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Autore: Carme93    26/11/2015    1 recensioni
Una nuova generazione alle prese con la propria infanzia ed adolescenza, ma anche con nuove minacce che si profilano all'orizzonte. I protagonisti sono i nuovi Weasley e Potter, ma anche i figli di tutti gli amici che hanno partecipato alla decisiva Battaglia di Hogwarts. Da quel fatidico 2 maggio 1998 sono ormai trascorsi ventun anni...
Genere: Avventura, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alastor Moody, Famiglia Dursley, Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo ventitreesimo.

Giochi pericolosi

«Lucy? Come sei entrata qui dentro?» disse Roxi sorpresa.
«Una testa rossa in più od in meno… Nessuno fa caso a me… E poi secondo te Rose non ha mai fatto entrare Malfoy? Comunque è carino. C’è un bel calduccio…».
«Lucy! Esci da qui o metterai nei guai anche me e Frank!».
Il ragazzino con lo zaino sulle spalle le osservava rassegnato. «Chi ti ha dato la parola d’ordine?» chiese.
«Calliance. Quello farebbe qualsiasi cosa per soldi. Miseriaccia, si è preso la bellezza di tre galeoni. Praticamente tutti i miei risparmi!».
«Non potevi aspettarmi fuori?» domandò Roxi perplessa.
«Dovevo darti questa», disse mostrandole una bottiglietta piena di un liquido bluastro. «È una nuova bibita babbana, me la sono fatta mandare di nascosto da tuo padre. È buonissima, devi assolutamente assaggiarla!».
«A me il colore non piace» decretò Frank, scrutando la bottiglietta con sospetto.
«Nessuno ha chiesto il tuo parere, Paciock! Avanti, solo perché è blu non hai il coraggio di provarla?».
«Io non ho paura di nulla» ribatté Roxi. Prese la bottiglietta e bevve. Dopo un sorso, però la lasciò cadere ed il liquido macchiò la moquette scarlatta della Sala Comune di Grifondoro.
«Oh, Merlino. Roxi che hai?» chiese allarmato Frank, cingendole le spalle, mentre l’amica si contorceva e si piegava in avanti. «Roxi! Roxi! Ma che cavolo le hai dato?» sbottò terrorizzato, appoggiando Roxi a terra il più delicatamente possibile. Il corpo della ragazzina sussultava ed il suo respiro era mozzato.
«I-io… la pozione del DNA…» balbettò Lucy.
«Le hai fatto bere la pozione del DNA?» chiese sconvolto Fred, che si era avvicinato richiamato da altri ragazzi. Non aspettò risposta e corse verso il dormitorio maschile. James si inginocchiò accanto a Frank. «Spostatevi. Spostatevi», disse ai compagni che si accalcavano, «Qualcuno vada a chiamare il nostro direttore, invece di stare qua a guardare».
Lucy scappò via terrorizzata, ma nessuno dei suoi cugini la seguì.
«Bevi, bevi» borbottò Fred, ritornato di corsa. Fece ingoiare di forza alla sorellina un liquido trasparente e la ragazzina perse definitivamente conoscenza, ma il suo respiro divenne lievemente più regolare.
«Che succede?» domandò Neville, facendosi spazio nella calca, che attorniava i quattro ragazzi.
«Roxi ha ingerito la pozione del DNA, che è altamente tossica. Gli ingrediente sono così nocivi, che ne basta pochissima per bruciare gli organi interni. Le ho dato una pozione protettiva, ma il liquido è ormai in circolo e deve intervenire un Guaritore» spiegò Fred, inceppandosi su ogni parola per la paura. Dopodiché aiutò Neville a portarla in infermeria.
*
«Lucy, aspettami! Per favore!» Frank la raggiunse e la trattenne per un braccio. Il vento freddo sferzava il volto di entrambi. «Voglio solo parlarti».
«E di cosa? Mi espelleranno! E forse mi rinchiuderanno ad Azkaban per cuginicidio» singhiozzò.
«A parte il fatto che cuginicidio non esiste come parola. E soprattutto Roxi è viva e vegeta».
«Ma sono chiusi lì dentro da ore e zio George e zia Angelina sono preoccupatissimi… non li ho mai visti così».
«Perché l’hai fatto?».
