Non mi
staccò mai gli occhi di dosso: immobile nell'orrore che
stava vedendo,
Faragonda non mosse un muscolo e non proferì parola, mi
guardò e basta.
La fissai
anche io in supplica, ansimando rumorosamente: notai che dalla mia
bocca usciva
vapore ad ogni respiro. Fui vinta dal dolore e mi accovacciai a terra
con la
flebile speranza di morire da un momento all'altro e di non soffrire
più, di
essere legittimata a mollare tutto e andarmene via.
Fu allora
che la preside si destò da quello che sembrava un sogno ad
occhi aperti e si
avvicinò piano, come si fa con gli animali feriti per non
spaventarli; si
inginocchiò davanti a me, qualche lacrima le rigava la
guancia: i miei occhi
vermigli la attiravano e, allo stesso tempo, la terrorizzavano,
così come la
mia pelle segnata, così come... io in generale.
Allungò
la
mano tremante per accarezzarmi il viso. Provai ad allontanarmi: non
volevo
farmi nemmeno sfiorare normalmente, figuriamoci in quelle condizioni,
ma il
dolore lancinante mi paralizzava sul posto impedendomi ogni sorta di
movimento.
Sentii il
contatto del suo tocco ma, nel tempo di un battito di ciglia, Faragonda
ritrasse
la mano, ustionandosi con le fiamme che mi spaccavano la pelle.
Accusò il colpo
qualche secondo, poi tornò a guardarmi con lo stesso orrore
di prima.
«Bloom,
ragazza
mia... cosa ti è successo?»
Aveva la
voce rotta dal pianto e tremava come una foglia: spezzai il suo animo
nel giro
di pochi secondi. Mi maledii furiosamente, era esattamente per evitare
una cosa
simile che mi ero imposta quelle regole. Avevo fottuto tutto, di nuovo.
Mentre mi
stritolavo il cuore per il rimorso, accadde l'imprevisto che proprio
non doveva
accadere: bussarono alla porta, chi parlò dall'altra parte
aveva una voce
triste e sconsolata.
«Preside
Faragonda, sono Musa. Lo so che sarà la centesima volta che
veniamo da lei,
probabilmente si sarà anche stufata di averci intorno,
però siamo preoccupate.
Posso entrare?»
L'anziana
donna mi guardò in cerca di una soluzione, io sgranai
letteralmente gli occhi e
afferrai disperatamente la manica della sua giacca, implorando di
mantenere il
segreto. Musa fece per aprire la porta, ma fu fermata subito.
«A-aspetta
un secondo Musa, sto sistemando una questione importante, mi ci vuole
qualche
minuto!»
Fortunatamente,
la mia amica si fermò. Tirai un enorme sospiro di sollievo,
seguito da qualche
secondo di calma, poi fu come se un demone mi possedesse: mi gettai
letteralmente ai piedi della preside supplicandola come non avevo mai, mai supplicato nessuno. A ripensarci, mi
sento davvero patetica... ero terribilmente disperata, d'altronde.
Tutto il mio
piano poteva andare in fumo.
«La
prego,
la prego, la scongiuro, nessuno deve sapere che sono qui, la prego!
Faragonda
la prego, non devo, non possono...»
Una fitta
lancinante mi mozzò il fiato impedendomi di finire la frase,
così lei si
avvicinò a pochi centimetri dal mio viso e iniziammo a
sussurrare pianissimo.
«Ma
Musa è
tua amica, è preoccupata per te...»
Dovevo
difendere il mio piano, dovevo proteggere la mia determinazione ad ogni
costo.
Il mio sentiero era stato battuto, quel viaggio oscuro di dolore era
iniziato e
io non potevo più tirarmi indietro.
«No,
no, ho
detto no! Le spiegherò tutto dopo, ti prego, non posso farmi
vedere, non
posso!»
