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Autore: cartacciabianca    01/03/2009    3 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Un vago suono





Trovò quella situazione alquanto familiare.
Il buio l’avvolgeva e i lembi della sua veste bianca galleggiavano nel vuoto. I suoi piedi non avvertivano alcun suolo su cui poggiarsi, e i suoi capelli erano scivolati fuori dal cappuccio ondeggiandole davanti al viso.
La sola differenza dalla volta passata che le era capitato di fare quel sogno assurdo era che non stava cadendo. Il suo corpo restava sullo stesso piano invisibile e lei poteva voltarsi, guardarsi attorno mentre i suoi occhi si contendevano l’oscurità.
Vani ricordi si confusero nella sua mente. Corrado, Minha e poi l’esplosione del Frutto dell’Eden. Ah, quanto ci avrebbe goduto se quella dannata sfera da biliardo si fosse distrutta per sempre! Ma in cuor suo sapeva che non sarebbe mai potuto succedere. Quel coso era indistruttibile, a prova di qualsiasi arma, e avrebbe resistito fino alla fine del Mondo e anche oltre.
Elena percepì la terra comparire sotto i piedi, e il suo corpo lentamente andò giù, a posarsi delicatamente con la schiena dritta e le braccia aperte.
-Elena…-.
Chiuse gli occhi e avvertì un dolore lancinante alla testa.

-Elena!- gridò Altair aiutandola ad alzarsi.
La ragazza si appoggiò a lui, stringendo tra le dita la sua veste. –Maestro- mormorò solo.
L’assassino la prese sottobraccio e cominciò a correre.
Le campane di Acri tuonavano per la città, mentre battaglioni di soldati si radunavano nel cortile della fortezza di Corrado.
Elena ebbe solo il tempo di vedere la sala dalla quale Altair si stava allontanando sopraffatta dalle macerie e, adagiato a terra in procinto di alzarsi, vi era Corrado.
-Prendeteli! Stanno scappando!- gridò il sovrano sfoderando la spada, ma Altair svoltò in una delle stanze del corridoio.
-Forza, vai!- le disse spaccando i vetri della finestra.
La camera era uno studiolo affidato al mantenimento di carte geografiche, impilate a mo’ di pergamene negli scaffali. –Avanti, muoviti!- gridò ancora il suo maestro spingendola fuori dal vetro rotto.
Elena, punta dall’improvvisa ventata di aria gelida, si riebbe in fretta dal suo stato semi-cosciente. Si voltò e cominciò ad arrampicarsi sulla parete, utilizzando gli appigli possibili.
Altair le venne dietro e nella metà del tempo le fu accanto, proseguendo fino al tetto dell’edificio.
I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri.
-Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare.
Rashy vegliava su di loro dall’alto delle nuvole, e il suo grido si levò nella notte.
-Eccoli!- gridarono i soldati che venivano di corsa verso di loro, mentre gli arcieri li scagliavano contro le prime frecce.
Ad illuminare i corridoi delle mura c’erano dei bracieri e Altair, con forza disumana, ne rovesciò uno impedendo così il cammino agli uomini di Corrado.
Dal cortile del forte, Corrado guardava verso di loro e indirizzava i suoi uomini a difesa delle vie d’uscita. La gente scappava per tutte le direzioni, mentre stormi di colombi si sollevavano in cielo spaventati da quel frastuono. Acri era nel caos.
Elena si arrampicò sui bordi della torre e rimase in equilibrio sul muretto. Si sporse dal margine e, nel momento in cui il vento soffiò su di lei con violenza, colse un cesto di paglia adagiato proprio sotto di loro.
-Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto.
Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto.
Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate.
-Mi dispiace, io…- cominciò.
-Fa’ silenzio!- lui le tappò la bocca. –Non è il momento…- mormorò, ed Elena percepì il suo fiato sulla fronte.
Erano nascosti tra la paglia: il suo maestro era steso per lungo sul fondo del carro e lei gli era completamente sopra. Non sapeva quanto il loro nascondiglio avrebbe retto in scena, ma ad Elena tremavano ancora le gambe per il salto di almeno una ventina di metri che avevano appena fatto, atterrando per di più in un fragile carretto di paglia! Era assurdo, assolutamente e dannatamente assurdo che non riportassero ferite alle ossa di alcun genere, eppure erano salvi.
Dovevano aspettare che la situazione si calmasse, magari avrebbero pazientato fin quando le campane non avessero smesso di suonare, ma sarebbe stato pressoché impossibile prima di qualche ora.
Elena appoggiò la testa al suo petto, rilassando i muscoli del collo, e l’assassino l’adagiò più comodamente su di lui, stringendola per i fianchi piuttosto che per le ginocchia.
-Il modo in cui vi siete gettato dalla torre…- sussurrò lei. –mi piacerebbe imparare- disse col sorriso.
-Il volo dell’aquila- rispose lui al suo orecchio. –vecchio trucchetto del mestiere- aggiunse altrettanto allegro.
Il respiro di lei si fece regolare, e quel momento stava diventando particolarmente rilassante e piacevole. Elena percepiva il calore del corpo del suo maestro anche attraverso gli strati della veste, e fu cullata da quel tepore costante. Pareva che la paglia avrebbe potuto prendere fuoco da un momento all’altro, perché Altair era una vera e propria stufa umana. Un caminetto sempre acceso, la luce che sempre riluceva. Non aveva idea di come si sarebbe sdebitata per averla tratta in salvo dalle grinfie di Corrado, che ci mancava poco che la portasse dalla sua parte.
Oltre all’aria che mancava, sotto quel cumulo di paglia era impossibile scorgere oltre il proprio naso, ma i loro volti erano talmente vicini che questi quasi si toccavano.
Elena non riuscì a contenersi allungo, e all’improvviso percepì le guance esploderle dall’imbarazzo. Forse era ora di andare? Sperò tanto di no, ma le campane cessarono il loro frastuono proprio in quell’istante.
-Potrebbe essere una trappola; tu resta qui, vado avanti io…- l’assassino l’adagiò di lato e saltò fuori dal carro con agilità.
Elena rimase sola nel silenzio tra il fieno, e il freddo tornò a pungerle il corpo.
Attese poco, perché una mano si strinse attorno al suo polso e la tirò via dalla paglia.
La ragazza atterrò sulle mattonelle della strada attutendo l’impatto con un movimento delle ginocchia, e Altair le lasciò il braccio. –Tutto bene?- fece preoccupato.
La ragazza annuì. –Voi?-.
-Non nuoce. Ora andiamo…- s’incamminò ed Elena gli andò dietro.
Si arrampicarono sulla prima scala che incontrarono sul tragitto, perché le strade erano pattugliate da un numero infinito di soldati.
Saltarono da un tetto all’altro silenziosi come gatti; quando incontravano degli arcieri, il suo maestro era il primo a sbarazzarsene restando presto a corto di pugnali.
Raggiunsero la Dimora in ritardo rispetto ai tempi abituali, perché avevano avanzato con la massima cautela o lì ci rischiava tutta la confraternita.
Elena si piegò dal dolore atterrando nella stanza della Dimora, e Hani fu il primo ad accorrere.
-Ele…- non terminò che Altair comparve dietro di lei, e il ragazzo indietreggiò proferendo un inchino.
Il muscolo del polpaccio destro si era strappato e il legamento della caviglia aveva forse ceduto, perché avvertiva un dolore lancinante in entrambi i punti.
Altair l’aiutò a sedersi tra i cuscini e al comitato di accoglienza si aggiunse il Rafik.
-Ho pregato perché tornaste entrambi vivi- confessò il vecchio. –Ma sei riuscito a prenderlo?- domandò.
Elena sobbalzò, ignorando le lesioni e guardando stupefatta verso il suo maestro.
Da una delle sacche posteriori attaccate alla cintura, Altair trasse una sfera dorata luminosa di una luce propria, e la Dimora acquistò dei colori tutti nuovi.
-Sì, ma Corrado vive ancora- disse l’assassino.

