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Autore: LyricalKris    29/11/2015    5 recensioni
Lei gli era costata tutti quelli che avesse mai amato. Di sicuro qualche mese di matrimonio non sarebbe stato un prezzo troppo alto da pagare, per lei, in cambio.
Dal testo: Lei non aveva assolutamente il diritto di essere felice ...
Lasciò che il suo fastidio e la sua rabbia lo guidassero, aggrappandosi a entrambe come se fossero le sue sole ancore di salvataggio, mentre saliva le scale su cui lei era arrancata ...
«Ma stai scherzando», disse Bella, e girò un’altra pagina del contratto, scuotendo la testa mentre continuava a leggere.
«In quale parte?» chiese lui avvicinandosi. Mise i palmi sulla superficie del tavolo, prima di toglierli in fretta e ripulirsi, facendo una smorfia.
Lei lanciò uno sguardo nella sua direzione. «Tutto quanto», disse lei con tono incredulo. «Non penserai onestamente che qualcuno ci crederà.»
Edward la guardò impassibile. «Perché no? Ti credevamo tutti, prima, te lo sei scordato?»
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Esme Cullen | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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CONTRACTUALLY BOUND, è stato scritto in inglese da LyricalKris e tradotto in italiano da beate.

A questo indirizzo potrete trovare la versione originale.

https://www.fanfiction.net/s/9193694/7/Contractually-Bound

 

 

 

 

Capitolo  7

 

Come ogni adolescente, Edward era preoccupato del sesso. Ci pensava. Un sacco. Avere una ragazza non aiutava. Avere una ragazza che era incredibile sotto le sue mani, con un corpo caldo che reagiva a lui, rendeva la cosa ancora più dura.

Più di una.

Naturalmente lui poteva aspettare. Non era un animale fuori controllo. Ne avevano parlato come esseri umani razionali e avevano deciso che volevano entrambi aspettare il momento giusto. Non sembrava giusto fare sesso sotto il tetto dei loro genitori, quindi non sarebbe successo mentre erano al liceo. L’idea di prendere una camera d’albergo gli sembrava di cattivo gusto; non volevano sentirsi come se si stessero nascondendo.

La notte prima che lui partisse per Dartmouth, aveva tenuto Bella tra le braccia, nel suo letto, finché avevano potuto, prima che lei dovesse tornare a casa.

«Non c’è fretta», aveva mormorato lui contro i suoi capelli. «Abbiamo il resto delle nostre vite.»

Erano d’accordo. Quando sarebbe stato il momento giusto, l’avrebbero saputo.

Stando al college, il sesso era un argomento inevitabile. Tutti ce l’avevano in testa e tutti lo facevano. Magari non era l’unico vergine al campus, ma a volte si sentiva proprio così. I suoi compagni non riuscivano a capire perché uno come lui, che avrebbe potuto scegliersi qualunque donna del campus, fosse fedele a una fantomatica ragazza.

«Un ragazzino del liceo», lo scherniva il suo compagno di stanza, come se non fosse stato anche lui un ragazzino del liceo solo un anno prima.

«Lei non lo saprà mai. Cosa hai da perdere?» diceva un altro dei suoi compagni.

«Tutto», aveva replicato Edward senza mezzi termini, e aveva lasciato cadere.

Ma loro non mollavano. Se ne uscivano con storie di tutti i tipi che, a dispetto dei suoi sforzi, gli andavano sotto pelle.

«Io sono di una piccola città», disse una ragazza. «Lì non c’è nulla da fare, se non droga o sesso. Se non avete fato sesso quando eri là, adesso probabilmente avrà trovato qualcun altro annoiato come lei.»

A volte, ma solo a volte, si chiedeva se non fosse troppo ingenuo. La storia nella sua testa era bellissima. Quello che aveva con Bella era un sogno. Solo pensare a lei gli faceva brillare gli occhi e lo mandava in estasi. Lei gli faceva venire le farfalle nello stomaco. Lei gli faceva sentire le canzoni d’amore più sdolcinate e lui muoveva la testa con fervore a ogni parola melensa.

Lei gli faceva credere in per sempre. Più di questo, non vedeva l’ora del loro futuro insieme. Perché no, quando  quello che sentiva per lei era che tutto era buono, puro e meravigliosamente bello nel mondo?

Ascoltando i suoi compagni, cominciò a ripensare a se stesso. Si stava comportando da stupido? Non viveva nella realtà? Davvero quello che aveva con Bella era malleabile e, be’, umano come la relazione di chiunque altro?