«Ora basta, Paciock. Lascia stare, Lucy. Lei vieni con noi adesso» disse una ragazzina, appena sopraggiunta insieme ad un’altra.
«Greengrass, sto solo cercando di capire perché ha fatto male a Roxi».
«Ed io ti ho detto di lasciarla in pace!». Mise una mano sulla spalla di Lucy e la trascinò verso il castello. Frank rivolse la sua attenzione al Lago Nero, completamente ghiacciato. Si asciugò le lacrime con la manica della divisa e si affrettò verso le serre per non arrivare in ritardo a lezione, visto che il padre gli aveva proibito di aspettare fuori dall’ infermeria.
*
Lucy si lasciò trascinare dalle amiche fino alla loro Sala Comune. Una volta raggiunta la loro stanza si gettò sul suo letto, percepì la presenza di entrambe ai suoi fianchi, ma non disse nulla.
«Lu? Che cos’è andato storto nel tuo piano?» chiese Arianna Greengrass.
«Credo che la pozione non si beva… Non ho idea di come funzioni sul serio. Quel cretino di Roockwood non me l’ha detto. Ho dato per scontato che si bevesse. Tutte le pozioni si bevono!».
«Ti avevo detto di non fidarti di Roockwood. Quel ragazzo mi dà i brividi» sospirò Alexis Finch-Fletchley.
«E comunque non tutte le pozioni si bevono» aggiunse Arianna.
«Evita, attacchi di secchionaggine. Sto già male» mugugnò Lucy.
«Vedrai che Madama Chips rimetterà in sesto tua cugina».
«Ma sarò comunque espulsa!».
«Magari, no… Dicono tutti che sbagliare è umano» provò a consolarla Alexis.
«Ma perseverare diabolico… e purtroppo Lucy ha un elenco di malefatte fin troppo lungo per essere solo al secondo anno».
«Sì, ma sono cose di poco conto. Sono sicura che le daranno un’altra possibilità».
«Alexis, tu sei troppo buona! Purtroppo la McGranitt non lo è».
«Io non voglio che la buttino fuori!» singhiozzò Alexis e si diresse verso la porta.
«Dove vai?» chiese Arianna.
«Da mio padre. Deve fare qualcosa!».
«Non può farci nulla lui. Lascialo in pace».
«Mi deve ascoltare!» borbottò lei.
Alexis era estremamente legata al padre, l’unica volta in cui vi era sta tensione tra loro era stata dopo il suo smistamento a Serpeverde. Il padre, come le sorelle, non l’aveva presa per niente bene. Per lui era ancora difficile rivalutare completamente quella Casata dopo la guerra. Non era mai stato severo o soffocante, ma per i primi mesi del suo primo anno non aveva fatto altro che rimproverarla per ogni minuzia ed i suoi voti non gli andavano mai bene, nonostante s’impegnasse molto. Faceva in quel modo solo perché lei indossava i colori verde-argento, perché le sue sorelle Emily e Noemi, rispettivamente Grifondoro e Tassorosso, non amavano minimamente lo studio e nonostante ciò non le rimproverava quasi mai. Lei doveva aiutare Lucy, perché all’epoca era stata lei, trascinandosi Arianna, ad andare da suo padre (era stato lui stesso a raccontarglielo), e gliele aveva letteralmente cantate ed Arianna le aveva assicurato che la loro amica era arrivata ad insultare l’insegnante non troppo velatamente. Comunque il padre aveva colto il messaggio e dopo era stato lui a cercarla per scusarsi del suo comportamento pressoché infantile. Da allora era tornato tutto come prima dello smistamento, anche se le sue sorelle continuavano a punzecchiarla sull’argomento, ma suo padre interveniva sempre in suo favore e quindi non le interessava più di tanto. Loro l’avevano sempre presa in giro. Arrivò alla sua classe proprio alla fine dell’ora. Evitò i ragazzi, che uscivano per dirigersi alla lezione successiva, ed entrò.
«Non dovresti essere a lezione, tu?» la precedette Justin con una punta di severità nella voce.
Ops, giusto. La storia di Lucy l’aveva completamente sconvolta. «Ehm sì dovrei…».
«Perché hai pianto?» chiese lui accarezzandole il viso umido.
«Non voglio che Lucy venga espulsa. Lo puoi impedire, vero?».