48 ore più tardi…

Hani spostò il cavallo di tre caselle avanti e una destra, intrappolando in una morsa mortale la sua regina. Elena sbuffò.
-Dannato!- digrignò la ragazza.
L’assassino sorrise divertito. –Hai perso allentamento mentre eri prigioniera di Corrado?- fece sarcastico.
Elena si strinse nelle spalle. –Non credo di aver passato lì così tanto tempo- borbottò.
-Invece ti sbagli, è trascorsa sì o no una settimana. Alla fine Altair non ha retto più ed è venuto a cercarti!- sbottò lui.
-Davvero?…- alzò gli occhi azzurri, piantandoli in quelli verdi del giovane.
Lui annuì. –Da quanto mi è dovuto sapere, quando Corrado ha attivato i poteri del Frutto per trarti in inganno, il tempo nella finzione scorreva più velocemente per tutti coloro che ne erano avvalsi-.
-Quindi mi sono persa una settimana di vita?- sbottò lei spostando una pedina avanti.
-Mi sa…-  Hani divorò il pedone con l’alfiere.
Dalle finestre che affacciavano sulla piazza entrava una gran confusione di passi, chiacchiere e versi di animali. Doveva essere in corso una bella maratona di bancarelle, dopo tutto era una nuvolosissima mattina di domenica.
Il Rafik intinse la penna nell’inchiostro, ammirando la sfera che brillava adagiata nel cofanetto davanti a lui.
-Non disponiamo dei mezzi per tenere qui il Frutto dell’Eden ancora per molto. Possiamo aspettare che il maestro invii i Falchi, oppure potreste partire in anticipo di qualche giorno- disse il vecchio.
Altair si appoggiò al bancone. –La leggo come la soluzione migliore. E sia-.
Il vecchio chiuse il libro sul quale stava scrivendo. –Preparate ogni cosa, e siate cauti nel vostro viaggio- sospirò grave. –Ho il sospetto che Corrado sarà alquanto indispettito dalla sua mancanza…- borbottò rimettendo il testo nella libreria alle sue spalle.
Elena si alzò. –Andiamo?- chiese.
Altair si avviò e lei lo intese come un sì.
-Allora- Hani si sollevò lentamente. –Stammi bene, ti aspetto qui- le sorrise.
Elena gli porse la mano e i due assassini se la strinsero con forza. –Aspettami vivo, però. Voglio la rivincita- rise lei.
Hani mollò la presa e fece un passo indietro, proferendo un piccolo inchino. Poi Elena si voltò salutando il Rafik.
Questo chiuse il cofanetto di metallo e sigillò la serratura. Le porse la scatola che era poco più grande del suo pugno. –Sii prudente- le disse.
Elena ricevette dal vecchio anche la chiave della scatola. –Tu prendi questa, e affida al tuo maestro il Frutto. Così, se qualcosa dovesse dannatamente andare storto, Corrado non potrà avvalersi di uno senza l’altro oggetto-.
Elena si cacciò la chiave in una delle sacche della cintura. –Non temete; difenderò entrambi con la vita- proferì austera.
Il Rafik tornò a sedersi.
Un’ultima occhiata ad Hani che le arrideva sereno, ed Elena lasciò la Dimora.

