al mio polso e d’istinto attorcigliai le braccia intorno al suo collo. Lo sentii irrigidirsi istantaneamente mentre si leccava il labbro inumidendolo.
– Vienimi a prendere e portami ovunque tu voglia, ma fallo. Dammi un’altra possibilità, ti giuro che non te ne pentirai. – Parlavo sottovoce cercando di non ostruire l’atmosfera calma che si era appena andata a creare. Si sciolse completamente anche lui, portando le mani sui miei fianchi.
– Non sto giocando con i tuoi sentimenti, fidati di me. – Si scostò di poco, guardandomi intensamente. Dopodiché, si staccò dal mio corpo, allontanandosi in modo definitivo.
– Ci vediamo oggi. – Mormorò con voce roca, fissandomi un’ultima volta. Pochi secondi dopo, distogliendo lo sguardo da me, si infilò le mani nelle tasche e si incamminò a passo lento nel lato opposto al mio. Sospirai, abbassando lentamente le palpebre. Cercavo di rallentare i miei battiti accelerati, causati come al solito dalla sua vicinanza e dalle sue parole.

Per tutto il tempo a venire, rimasi agitata. Non sapevo perché avevo tutta quell’ansia. Insomma, avevo vissuto ogni giorno con Dorian su quell’isola e adesso un incontro mi faceva quasi paura. Probabilmente perché avrei dovuto mettere definitivamente a nudo tutti i miei sentimenti.
– Jade, non hai mangiato nulla. Sforzati almeno di finire il primo. – Mia madre mi invogliava a finire il cibo, ma avevo così lo stomaco in subbuglio da non riuscirci.
– No, mamma. Non ce la faccio. – Asserii, alzandomi subito dopo e correndo al piano di sopra, in camera mia. Mi buttai a capofitto sul letto e mi dimenticai persino di iniziare a studiare i compiti. Io e Dorian non ci eravamo dati un appuntamento preciso, sapevo solo che nel pomeriggio sarebbe venuto. Sicuramente non sarebbe entrato dalla porta, ma dalla finestra come la volta scorsa. Non mi bastava che aspettare, mentre il nervosismo mi tormentava. Rimasi distesa sul materasso, a pancia in su, a contemplare il soffitto. Spostai lo sguardo sull’orario: erano le quattro e mezza del pomeriggio. Chissà a che ora sarebbe venuto, chissà se fosse mai venuto. Passò un altro lasso di tempo e, stavolta, l’orologio segnava le sei in punto. Cominciavo a pensare che magari aveva cambiato idea e non voleva più parlarmi e di conseguenza, non voleva nemmeno più me. Ma, tutto d’un tratto, un rumore alla finestra mi fece sobbalzare. Cercando di mantenere la calma, mi avviai verso di essa e notai non ci fosse nessuno. Aggrottai le sopracciglia stranita, quando un altro colpo al vetro mi fece allontanare di scatto. Qualcuno stava lanciando dei sassolini contro di esso. Istintivamente capii che non era altro che Dorian e così, l’attimo dopo, aprii la finestra. Mi sporsi sopra di essa e lo notai giù. Aveva un cappotto nero pesante ed un cappello grigio di lana invernale, dei jeans chiari e le guance leggermente arrossate dal vento gelido.
– Ti aspetto. – Disse semplicemente, prima di avviarsi verso l’auto. In quel momento, non sapevo se essere felice o meno.
Ma Dorian c’era e mi stava aspettando. O forse io stavo aspettando lui.
Speravo solo che poi ci saremmo ritrovati, come su quel gommone galleggiante, come su quell’isola. Per sempre. 
  
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