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Autore: A r y a_    28/11/2015    3 recensioni
Viola, ragazza dal talento innato di saper correre con una palla tra i piedi, sale nella prima squadra del quartiere milanese in cui si è trasferita, ma se il livello cresce, anche gli ostacoli si fanno più alti da scavalcare: all'interno del gruppo c'è instabilità, rivalità, competizione.
L'arrivo di un nuovo allenatore cambia le cose, non tutte in positivo, ma è proprio questa ennesima novità a complicare ulteriormente il cammino di Viola: nel calcio, il binomio di rapporti amore/odio e allenatore/atleta può essere estremamente delicato, toccherà a entrambi districarsi nei problemi che porterà.
• Dal Capitolo II •
Sì, le stava ancora stretto, come allenatore, ma in quel momento aveva una voglia di dimostrare quello che davvero sapeva fare, di spaccare, che non aveva mai avuto prima, con nessun altro mister.
*
Quella verità intrinseca che aveva appena colto era semplicemente che Edoardo aveva già la sua bella laurea in legge, e dei giri di parole e di perifrasi era il maestro indiscusso.
In pratica, aveva evitato di farle capire che aveva messo in discussione tutto, perché in lei vedeva un gran potenziale.
Genere: Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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• Capitolo IV •




 

Il sabato e l'ansia tendenzialmente non andavano d'accordo - anzi, probabilmente nemmeno erano a conoscenza l'uno dell'altra. 
Quel sabato però sarebbe potuta succedere qualsiasi cosa: Viola aveva passato due ore infernali su un impossibilissimo compito di matematica e l'indomani si sarebbe giocata la prima partita della stagione - il tutto in piena sindrome premestruale. 
In quel caso, sabato e ansia andavano proprio a braccetto. E poi si prendevano insieme un caffè.
In vista della gara, il mister aveva deciso che si sarebbero allenate un'ora in più, per avere un quadro completo della forma delle ragazze, che a dire il vero aveva già; ma non si sa mai, e lui era un perfetto perfezionista. 
Per, probabilmente, la prima volta in vita sua, Viola era arrivata in anticipo. Molto in anticipo. Troppo in anticipo.
Un'ora precisa: l'ansia e gli ormoni sfasati erano diventati una bomba a orologeria, esplosa nell'esatto momento in cui aveva confuso le lancette dei minuti con quelle delle ore.
Quindi era lì, al centro sportivo, senza avere la minima idea di cosa fare per ammazzare il tempo - ed aveva anche passato un buon quarto d'ora seduta su un gradino, giocherellando con un ricciolo castano che le sfuggiva dalla coda un po' confusionaria che s'era fatta credendo di essere in ritardo, prima di ricordarsi di avere nel borsone il testo in lingua originale di Orgoglio e Pregiudizio, di cui avrebbe dovuto leggere qualche capitolo per lunedì. Lo estrasse dalla borsa con tutta l'intenzione di portarsi avanti nella lettura, quando venne distratta da una voce alquanto familiare.
Prima di rendersene conto si era ritrovata dietro la colonna in cemento che sosteneva gli spalti, i quali si affacciavano sul campetto degli allenamenti. Una reazione del tutto istintiva e anche un po' illogica, a dirla tutta, che nemmeno lei sapeva esattamente spiegarsi: il corpo aveva agito prima ancora che la sua mente potesse pensare di farlo.
Dal lato opposto della struttura spuntò Edoardo, che chiacchierava col titolare della società riguardo a preparazione, risultati, partite. Parlava con un tono persuasivo, come se avesse dovuto convincerlo di qualcosa di cui non era sicuro. 
Viola non aveva nemmeno cercato di ascoltare, poiché erano lontani e a lei non interessava più di tanto; però si era fatta più attenta quando il suo allenatore era rimasto solo a sistemare il campo per le ore successive. Era calato un gran silenzio, tanto che aveva avvertito distintamente un suo sospiro, una volta che tutti gli attrezzi di lavoro erano al loro posto.
Il giovane uomo catturò definitivamente la sua attenzione quando prese, un po' annoiato, un pallone, e iniziò a palleggiare. In effetti non ricordava di averlo visto spesso fisicamente alle prese con una palla - durante gli allenamenti si limitava a dare istruzioni, o al massimo a chiedere una dimostrazione a qualcuna delle ragazze che avesse capito cosa fare, nel caso degli esercizi più complicati.