Justin sospirò e l’abbracciò, scoccandole un bacio sulla testa. «Non credo di avere tutto questo potere. E la tua amica ha fatto una cosa molto grave, che l’è saltato in mente?».
«Pensa che lei e la cugina siano state scambiate nella culla».
«È un’idiozia che accade solo nei film babbani…».
«E lei non sapeva che la pozione non si beve. Non è cattiva, non la potete espellere per questo!».
«Adesso calmati! Ti assicuro che verrà valutata attentamente la situazione. Altro non posso dirti… Ah, a parte il fatto che Robards non sarà per niente contento quando saprà che hai saltato la doppia ora di erbologia».
«No, dai ti prego. Robards mi terrorizza. Ti prometto che non accadrà più» disse supplichevole.
Justin sospirò e cedette: «Chiederò a Neville di chiudere un occhio per questa volta, se non farà rapporto a Robards difficilmente lui verrà a sapere che tu, e immagino anche Arianna, non siete andate a lezione».
«Grazie, grazie, grazie» disse lei abbracciandolo.
*
Frank si era assicurato che Roxi si stesse riprendendo, ma non era ancora andato a trovarla. Prima le lezioni, poi i compiti ed aveva sempre rimandato. La verità è che aveva paura di vederla soffrire. Ma era pur sempre la sua migliore amica, se stava male non poteva lasciarla certo da sola! Corse su per le scale del dormitorio maschile e bloccò James, che stava scendendo in quel momento.
«Ti prego» ansimò, «prestami il mantello».
Il ragazzo lo osservò sorpreso: «E così il mio piccolo secchione, che non trasgredisce mai le regole, vuole farsi un giro dopo il coprifuoco?».
«Devo andare a trovare Roxi. Ti prego non mi far perdere tempo…».
Cinque minuti dopo, nascosto dal mantello dell’invisibilità, si avviò lungo il corridoio del settimo piano. Di norma durante il giorno se non era in compagnia di Roxi o di Albus gli sembrava di essere parte della parete, per quanto si sentisse considerato dal resto degli studenti. Adesso, invece, era come se tutti i quadri non solo lo vedessero ma anche che lo giudicassero; quasi se li immaginava brontolare per l’indisciplina dei “giovani d’oggi”. Evitò un Prefetto di Corvonero. Non aveva scelto la serata migliore per infrangere le regole: erano di ronda Serpeverde e Corvonero. Fortunatamente il corridoio dell’infermeria era libero. Si affacciò dalla porta e gettò un’occhiata all’interno: Angelina Weasley era seduta accanto al letto della figlia e gli dava le spalle. Da lì non vedeva Roxi. Non poteva certo entrare con Angelina lì? E se non ci fosse stata, sarebbe cambiata la situazione? Insomma era stato uno stupido: lì lui a quell’ora non avrebbe dovuto esserci per nessun motivo. Chissà cosa avrebbe pensato di lui Madama Chips! Si voltò, pronto a tornare alla Torre di Grifondoro, ma sbatté contro qualcuno e cadde all’indietro. Il mantello scivolò via.
«Frankie!» la voce gioviale di George Weasley quasi rimbombò nel corridoio deserto. Avrebbe preferito che non avesse parlato a voce così alta. L’uomo, con un ampio sorriso in volto, lo rimise in piedi di peso. «Che fai scappi?».
Il ragazzino arrossì e si avviò lunghe le corsie vuote dell’infermeria insieme a George.
«Ciao, Roxi» sussurrò avvicinandosi al letto dell’amica.
Roxi non aveva una bella cera, ma gli sorrise ugualmente. Gli fece segno di avvicinarsi e quando lui obbedì lei gli diede un bacio sulla guancia, poi disse a voce bassissima: «Mi sei mancato».
«Scusa se non sono venuto prima» replicò lui, sentendosi improvvisamente in colpa. Lei lo aspettava!
«Angie, vieni a prendere un po’ di caffè. C’è Frankie che fa compagnia a Roxi».
I due adulti li lasciarono soli. Roxi non sembrava avesse molta voglia o la forza di parlare, così gli chiese: «Raccontami di oggi».