Non aiutava il fatto che la maggior parte degli amici di lei fossero maschi.  Usciva più che altro con Mike Newton e Seth Clearwater. Mike l’aveva aiutata ad avere il lavoro al negozio di suo padre. Quando parlava con lei al telefono, la sua conversazione era costellata del nome di Mike, di Seth e di un ragazzo della riserva che gli aveva detto avere problemi a prendere un no come risposta.

Però, quando era a casa per il Ringraziamento, le vacanze di Natale o di Pasqua, erano sempre attaccati come gemelli siamesi. Lei ricordava a malapena il nome degli altri ragazzi quando erano insieme. Quando lei era con lui, gli sembrava si sentisse come si sentiva lui: completamente e beatamente innamorata.

E poi c’era stata la notte prima.

Bella era venuto a trovarlo – e a fare un giro del campus – da sola.

Erano finalmente, finalmente da soli. Niente genitori. Il compagno di stanza di Edward era stato cacciato per la notte.

La notte precedente era stata di gran lunga la migliore di tutta l’esistenza di Edward. Nonostante fossero imbranati, nervosi principianti, tutta la notte era stata la perfezione. Solo vedere Bella in quel modo, nuda e gloriosa davanti a lui, era stato meglio di qualunque altra cosa. Aveva fatto tesoro di ogni momento, meravigliato di ogni rossore, ogni minimo suono che riusciva a trarre da lei.

E quando era scivolato dentro di lei per la prima volta, era stato come essere a casa. Si era sentito completo. Intero. Giusto.

Si possono dire un sacco di cose sul sesso. Lui sapeva che poteva essere rude. Poteva essere divertente. Poteva essere orribile. Quella notte, con Bella, aveva scoperto che quando i poeti dicevano che il sesso era come essere vicini a Dio e essere vivi, avevano ragione.

Non c’era nient’altro al mondo, solo loro, i loro corpi che si muovevano assieme, la sua voce, i suoi sospiri pieni di piacere nel suo orecchio. Solo sentire il suo nome uscire dalle sue labbra le diede la gioia più grande che avesse mai provato.

Si era addormentato con Bella tra le braccia, sentendosi parte di un intero molto più grande. Anche se c’era una parte di lui che pensava che fosse un po’ ridicolo, si sentiva come se si fosse imbattuto in un segreto che nessun altro al mondo aveva mai conosciuto.

Svegliarsi col suo piccolo corpo nudo contro di sé, le gambe e le braccia aggrovigliate, era esattamente il modo in cui voleva cominciare ogni giorno per il resto della sua vita.

Si svegliò lentamente, godendosi la luce del primo mattino che giocava sulla pelle di lei. Si era chiesto se si sarebbe sentito diverso, dopo la loro prima volta, ed era così. Si sentiva assolutamente diverso.

Come era possibile sentirsi così connessi a una persona? Era nel suo sangue. Di certo erano parte della stessa anima.

Adorante e in soggezione – sentendosi fortunato che questa ragazza, questa donna, avesse scelto lui tra sette miliardi di persone sulla terra – allungò la mano per spostare una ciocca di capelli dal suo viso, per poterla guardare.

La sua migliore amica. La sua ragazza. Adesso la sua amante. E un giorno…

Il suo cuore perse un colpo quando ricordò ciò che aveva nella tasca. Per tutto il giorno prima, mentre le mostrava il campus, aveva sentito la scatolina dell’anello contro la coscia. Più di una volta si era chiesto come non se ne fosse accorta, di quel piccolo rigonfiamento alla sua sinistra.

Edward ancora non sapeva come le avrebbe fatto la proposta. Uno dopo l’altro, gli si presentavano scenari elaborati. Steso qui, con Bella al suo fianco, si rese conto che era stato uno sciocco.

Questa era Bella. Non avrebbe voluto niente di elaborato. Non avrebbe voluto essere parte di uno spettacolo.

No.

Qui nel suo piccolo letto, mentre facevano il primo passo del resto della loro vita insieme, era perfetto. Solo loro. In questa calda bolla di beatitudine.

Risoluto, Edward cominciò a guardarsi intorno, attento a non disturbare la ragazza che aveva tra le braccia. Scalciò un piede fuori dalle coperte, pescando  i suoi jeans da dove erano caduti sul bordo del letto. Con attenzione, per non farli cadere, li tirò verso di sé.

«Sì», sibilò sotto voce quando i jeans furono abbastanza vicini da poterli afferrare.