All'improvviso, tirò. 
Si era alzato la palla e al volo aveva calciato seccamente in porta, col destro, dandole una traiettoria perfetta. Forse troppo perfetta, probabilmente un portiere l'avrebbe indovinata con facilità.
Quindi sembrò zoppicare per due o tre passi, per poi mettersi le mani nelle tasche della felpa e appoggiarsi alla rete laterale, con un'espressione concentrata su qualche riflessione astrale da cui la ragazza era assolutamente preclusa. Certo che, oltre al solito sorrisetto beffardo, quello sembrava sempre incazzato.
Viola era rimasta vagamente intimorita da quell'atteggiamento così poco incoraggiante, per quanto involontario e forse anche inconsapevole del mister, e cercò di architettare in fretta una maniera per far sembrare che fosse arrivata in quel momento e che non avesse assistito alla scena.
Decise di fare il giro degli spalti passando da dietro, attirando lo sguardo incuriosito e interrogativo di un addetto alle pulizie che rovistava in qualche stanza seminascosta che non aveva, con ogni probabilità, mai visto.
Che suicidio. Avrebbe passato venti minuti da sola col mister.
Sperò con tutto il cuore che le compagne arrivassero il prima possibile.

***

«Innocenti in anticipo, ho le allucinazioni..? Ah aspetta, ho capito. E mi dispiace dirtelo ma l'ora cambia settimana prossima».

Commentò subito con un certo stupore nella voce e nell'espressione l'arrivo della diciassettenne. Alla vista delle labbra contratte e le sopracciglia abbassate e permalose, la sorpresa si tramutò presto in divertimento e sarcasmo. Doveva ammettere che era estremamente divertente sapere di avere un certo ascendente sulla gente, specialmente sulle atlete che allenava. Anche se più che ascendente, nel caso di Viola si trattava di impossibilità di reagire appropriatamente. Le battute secche e imprevedibili di Edoardo la annichilivano in modo fastidioso.

«Lo so... Ho sbagliato a leggere l'orologio» rispose lei - annichilita, appunto: la sua unica reazione non avrebbe potuto essere altro che rispondergli la verità. Si vergognava anche di quello, si sentiva così stupida! 
In tutta risposta, il mister annuì una volta con la testa, ironicamente, arricciando le labbra e mormorando tra i denti un abbastanza udibile "ah però!".

«Vabbè oh, mister, capita a tutti» continuò lei, cercando di non risultare troppo stupida, con le guance arrossate dall'imbarazzo. L'altro annuì sbuffando piano, divertito, sottintendendo un "sì, ma succede solo a te".
Viola era fantasticamente permalosa, per questo Edoardo trovava terreno fertile con la sua lingua tagliente. E dentro di sé, in fondo, si sentiva pure in colpa.
«Va che scherzavo, dai, non prendermi sempre alla lettera... Comunque è un bene che sia arrivata prima, per una volta.» disse; gli andava di parlare e lei era una delle poche con cui non avesse ancora scambiato due chiacchiere extra-allenamento.

***

Viola era sconvolta. In positivo, ovviamente - le era venuto da sorridere, incoraggiata da quel moto di gentilezza così inaspettato. 
«Ma ora che si fa?»
«Niente. Non so, se vuoi allenarti in jeans e maglione di lana...» ironizzò, alludendo al fatto che doveva cambiarsi e sottolineando con un'occhiata rapida che i suoi gusti in fatto di moda non fossero eccelsi. Cosa di cui, ovviamente, la ragazza non si era accorta.
Ah già, si doveva cambiare. Corse agli spogliatoi, ripensando al tiro del mister, e chiedendosi se lo avesse davvero visto o se lo fosse immaginato. Perché insomma, le era sembrato strano.
Ma l'idillio durò ben poco.