Le diedi
del tu, cosa mai fatta in vita mia. Rimase in silenzio qualche secondo:
chissà
a quante cose stava pensando in quel momento, quanti dubbi da
sciogliere nel
giro di un battito di cuore. Con volontà flebile, decise di
aiutarmi.
«...ok.
Cosa faccio? La mando via?»
«No,
sarebbe troppo strano, lei non ha mai mandato via nessuno. Mi nasconda,
che
so... sotto la scrivania. Non riesco a stare in piedi ormai, almeno
lì sarò per
terra».
Senza far
rumore e stando molto attenta a toccarmi dove la mia pelle era coperta
dai
vestiti, mi aiutò a strisciare fino al luogo indicato, non
senza costarmi una
fatica e un dolore atroce, per poi fare entrare Musa. Mi misi una mano
davanti
la bocca per coprire il rumore del mio ansimare, cercando di mantenere
la
lucidità quanto più possibile. Mi rimaneva poco
tempo.
«Allora,
ragazza mia. Dimmi pure».
La mia
carissima amica si grattò nervosamente il braccio, credo
proprio che quella
conversazione sia avvenuta molto spesso durante quei cinque mesi.
«È
passata
solo una settimana, me ne rendo conto, ma... ecco, ci sono notizie di
Bloom? Le
ragazze e Sky iniziano a farsi prendere dal panico, un giorno di questi
saliranno sulla prima navetta per Domino, sono sicura».
Faragonda
si mosse leggermente sulla sedia, producendo uno scricchiolio che alle
mie
orecchie sembrava un martello pneumatico.
«Musa,
piacerebbe anche a me sapere qualcosa sul suo stato di salute, ma
ahimè, non mi
è stato comunicato ancora niente. Portate pazienza, ve ne
prego».
La fata
della musica abbassò gli occhi, sospirando delusa.
«Va
bene... ma non riuscirò a tenerli a bada ancora per
molto».
Si mise le
mani in tasca ed uscì fuori dalla stanza, mentre io stavo
per piangere dalla
gioia.
La preside
mi tirò fuori dal mio nascondiglio, finalmente potei
spiegarle cosa era
successo e cosa avevo intenzione di fare. L’anziana donna non
faceva che
scuotere la testa, ogni mia parola era una bestemmia per la sua morale,
un velo
oscuro che minacciava di inghiottirla.
«Non
approvo nel modo più assoluto! È una follia, una
pura e cruda follia! E… immagino
che questo lo avevi previsto da parte mia. Non hai avuto altra scelta
se non
venire da me, non ti saresti fatta tanto del male se tu non credessi
fermamente
nel tuo piano. Posso... posso solo avere una fioca idea del sentimento
che
provi, è terribile e, ad essere razionali, forse
è davvero l'unico modo per
fermare quei tre mostri. Per quanto io la trovi una pessima idea, per
quanto
tutto questo mi disgusti, io... ti aiuterò, Bloom. Anche
perché il danno ormai
è fatto».
Quelle
parole le costarono tantissimo, forse troppo. Le tenebre che mi avevano
avvolto
come un caldo mantello ora la stavano lambendo, avevo commesso un
errore
gigantesco a cui non potevo porre rimedio.
Si sarebbe
logorata l'anima come ho fatto io, sarebbe stata corrotta come lo sono
stata io,
e tutto per colpa mia, solo ed esclusivamente colpa mia. Faragonda
stava
aiutando la sua allieva a vincere una guerra disperata o a uccidersi?
Le avevo
appena consegnato un fardello enorme da sopportare, era ingiusto,
eppure...
necessario. Serviva davvero il suo aiuto.
«Purtroppo
non posso fare nulla, ragazza mia. Non c'è niente che non
vada in te, è una
questione puramente meccanica, entropica. Dobbiamo solo aspettare e
sperare che
tu sopravviva» disse amara. «Non possiamo
affrontare da sole un tale problema,
ci faremo aiutare da Griselda. Stai tranquilla, con lei sei al sicuro,
non dirà
nulla».