Frank le raccontò tutto quello che era accaduto da quando lei era stata portata in infermeria. Non fece alcun accenno a Lucy, che si era data alla macchia. Roxi per lo più ascoltò in silenzio, ogni tanto accennò un sorriso divertito. Quando George ed Angelina ritornarono, trovarono i due ragazzini addormentati.
«Non sono tenerissimi?» chiese Angelina rivolta al marito, che si limito ad annuire e sorridere. Roxi stringeva la mano di Frank, ed il ragazzino aveva appoggiato la testa accanto alla spalla dell’amica. La porta si aprì di scatto e l’incanto si ruppe. I due genitori si voltarono, mentre Neville entrava in compagnia di Fred.
«Abbiamo trovato Lucy. Papà, dice che vuole parlare solo con te» annunciò il ragazzo.
«Lui che fa qua?» sbuffò Neville accennando al figlio.
«Teneva compagnia a Roxi, mentre noi siamo andati a prendere un caffè. Mi sembra logico» replicò George con un ghigno malandrino.
«Sai benissimo, che dovrebbe essere nel suo letto in questo momento!» replicò Neville per nulla intenerito dalle parole dell’altro.
«Mi stai chiedendo se conosco le regole della Scuola? Sì, in effetti credo di averle infrante tutte a suo tempo… alcune anche un migliaio di volte».
Angelina alzò gli occhi al cielo, Neville sbuffò e Fred ridacchiò battendo il cinque al padre.
«Bene, io vado dalla peste prima che sparisca di nuovo… E mi raccomando Neville, non rompere le pluffe… Vieni con me Fred…».
Angelina osservò marito e figlio uscire e si rivolse a Neville: «Neville, so che George non è mai serio, ma credo che stavolta abbia ragione. Sai quanto si vogliono bene Frankie e Roxi. Non è necessario che tu sia severo con lui in questo caso».
«Sì, tranquilla. Lo so benissimo perché Frank è qui. È stato in pensiero tutto il giorno. Lo sveglio e lo riaccompagno alla Torre. Però il mantello dovete restituirlo ad Harry» disse prendendolo dalla sedia e porgendoglielo.
«Sei consapevole del fatto, che domani prima di andarcene George farà in modo che ritorni nelle mani di James o Lily?».
«Perfettamente, ma almeno io ho fatto il mio dovere» rispose Neville, facendole l’occhiolino. Poi toccò delicatamente il figlio e lui sobbalzò quasi subito, guardandosi intorno. «Papà! Io…».
«Tu? Su non ti sforzare a trovare qualche stupida scusa… So quanto tieni a Roxi… Ti accompagno alla Torre» disse circondandolo con un braccio in modo affettuoso. «Ma non violare più le regole».
«Certo, papà» biascicò lui assonnato.
*
Percy Weasley percorreva la stanza a grandi falcate almeno da dieci minuti. Sua figlia lo fissava a braccia incrociate e con un’espressione di sfida dipinta sul volto.
«Si può sapere che ti è saltato in mente? Che cos’è questa storia assurda che hai raccontato alla Preside? Quando tu e Roxi sareste state scambiate nella culla?» sbottò senza più riuscire a trattenersi. Audrey gli aveva chiesto di aspettarla, avrebbero parlato insieme alla figlia; ma la moglie era in ritardo a causa di un’improvvisa emergenza al San Mungo, dove lavorava come medimaga.
«Quando eravamo ancora nella nursery dell’ospedale. Io e Roxi siamo nate a distanza di ventiquattro ore» rispose lei fredda.
«Quindi tu pensi che mia figlia sia Roxi? E tu saresti figlia di George?».
«Esattamente. Come ho detto alla McGranitt volevo solo dimostrarlo. Non conoscevo l’effettivo funzionamento di quella pozione, ecco perché è successo tutto ciò».
«La professoressa McGranitt, signorina ricordati che devi portare rispetto agli adulti! E sei stata un’incosciente ad usare una pozione che conoscevi! Tua cugina si è salvata per puro miracolo! Se Fred non fosse stato lì o se non avesse avuto quella pozione protettiva a portata di mano… Io non so più che fare con te» sospirò. «Credi davvero che vi abbiamo scambiate? Roxanne non assomiglia per niente né a me né a tua madre».
«Mica la somiglianza è sempre visibile! E comunque ti assomiglia più di me! E poi abbiamo entrambe capelli rossi, lentiggini ed occhi azzurri. Ci assomigliamo un sacco io e Roxi».