-Non possiamo passare di lì- Altair indicò le mura del distretto povero, dove sorgeva l’ingresso principale della città. –Corrado avrà messo più uomini lì di quanti non ne abbia uccisi io in tutti i miei incarichi- aggiunse.
Erano sulle rovine di una vecchia chiesa. Più precisamente tra le macerie dell’antico campanile, e la vista da là sopra spaziava per tutta Acri.
Elena si strinse nelle spalle quando una ventata gelata le sollevò i lembi della veste. –Credo che Corrado abbia messo altrettanti uomini agli ingressi secondari, maestro- disse.
-Non lo nego…- Altair allungò lo sguardo nelle varie direzioni, cercando di cogliere la strada più rapida e indolore per attraversare Acri. Sopra le loro teste Rashy compiva cerchi perfetti tra le nuvole.
Elena si appoggiò a quello che restava del muro, nascondendosi al meglio nell’ombra del cappuccio.
-C’è qualcosa che non va?- domandò Altair senza voltarsi.
-No, no… solo…- mormorò. –un brutto presentimento, ecco. Uno dei tanti…-.
Il grido di Rashy si perse nell’aria, e il suo maestro lo intese come un segnale di via libera. –Andiamo- le disse calandosi giù dalla torre.
Elena si scostò dalla parete e, prima di seguirlo, i suoi occhi colsero il bagliore dorato che proveniva dalla tasca della cintura del suo maestro. Sperò che quel chiarore si attenuasse al più presto, o qualsivoglia guardia avrebbe potuto notarlo.
Una volta in strada, i due assassini si divisero intraprendendo due vie diverse ma che si sarebbero ricongiunte alle porte ovest della città, ove Altair aveva individuato il minor numero di uomini di Corrado.
-Non fare stupidaggini- le aveva detto tirandola per un braccio.
-Così mi offendete- aveva risposto lei sorridendo.
Lui aveva annuito ed era scomparso nel buio di un vicolo.
Elena si voltò dalla parte opposta e intraprese il percorso.
Svoltò in una piazza desolata e stava per deviare, quando alle sue orecchie colse un grido: -Aiuto! Non ho fatto nulla! Vi prego! Qualcuno intervenga!-.
E delle voci pressoché riconoscibili: - Sta’ ferma, ladra!- fece la prima guardia.
-Ti insegno io a rubare!- sbottò un altro soldato.
Elena si arrampicò agilmente sul tetto di un’abitazione e si sporse nella strada accanto. Sotto di lei c’era un gruppetto compatto di quattro uomini che circondavano una povera donna. Due di loro le mettevano le mani addosso ridendo divertiti, mentre i due restanti controllavano la situazione con le braccia incrociate.
La ragazza strinse i denti. Odiava quel genere di violenza.
Una sua mano corse ai pugnali da lancio sulla spalla, ma si fermò. Se qualcosa fosse andato storto non se lo sarebbe mai perdonato, perché anche se era lei a custodire un’inutile chiave e il suo maestro il Frutto, rischiava di fare saltare la copertura di Altair a causa delle sue azioni sfrontate.
Ma quella donna aveva bisogno d’aiuto, implorava ai passanti di fare qualcosa, ma questi erano ciechi e si allontanavano senza voltare più gli occhi.
-Aiuto!- gridava la ragazza.
-Ladra!- dicevano i soldati.
Basta, non l’avrebbe tollerato oltre!
Il pugnale da lancio partì, colpendo in pieno volto uno dei due uomini che la stavano violentando. I due di guardia si girarono, attoniti, e sfoderarono le armi.
Elena calò nella strada con un balzo, e atterrò saldamente. Sfoderò la spada corta e, prima che questi potessero accorgersi di lei, scagliò un secondo pugnale che colpì in pieno cuore un altro cavaliere.
-Assassino!- sbottò un soldato che comparve alle sue spalle e si unì al combattimento.
A quelle parole, si levarono gli urli della folla che correva da tutte le parti.
Elena prese un gran respiro e ingaggiò il duello.
