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Autore: 7vite    29/11/2015    3 recensioni
Dato che il manga si è bruscamente interrotto, lasciando tanti quesiti irrisolti e sollevando parecchi dubbi ho deciso di continuare la storia a modo mio.
Nella mia FF le storie di tutti i personaggi s'intrecciano in un vortice di emozioni e paure, restando quanto più possibile IC.
Hachi sarà impegnata con la ricerca di Nana, fuggita subito la morte di Ren.
I Blast si scioglieranno ed i membri del gruppo intraprenderanno strade diverse, ma non per questo metteranno un punto alla loro amicizia.
Dall'altro lato i Trapnest subiranno lo stesso destino: Reira sarà tormentata da un segreto inconfessabile che le cambierà la vita e Takumi per proteggerla farà diverse rinunce, esternando finalmente il suo lato migliore.
La storia si susseguirà alternando presente e futuro (4 anni dopo) e ogni capitolo verrà raccontato attraverso il punto di vista di qualcuno.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hachi
 

Nana, a volte mi chiedo se questa continua ricerca di te non sia un atto di puro egoismo.
E se tu non volessi essere trovata?

***
 
Hachi

4 anni dopo

 
Quella giornata l’avrei ricordata per sempre, ne ero certa: la sera prima Nobu mi aveva baciata sulle sponde del Tamigi, adesso Takumi mi proponeva il divorzio e nel giro di poche ore avrei incontrato finalmente Nana. La testa aveva cominciato a girarmi a metà pomeriggio, ma non lo avevo detto a nessuno, non volevo che si preoccupassero per me, non ce n’era affatto bisogno, sapevo esattamente cosa fosse ad attanagliarmi lo stomaco: paura. Paura della reazione del tutto imprevedibile che avrebbe avuto Nana. Mi chiesi se stavo facendo la cosa giusta. E se l’avesse presa male? Se mi avesse urlato contro di sparire dalla sua vita? Se fosse scappata di nuovo?
Cosa mi aveva dato il diritto di credere che lei volesse veramente rincontrarci? Eppure il desiderio di rivederla dal vivo,  fosse anche un’ultima volta, mi divorava. Forse mi stavo comportando da egoista, ma non riuscivo a tirarmi indietro, specialmente adesso che ero a un passo da lei.
Feci un giro per Londra da sola, ma non frequentai le zone gremite di turisti, che tra l’altro conoscevo già, scelsi di attraversare le piccole stradine più deserte, avevo bisogno di schiarirmi le idee.
Takumi voleva divorziare da me. Immaginai che una guardia infilasse la chiave nelle manette immaginarie che mi avevano tenuta intrappolata tutti questi anni e mi liberasse. Mi sforzai per sopprimere quest’immagine crudele, ma era troppo tardi. Quel senso di libertà che non provavo ormai da tempo mi stava di nuovo vibrando nel corpo. Sapevo che sarei per sempre stata legata a Takumi, e non c’entrava solamente Satsuki, e non avrei davvero mai smesso di volergli bene, ma in cuor mio mi ero sempre sentita prigioniera di una vita che non mi apparteneva realmente. Aveva ragione, perché continuavamo a fingere? Non eravamo più una famiglia da tre anni. Ma in fondo lo eravamo davvero mai stati? Sia chiaro, non dimenticherò mai le premure che Takumi mi aveva riservato durante la mia gravidanza, non dimenticherò mai la sua dolcezza nel periodo post parto, e non dimenticherò mai quell’unico anno che avevamo trascorso insieme, prima che si trasferisse a Londra insieme a Reira e Ren. Ma perché mi stavo lamentando? Non ero stata forse io a incoraggiarlo? Sì, lo avevo fatto, ma in mia difesa, non credevo che la situazione si protraesse così a lungo. In quel tempo Reira aveva bisogno di qualcuno al suo fianco, e quel qualcuno non poteva esser altri che Takumi. Di me era chiaro che non si fidasse, e chi altro le rimaneva?