«Quasi tutti i Weasley hanno queste caratteristiche! E non hai notato che Roxi ha la carnagione più scura? L’ha ereditata da Angelina! Mentre tu hai la pelle chiarissima, proprio come tua madre!». Lucy fissava ostinatamente il pavimento, fingendo di non ascoltarlo. «E va bene! Se è quello che vuoi. Ecco la pozione del DNA, tua madre l’ha presa al San Mungo. Vuoi ancora provare?».
«Sì, certo» Lucy divenne improvvisamente molto più attenta. «Dammi un tuo capello, allora».
Lucy obbedì e Percy se ne staccò uno anche lui.
«Ora metterò entrambi i capelli nella pozione», disse mostrandole una fiale con un liquido bluastro, «se diventa rossa significa che sono io tuo padre. Invece il colore rosa indica che siamo parenti. Infine se rimane blu significa che non abbiamo alcun legame di sangue. Tutto chiaro? Sei pronta?».
«Vai».
«Toglimi una curiosità prima. Nel caso assurdo che tu avessi ragione, che cosa succederà?».
«Semplice. Io e Roxi ci scambieremo».
«Dubito che Roxi ne sarebbe felice. Tu non consideri mai i sentimenti altrui? Ma sia come vuoi tu. Ecco». Percy aggiunse i due capelli nella fiale e Lucy la fissò per un secondo, poi chiuse gli occhi temendo il risultato. Quando li riaprì la pozione era inesorabilmente rossa e suo padre la scrutava severamente.
«Allora, che hai da dire a tua discolpa?».
Lucy ricacciò indietro le lacrime ed urlò: «TI ODIO». Scappò via e abbandonò Percy da solo a chiedersi dove avesse sbagliato con lei.
*
«Rosie».
La ragazzina si voltò verso l’amica, che correva verso di lei in lacrime. Alcuni ragazzi più grandi la inseguivano. Estrasse la bacchetta. «Tranquilla, Dor. Ci penso io».
I grandi risero.
«Ci penso io» le fece il verso uno di loro.
Erano in tre: Douglas di Corvonero, Warrington e Maciste di Serpeverde. «Che cosa vuoi fare, mezzosangue?» l’apostrofò Douglas sprezzante.
«Farvi rimpiangere di esservi avvicinati alla mia amica» replicò Rose, nient’affatto intimorita. «Esperlliamus!». Douglas respinse l’incantesimo senza alcuna difficoltà. «Con chi credi di aver a che fare? Dateci il topazio di Tosca Tassorosso e forse saremo clementi».
«Sì, col cavolo» rispose Rose. Riprovò a disarmarlo, ma Maciste, che non era minimamente paziente, si avventò su di lei e le strappò la bacchetta di mano, storcendole il polso. Rose urlò per i dolore e con gli occhi annebbiati dalle lacrime, non riuscì ad impedire che Warrington strappasse il filo, cui era legato il topazio, dal collo di Dorcas.
«Lasciatele in pace!» impose Albus, sopraggiungendo di corsa seguito da Scorpius.
«Incarceramus». L’incantesimo di Douglas colse entrambi di sorpresa e caddero a terra, legati da corde invisibili, e li caddero anche le bacchette. «Chi abbiamo qui?» chiese il Corvonero con un ghigno divertito. «Un Grifondoro ed addirittura un Serpeverde. Malfoy mi ripugni! La tua famiglia non ti ha ancora diseredato?».
Scorpius si limitò a guardarlo in cagnesco.
«E lui non è un vero Grifondoro», s’intromise Warrington, «Mio fratello mi ha detto che si è quasi messo a piangere davanti ad un molliccio». I tre sghignazzarono. Alla fine Douglas ordinò: «Maciste, dà loro una lezione. Magari Malfoy rinsavisce e si ricorda da che parte deve stare. Ah, pretendo anche lo zaffiro di Corvonero e lo avrò con le buone o con le cattive. Maciste ora vi farà vedere le cattive».