Bella emise un piccolo gemito e le sue ciglia tremarono. Edward si accigliò e subito le passò le nocche sulla guancia. «Shh, baby,» sussurrò. «È presto, ancora. Torna a dormire.»

Lei sbatté le palpebre alcune volte, come se stesse considerando.

Lui canticchiò piano, una ninna nanna che sapeva che le piaceva, quando lui la cantava. Cominciò ad inclinare la testa.

Ma poi i suoi occhi si spalancarono. «Edward?»

«Sono qui, bellissima.» Dato che ormai era sveglia, cominciò a darle dei piccoli baci sulla fronte, sulla punta del naso.

«Edward», ripeté lei, la voce un po’ gracchiante.

Lui si concentrò sui baci, una mano sulla guancia, l’altra che si infilava nella tasca dei suoi pantaloni e afferrava la piccola scatola.

«Sei sveglia?» le chiese contro le labbra.

«Mmhmm.»

«Bene.» La baciò un’altra volta e poi si tirò un po’ indietro per poterla guardare. Ingoiò il groppo che aveva in gola. «Ho pensato, stamattina.»

I loro occhi si incontrarono. Lui pensò che aveva l’aria assonnata, ma allerta.

Ricordando che lei gli aveva già promesso di dirgli di sì quando lui glielo avesse chiesto, andò avanti. «Ho pensato che il prossimo anno tu sarai qui con me. Staremo insieme per sempre nel giro di pochi mesi, e…»

Sorpreso, vide che lei chiudeva gli occhi. Rotolò via, mettendosi seduta. Edward fissò la sua schiena, sconcertato. «Bella?»

Lei non rispose. Allungò una mano, prese la sua maglietta e se la infilò, poi prese i suoi pantaloni su dal pavimento.

«Bella?» provò di nuovo. Il groppo che aveva in gola diventò più grosso, più doloroso. Si sentiva fiacco.

C’era qualcosa di sbagliato. C’era qualcosa di molto, molto sbagliato.

«Guarda, Edward.» Lei gli dava ancora le spalle. «Prima che tu vada avanti, c’è qualcosa che dovresti sapere.»

Lentamente, Edward si mise seduto vicino a lei. Le mise la mano sulla schiena, ma lei si alzò in piedi  come se il suo tocco la bruciasse. Lui deglutì. «Okay. Cosa?»

Lei si allontanò di qualche passo, poi tornò indietro. «Io …» Deglutì, poi sbuffò. «Io non verrò a Dartmouth il prossimo anno.»

Lo stomaco e i polmoni di Edward sembrarono riempirsi di acqua gelida. «Cosa?» Aveva la voce strozzata.

«Ho cominciato a pensarci già da un po’, dopo che te ne sei andato. Ma adesso che ho girato il campus con te e l’ho visto con i miei occhi, so che non è il posto giusto per me.»

Le sue parole non avrebbero potuto fargli più male se gli avesse dato una coltellata nella pancia.

«Pensavo che forse dovremmo riconsiderare quello che stiamo facendo.»

E avesse girato dentro il coltello.

«Io… Questa è una grande scuola, ma penso che non faccia per me. Io voglio andare in California.»

«Okay», disse lui lentamente, il cervello che annaspava. Non capiva cosa stesse succedendo. «Se non ti piace Dartmouth, magari potremmo prenderci il prossimo semestre libero. Io tornerò a casa, e poi…»

«No.» La sua voce era più alta, adesso. «No, non voglio che tu faccia niente del genere.»

Edward aveva le vertigini, si sentiva quasi svenire. «Cosa mi stai dicendo, Bella?»

«Ti sto dicendo…» Si torceva le mani, e continuava a non guardarlo. «Noi siamo molto giovani, Edward. È stato un bel sogno. Davvero, è un bel sogno, il nostro piano, ma non è l’unico, capisci? Penso… penso di aver bisogno di un po’ di spazio per pensare a quello che voglio veramente.»

Edward aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì nulla. Fino a quel momento non aveva mai capito cosa significasse il verbo ammutolire. Era così adesso. Era completamente senza parole. Il suo cervello si rifiutava di funzionare, rifiutandosi di mettere insieme due parole, figuriamoci la sequela che avrebbe voluto urlare.

«Guarda. Il mio volo di ritorno è tra poche ore. Non preoccuparti per me, okay? Lo so che non te lo aspettavi. Prenderò un taxi.»

«Io… io pensavo che ti fermassi qualche giorno.» Le sue parole vennero fuori come se qualcuno gli avesse stretto le palle e gliele stesse torcendo. Ad essere onesti, poteva anche essere la verità.