Sembrò la cosa migliore, al momento. Takumi aveva ricevuto un’offerta lavorativa proveniente da Londra, e mi chiesi se quella non fosse l’occasione migliore per lasciare che Reira trascorresse del tempo insieme al suo bambino, senza dover sentirsi di troppo. Ero certa che un paio di mesi sarebbero bastati, che prima o poi Takumi mi avrebbe proposto di raggiungerlo, come stabilito. E invece ogni volta rimandava, mese dopo mese, dicendomi che Reira era tornata quella di un tempo, che non se la sentiva di rovinare la sua felicità. E così, lentamente, rovinò la mia. Infine smisi di chiedere e mi abituai a quella situazione, così come al resto delle cose. Decisi di traslocare in una casa più piccola, quei grandi spazi vuoti mi deprimevano.
Sospirai ripensandoci. Presto Takumi non sarebbe mai più stato mio marito. Bastava solo una firma. A noi non sarebbe cambiato nulla, dopotutto. Avremo continuato a fare così come avevamo sempre fatto. Occorreva solo quel pezzetto di carta per rivelare a un giudice ciò che noi ci eravamo impegnati a tenere nascosto. Mi guardai l’anulare, che presto sarebbe stato vuoto. Anche Nana aveva un anello identico a quello lì. Lo indossava ancora. Che cosa provava?
 
Quando tornai in hotel non mi sorpresi di trovare Nobu ad aspettarmi, tuttavia provai disagio.
-Ehi ciao. E’ da un po’ che ti aspetto.-
Avevo fatto tardi di proposito, ma a quanto pareva avevo fatto male i conti.
-Sì? E come mai mi hai aspettata?-
Che domanda stupida! Doveva averlo pensato anche lui, perché aveva assunto una strana espressione.
-Beh, per parlarti.-
Oh Nobu, non adesso ti prego. Dammi solo il tempo di rimettere in ordine i miei pensieri, di risistemare quel poco che basta la mia vita per poterti finalmente amare come desidero fare da ben 4 anni. Ti prego Nobu, abbi ancora un po’ di pazienza.
-Ma l’appuntamento è tra poco.-
-Su, mancano ancora un paio di minuti, e quelli dovrebbero bastare per dirti tutto ciò che penso.-
Sperai che il mio silenzio lo scoraggiasse, ma lui si avvicinò ancora di più alla porta della mia stanza e aspettò che l’aprissi. Quando entrai sentii un freddo brivido attraversarmi la spina dorsale. Nobu aveva lasciato che lo anticipassi, e la sua presenza alle mie spalle mi paralizzava. Chiuse la porta e si avvicinò alla finestra. Teneva le distanze da me. Avevo già capito tutto e volevo assolutamente impedirlo, ma davvero non sapevo da dove cominciare.
-Ieri ho fatto un errore, Nana, e volevo scusarmi con te. Non avrei dovuto baciarti.-
“Un errore? Nobu, ieri mi sono sentita bene per la prima volta dopo anni, non devi scusarti!”
-Non ti mentirò, in questi anni ho fatto di tutto per dimenticarti, per scacciarti via dalla mia mente, e avevo persino creduto d’avercela fatta. Ma ho capito che ho solo fatto finta, che non mi è mai passato.-
“Neanche a me è mai passato Nobu, ho finto anch’io per tutto questo tempo, ma davvero non te ne sei accorto?”
-Il bacio di ieri…-
“Mi ha riportata indietro nel tempo, mi ha fatto provare emozioni che credevo d’aver dimenticato.”
-E’ stata una mancanza di rispetto nei tuoi confronti, nei confronti del tuo matrimonio.-
“Quale matrimonio, Nobu? E’ tutta una farsa. Sta per finire tutto, e ti giuro che allora sarò tua per sempre.”
-Ho parlato con Takumi oggi, Nana, e credo che lui sia veramente innamorato di te.-
“Cosa? Ma no Nobu, devi aver capito male.”
-Dice di voler la tua felicità.-
“Ed è per questo che mi ha chiesto il divorzio.”
-Ed è quello che voglio anche io. Voglio che tu sia felice Nana.-
“Solo tu puoi rendermi felice come merito.”
