Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Gattina Pazza    26/11/2015    1 recensioni
Alice si è ferita accordando fiducia alla persona sbagliata.
Zane è il migliore amico di chi le ha fatto così male.
Alice vorrebbe solo dimenticare e vivere tranquilla,ben protetta dietro un muro impenetrabile.
Zane vuole conoscere Alice, e salvarla dalla sua solitudine.
Riusciranno i due a incontrarsi? O le difficoltà impediranno loro di sfiorarsi,
pur trovandosi a meno di un passo di distanza l’uno dall’altro?
***
-Che mossa?
-Mah, qualcosa del tipo: “chiedermi della mia vita dopo aver appena cercato di vendermi nuovamente al tuo carissimo amico” ti va bene come risposta?
-Io non sto cercando di venderti a nessuno, ragazzina. Voglio guadagnare la tua stima, fino a che non ti fiderai abbastanza di me da raccontarmi la tua versione.
-Cosa?
-Voglio sentirla. Hai ragione, io so solo quello che mi ha detto Damian, ma chi mi dice che non ci sia altro? O che lui mi abbia riferito solo quello che gli faceva comodo?
-Va bene, frena un attimo… E perché dovrebbe interessarti?
-Questo è un segreto, ragazzina. Ora vado davvero, perché temo che se ti rimarrò davanti ancora per un secondo mi ucciderai sul serio. Ma sarò qua anche domani, sappilo…
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
5. Obbligo o verità per i cattivi ragazzi, ovvero una sfida a chi si ubriaca per ultimo
 
Aspettavo Zane seduta sulla panchina di fronte a casa sua. E nel frattempo, mi chiedevo pure che cavolo mi fosse saltato in mente. Quel ragazzo mi confondeva. Prima, gli rivelavo dei miei trascorsi con Damian e mi facevo pure abbracciare da lui come forma di consolazione. Ci capiamo? Ero partita col presupposto di ignorarlo o di farlo scappare a gambe levate e finivo uno, con l’eleggerlo a mio confidente; due, a farmi consolare da lui; e tre, passarci insieme il venerdì sera. Robe da pazzi, pensai scuotendo la testa, davvero robe da pazzi.
Solo un’ora prima ero tranquillamente seduta in biblioteca a studiare. Be’, tranquillamente era una parola grossa. Avevo litigato furiosamente con mia madre di persona e con mio padre al telefono. Volevano tenermi a casa dalla gita, per paura che succedesse qualcosa con Damian (e non a torto, effettivamente; ma quelli, come avevo avuto modo di sottolineare più volte, erano fatti miei). Quando Zane era venuto a parlarmi, si era accorto subito che qualcosa non andava. Così, senza rendermi bene conto di cosa stava succedendo, avevo finito per accettare un invito a passare la notte con lui. Poteva suonare male, ma non avevamo cattive intenzioni, nessuno dei due. Almeno, non io; e Zane… be’, credo che solo un idiota ci avrebbe provato con una ex furiosa quale io ero; in più, dubitavo di essere il suo tipo di ragazza. Quindi potevo stare tranquilla.
I miei ufficialmente sapevano che ero a dormire a casa di una delle mie migliori amiche; sapevo che lei, avvertita, mi avrebbe retto il gioco. Avevo lasciato un bel biglietto chiaro e conciso sul tavolo, quando ero andata a casa a cambiarmi, affrettandomi per non correre il rischio di incrociarli. Non erano stati contenti della cosa (telefonata furiosa di papà e messaggi minatori di mamma), ma chissene importava. Il giorno dopo c’era assemblea a scuola ed ero troppo incazzata per preoccuparmi delle conseguenze.
Zane uscì in quel momento dal portone di casa sua. Mi bastò un’occhiata per accorgermi che era elegantissimo: jeans, mocassini e camicia, più giacca da play boy e l’immancabile sciarpina. –Su chi devi fare colpo?- lo salutai alzandomi. –Credevo non dovessimo andare in un locale e mi sono vestita come una stracciona.- Qui indicai con disappunto i miei blue jeans e la felpa.
Per qualche istante il manichino del negozio lì accanto ebbe più vita del volto di Zane. Quindi scosse la testa. –Lascia stare, sono un idiota. Un vero idiota.
-Mi rendi partecipe del motivo, così posso darti una mano ad insultarti?
-Hai mangiato?- domandò, ignorandomi e avviandosi verso la parte opposta al centro.