Acconsentii:
ormai non avevo più forza né lucidità
per oppormi, tanto valeva far prendere le
redini a lei.
In pochi
minuti la donna arrivò di gran fretta, mi vide a terra e
rimase immobile qualche
secondo, ma non proferì parola. Griselda è
estremamente perspicace, capì
immediatamente che le domande doveva porle dopo, quindi mi
aiutò insieme alla
preside a raggiungere l'appartamento di Faragonda senza farci vedere da
nessuno. Riuscii a togliermi la felpa e a indossare una maglietta a
maniche
corte che avevo nello zaino, per poi sdraiarmi sul suo letto dopo
averlo
ricoperto con un incantesimo per non fargli prendere fuoco.
Da qui in
poi, iniziò la mia terribile veglia agonizzante, in attesa
del mio destino. Nei
giorni che si susseguirono, c'era sempre qualcuno con me: Faragonda e
Griselda
si davano il cambio continuamente per occuparsi della moribonda fata
che rantolava
sul letto della preside.
Ricordo i
tentativi miseramente falliti di farmi stare meglio, come bagnarmi la
pelle con
dell'acqua per esempio: quella evaporava subito a causa del fuoco che
mi
scorreva sull'epidermide.
Ricordo
che non ho mai dormito: mugolavo continuamente di dolore,
così intenso che mai
mi permetteva di riposare, nemmeno di entrare in uno stato di
dormiveglia. Non
mangiavo, bevevo a malapena, ogni tanto dovevano perfino insonorizzare
la
stanza con una magia per coprire le mie urla.
La mia
vista era totalmente annebbiata e i miei sensi quasi del tutto
annullati,
ricordo però nitidamente le espressioni facciali di coloro
che stavano cercando
di salvarmi: Faragonda piangeva spesso, aveva sempre gli occhi rossi e
gonfi,
incorniciati da un volto scavato e duramente provato; Griselda, invece,
era
molto più accigliata del solito.
Mi
vogliono davvero bene... vedermi morire senza poter far niente le stava
distruggendo. La vicepreside, in particolare, può sembrare
molto fredda e
inespressiva, ma quello è il suo carattere. È
attraverso i piccoli gesti che
dimostra il suo affetto.
Ricordo un
raro momento di lucidità dove parlai un po' con lei del
piano che avevo in
mente: ne rimasi piacevolmente stupita.
«Come
Faragonda, anche io sono costretta a dirti che tutta questa storia
è follia
pura. Questo, però, me lo impone il buonsenso. Capisco
perfettamente che, in
una situazione come questa, il buonsenso non trova posto. Contro oscuri
nemici,
a volte dobbiamo usare oscure armi, c'è poco da
fare» disse con tono duro e
determinato. Credeva davvero in quello che diceva, nonostante la sua
natura di
fata. «Ho sempre insegnato alle mie allieve che non devono
cedere contro le
avversità, che devono affrontarle a testa alta in modo
onorevole ed eticamente
corretto» continuò per poi fermarsi un attimo,
«...ma non c'è assolutamente
niente di corretto nell'essere costretta a uccidere la propria sorella.
Non c'è
un modo onorevole ed eticamente corretto di affrontare un simile
plagio. Non
c'è giustizia che tenga, probabilmente avrei fatto la stessa
cosa, Bloom.
Sopravvivi, fai quel che devi fare. Questa non deve essere la tua fine,
non è
qui che devi morire. Il tuo fato verrà stabilito sul campo
di battaglia, sia
che tu prenda la vita delle streghe o meno».
Fece un
lungo sospiro, come se si fosse levata un peso dal cuore.
«Ovviamente,
queste parole non dovranno mai raggiungere le orecchie della preside,
mi sembra
chiaro».
Per un
breve momento, il dolore quasi scomparve... non dovevo mollare. Per
niente al
mondo.