-Perché ti amo.-
“Ti amo anch’io, Nobu. Non ho mai smesso.”
I miei occhi si riempirono di lacrime e prima che potessi dire qualcosa, qualsiasi cosa, qualcuno bussò alla porta. Non riuscì a muovermi da dov’ero. Rimasi impietrita di fronte a Nobu. Lui mi guardava dal suo posto, vicino alla finestra, e stampato sul suo viso c’era un sorriso amaro che contrastava con ciò che aveva appena detto. Quando si confessa il proprio amore, dovrebbe seguire un lungo e intenso bacio, non una smorfia di pena.
-Hachi, ci sei?-
La voce di Shin mi riportò alla realtà. Nobu si era mosso, passandomi accanto. Avrei voluto afferrare la sua mano, tirarlo verso di me e trattenerlo in un lungo abbraccio. Desideravo sentire il suo profumo sulla mia pelle, desideravo il suo sapore sulle labbra, la sua pelle tra le dita. Avrei voluto urlargli tutto il mio amore, ma lui mi aveva già superata e stava aprendo la porta.
 
Naoki si era offerto di accompagnarci. Io sedevo sul sedile anteriore al suo fianco, Yasu, Shin e Nobu, invece, stavano dietro. Naoki parlava a raffica di cose che non capivo, che non ascoltavo neppure. La conversazione di poco prima mi aveva tolto ogni energia. Ero di nuovo riuscita a far soffrire Nobu, e il senso di colpa mi scaldava la nuca.
Quando arrivammo Yasu fu l’unico a scendere dall’auto.
-Io e i ragazzi abbiamo pensato che se Nana vedesse tutti quanti noi potrebbe avere una reazione eccessiva, quindi pensiamo che sia meglio se per il momento incontri solo te.-
-Che cosa? Quando l’avete deciso? Perché non me ne avete parlato?-
-Perché ti saresti agitata inutilmente. Ascolta, se qui tra noi c’è una persona che Nana desidera vedere, quella sei tu. E poi è stata tua l’idea di volare fin qui per trovarla, credo che dovresti farlo tu.-
-Ma io non so se…-
-Se te la senti? Coraggio Nana, con o senza noi, che differenza vuoi che faccia? Ricorda il motivo che ti ha spinta a venire qui oggi. Se anche dovesse andare male, potrai sempre dire d’averci provato, no?-
Forse ero troppo stanca per oppormi, per continuare a lottare, così accettai.
Quando aprì la porta fui subito trascinata dalla musica. La riconobbi ancora prima di vederla. La voce di Nana era unica e inconfondibile. Di fronte a me, non troppo lontana, una ragazza dai lunghi capelli biondi stava cantando, accompagnata da un pianoforte. Indossava un leggero top smanicato, e sul suo braccio sinistro spiccava il disegno di un fiore di Ren. Cantava ad occhi chiusi, ma nel momento in cui la porta sbatté li aprì e ne cercò la fonte. Io e Nana ci stavamo di nuovo guardando negli occhi.
***
Dopo il parto, Reira fu ospite per due settimane in casa nostra. Aveva bisogno di un posto nel quale nascondersi mentre recuperava le energie. Trovavo incredibile l’idea di nascondere una cosa tanto importante alla propria madre, ma non mi sembrava opportuno farglielo notare.
In quel periodo Reira appariva così fragile e vulnerabile, e in qualche parte dentro di me sentivo il desiderio di proteggerla. Forse perché capivo quanto male potesse fare la solitudine,  forse  perché eravamo entrambe due mamme novelle e inesperte, forse perché aveva partorito il figlio di Shin, o forse perché sono una persona buona.