Schivò di lato ed evitò un poderoso colpo sulla schiena. Con un rapido movimento del polso disarmò il suo avversario, lo afferrò per la maglia e lo scagliò addosso alla parete.
La donna alla quale era corsa in aiuto si teneva le mani sul viso e si era rannicchiata a terra in un angolo, tremante.
Elena evitò di striscio la lama del nemico che puntava alle sue gambe, e roteò su se stessa per andare a colpire in petto lo stesso che aveva tentato di abbordarla. Questo si accasciò al suolo quando la ragazza estrasse la lama, che per metà gli era entrata in corpo.
Con un ghigno, l’uomo che Elena aveva scaraventato al muro, si era alzato e aveva afferrato la spada del compagno caduto.  –Muori!- gridò balzando verso di lei.
Elena indietreggiò con un saltello, il cavaliere si sbilanciò in avanti e la ragazza lo rigettò a terra con un calcio.
Il cavaliere armato restante tentò con un affondo di sorpresa dietro di lei, ma Elena si chinò sulle ginocchia, roteò e gli aprì uno squarto enorme sul fianco. L’uomo cadde in ginocchio, lasciò la spada e chiuse gli occhi portandosi una mano al sangue che colava dalla ferita.
Elena lo pugnalò sulla schiena e il suo corpo si rovesciò inerte in una pozza purpurea.
Il suo ultimo avversario le fece scivolare la lama a pochi millimetri dal fianco, ed Elena si trovò in difficoltà, stretta tra la parete e delle casse tra cui la gabbia di alcune galline.
Parò il colpo e la spada del crociato scivolò sulla piccola lama producendo sottili scintille. Elena si chinò e, avanzando di mezzo passo perché la situazione si faceva stretta, ruppe la guardia del nemico, entrando tra le sue braccia.
Capovolgendo la presa sulla spada corta, Elena lo infilzò con precisione tra due costole.
Il soldato perse la luce dagli occhi ed Elena si scansò, lasciando che questo cadesse lentamente verso terra.
Quando fu certa che nessun altro l’avrebbe minacciata, Elena si avvicinò alla dona rinfoderando l’arma e l’aiutò ad alzarsi.
-Grazie… grazie!- la povera le strine le mani attorno alla sua. –Non so come ringraziarvi, sul serio! Grazie!- le disse.
Elena allungò le labbra in sorriso, prendendo fiato. –è stato un dovere, non disperarti- seppe solo dire.
-Oh Dio!- sentì una voce di uomo, ed Elena si voltò sguainando la spada.
-Selena, eccoti! Finalmente!- il popolano abbracciò la donna che aveva salvato ed Elena si fece da parte rinfoderando l’arma.
I due si tennero stretti allungo. –Sto bene, fratello- disse lei a tra le braccia del familiare.
-Quando mi sono accorto che eri scomparsa…- il ragazzo la notò, ed Elena fece per andarsene.
-Ferma! Aspetta- la chiamò l’uomo.
Elena rallentò, si fermò poi tornò indietro. –Mi spiace, vado di fretta- si diede della stupida. Che cosa pretendeva da loro restando lì ad accogliere ringraziamenti?
-Mi ricorderò del modo in cui siete vestita, e quando vi vedrò passare per questo distretto io e i miei amici vi saremo utili. La vita di mia sorella è tutto quello che mi resta- accarezzò i capelli della donna. –Grazie, ancora- mormorò stringendosi a lei.
Elena accennò un inchino, e il suo sorriso si fece malinconico… forzato.
Fratello… pensò.
Con la coda dell’occhio l’assassina scorse una guardia venire verso di loro con la spada alla mano.
–Presto! Andatevene!- le disse il ragazzo.
Elena cominciò a correre e sparì nel buio di un vicolo.
-Eccolo!- gridò la guardia seguendola. –Ti ho visto, bastardo!-.
Il ragazzo si staccò dalla sorella e fece lo sgambetto al crociato, che rotolò a terra e la spada gli volò di mano.
-Non avresti dovuto!- ringhiò alzandosi.
-Marcus, andiamo via!- la donna tirò il fratello per la manica e i due scapparono verso casa.