La mia
percezione del tempo era del tutto fallata, tanto che il diurno si
mischiava
alla notte e non avevo la più pallida idea di quale giorno
fosse. Mi dissero
che ne erano passati quattro di giorni,
un’eternità dal mio punto di vista. Il
dolore iniziò a diminuire lentamente: pensai di essere morta
o che stavo per
spirare entro breve, invece all’alba del quinto
sparì quasi del tutto.
Mi misi
seduta a gambe conserte e mi osservai attentamente: la pelle era
tornata
normale e non bruciavo più, i miei capelli erano tornati al
mio rosso originale,
mentre gli occhi... beh, quelli no. Rimasero vermigli, ma non erano poi
così
male, mi davano un'aria davvero tosta e inquietante.
Provai ad
alzarmi e a fare qualche passo, la preside e Griselda erano felici
oltre
misura. Mi portarono da mangiare e da bere, finalmente riuscii a
dormire, santo
cielo dormii per parecchie ore. Al mio risveglio, parlammo del da
farsi.
«Il
conflitto dentro di te è finalmente risolto, è
finita. Se la teoria del tuo
libro è corretta, ora il tuo potere dovrebbe essere
quintuplicato. Inoltre, hai
ereditato anche una parte dei poteri delle altre Winx... onestamente
parlando,
sei probabilmente l'essere più potente che abbia mai messo
piede su questa
terra» disse Faragonda con una punta di ansia nella voce.
Mi sentii
orgogliosa di quelle parole ed abbozzai un sorriso, ma le due donne non
erano
affatto dello stesso parere.
«Non
è una
cosa buona, Bloom. In natura, un potere così forte non
dovrebbe esistere. Stai
spostando le lancette dell'equilibrio energetico dell'Universo, e
questo è
sempre un male» disse la vicepreside. Faragonda
cercò subito di addolcire la
pillola.
«Griselda
dice il vero, però ricordiamoci perché siamo
arrivate a ciò. Le Trix hanno
infranto ogni legge possibile, sia naturale che divina. Se riusciremo a
porvi
rimedio, argineremo il più possibile l'enorme squilibrio che
rappresenta Bloom».
Annuii,
era la cosa più sensata da fare.
«E
ora?
Che facciamo?» chiesi fredda.
Poiché
la
mia vendetta procedeva a vele spiegate, la mia impazienza si faceva
più
prepotente.
«Dovremmo
testare la portata del tuo nuovo potere. Sono sicura che le Trix non
abbiano
usato tutta la loro potenza, però avere una stima di
paragone ci aiuterà a
prendere le giuste decisioni».
Faragonda
sa sempre cosa fare, mi ricorda tanto Daphne in questi frangenti.
«Dovremmo
farlo in un luogo isolato e opportunamente schermato. Andrebbe tutto in
fumo se
le streghe avvertissero l'immenso potere della Fiamma del Drago, per
non
parlare delle Winx. Se la tua potenza è quintuplicata
veramente, come minimo ti
sentiranno tutti gli esseri magici dotati di magia bianca da qui ai
confini dell'Universo
conosciuto».
Griselda
aveva ragione da vendere, dovevamo muoverci con estrema cautela.
Decidemmo,
quindi, di andare su Pyros, un pianeta molto ostile abitato da bestie
selvagge
e martoriato da intense attività vulcaniche. La preside
preparò un'area
delimitata da rune e focus magici entro la quale potevo dare libero
sfogo alla
mia potenza.
Quando mi
trasformai, mi accorsi di come il mio corpo era diventato un vero e
proprio
focolaio: lingue oro e cremisi danzavano intorno a me senza nemmeno
averle
evocate, le mie ali erano irrorate di fiamme che emergevano
spontaneamente,
eruttavo letteralmente fuoco. Ero diventata un vulcano... o meglio, un
drago.