Com’era prevedibile, la convivenza non fu certo facile. Reira, che solo pochi giorni prima mi aveva pregata di starle vicino, adesso mi evitava. Passava la maggior parte del tempo nella sua camera, solitamente da sola, mi occupavo io di Ren, ma alle volta sbucava per allattarlo e non lo riportava più indietro. Ignoravo quali fossero i suoi reali sentimenti, e lei non me ne parlava. Quelle poche volte in cui ci trovavamo nella stessa stanza ero io a rompere il silenzio, raccontandole aneddoti inutili, fini soltanto ad alleviare la tensione. Reira mi rispondeva garbatamente, ma non si preoccupava mai di dare il via ad una conversazione. In poco tempo la sua presenza riuscì a mettermi a disagio. Quando Takumi rientrava a casa, lei spariva nella sua stanza insieme a Ren, rifiutandosi persino di mangiare. Desiderai che si rimettesse quanto prima, non la volevo più.
C’erano state poche sere in cui Takumi aveva deciso di parlarle, si era chiuso in camera con lei e vi era rimasto per un lasso di tempo che a me sembrò lunghissimo, anche se, stando all’orologio, era talmente breve che la lancetta lunga si spostava di poco. Nutrivo gelosia nei confronti di Reira, anche adesso che sapevo che il figlio non apparteneva a Takumi, ma in fondo questo non garantiva affatto che tra i due non fosse mai successo nulla. Mi stupivo e vergognavo del cambio repentino dei miei sentimenti nei confronti di Reira e Takumi, e iniziai di nuovo a sentirmi prigioniera in casa mia, senza alcuna via d’uscita.
Quando, due settimane dopo, mi comunicò la sua partenza, io emisi un sospiro di sollievo. Mi aveva promesso che avrebbe badato personalmente a tutte le spese che riguardavano Ren, e ogni mio tentativo di dissuaderla sembrava persino infastidirla, quindi alla fine accettai la busta contenente il denaro, e la promessa che ne avrebbe inviata una ogni mese.
“Passerò a trovarlo, di tanto in tanto” aveva detto, ma io non le avevo creduto. Mentre si allontanava il mio pensiero volò a Nana, a come fosse stata brutalmente abbandonata quando era una bambina. Ma stavolta era diverso, Ren non poteva conservare alcun ricordo di quel momento e sarebbe cresciuto in una vera famiglia che lo avrebbe amato.
Io e Takumi allora iniziammo una nuova vita. Eravamo una nuova famiglia, ma non tardò molto perché mi accorgessi che non provava alcun che per Ren. Semplicemente, lo evitava.
Se con Satsuki amava giocare, parlarle, anche solo guardarla dormire, Ren era totalmente invisibile.
Sarà forse stato questo a indurmi a volergli ancora più bene. Quel bambino non aveva nessuno al mondo. Suo padre non sapeva neppure della sua esistenza e sua madre lo aveva appena abbandonato. Adesso io e Takumi eravamo i suoi genitori, dovevamo accoglierlo e amarlo come figlio nostro, ma questo concetto era tanto semplice per me, quanto complicato per Takumi. “In fondo non siamo i suoi veri genitori” aveva detto una volta, ferendomi. Quel bambino non avrebbe mai saputo la verità.
Contro ogni previsione, circa un mese dopo, Reira venne a farci visita. Non ci aveva neppure avvisati, era arrivata con un borsone carico di vestitini e giocattoli. In quelle quattro settimane Ren era molto cambiato, notò, e fece lui delle foto. Rimase un paio d’ore, poi tolse il disturbo. Ricevetti qualche telefonata sporadica in cui si limitava a chiedere come stesse, fino a quando, circa un mese dopo, tornò. Le sue visite, col passare del tempo, divennero più frequenti, e gli intervalli più brevi.
Non capivo questo suo atteggiamento, ma non la contraddissi mai. Una cosa però era chiara, Ren non le era affatto indifferente, anzi, era appurato che lo amasse.
Dopo circa cinque mesi si presentava a Tokyo regolarmente ogni settimana, e a volte si fermava persino per la notte. Un giorno mi feci coraggio e le chiesi se voleva riprenderlo con sé, per tutta risposta il suo sguardo si rabbuiò.
La situazione in casa non era comunque facile, Takumi aveva da poco iniziato a lavorare come manager per delle band emergenti, ma il lavoro non gli piaceva, si lamentava di continuo, soprattutto perché gli aspiranti emergenti non mancavano di fargli notare che fosse un “fallito”.