«Non hai mica parlato con mio fratello, tu... Perché sei arrivata prima? Ci volevi provare con lui? Guarda che ho visto che ha una specie di favore verso di te, che gli hai fatto?»

Ora. Tutto ma il favore proprio no. O almeno, a Viola non sembrava affatto, così come non era sembrato alle sue amiche in squadra, che ne parlavano insieme praticamente a fine di ogni allenamento.
Ma poi, provarci?! Alessandra era impazzita definitivamente, e nel tentativo di darle una risposta misurata anziché urlarle dietro di tutto, si era domandata quale fosse il suo accidenti di problema con lei.
Giocavano nello stesso ruolo, e allora? Una sarebbe rimasta a sedere, a patto che questa scelta fosse stata ragionata secondo canoni meritocratici. O almeno, sperava sarebbe stato così.

«Senti nini1, non so cosa tu abbia contro di me, ma ti assicuro che né ho il suo favore, né mi interessa sentimentalmente. Io non gli ho fatto assolutamente nulla, in compenso mi chiedevo se tu fossi paranoica.»
«Non sono paranoica. Io ci tengo», le sibilò in faccia, «al mio posto in campo».
«Io credo che tu non abbia capito una cosa: gioca chi è in forma. Non chi vuole la minestra scodellata perché tanto il mister è suo fratello.»
«E questo è esattamente quello che invece tu non hai capito: il mister è mio fratello e quindi gioco io».

Tanto era inutile discuterne ancora, non avrebbero risolto nulla poiché l'ago della bilancia sarebbe stato inevitabilmente Edoardo, e Viola era costretta a dargli fiducia; sul suo buonsenso, sulla sua onestà. Ma, a dire il vero, non ci credeva tutto questo granché.

***

Vide sua sorella uscire dagli spogliatoi tutta tronfia, con un piccolo seguito, e subito dietro, appena distaccato, un altro gruppetto con a capo Viola.
Sospirò, scuotendo la testa e passandosi le mani sul viso, pensando a cosa accidenti potesse essere successo là dentro in quei dieci minuti. 
Se pensava che il suo obiettivo era riunificare la squadra e renderla coesa e vincente, gli veniva male al cuore. Non era meno convinto dell'inizio, ma quella banda di oche da combattimento ce la metteva proprio tutta per rendergli il lavoro impossibile.

«È successo qualcosa che io non so?»
«No no, mister, tutto apposto.»
«Non mi costringete a prendere misure drastiche. Non sono qui per risolvere faide da spogliatoio, una squadra che vince sa come comunicare, non posso insegnarvelo io, siete grandi e vaccinate, cazzo» affermò con più calma di quanta in realtà ne avesse, mandandole a riscaldarsi con un gesto del braccio, mentre qualcuna di loro gli aveva assicurato che non c'era assolutissimamente nessun tipo di problema. 
Prima però fece in tempo a prendere per una spalla le due oche-capo e girarle entrambe verso di sé.
«Se scopro che una delle due o peggio entrambe c'entrano qualcosa, giuro che sarete costrette a leggervi il giornale per scoprire i risultati delle partite», mormorò, spintonandole via, tra le proteste della bionda.

Ultimamente si era stancato del comportamento di sua sorella. Forse era che, con l'arrivo della Innocenti, la quale si impegnava pure troppo, la sua filosofia di vita 'massimo risultato minimo sforzo' aveva iniziato a causargli insofferenza. 
E le voleva un gran bene, ma non sopportava più di dargliele sempre vinte tutte, nonostante fosse quello che aveva fatto in tutta la sua vita - la storia di Edoardo Agnelli e di come aveva speso l'esistenza a servire sua sorella.
Di questo lei si era accorta, quindi chissà che aveva detto a Viola, e Viola si era ribellata.
Sicuramente.
E così c'era stato lo scisma, ovvio - era anche troppo semplice da dedurre, per come si erano messe le cose.