Rose, zittita, come gli altri, da un incantesimo tacitante, si disse che non avrebbe mai dimenticato quel momento. Anche quando i tre se ne furono finalmente andati e l’incantesimo si sciolse, lei rimase nella stessa posizione. Non riusciva nemmeno a guardare il cugino e l’amico. Strinse le ginocchia al petto e lasciò andare liberamente le lacrime. Una parte di lei sperò ardentemente che fosse stato solo un incubo, ma il polso dolorante era più che reale.
«Che cavolo è successo qui?».
Rose alzò gli occhi ed incrociò quelli di spaventati di un ragazzo più grande. Non rispose. Lui si avvicinò a lei ed a Dorcas. Tirò fuori un pacco di fazzoletti dallo zaino e glieli porse. Lei istintivamente si attaccò al suo braccio, dopo che le aveva aiutate ad alzarsi. Un’ora dopo non l’aveva ancora mollato, nonostante Madama Chips le avesse dato una pozione calmante e le avesse sistemato il polso. Anche Al e Scorp stavano meglio, ma erano ancora privi di conoscenza. James e gli altri li avevano raggiunti in infermeria, ma lei si era rifiutata di fornire loro alcuna spiegazione. Fortunatamente l’infermiera era intervenuta ed aveva fatto in modo che la lasciassero in pace. Ad un certo punto la porta si aprì e Neville, Harry, Ron, i signori Malfoy e Gabriel Fenwick entrarono.
«Papà!» gridò Rose, liberando finalmente il Prefetto di Corvonero dalla sua stretta e si gettò sul padre, che la strinse subito a sé. Gabriel fece altrettanto con Dorcas. Harry, Draco ed Astoria si avvicinarono ai rispettivi figli.
«Pretendo una spiegazione» sibilò Draco rivolto a Neville.
«E l’avrà signor Malfoy» rispose la Preside appena arrivata, insieme a Mcmillan.
«Che cos’è accaduto?» chiese Harry a denti stretti.
«Non l’abbiamo ancora capito. La signorina Weasley e la signorina Fenwick non ci hanno ancora raccontato nulla» rispose ancora la Preside.
«Harry, Rosie è spaventata. Lasciala in pace!» lo bloccò il suo migliore amico prima che potesse aprire bocca.
«Tu che cosa sai?» sbottò Draco additando minacciosamente il Prefetto di Corvonero.
«Nulla, mi dispiace, signore. Stavo tornando nella mia Sala Comune quando li ho trovati».
«Si stanno svegliando» li richiamò Neville.
Scorpius, in realtà era già sveglio da qualche secondo e li stava osservando in silenzio; mentre Albus si mosse irrequieto, quasi pensasse di essere ancora legato, prima di aprire gli occhi.
«Al!» Harry si avvicinò immediatamente e gli accarezzò i capelli. Il figlio era pallido. «Al, come stai?».
«Come se un rullo compressore, mi fosse passato di sopra» borbottò in modo che potesse udirlo solo lui.
«Ti ricordi cos’è successo?».
Albus si incupì, ma fece un lieve cenno affermativo.
«Perché non ce lo racconti?».
Il ragazzino chiuse gli occhi e scosse la testa. Scorpius era sicuro che anche nella testa dell’amico in quel momento stesse rimbombando l’ultimo avvertimento di Douglas: Non una parola.
«Al, ti prego» provò Harry, ma il figlio si rifiutò di guardarlo. «Mamma sta arrivando, ok?».
«Fergusson, puoi andare» ruppe il silenzio la Preside.
Il ragazzo obbedì e mentre usciva tenne aperta la porta per far passare Ginny Potter ed Hermione Weasley.
«Scorpius, maledizione! Dicci che cos’è successo!» sbottò irritato Draco Malfoy.
«Signor Malfoy, è pregato di abbassare la voce! Questa è un’infermeria» lo redarguì Madama Chips, accennando esplicitamente a Roxi, ben vigile in uno dei letti vicini.
«Preside, la prego, potremmo rimanere soli con i nostri figli?» chiese Ginny.
«Naturalmente. Ragazzi andate a cenare. Signor Fenwick, signori Weasley vi pregherei di uscire anche voi».
«Ora parlate» ordinò Draco, quando furono tutti usciti e Madama Chips si fu chiusa la porta del suo ufficio alle spalle. I Potter lo fulminarono con lo sguardo.
«Al, per piacere, raccontaci quello che vi è accaduto» disse Ginny, dopo averlo abbracciato.