Un giorno Naoki gli telefonò, chiedendogli come andassero le cose. Si era trasferito a Londra, dove faceva il fotomodello, e quel pomeriggio gli propose di raggiungerlo.
“Sapessi quante band emergenti ci sono qui!” Gli aveva detto “Ti ci vedo proprio a fare il manager, sai? Perché non provi? Ti andrà meglio che con questi sfacciatelli.” Inizialmente gli rise in faccia, ma presto iniziò a ponderare su quell’offerta. Una sera, a letto, mi comunicò la sua decisione.
-Parto per Londra. Il mio talento è sprecato per questi ragazzini qui, in Inghilterra invece la musica continua ad essere viva e in pieno mutamento. Non dimentichiamoci che è stato proprio quel paese a dare i natali a gruppi dai nomi famosi.-
Ci rimasi male. Non mi stava chiedendo un parere, mi stava solo avvisando.
-Andrò da solo, mi ospiterà Naoki, quando sarò abbastanza indipendente, potrai raggiungermi.-
-Takumi, ho solo una richiesta.-
Lo supplicai.
-Resta almeno fino al primo compleanno di Satsuki-
Sapevo che quella era una cosa irrinunciabile per lui, e così accettò.
In quel periodo i bambini crescevano ogni giorno, un giorno lallavano, quello dopo iniziavano a strisciare, e in poco tempo imparavano come gattonare. Sorridevano, urlavano, iniziavano i loro monosillabi.
-Maaamma.-
Scandivo bene a Satsuki, ma Takumi voleva averla vinta.
-No, no, ma quale mamma? Devi dire paaapà, Satsuki, è più semplice.-
Era stato un bel periodo quello lì, per quanto le giornate fossero faticose, ero sempre felice.
Poco dopo il compleanno di Satsuki, come stabilito, Takumi partì. Mi mancava, era vero, ma avevo talmente così tanto da fare, che a volte non avevo neanche il tempo di pensarci,  il giorno si tramutava in notte con una velocità straordinaria.
Un giorno Reira, durante una delle sue visite a Ren, mi confessò che avrebbe tanto voluto passare più tempo insieme a lui.
-Sai? Ogni volta che vengo lo trovo cambiato. Adesso parla, gattona ed io non posso fare a meno di pensare a quante cose mi stia perdendo di lui. Non avevo considerato questo aspetto quando vi ho chiesto di adottarlo. Pensavo che liberarmene sarebbe stato più facile.-
Non seppi perché me lo disse, non era da lei aprirsi in questo modo con me. Forse fu questa sua confessione, forse la tristezza nei suoi occhi, o forse la consapevolezza che Reira amasse suo figlio più di ogni altra cosa, che alla fine mi fecero dire:
-Perché non lo riprendi con te, Reira? Per quanto io gli voglia bene, tu resti sempre sua madre, ed io vedo quanto questa distanza ti logori.-
Divenne nuovamente triste. Avevo notato come si voltasse ogni volta che Ren chiamava “mamma” e non mi era sfuggito nemmeno il suo dolore una volta appurato che non si stesse rivolgendo a lei.
-Come posso fare, Nana? L’ho tenuto nascosto a mia madre per tutto questo tempo, come posso presentarmi e dirle “ecco tuo nipote, è figlio di un minorenne scapestrato ex galeotto che non sa neppure della sua esistenza e quindi non lo crescerà!”-
Disse con voce spezzata.
-E allora scappa, non tornare a casa tua.-
-Dove altro potrei andare? Sono da sola e senza un soldo, come posso mantenere entrambi?-
-Perché non vai a Londra? In fondo c’è pur sempre Naoki, c’è Takumi e presto verrò anche io.-
Se io non le avessi suggerito quella folle idea, cosa ne sarebbe di noi quattro adesso? Vivremmo tutti insieme in quell’appartamento, come una vera e normale famiglia, dimenticandoci gli errori del passato e ricominciando da zero in una nuova città?
Non lo so. Non si può prevedere una cosa che non si è vissuta.
 
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