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Autore: SofyTrancy    27/11/2015    1 recensioni
Ciao a tutti!
Questa è una FF AU sul mondo di Bravely Default, raccontata alternamente dai quattro personaggi principali!
In questa storia troverete tutti i personaggi appartententi al gioco... in vesti molto diverse dalle loro!
Curiosi? Allora iniziate a leggere!
(ATTENZIONE: Possibili SPOILER per chi non ha finito COMPLETAMENTE il gioco.)
(Coppie principali: Ringabel/Edea e Tiz/Agnés)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agnés Oblige, Edea, Ringabel, Tiz, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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~ Agnès ~

La mia noiosissima vita
 

«Lo odio!»

Alzai gli occhi al cielo.

Era la decima volta (o la ventesima?) che quella strana ragazza ripeteva quella frase.

E io che volevo stare da sola e in pace...

«E' insopportabile! Non è vivibile.» continuava.

Le lezioni erano finite da circa dieci minuti e io stavo aspettando l'arrivo del bus... quindi perché lei era ancora lì con me?

«Ma lo hai visto?! Insopportabile! Indecente!» urlò nuovamente la bionda.

«Senti...– iniziai io –perché sei qui se non devi prendere il pullman? Torna a casa.»

Ci fu un attimo di silenzio.

Lo sguardo di Edea si addolcì.

«Volevo solo tenerti compagnia...»

Quella frase mi fece, devo ammetterlo, piacere.

Nessuno mi aveva mai voluto come amica... o meglio, nessuno tranne...

Scossi la testa.

«Preferisco stare da sola.» dissi, con voce ferma.

Non volevo più avere amici.

Non volevo più stare male.

Non volevo più fare del male alle persone.

«Ma a nessuno piace stare solo.» mi fece notare la ragazza.

Aveva ragione, terribilmente ragione.
Ma io non potevo avere amici.

Vidi il pullman arrivare da dietro l'edificio scolastico.

Mi alzai, mentre il bus si fermava e apriva le portiere.

«Domani cambia banco, vai accanto a chi vuoi, ma lasciami in pace.» dissi, la voce ferma, salendo sul mezzo di trasporto e sedendomi nel primo posto libero.

Le portiere si chiusero.

Il bus iniziò a muoversi, allontanandomi da colei che voleva essere mia amica.

Ma il mio cuore era ormai stato corrotto da una forza troppo malvagia.

 

Entrai silenziosamente in casa, lanciando uno sguardo alle scale che conducevano a camera mia.

Feci un passo, poi un altro.

Dovevo agire lentamente, o se ne sarebbe accorta...

«Agnès? Sei tu?» mi chiamo mia madre.

Sbuffai.

«Sì mamma.» risposi, lanciando uno sguardo malinconico alle scale e dirigendomi verso la cucina.

«Come è andata a scuola?»

Mia madre era bassa e grassottella... ma no non era la classica mamma dolce e amorevole.

Lei voleva solo la precisione.

Solo quella.

«Bene...» risposi, cercando di evitare il suo sguardo pungente.

«Hai da studiare?»

Le sue mani si muovevano veloci sul portatile davanti a lei.

Molto probabilmente stava lavorando.

«Solo chimica... e non è tantissimo...» il mio sguardo si fece più basso.

«Integra gli appunti e portati avanti col programma.– continuò lei –Sai che non accetto un voto più basso del 9. Dovrai studiare ogni giorno» aggiunse poi tornando ad osservare lo schermo del computer.

«Ma... quest'anno mi avevi promesso...» iniziai.

«Basta con questa storia di voler fare musica, Agnès. Non sei più una bambina.»

Il mondo mi cadde addosso.

Vedete?

Mia madre voleva solo la perfezione.

Non esistevano parole come divertimento o svago nel suo vocabolario.

Abbassai nuovamente lo sguardo.

«Vado ad integrare gli appunti...»

«Bene, io ti saluto.– disse lei –Ho tre riunioni di lavoro una dopo l'altra oggi... non sarò a casa prima delle 10 di sera.»

Un piccolo barlume illuminò quell'orrenda giornata.

Ero libera.

«Ti ho lasciato il pranzo in frigo, riscaldalo.– aggiunse mia madre mettendosi il cappotto –Idem per la cena.»

«Certo mamma.» risposi.

«A dopo tesoro.»

«A dopo.»

La porta si chiuse.

 

Appena sentii la macchina di mia madre allontanarsi, legai i capelli infilandoli sotto ad un largo cappello e mi tolsi gli occhiali, prendendo quelli di ricambio che tenevo in un cassetto del soggiorno.

Presi la carne fredda dal frigo e corsi fuori casa per gettarla nel cassonetto infondo alla strada.

Abbassai ancora di più il cappello.

Se qualcuno mi avesse riconosciuto avrebbe potuto dirlo a mia madre... il che era un vero problema.

Il mio stomaco brontolò.

Presi il mio telefono, decisa a mangiare in un kebab o un Mc Donald, cosa che, con mia madre in casa, era assai difficile.

Quando vidi l'immagine di sfondo rimasi interdetta per un attimo.

Due bambine, abbracciate sorridevano verso l'obbiettivo.

Una aveva lunghi capelli blu, ornati da un delizioso fermaglio a forma di fata.

L'altra capelli castano-scuro, un'espressione felice.

Una scritta recitava “Agnès & Olivia”.

Sorrisi.

Il cibo poteva aspettare.

Prima dovevo andare a trovare la mia unica amica.

 

Varcai il grande cancello e entrai nel lungo viale alberato.

Chissà se Olivia sarebbe stata felice di vedermi...

Per colpa di mia madre non potevo andare a trovarla spesso.

Feci qualche passo avanti finché non la vidi.

Eccola lì.

La seconda sul lato destro.

La foto di una ragazzina era incorniciata su una lapide.

Il nome “Olivia” era inciso sul marmo.

Una lacrima mi scese lungo la guancia.

Erano ormai tre anni da quando lei se n'era andata.

   
 
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