-No, adesso che mi ci fai pensare. Volevo essere fuori di casa prima che arrivassero i miei.
-Dai, ti offro una pizza.
-E io la offro a te.
-Non esiste che lasci pagare una ragazza.
-E non esiste che io mi faccia offrire da un ragazzo, se mi sta simpatico.
-Più parli più mi accorgo che hai delle teoria assurde.
-Non ti lamentare, visto che questa va a tuo vantaggio! Odio sfruttare la gente che mi sta simpatica.
-Ah, non odi “sfruttare la gente” in generale però.
-Ovviamente no. Anzi, mi diverto parecchio a farlo con chi non si merita la mia stima.
-Non so se essere inquietato o felice perché sono degno della tua stima.
-Posso essere un’avversaria temibile, quindi siine contento!
In quel momento, camminando di fianco a Zane, mi sentivo così leggera che avrei voluto cominciare a correre. La mia preoccupazione era evaporata non appena l’avevo visto. Dondolavo avanti e indietro canticchiando nei momenti di silenzio. Mi accorsi che Zane mi osservava di sottecchi e gli risposi con un sorriso; distolse subito lo sguardo, la cosa sembrava metterlo a disagio. Mah, ero troppo contenta per pensarci. Quella giornata era cominciata male e stava per finire anche peggio, quando era arrivato lui con quel suo invito inaspettato. Datemi della sempliciotta, ma anche se fossimo stati tutta la sera a fissarci negli occhi in silenzio, mi sarei divertita. In più, da quando mi ero confidata con lui, riuscivo a pensare a Damian molto meno; non lo citavo più in continuazione con le amiche come facevo prima, fosse anche solo per prenderlo per il culo, e nemmeno con Zane lo avevo più nominato. Non ne sentivo il bisogno.
Mangiammo in una pizzeria di basso profilo e fuori dal centro (immagino per evitare incontri sgraditi con quella foca di un ex che mi ritrovavo), pagando a metà il conto. Quindi recuperammo la sua bici e partimmo. Zane, per essere così magrolino, aveva più forza di quanto mi aspettassi nelle gambe e sfrecciava lungo le vie deserte come un fulmine; io stavo appollaiata sul portapacchi, persa a osservare le luci della città. Zane pedalò instancabile fino alla zona industriale ai margini del centro. –Ehi, non è che in realtà sei un maniaco e che mi hai portata qui per stuprarmi?
-Taci, scema. Non sono mica così disperato.
-Già, mi dicono di no.
-Chi ti dice?
-Mah… le voci girano.
Mi piaceva stuzzicarlo a quel modo; stavo bluffando, non sapevo assolutamente nulla e volevo vedere se avrebbe abboccato all’amo o meno.
-Chi mi ha visto l’altra sera in discoteca?
-Ah, allora sei abbastanza disperato da rimorchiare in discoteca?
-Mi hai fregato, ragazzina!
Mentre la discussione si concludeva così, Zane fermò la bici davanti ad un capannone apparentemente abbandonato.  Scendemmo entrambi e lui mi guidò verso l’ingresso, una porticina laterale  scardinata. L’interno era quasi completamente occupato da mobili o vecchio ciarpame accatastato alla rinfusa; Zane si mosse con un’esperienza disarmante attraverso quel labirinto. –Sei sicuro che non ci sia roba tossica, qui dentro?
-Potrei chiederti la stessa cosa della brodaglia che prendi alla macchinetta e ti spacciano per caffè.
-Touchè.
Zane mi guidò fino a una specie di “radura” ricavata tra le cataste, dove si trovavano tre poltrone disposte a cerchio, una luce a batteria e una stufetta.
-Non ci credo.
-Quando ero più piccolo venivo qua con gli amici a bere di nascosto. Sai, anche andando in discoteca nessuno ci prendeva sul serio.
-Alcuni del vostro gruppo difficilmente riuscirei a prenderli sul serio anche ora.
-Credo di aver capito a chi ti riferisci. Ma dove l’hai conosciuto?
-Sempre allo stesso diciottesimo famoso dove ci saremmo incontrati pure io e te.
-Ah, è stata una serata piena, quella.- Zane, dopo aver acceso luce e stufa, si lasciò cadere su una poltrona, mollando lo zaino con cura ai suoi piedi. Quindi fece cenno di accomodarmi. –Prego, fai come se fossi a casa tua.