Avrebbe deciso il da farsi nelle ore che sarebbero seguite: ci voleva la partitella, per schiarirsi le idee.

***

Il carattere forte di Viola non era mai stato scoperchiato né messo a nudo come in quel momento, tantomeno durante la sua permanenza nella squadra chiantigiana. 
La sua personalità l'aveva condotta a prendere le parti di chi subiva le prepotenze di Alessandra e amiche, e ricevere l'appoggio anche di ragazze più neutrali che l'avevano presa in simpatia; le squadre per la partitella si erano formate secondo questo criterio, con a riferimento proprio le due leader delle differenti fazioni.
Erano un po' come guelfi e ghibellini, o da una parte l'aristocrazia e dall'altra i borghesi.
In lotta per ideali totalmente divergenti.

Palla alle borghesi, campo alle aristocratiche - sembrava una vera partita di Serie A, c'era una tensione non indifferente. Nessuno avrebbe mai indovinato che fossero un'unica squadra.
Tra le fila della prima formazione si vedevano Giulia e Viola in attacco; Paola, Emma e Chiara a centrocampo, poi Federica, Leila e Sesselja (che era islandese) in difesa e Valentina in porta. 
Di là, davanti giocavano Alessandra e Sofia, a seguire Arianna, Elena e Valeria; a difendere Francesca, Giorgia e Lavinia, in porta Dafne, che era anche la titolare.
Non erano, in tutto, abbastanza da poter fare due squadre al completo - normalmente composte da undici persone -, per questo qualcuna aveva dovuto adattare il suo ruolo ad un altro per non lasciare aree scoperte.
Un fischio e l'allenamento cominciò: più che un allenamento, però, sembrava una partita di Champions League. Agonismo a mille, neanche fosse veramente in palio la coppa dalle grandi orecchie2.

Viola era rimasta abbastanza lucida quando le era capitata la palla sui piedi e si era involata verso la porta avversaria superando piuttosto facilmente due che le si erano avventate addosso, senza nemmeno guardarle in faccia. Era rimasta lucida anche quando una delle tre in difesa aveva rischiato di spezzarle le gambe con un'entrataccia, pure quando invece di passarla a Giulia aveva deciso di fare l'egoista e provare il tiro, trovando solo i guantoni di Dafne e qualche rimprovero del mister.
Ed era rimasta lucida tutte le volte che, in modo molto fastidioso, Alessandra andava a cercare i suoi piedi anziché il pallone nei contrasti.
Solo che questi contrasti non c'erano stati due o tre volte, ma almeno il triplo, e la bionda scendeva in difesa solo per poterla marcare come le pareva, nonostante i richiami del mister - che però si limitava solo a quelli, che le urlava di non scendere, rimani davanti per scattare in contropiede, cazzo Alessandra!
Al nono, Viola non ci aveva visto piùAveva dribblato in maniera pressoché perfetta il portiere, che si era cimentata in un'uscita suicida - la porta infatti era rimasta senza difese  - e la numero sette aveva deciso di calciare. 
Solo che proprio Alessandra, casualmente, si trovava da quelle parti e invece di scivolare sul pallone era scivolata su di lei, sempre casualmente. Poi Viola era caduta, la palla era comunque schizzata in avanti ma senza la giusta traiettoria, per superare, inoffensiva, la linea di fondocampo. 
Quando si era rialzata, non era più Viola, ma qualcosa di più simile a un Hulk, ed era andata ad affrontarla. Coraggiosamente, certo, considerata la differenza di stazza... Ma in modo anche un po' sconsiderato. Un modo da sindrome premestruale. Beh, era così incazzata che, delle eventuali conseguenze, comunque, se ne fregava bellamente. 
La raggiunse, imbufalita.