«A che scopo? Non voglio stare qui.» Sembrava così baldanzosa.

Edward si sentiva crivellato di colpi. Essere scorticato vivo e bruciato avrebbe fatto meno male.

Bella prese su il suo borsone. Non l’aveva neanche disfatto, si rese conto lui.

Aveva pianificato tutto questo. Aveva pianificato tutto mentre parlavano per ore al telefono, mentre contavano le settimane, i giorni, le ore, i minuti di quando si sarebbero rivisti.

Stava pianificando tutto questo mentre lui ansimava «Ti amo» contro la sua pelle, quando avevano fatto l’amore per la prima volta.

«Devo andare», disse lei quieta. «Mi dispiace. Tu … mi dispiace tanto.»

E poi era andata, portando con sé il suo cuore  e la sua anima mentre chiudeva la porta dietro di sé.

 

***

 

Lo stomaco di Edward si rivoltò, facendolo svegliare all’improvviso. Si trascinò fuori dal letto, incespicando, sbattendo nei muri mentre riusciva a malapena ad arrivare in corridoio e ad entrare in bagno. Cadde in ginocchio davanti al water appena in tempo. Si sentiva  infelice in tanti modi. Il suo corpo si contorse, purgandolo di quel poco che ci era rimasto dentro. Se non fosse stato così occupato ad aggrapparsi al mobile come se ne andasse della sua vita, si sarebbe afferrato la testa. Si chiese vagamente se avesse potuto veramente esplodere, come gli sembrava che minacciasse di fare.

Quando ebbe finalmente terminato, tirò l’acqua e appoggiò la testa sul coperchio della toilette, cercando di riprendere fiato. Stava di merda. Si sentiva svuotato e seghettato lungo i bordi.

Sentiva solo male.

Edward non aveva neanche notato che Bella era entrata in bagno. Non se ne accorse finché non sentì un panno intriso di acqua fredda dietro il collo.

I suoi pensieri vorticavano. Era difficile pensare con quel tump tump tump del suo cuore che gli pulsava nella testa. E come sempre, quando lei era vicina a lui, c’era quell’inevitabile senso di nostalgia, solo un altro dolore da aggiungere al mucchio.

Ricordava la maggior parte della notte prima. Ricordava di aver guardato Bella con i suoi genitori, come lei si muoveva automaticamente ogni volta che doveva aiutare sua madre con la cena. Nessuno glielo chiedeva o la spingeva. Lo faceva volontariamente, istantaneamente. Ricordava le storie di Emmett, e nessuna di queste lo aveva veramente sorpreso. Bella era sempre stata in quel modo, aveva sempre pensato agli altri prima che a se stessa quando avevano bisogno.

Ovviamente si ricordava come lo aveva aiutato, come lo aveva messo a letto. Stava facendo tutto questo per sua madre, lo capiva, ma non era necessario che mettesse anche lui a proprio agio. Non doveva togliergli le scarpe o rimboccargli le coperte. Avrebbe potuto farlo dormire sul divano, ma non l’aveva fatto.

E adesso si stava ancora prendendo cura di lui mentre i suoi genitori stavano probabilmente ancora dormendo e nessuno li guardava.

Il panno gli faceva bene sulla pelle surriscaldata, e Edward per un momento si sentì grato. Il suo cuore si strinse un po’ al modo tenero in cui lei gli strofinava il collo e la fronte.

Ma c’era il suo sogno-ricordo di come brutalmente e completamente avesse bastonato il suo cuore. Per cosa? La sua scusa era stata che voleva vedere cos’altro ci fosse là fuori per lei. Cosa aveva scelto? Forks e una vita da martire?

Con un ringhio spinse via la sua mano.

Lei sospirò. «Sto cercando di aiutarti.»

«Non ho bisogno del tuo aiuto.» Si mise in piedi, ma inciampò, e lei era lì, ad avvolgergli un braccio alla vita.

Lei sbuffò. «Sì, lo vedo. Guarda, so quanto trovi disgustoso che io ti tocchi, ma devi rassegnarti. Avresti dovuto pensarci prima di ubriacarti come un cane.»

Lui era infastidito, perché lei aveva ragione. E continuava ad aiutarlo, guidandolo verso il mobile. Quando fu ragionevolmente certa che lui non sarebbe caduto, prese uno dei bicchieri di carta che Esme teneva sempre in ogni bagno. Lo riempì d’acqua, e mentre lui beveva gli tirò fuori spazzolino e dentifricio.