Rimanemmo
sul pianeta per qualche ora. Stabilire la portata di qualcosa di
così
gigantesco non era compito facile, Faragonda era preda del dubbio.
«Uhm...
difficile, Bloom. Difficile fare una stima. Se dovessi basarmi solo su
quel che
abbiamo visto su Domino, direi che sei più forte tu, senza
dubbio. Tuttavia, sappiamo
entrambe che quello non era il loro massimo potere. Andrai alla cieca,
ragazza
mia. Come hai fatto fino ad ora, dopotutto...»
Tornammo
furtivamente ad Alfea e mi vidi di sfuggita riflessa in una finestra:
quegli
occhi rosso fuoco luminosissimi mi facevano davvero tanta strizza,
eppure mi
davano anche tanta sicurezza. Ci sistemammo in ufficio e facemmo il
punto della
situazione, mentre Griselda si congedò per attendere i suoi
doveri: mancava
ancora un modo per individuare la posizione delle streghe.
«Allora,
Bloom. Con un potere colossale come il tuo, non avrai di certo nessun
tipo di
problema a individuare le energie vitali degli esseri magici bianchi
nell'Universo.
Una fata normale percepirebbe solo altre fate nel raggio di pochi
chilometri. Per
percepire il potere oscuro delle nostre colleghe streghe, invece, ci
vuole un
particolare addestramento e tanta predisposizione. Grazie alla natura
della
Fiamma del Drago, tu non ne hai bisogno».
Rimasi
impassibile a braccia conserte, ascoltando attentamente.
«Se
le
Trix si trovano in qualche luogo proibito, o se hanno schermato la loro
posizione, visto i poteri mastodontici che hanno, nemmeno tu puoi
capire dove
sono. Il tuo è comunque un potere magico di luce,
benevolo... e questo è un
gran problema».
Rimanemmo
in silenzio qualche minuto cercando di far funzionare le meningi, poi
la
preside sospirò profondamente e mi guardò di
nuovo con la pena negli occhi di
cinque giorni prima.
«Bloom...
saresti davvero pronta a tutto, vero?»
Quella
domanda mi lasciò un attimo stordita, ma le mie intenzioni
erano comunque
ferree.
«Sì,
è
così» dissi senza esitazione, senza nemmeno
pensarci. Pensare mi avrebbe
portato alla disfatta.
«Sai,
esiste un meccanismo... un avvenimento. In rari casi, è
capitato che il potere
di luce di una fata sia stato contaminato dalla magia oscura di una
strega e
viceversa. Non sono a conoscenza nel dettaglio cosa ciò
comporti, nulla di
buono, sicuramente. Alterare la natura magica è estremamente
pericoloso, ma si
dia al caso che la preside Griffin sia una grandissima studiosa di
questo
argomento. Lei sicuramente può aiutarci».
«Cosa
mi
sta suggerendo di fare, preside Faragonda?»
Deglutii
sonoramente: temevo la risposta.
«Se
riuscissimo a corrompere la tua Fiamma del Drago con la magia oscura
delle
streghe, saresti in grado di legarti molto più facilmente
alla loro scia magica,
ma non è detto che funzioni».
La preside
appoggiò i gomiti sulla scrivania, unendo le mani come in
preghiera. Mi piace
pensare che stesse pregando per davvero...
«Se
davvero sei pronta a tutto, sto proponendo di sacrificare la tua natura
di fata
per trovare le Trix».
«Lei
propone di... snaturare ciò che sono? Una fata a
metà?»
L’anziana
donna mi guardò addolorata: chiedere ad un essere magico di
essere deturpato
del suo io, di corrompere il suo potere, era qualcosa di impensabile,
di
mostruoso.
«Mi
dispiace ragazza mia, sto solo facendo quello che hai fatto tu fino a
questo
momento: ho seguito le tue orme su questo sentiero maledetto per
aiutarti, ora
ti sto tenendo per mano».