«Oh zoccola, mi rientri un'altra volta sulle caviglie? Forza! Ti sfido, su, fammi un altro fallo, così se mi rompo sei felice, eh, che non hai più rivali per il tuo prezioso posto da titolare!»
«Zoccola lo dici a tua sorella, chiaro?!» aveva strillato la più alta, offesissima. «E comunque sì, in effetti non vedo l'ora che tu ti faccia male, ma mica perché ho paura di te! È puro e semplice odio.», ma Viola non ci cascava.
«Odio, come no. Te lo dico io che c'hai: te c'hai una paura fottuta di me, che possa sostituirti e lasciarti in panca tutta la stagione. Ma sai che? Ti auguro di non infortunarti proprio mai mai, e di essere sempre al massimo delle forze, cosicché possa renderti conto che anche nella tua miglior forma sono più brava di te. 
E ora se sento solo un altro tacchetto sulla pelle...» iniziò la più giovane, che alle parole che aveva lei stessa detto non credeva minimamente. Le aveva pronunciate all'unico scopo di riuscire a chetarla3una buona volta, perché si era rotta il cazzo, perché le doveva venire il ciclo e un sacco di altri "perché" che si erano accumulati nella sua testa.
Purtroppo però, nel suo discorso minaccioso si era intromesso il mister, che possibilmente era sembrato più minaccioso di lei anche senza aver detto nulla.

«Agnelli e Innocenti, negli spogliatoi subito. Voi altre continuate la partita senza di loro. Tornano a casa, per oggi.» asserì, così freddo e atono e severo che a Viola erano venuti i brividi. 
E mentre lei si era calmata, con quella doccia fredda che erano state le parole di Edoardo, su Alessandra avevano sortito l'effetto contrario.
«Io ti ammazzo brutta figlia di-» aveva anche fatto come per andarle incontro e - boh, picchiarla?, non aveva ben capito, poiché per fortuna il ragazzo l'aveva afferrata per le braccia impedendole qualsiasi movimento ampio, dicendole cose nervose in un orecchio.
Viola non era più né arrabbiata, né niente: le era rimasta solo compassione e la consapevolezza di aver fatto probabilmente la cosa migliore.

Alla fine, il mister aveva dovuto farle cambiare una per volta, avendo paura che potesse scatenarsi qualche casino; Viola aveva la mente totalmente svuotata, si sentiva quasi felice - ah, i miracoli ormonali. 
Ma c'era anche un motivo concreto che l'aveva portata al raggiungimento del nirvana
Alessandra era certamente riuscita a far saltare qualsiasi sua speranza di giocare titolare.
Ma c'era stato un ritorno di fiamma magnificamente devastante.
Sì, era decisamente felice, perché qualsiasi cosa non avrebbe fatto lei l'indomani, non l'avrebbe fatta nemmeno Alessandra.





 

1 Nini: in toscano è un appellativo, come per esempio al nord
può esserlo "zio", "zia". 
2 La coppa dalle grandi orecchie, ossia la Champions League, una
delle coppe europee più prestigiose. Prima era chiamata Coppa dei Campioni.
3 Chetarla, in toscano significa "zittirla".





 

[A r y a_'s notes]
E anche stavolta ci ho messo tantissimo. Ma tantissimissimo. Due settimane e mezzo mi sembra... ho perso il conto. Ma comunque. È tanto. 
In ogni caso ho l'attenuante "stage universitari", spero che basti! 
Viola si è messa nei guai, la prima delle tante volte che succederà- vabbè, non è necessario fare il riassunto del capitolo, ahahah.
Dico solo che in questo ci sono degli indizi interessanti per poter capire cose riguardo a certi personaggi, ancora non del tutto svelate. 
Non dirò altro, per una volta.
Sono stata sintetica. 
Devo smettere di fare periodi cortissimi.
Quasi dimenticavo! Ringrazio nuovamente arpilinde per la recensione e anche voialtri (?) che seguite, mi farebbe piacere sapere che ne pensate! Occasionalmente, ringrazio anche le mie amichette I., S. e G. che mi incoraggiano a scrivere nonostante tutte le mie lamentele. Vvb ahahah
Alla prossima, 
A r y a_ :)

 
   
 
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