Mi sedetti nella poltrona accanto alla sua, raggomitolandomi come una gatta. –Scommetto che ora rimpiangi di esserti messo in tiro. Per quale motivo poi me lo devi spiegare.
-Taci, ragazzina, ho il cambio qua dentro. E non solo quello.
Lo guardai incuriosita estrare con un certo orgoglio alcune bottiglie dallo zaino. –Mmm, interessante. Vodka alla pesca, sambuca e…
-… tequila. Ma credo che non reggerai fino a poterla bere. Le regole sono chiare.
-Per chi mi hai presa?! Reggo benissimo l’alcol! E poi, che regole?
-Voi donne sostenete tutte la stessa cosa. Tu, poi, sei pure ridicola.
-Quando ti avrò dato la merda e ti starò sorreggendo mentre sbocchi l’anima, vedremo.
-Non peserai più di quaranta chili e vuoi bere tequila. Dovrei portarti all’asilo, altro darti da bere.
-Ne peso quarantotto! E comunque, prima mi spieghi il gioco prima possiamo vedere chi ha ragione.
-È semplice. Io ti faccio una domanda, tu mi rispondi. Se mi accorgo che stai bluffando, ti aspetta uno shottino e l’obbligo di rispondermi sinceramente. Se stai dicendo la verità e io diffido di te, tocca a me bere. L’ordine degli shot è due vodka, tre sambuche e due tequila. Poi se c’è ancora qualcuno rimasto in piedi, si va avanti riprendendo dall’inizio.
-Insomma, è l’obbligo o verità per i cattivi ragazzi.
-Solamente se hai qualcosa da nascondere.- Zane mi sorrise. Era seduto con le gambe aperte e le mani giunte in mezzo ad esse, sporto verso di me. Nonostante lo avessi preso in giro fino ad allora, dovevo ammettere che così conciato faceva la sua belle figura, quel ragazzo. Che fosse bello l’avevo sempre pensato, però. –Dato che è la prima volta che giochi, ti concedo l’onore di iniziare. Così potrai scegliere se e quanto cominciare soft…
-Hai mai fatto una cosa a tre?
-Cosa?
-Una cosa a tre. Due ragazze e te. Due maschi e una ragazza. Tre maschi. Tutte le possibili combinazioni che ti vengono in mente.
Zane gettò indietro la testa e rise. –Meno male che dovevi partire soft.
-Io non l’ho mai detto. Sei tu che ne eri convinto.
-Giusto. Comunque no, mai. E me ne rammarico.
-Bugia!
Zane mi fissò con gli occhi che luccicavano. Quindi prese la bottiglia di vodka, un bicchiere da shot e me li porse. –Bevi.
Buttai giù la vodka tutto d’un sorso; la gola mi bruciò per qualche secondo. Non distolsi un istante gli occhi da Zane. –Tocca a te.
-Sei vergine?
Gettai indietro la testa e risi. –Sì.
-Questo è vero. Altrimenti mi sarebbero arrivate voci in altro senso.
-Hai mai ricevuto dei pali da una che ti piaceva parecchio?
-No.
-Bevi.
Zane ridacchiò. –Non mi chiedi nemmeno se mento?- però si versò un bicchierino di vodka e lo bevve. –Quanti ragazzi hai avuto?
-Due.
-Impossibile.
-E perché?
-Sei troppa bella.
La sua risposta mi sorprese. –Non ho mai detto che non ne avrei avuto la possibilità; anzi, ho dovuto friendzonare fin troppa gente per i miei gusti. Però sono molto selettiva.
-Ah sì?
-E anche scema, quindi commetto parecchi errori.- gli risposi vagamente e pensando: chi vuole intendere, intenda.
-Tommy era uno dei due?
-No. Lui non lo considero come un mio ex, siamo stati insieme quattro giorni.
-Poveretto.
-Hai scazzato, comunque. Bevi.
-Sei terribile. Non me ne fai passare una.
-Mi piace vincere. Tocca a me. Facciamo che ti rigiro la domanda. Quante fidanzate?
-Che poca fantasia.
-Rispondi.
-Definisci ragazza. Una scopata o relazione pseudo-seria?
-Entrambi.
-Il primo caso non te lo so quantificare, per quanto riguarda il secondo, ne ho avute due. La prima è durata cinque mesi, la seconda tre.
-Bene, mi fido.