Le campane di Acri la colsero alla sprovvista, ed Elena, per lo stupore, lasciò la presa dal cornicione, andando a cadere di schiena.
Si sollevò dolorante massaggiandosi una spalla e prese a correre.
-Prendeteli!- gridò un arciere dall’alto, puntandole l’arco contro.
Dietro di lei comparve il suo maestro, che la strinse per il braccio e la trascinò ad un’andatura più svelta della corsa.
-Ti avevo avvertita di non fare stupidaggini!- le ringhiò contro.
Elena per poco non inciampò, ma Altair la teneva con forza e riuscì a tirarla su. –Mi dispiace!- gemé riacquistando l’equilibrio.
Andavano dritti verso l’arco in pietra che li separava dalle mura della città, e poi liberi nel regno!
C’era un piccolo particolare, precisamente alle loro spalle:
Erano due, a cavallo, con le spade alle mani e i talloni che spronavano i destrieri ad una corsa folle.
-Corri! Avanti!- le intimava Altair senza lasciarle il polso.
C’erano quasi.
I due cavalieri si avvicinavano, ma le loro cavalcatura avevano difficoltà a spostarsi per le strade. Era stata una vera furbata quella di Corrado: mettere le guardie a cavallo a controllare gli ingressi! Maledetto… si disse.
-Maestro!- gridò Elena quando sentì qualcosa afferrarla per la vita mentre la presa di Altair si allentava di colpo, e il cavaliere di Corrado la issò sulla sella.
-Presa!- rise quello fermando l’animale all’istante.
Elena provò a divincolarsi cominciando a scalciare, ma il crociato le teneva i polsi e la minacciava con la spada alla gola. –Sta’ un po’ ferma!- borbottò premendo la lama sulla sua pelle.
Elena aveva gli occhi al cielo grigio, ma avvertì lo stesso quel sibilo fantastico che correva in suo aiuto ogni qual volta ne aveva bisogno!
Il cavaliere scivolò dalla sella senza vita e si accasciò a terra, ed Elena si resse al collo dell’animale.
Il suo maestro montò al posto di questo e prese le redini. –Tieniti!- le disse aiutandola a sistemarsi dietro di lui.
Elena si strinse alla schiena di Altair, che spronò il cavallo e si diresse all’uscita dalla città.
Nella piazza accorsero una dozzina di uomini che, assieme agli arcieri, li intimarono contro di fermarsi.
Varcarono la soglia di Acri e una coltre di polvere li accompagnò galoppando sulla strada sterrata. La gente si scostava dal loro cammino, ma proseguivano lo stesso troppo lenti.
Elena avvicinò il volto all’orecchio del suo maestro. –Ci stanno raggiungendo!- gli gridò.
-Lo so! Lo so!- rispose lui svoltando e facendo saltare una staccionata al cavallo.
Li erano addosso una decina di cavalieri, mentre gli uomini a piedi avevano rinunciato da un pezzo. Ma quei pochi che erano minuti di una cavalcatura accorciavano la distanza ogni dieci secondi di un metro e più.
Elena sapeva che erano troppo pesanti per poter raggiungere destinazione su un solo cavallo. O meglio, sarebbe bastato ancora qualche chilometro e poi l’animale si sarebbe contorto dalla fatica.
Voltandosi, pensò che il suo maestro avrebbe potuto proseguire anche senza di lei, così…
-No!- sbottò Altair afferrandole una gamba, bloccandola dov’era –Non devi farlo!- disse, avendo compreso le sue intenzioni.
-Maestro, siamo troppo…-.
-Ho detto di no! Tu non vai da nessuna parte, chiaro?!- le gridò spronando ancora il destriero.
Elena si voltò, di nuovo. I cavalieri di Corrado potevano quasi ascoltare cosa si stavano dicendo per quanto erano vicini.
-Avanti, prendiamoli!- disse uno.
-Sono nostri!- gioì un altro.
Elena si concentrò: doveva pensare ad un modo veloce ed efficace di sbarazzarsi dei loro inseguitori, o avrebbero fatto una brutta fine.
Stavano attraversando al galoppo un crepaccio che prendeva diverse ramificazioni e alle loro spalle i nitrii dei cavalli e le urla dei soldati rimbombavano come il suono del mare in una conchiglia. A proposito di mare… l’oceano era una linea indistinta distante, dove la costa terminava a picco con una scogliera cosparsa di abitazioni. Quella era Acri, una città arroccata sulla spiaggia di roccia, con le sue navi e le nuvole perenni sopra i suoi tetti.
Elena strinse con più forza le gambe attorno ai fianchi del cavallo, assicurandosi la malleabilità delle mani. Un’idea l’aveva, ma era improbabile che funzionasse. Corrado non era riuscito nel suo intento, come poteva lei solo sperare in quello che aveva pensato?
Non c’era altro modo, si disse, allungando una mano alla cintura del suo maestro.
-Cosa stai facendo?!- disse Altair acchiappandole il polso.
-Fidatevi di me!- rispose Elena, e con maggior prontezza aprì la sacca nella quale era contenuto il cofanetto di metallo. Con le dita corse alla chiave tenuta nella sua cintura e, in breve, allentò la serratura della scatola.
-Elena! Non…- cominciò il suo maestro.
-Ma che avete capito?! Non voglio darglielo, io posso provare a…- non terminò di dire, che il cavallo s’impennò spaventato da una freccia che andò a conficcarsi nel terreno davanti a loro.
Il cofanetto aperto le sfuggì di mano, volando per aria.
-No!- fece lei quando gli zoccoli del cavallo tornarono a terra e il Frutto dell’Eden rotolò nel selciato.
I cavalieri alle loro spalle li circondarono, mentre gli arcieri li puntavano dall’alto del crepaccio.
Erano spacciati, si disse…
-Avanti, addosso!- ruggì un cavaliere alzando la spada al cielo.
-Ammazziamoli!- digrignò un altro.
Elena lanciò un’occhiata alla sua sinistra, dove precisamente il Tesoro dei Templari era.
La sfera dorata brillava celata tra gli arbusti, la chiamava, e se non avessero fatto qualcosa alla svelta, i loro nemici se ne sarebbero presto accorti.
Altair fece impennare il cavallo diverse volte, nel tentativo di spaventare quelli degli uomini di Corrado, ma nulla da fare.
Elena scivolò dalla sella e atterrò con una capriola.
-Sta scappando!- gridò un crociato.
La ragazza si alzò e s’infilò nella fessura che c’era tra due cavalieri. Con uno scatto, le sue gambe si diressero di corsa verso la sfera.
-Il Frutto!- un cavaliere fece voltare il cavallo e le andò dietro. –Fermatela!- aggiunse.
Elena corse a perdifiato, allungò le braccia, si diede una spinta e, con un balzo, si lanciò sulla sfera, toccandola con un dito.
In quel momento il tempo si arrestò, rallentando il suo scorrere infinito.
I cavalieri alle sue spalle galleggiavano in una nube di polvere, Altair la guardava a denti stretti, la sfera brillava di una luce accecante, e le sue mani arrestavano quel brillare intollerabile avvolgendola.
Elena trattenne il fiato, spalancò gli occhi e pregò solo che funzionasse.