«Di che cosa avete paura? Avete fatto qualcosa che non avreste dovuto?» le venne in aiuto Astoria Malfoy.
Albus e Scorpius si scambiarono uno sguardo. Alla fine il secondo sbuffò e disse: «Non ve lo possiamo dire. Non possiamo chiudere qui la questione?».
«Assolutamente no!» tuonò Draco Malfoy.
«Albus, non mi fare perdere la pazienza. Ci state facendo preoccupare un sacco!» rincarò Harry.
Albus si mise seduto con una lieve smorfia: la pozione cura ferite non aveva ancora fatto effetto del tutto. «Sono stati dei ragazzi più grandi, ma hanno detto che se facciamo i loro nomi sarà peggio per noi».
«Si ritroveranno espulsi, prima che possano anche solo muovere un dito!» si alterò Draco Malfoy.
Scorpius fece una finta risata amara: «Espulsi? È più facile che facciano ricadere la colpa su noi quattro…».
«Perché voi che avete fatto?».
«A loro nulla. Io non ci avevo mai parlato» rispose Albus alla madre.
«E tu Scorpius?» chiese minaccioso Draco.
«Certo, che ci ho parlato. Tutte quelle stupide feste da snob purosangue a casa Zabini…» si interruppe, rendendosi conto di aver parlato troppo.
«Quindi conosco i loro genitori?».
«Facciamola finita, fuori i nomi» s’inserì Harry, senza distogliere lo sguardo dal figlio.
«Douglas di Corvonero…».
«Era lui a comandare» gli venne in aiuto Scorpius. Albus lo ringraziò con un lieve sorriso: almeno avrebbero rischiato la vendetta in due. «Warrington e Maciste».
«Maciste? Che razza di nome è?» domandò Draco.
«Credo che il suo vero nome sia Edward Kinnins. È del settimo anno e terrorizza sempre gli altri studenti, tanto che ormai lo conoscono tutti solo come Maciste» spiegò Scorpius.
*
«Ho parlato con il professor Robards e mi ha detto che Douglas, Kinnins e Warrington erano a lezione con lui. Temo che i vostri figli abbiano mentito» principiò la Preside.
«Mi faccia il piacere!», sbottò Draco, «la diagnosi di Madama Chips non è stata abbastanza chiara? La chiami, allora».
«La prego, signor Malfoy. Il professor Robards ritiene che probabilmente i ragazzi abbiano inventato questa storia per non confessare che hanno duellato alla babbana tra loro».
«Professoressa, sta scherzando, vero?» chiese Harry. «Mia nipote e Dorcas perché sono così sconvolte?».
«A quanto pare l’unica cosa che mette d’accordo voi due sono i vostri figli!».
«Hanno avuto la sventurata idea di diventare amici, quindi direi di sì» borbottò Malfoy, ma la Preside lo ignorò.
«Secondo voi, io dovrei dar più credito a due maghi di tredici anni o ad un mio docente?».
«Ai nostri figli» ringhiarono all’unisono, per poi guardarsi in cagnesco.
«Ma non si è chiesta perché uno studente del settimo anno si trovasse in classe con quelli del sesto?» domandò Harry con veemenza.
«Certo che sì, Potter. Con chi credi di aver a che fare? Il professor Robards mi ha risposto che Kinnins aveva un’ora libera ed aveva deciso di seguire la lezione di Difesa del sesto anno per consolidare le sue conoscenze».
«Che nobile proposito!» ironizzò Harry.
«Che deve consolidare uno che è stato bocciato due volte?» commentò acidamente Malfoy.
«Vi prego, signori! Bene, togliamoci il dubbio! Aspettatemi qui».
Harry e Draco non si rivolsero minimamente la parola e un silenzio teso regnò nell’ufficio finché la Preside non rientrò in compagnia di un Prefetto di Serpeverde.
«Vi presento la signorina Samantha Tylerson. Bene, signorina, lei oggi era presente alla lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, vero?».
«Sì, naturalmente professoressa».
«Vi erano studenti assenti? Qualcuno è arrivato in ritardo?».
La ragazza sembrò decisamente sorpresa da quelle domande, ma rispose: «Sì, era assente Matthew Fergusson di Corvonero; mentre Warrington è arrivato in ritardo ed era in compagnia di Kinnins. Il professore gli ha permesso di seguire la lezione con noi».