-E fai male. La prima non è durata cinque mesi, ma tre. E la seconda cinque settimane.
-Che bastardo!- esclamai ridendo e prendendo il bicchierino che mi porgeva.
-Voglio vederti ubriaca al più presto.
-Ti dovrò deludere, allora.
Continuammo a farci domande inutili sulla nostra vita sessuale ancora per un po’. Progressivamente capitava sempre meno che uno dei due sbagliasse, così passammo ad argomenti meno scontati come l’amicizia, l’infanzia, la scuola. Senza che me ne rendessi conto trascorsero diverse ore. Quando tornai a guardare l’orologio, mi accorsi che era quasi l’una. La testa mi girava abbondantemente, ma avevo bevuto lo stesso meno di lui. Zane aveva già lo sguardo lucido e rideva fin troppo spesso a commenti che di divertente non aveva nulla. Dopo qualche giro del gioco mi ero accorta che ogni volta che mentiva stringeva appena le mani. Da lì era stato facile non sbagliare più quando dovevo valutare se la sua risposta era vera o no.
Zane era andato in bagno. Sosteneva che ce ne fosse uno funzionante annesso all’edificio. Aveva preso a piovere e dalla poltrona troppo larga in cui ero accoccolata guardavo fuori dalla finestra la pioggia che batteva sui finestroni del capannone. Zane, tornando verso di me, inciampò in un secchio abbandonato.
-Merda!
Quando si avvicinò abbastanza, notai che si era tolto la camicia e la reggeva in una mano. –Zane, che stai facendo?
-Sono scomodo, voglio cambiarmi.- rispose cominciando a frugare nel suo zaino.
-Forse è meglio se la chiudiamo qui…
-Assolutamente no! Tu devi ubriacarti.
-Sì, ma tu non devi andare in coma etilico.
Zane estrasse dalla borsa una felpa nera e la indossò sopra alla canottiera. Quindi iniziò a sbottonarsi i pantaloni. –A chi toccava fare la domanda?
-A me. Ma… non starai pensando davvero di toglierti i pantaloni…
Come risposta, si sfilò i jeans mezzo inciampando. Non so perché, ma mi venne da distogliere lo sguardo. Avevo già visto dei ragazzi in boxer, con uno ci avevo anche dormito. Era infantile che mi trovassi tanto in imbarazzo, ma non potevo farne a meno. Mi domandai anche se era il caso di aiutarlo a vestirsi, perché non mi sembrava in grado divriuscirci da solo; ma l’idea mi provocò una tale confusione che rimasi ferma immobile al mio posto. Di colpo mi resi conto di dove mi trovavo, ovvero in un capannone abbandonato; a fare cosa, cioè un gioco alcolico basato su domande idiote; e soprattutto con chi, il migliore amico del mio ex. Che diamine stavo facendo? Cosa mi era saltato in mente?
-Tocca a te, vero?
-Zane, ecco…- Voglio tornare a casa, pensai, ma poi mi accorsi che era sbagliato. Non volevo tornare a casa, lungi da me desiderare una cosa simile. Semplicemente, desideravo andarmene da quel posto, da lui, dalla confusione che sentivo in testa.
-Dai, Alice.- Zane, dopo essersi infilato i pantaloni della tuta, barcollò verso di me. Quindi si lasciò cadere sulla mia stessa poltrona, incastrandosi nello spazio che avevo lasciato libero. –Fammi una domanda.
Zane appoggiò il gomito sullo schienale dietro e una guancia sulla mano. Mi guardava intensamente. –Su…
-Ecco, non saprei…                   
-Come, non sai?
Presi un profondo respiro. Mi sentivo così confusa che mettere insieme una frase di senso compiuto mi pareva un impresa impossibile. –Ehm … sei mai stato innamorato? Innamorato sul serio?- mormorai infine, chiedendogli la prima cosa che mi era venuta in mente.
Zane tacque per qualche istante. Notando che non rispondeva, osai alzare lo sguardo verso di lui. Mi stava fissando in silenzio, impietrito per la domanda. Strano, gliel’avevo posta proprio perché non volevo metterlo in difficoltà e quello mi sembrava un quesito piuttosto semplice.
-No.- rispose alla fine, molto lentamente. –Fino a un po’ di tempo fa, ti avrei risposto di no. Però ultimamente… non so più se questa sia la risposta giusta.
Ed improvvisamente tra di noi calò il silenzio. 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Gattina Pazza