Un boato assordante rimbombò tra la roccia.
Altair si portò le mani alle orecchie, cadendo da cavallo.
Altrettanto fecero i cavalieri, che si rovesciarono al suolo ansimando nel selciato.
L’assassino si piegò in ginocchio e alzò gli occhi.
Al botto si sostituì presto un sibilo acuto, che a sua volta copriva ciascun suono: quale quello degli zoccoli dei cavalli sbizzarriti e dei loro nitrii, le urla strazianti dei soldati e i lamenti del giovane al solo sopportare quel lungo fastidio che solleticava l’udito. Tutto era silenzioso, e di sottofondo questo fruscio costante.
Altair fece solo in tempo a distinguere il corpo di Elena sospeso a mezz’aria che brillava di una luce accecante, quando una vampata cristallina e rilucente di fiotti dorati avvolse la valle, espandendo i suoi raggi d’oro per tutto il Regno.
Il sibilo crebbe d’intensità, fino a divenire intollerabile. Solo all’ultimo, quando l’assassino si piegò a terra straziato da quel suono, la luce si riavvalse della sua fonte, contorcendosi in forme assurde pur di rientrare nella sfera che Elena teneva tra le mani.
L’assassino si alzò a fatica, tenendo premuti i palmi sulle orecchi. –Elena!- gridò.