«Bene, bene a quanto pare non sono dei tredicenni a mentire…» commentò sarcastico Malfoy.
*
«Avanti» disse Ernie Mcmillan.
Filius Vitious procedette all’interno del piccolo ufficio con il passo ormai malfermo a causa dell’età avanzata. Justin Finch-Fletchley, fino a quel momento stravaccato sul divanetto giallo, si raddrizzò immediatamente tentando di assumere una postura più composta; mentre Neville si alzò, per lasciargli la poltrona. Vitious lo ringraziò con un cenno, mentre i tre giovani docenti si stringevano sul divano.
«Buonasera, professore. Come mai qui?» chiese Justin.
«Buonasera, ragazzi. Sono venuto a scambiare due parole con voi. Ho visto che non avete preso bene il modo in cui Minerva ha reagito agli ultimi gravi episodi».
«Professore, Potter e Malfoy sono stati letteralmente pestati da tre ragazzi più grandi. La prego, di chiamare gli episodi gravi con il loro nome» replicò serio Justin.
«E poi con tutto il rispetto, la professoressa McGranitt non ha preso provvedimenti. È questo che ci ha lasciati scontenti e basiti. Personalmente se si fosse trattato di uno dei miei studenti avrei proceduto immediatamente con una sospensione» aggiunse Ernie evidentemente seccato.
«Mi rincresce che non abbiate più fiducia in Minerva» replicò amareggiato il piccolo insegnante di incantesimi.
«Abbiamo fiducia nella professoressa McGranitt» asserì Neville anche a nome degli amici. «A maggior ragione il suo comportamento ci ha profondamente deluso».
«Purtroppo vi sono state complicazioni diplomatiche, ma vi assicuro che se ufficialmente non ha preso provvedimenti, non significa che non l’abbia fatto nemmeno ufficiosamente. Gawain Robards ha consegnato stamattina le sue dimissioni. Completerà l’anno e poi andrà direttamente in pensione. Naturalmente Harry Potter non ha gradito il suo atteggiamento nei confronti del figlio, per cui una loro futura collaborazione al Ministero è quanto mai da escludere. Robards è più che consapevole di non essere indispensabile».
«È quanto mai diseducativo che lui abbia difeso i suoi allievi anche di fronte ad una simile condotta!» borbottò Neville.
«Vi prego, mettete da parte il vostro rancore per Robards in questi ultimi mesi e continuate a svolgere il vostro lavoro al meglio come avete sempre fatto. E perché lo sappiate, ho punito personalmente Douglas. Non ho proceduto ad una sospensione perché avrei dovuto spiegarne il motivo e Robards ha fatto in modo che l’intera faccenda fosse insabbiata. Comunque questa sera sono venuto a comunicarvi che a giugno andrò in pensione».
«Cosa?» sbottò Justin.
«Hai capito bene, Justin» sorrise l’anziano mago. «Ascoltatemi bene. Voi avete combattuto per questa Scuola, appena sia io che Minerva lasceremo i nostri rispettivi incarichi sarete voi i nuovi pilastri della Scuola. Abbiamo completa fiducia in voi. Neville, per diritto di anzianità, sarai tu il nuovo vicepreside. Sono sicuro che farai un ottimo lavoro. Ed i tuoi colleghi saranno sempre pronti ad aiutarti».
«Io non credo di essere all’altezza».
«Non può andare in pensione. Ragiona ancora benissimo!».
Ernie tirò una gomitata a Justin per intimargli di tacere, ma l’anziano mago si limitò a ridacchiare.
«Per Merlino, ragiono benissimo. Su questo non ho dubbi, Justin. Purtroppo però mi stanco più facilmente e la stanchezza mi fa perdere la pazienza. E, confido che lo sappiate, senza pazienza non si è bravi insegnanti… E Neville, ti dico che sarai bravissimo».
 
Nota dell’autrice:
Ciao a tutti :-D
Nello scorso capitolo mi sono dimenticata di dirvi che la poesia inviata ad Albus non è mia, ma di un poeta francese: Jacques Prevert.  
Spero che la storia vi stia piacendo, non dite mai nulla! Comunque buona serata :-D :-D
   
 
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