«Vattene,» ordinò lui, sapendo bene che suonava come un ragazzino capriccioso.

Qualcosa di antagonistico lampeggiò negli occhi di lei. «Quando sarai tornato a letto ti lascerò in pace. Non lascerò che ti spacchi la testa per fare il  marmocchio cocciuto.»

Lui ringhiò di nuovo, esasperato da tutto: la sua stupida decisione di bere troppo, la sua stupida decisione di convincerla a sposarlo…

Scoppiò a ridere quando gli venne in mente. Una volta lei gli aveva detto che gli avrebbe risposto di sì se mai lui le avesse chiesto di sposarla. Era l’unica promessa che avesse mantenuto.

Edward digrignò i denti mentre lei lo seguiva, la mano tesa, pronta ad aiutare, verso la stanza da letto. Lui si lasciò cadere sul divano. Lei esitò, poi andò a sedersi sul letto.

L’aria tra loro era tesa. Surriscaldata. Pesante.

«Ho incontrato il tuo amico Emmett», disse lui casualmente.

C’erano così tante domande che voleva farle, ma era ancora mezzo ubriaco e veramente arrabbiato. Non si sentiva per niente bene, e tra questo, il suo sogno-ricordo, i suoi sentimenti sempre più confusi, sapeva che stava per dire qualcosa di stupido.

Ma questo non sembrò fermarlo.

Gli occhi di lei corsero ai suoi, e la vide respirare piano, dentro e fuori. Si schiarì la gola. «Come sta?»

La risata di Edward fu stridente. «Sembra che tu sia andata con i vecchi trucchi. Hai mollato i tuoi amici con la stessa facilità con cui hai mollato me. Immagino che dovrei sentirmi privilegiato in  questo. A loro non hai dato il beneficio di dirglielo in faccia, quando li hai scaricati.»

Lei inalò all’improvviso.

«Lascia che ti chieda una cosa… Il tuo ex. Jacob.»

Lo sguardo negli occhi di lei lo avvertì che stava andando su un sentiero pericoloso, ma lui era lanciato.

«L’hai conosciuto quando eri al liceo.» Stava unendo i punti, cercando di allineare l’immagine che aveva di Bella quando andavano a scuola con quella che si era costruito negli ultimi otto anni, e la realtà della donna che aveva davanti agli occhi.

Bella deglutì. «Sì», confermò semplicemente, senza fornire dettagli o scuse.

Lui annuì. «Mi sono sempre chiesto chi ti avesse scopata prima che ti scopassi io. È stato lui?»

Lo sguardo sul viso di lei – come se le avesse dato un pugno nella pancia – gli fece solo venire ancora più nausea di se stesso, ma non poteva rimangiarsi quello che aveva detto.

«Perché diavolo dici una cosa del genere?»  esalando di colpo.

Di nuovo, parlò prima di pensare. «Non eri vergine», sbottò.

Lei si strinse le braccia attorno al corpo. «Cosa?»

«Non avevi nessun cazzo di imene», sputò lui. Al tempo, ne era stato sollevato. Non voleva farle male, e pensò che l’avesse semplicemente persa. Poteva capitare, sapeva che erano cose che succedevano. Ma dopo che lei l’aveva lasciato, non poteva immaginare che la notte che avevano passato insieme fosse per lei così priva di significato, a meno che non ci fosse qualcun altro. O forse i suoi compagni di corso avevano ragione. Forse mentre lui progettava il loro per sempre, lei si annoiava e aveva cominciato a divertirsi.

Gli occhi di lei si assottigliarono, pieni di lacrime rabbiose. «Sei un bastardo incredibile.» Il suo tono era un sussurro aspro. «Certo che ero vergine. Non c’era stato nessun altro che te. Prima, e per anni dopo, non ci sei stato altro che tu.»

Lui non disse nulla. Voleva darle della bugiarda, ma non ci credeva. Stava dicendo la verità; sapeva che era così. Non rientrava in nessuno degli scenari che si era creato dopo la loro rottura, ma era vero lo stesso.

Bella si alzò, incrociando le braccia al petto. «Quando finirà?» chiese con voce dura.

«Di cosa stai parlando?»

«Quando sarò stata punita abbastanza?» chiese voltandosi verso di lui col fuoco negli occhi. «Quando finirà? Si arriva a un punto  in cui la rabbia non è più una giustificazione. C’è un modo giusto e un modo sbagliato di trattare una persona, e tu hai superato il limite. Secoli fa.»