Il suo corpo vagava nel buio, i suoi occhi si perdevano nell’oscurità e i suoi piedi non toccavano terra.
Si guardò le mani, che avvertiva scottare, e notò un leggero e luminoso chiarore su di esse.
Che cosa stava succedendo? Era svenuta di nuovo? Oppure era morta?
Il fatto che le brillassero i palmi la metteva un po’ a disagio. Forse… il suo piano aveva funzionato? Era riuscita ad attivare il potere del Frutto dell’Eden e ora toccava a lei controllarlo.
Così si ricordò di aver pensato ad un modo veloce ed efficace di sbarazzarsi della gentaglia che minacciava lei e il suo maestro. Si concentrò, e la luce sulle sue mani aumentò notevolmente, fino a mostrare il mondo per come realmente era: aprico e vivo.
Quando la luce nelle sue mani andò a sovrastare la valle, investendo come l’onda del mare le pareti di roccia e la terra, con i suoi rispettivi abitanti, Elena strinse con più vigore la sfera.
Schiuse le palpebre, e le sue iridi azzurre assunsero una sfumatura dorata e magica.
In fine, il potere di Dio scivolò dalle sue mani, e la ragazza si rovesciò a terra pesantemente, priva di sensi.
Il suo corpo vagava nel buio, i suoi occhi si perdevano nell’oscurità…

-Elena!- gridò Altair alzandosi e correndo da lei.
La ragazza era stesa al suolo, nascosta tra gli arbusti, e il Frutto dell’Eden brillava accanto a lei.
L’assassino si chinò sulla sua allieva e le ascoltò il battito del cuore, che era appena percettibile.
Incredibile, quello che era riuscita a fare era incredibile: i corpi degli uomini di Corrado erano stati scaraventati lontano, chi sbattuto contro la roccia del crepaccio e chi volato a metri e metri dal punto in cui Elena aveva sprigionato tutto il Potere del Frutto.
Altair afferrò la sfera e la sistemò nella sacca della cinta, si caricò la ragazza in spalla e si avviò al cavallo vivo più vicino. Montò in sella e fece sedere la sua allieva davanti a sé.
Elena sembrava dormire, perché come sonnambula le braccia della giovane assassina si strinsero al suo petto.
Per riprendersi da quello che era successo le sarebbero servite ben oltre che le ore di riposo quotidiane, e Altair poteva solo immaginare cosa la mente della ragazza avesse sfiorato nell’utilizzare quell’oggetto tanto… occulto.
Ancora non riusciva a crederci.
Gli bastò fidarsi del fatto che erano salvi, le guardie di Corrado non li avrebbero più infastiditi e avevano il Frutto dell’Eden con sé.