Edward si strofinò le tempie. Dio, gli faceva così male la testa. Gli faceva male il cuore.

Gli faceva male tutto.

«Capisci che a questo punto sei tu – solo tu – che ci stai rendendo entrambi infelici.»

Edward esalò un respiro. «Lo so», ammise quieto.

«Allora perché…»

«Perché non puoi piacermi. Non so come fare!» Le parole ribollirono poi esplosero come un vulcano, tutto fuoco bruciante, terribile, distruttivo. «Perché questo è più facile che perderti di nuovo. Mi rende uno stronzo, ed è una cosa che odio. Odio farti del male. Non puoi immaginare quanto mi faccia male, ma è il minore di due mali, perché se non ti odio, non ho altra scelta che amarti! E non posso farlo di nuovo! Non posso!» Stava urlando alla fine, il respiro spezzato.

Bella lo fissava, gli occhi sgranati e la bocca aperta.

Sospirando, Edward si buttò indietro sul divano, mettendosi le mani sugli occhi. Respirava lentamente, riprendendo fiato, cercando di fermare la nausea del suo stomaco.

«Mi dispiace», disse lui,  il tono quieto, adesso, sconfitto. «Davvero. Mi dispiace davvero. Ma non so come affrontare tutto questo.» Si sentì come se avesse perso l’ultimo brandello di salute mentale. Si sentiva quasi peggio di quando lei l’aveva lasciato, quando niente al mondo sembrava avere più il minimo senso.

Adesso non sapeva più cosa stava succedendo. La odiava, la amava. Era irritato. La adorava. Era…

Be’, in tutta onestà, era esattamente come la ricordava: gentile, bella, intelligente. Rendeva tutto più difficile.

Perché?

Se lei non fosse cambiata completamente, come avrebbe potuto rifiutare il loro rapporto,  tutti i loro progetti, la bellissima vita che avrebbero potuto condividere, con tanta facilità? Come poteva, dopo che avevano passato la notte l’uno nelle braccia dell’altro,  aver significato così poco per lei?

L’immagine di lei che si era costruito nella sua testa, l’aveva costruita  stravolgendo pezzi di informazione per nutrirla. Se lei era una tale stronza, era ovvio che la vita che avevano progettato insieme era sempre stata una finzione. Non poteva perdere qualcosa costruito con materiali che non erano mai esistiti.

Ma se lei era qui di fronte a lui, ancora la stessa, dentro, anche se aveva di certo perso le sicurezze dell’adolescenza, quel futuro esisteva. Era tangibile.

E comunque fuori della sua portata, non per lui.

Ora il tempo di sua madre stava scadendo, e questo da solo era più di quanto Edward potesse riconciliare.

Era troppo cui fare fronte.

«Edward.» La voce di Bella era così quieta, quando parlava. «Dobbiamo risolvere questa cosa. Non posso lasciarti continuare a farmi questo. Lo capisci, vero?»

Lo stomaco di Edward si annodò di nuovo, e respirò attraverso il naso. Lei era migliore di lui. Lo era sempre stata. Aveva ogni diritto di odiarlo – era stato così crudele con lei – ma era ancora qui, a chiedergli di parlarne.

Sì, probabilmente avrebbe fatto male un sacco. Era già così un dolore inimmaginabile, rivivere il risultato della loro rottura mentre doveva  anche fare fronte alla morte imminente di sua madre, ma glielo doveva, almeno di provare.

«Lo so», disse alla fine.

Sentì i suoi passi leggeri attraversare la stanza, e poi le sue mani gentili prendere la sua. «Vieni. Alzati. Mettiti a letto. Dormici sopra.»

Alzandosi su gambe tremanti, lasciò che lo guidasse verso il letto e gli rimboccasse di nuovo le coperte.

«Bella», chiamò rendendosi conto che era sulla porta e non sul divano. Il suo cuore accelerò, ricordando la prima volta che se n’era andata, e andò nel panico. «Dove stai andando?»

«Vado solo di sotto.»

Lui si rimise giù,  sentendosi leggermente meglio. Aveva gli occhi pesanti. «Bella?» chiamò di nuovo.

«Cosa?»

«Mi dispiace.»

Ci fu silenzio per un lungo momento. Lui aprì faticosamente gli occhi per vedere se era ancora lì. C’era. «Dobbiamo parlare», disse lei alla fine.

«Lo faremo», promise lui prima di riaddormentarsi, troppo prosciugato  di tutto per restare ancora sveglio.

 

 

   
 
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