Elena si riebbe lentamente.
Prima acquistò la certezza che fosse sdraiata su qualcosa di morbido e caldo, poi che era avvolta in una coperta soffice ed in fine che la sua testa era poggiata su un cuscino che si adattava perfettamente alla forma del suo cranio.
Insomma, non era mai stata così comoda, ma dopo quello che aveva passato, anche dormire per terra le sarebbe parso “comodo” e “confortevole”.
Come seconda cosa, riuscì a stringere il pugno sotto le coperte di entrambe le mani. Percepì di avere ancora tutte e due le gambe e di trovarsi, di conseguenza, nel suo corpo.
Come terza ed ultima, aprì gli occhi.
Era in una stanza buia e ristretta. Sul comodino accanto al letto brillava una candela che diffondeva il suo tenue calore e colore nel locale. C’era una finestrella che dava su un cortile nel quale pascolavano dei cavalli, e sopra la terra si stagliava il cielo stellato.
Quando si voltò, Elena scorse due occhi castani flettere la luce nell’oscurità.
Il suo maestro si alzò e le vene affianco. –Come ti senti?- le chiese soave.
Elena si sollevò sedendo sul materasso. –Bene, sul serio…- mormorò. –Mi sento davvero bene- sorrise.
-Ne sei sicura?- chiese l’assassino afferrando il cuscino dietro di lei e sprimacciandolo, per poi sistemarlo addossato alla parete.
Elena vi poggiò la schiena. –Grazie, ma sto bene- ripeté quasi seccata.
-Fame? Sete?- insistette lui.
-Forse… un po’ d’acqua, quella sì- rise.
Altair si chinò a raccogliere da terra una borraccia e gliela porse.
Elena la stappò lentamente e cominciò a bere.
Finì e gliela restituì. –Dove siamo?- domandò.
-Nel Regno, in una della sue Dimore. Ancora due giorni e saremo a Masyaf; abbiamo ritardato già abbastanza- Altair si allontanò e sedette sul secondo lettuccio della stanza.
Elena si guardò attorno e trovò con lo sguardo quello che cercava: la sfera che, nonostante fosse avvolta da una moltitudine di panni di diversi colori, continuava a brillare e ad illuminare le tegole sulle quali are poggiata.
-Dimenticherò con difficoltà quello che è successo…- sospirò ad un tratto il suo maestro.
Elena si voltò, guardandolo confusa. –Dimenticare? Perché? Non ho agito come avrei dovuto, e lo so! Ma mi era parso l’unico modo, insomma… rischiavano di raggiungerci! E voi non volevate che vi lasciassi proseguire senza di me! Se fossi scesa da cavallo e li avessi rallentati, a questo punto la situazione non sarebbe differente, solo per il particolare che io non sarei qui! Quando Tharidl lo verrà a sapere credete che mi punirà? E Adha, lei mi farà la solita ramanzina…-.
Alla parola Adha Altair sembrò irrigidirsi.
Elena proseguì: - se il Frutto tornasse a Masyaf, Corrado potrebbe tentare di nuovo di strapparcelo via! E sono certa che il vecchio Maestro non sceglierà di nuovo me!… Mmm…Comunque, se ne siete interessato, non è stato difficile fare quello che ho fatto! Anzi, vi confesso che potrei ripetere tutto da capo, anche col doppio degli uomini da abbattere! A dirla tutta, è stato divertente… e poi per nulla faticoso!… -.
-Elena, hai dormito per due giorni di fila. Come puoi pensare che non sia stato faticoso?- borbottò l’assassino.
-Due giorni?- mormorò, stupefatta. Da non credere, era il suo record personale senza l’utilizzo di alcun farmaco. Non sapeva perché, ma cominciò a sorridere.
-Cosa ci trovi di tanto divertente?- sbottò il suo maestro.
Lei lo fulminò con un’occhiataccia. –Ammettetelo, maestro- disse.
-Cosa?- fece lui.
-Non volete ammettere che le mie azioni sono state stupefacenti e alquanto abili. Non è cosa da poco controllare il poteri del Frutto, posso solo immaginare come vi sentiate inferiore a me in questo momento…- si beffò la ragazza.
Altair alzò un sopracciglio, e dopo poco scoppiò in una fragorosa risata. –Io invidioso… di te? A controllare quell’aggeggio sarebbe capace chiunque, basta solo tanta crudeltà e parecchia collera! Ecco come sei riuscita a sbarazzarti di tutti quelli uomini! Eri forte nella convinzione che almeno uno di loro avesse partecipato all’assassinio di tuo padre!- pronunciò con rabbia.
Quelle parole le causarono un dolore immenso, soprattutto se pronunciate dalla persona di cui in quel momento sentiva di fidarsi di più.
La ragazza curvò le spalle e si voltò dalla parte del muro, appoggiandosi ad esso e tornando sotto le coperte.
-Non volevo nuocerti- disse Altair. –Ma devi ammettere che è così-.
-Non ammetto un bel niente- brontolò Elena.
Altair si alzò e uscì dalla stanza.
La ragazza gli volse un’occhiata appena prima che si chiudesse la porta alle spalle, poi richiuse gli occhi e cercò di riprendere sonno.




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Scrivendo questo capitolo ho battuto il mio record: ci ho impiegato troppo, più di 3 giorni e mi odierò per il resto della mia vita per questo.
C’è anche da aggiungere che ho dovuto scrivere da capo parecchi atti di questo chappo, perché avevo in mente la fuga di Elena e Altair da Acri in diversi modi e alla fine ho sorteggiato quello più “assurdo e stupido”.
Dunque, che dire? Non mi viene in mente nulla se non i ringraziamenti.

Saphira87
goku94
Lilyina_93
Assassin e Diaras (non si vedono e non si sentono)
Angelic Shadow (spero che il tuo PC si rimetti presto, perché vorrei tanto sapere che cosa ne pensi tu della mia fiction!!! @__@)

X Saphy: eh, sì. Desmond è soggetto a quel tipo di sindrome: si sente tanto solo lì, così ha abbordato con il primo giocattolino di passaggio. In questo capitolo avrei dovuto aggiungere qualche scena del presente, ma ho sentito necessario (arrivata alle 10 pagine) di aggiornare.

X goku94: sono contenta che nonostante gli orribili capitoli iniziali, tu abbia continuato a leggere la mia fiction! ^__^ grazie.

X Lilyna: sìsì, hai inquadrato bene Minha. Ecco, lei era l’unico particolare vero dell’illusione di Corrado. Il resto (papà di Elena) era tutto frutto del Potere del Tesoro dei Templari.


P.S.
Come avrete notato (oppure no) la mia storia ha perso magicamente un capitolo (da 29 a 28, ma con questo nuovo chappo siamo di nuovo a 29). Ebbene, no, l’ho semplicemente inglobato a quello precedente perché spezzettavo troppo la trama e comunque ho anche revisionato alcune parti dei miei scritti, cacciando via gravosi errori e parole ripetute.
Dannatamente, mi sono accorta troppo tardi che quel capitolo conteneva due delle più meravigliose recensioni… ç__ç mi spiace, chiedo perdono a Spahira87 (proprietaria di una delle due recensioni) e a non mi ricordo chi… credo Agelic, vabbé, insomma… scusate!!! Ç___Ç

   
 
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