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Autore: ese96    30/11/2015    1 recensioni
Bella arriva nella piovosa Forks per ricominciare la sua vita. Cosa succederà quando incontrerà il misterioso Edward? E se lui l'avesse già conosciuta, magari in una vita passata?
Vecchia storia che ho deciso di revisionare e riprendere... spero vi piaccia!
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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7 capitolo

CAPITOLO 7

Mi svegliai di soprassalto. Avevo fatto un sogno stranissimo. Cercai di ricordarne i particolari. Mi trovavo in un palazzo, un grande palazzo. Centinaia di persone erano con me. Molte parlavano, molte sostavano semplicemente vicino a dei divanetti, che sembravano troppo vecchi per essere ancora in piedi. Insomma, erano divanetti vittoriani. Ricordai la mia faccia confusa alla vista di una donna che si avvicinava a me. Era bionda, con gli occhi uguali ai miei. Aveva un vestito incantevole da certi punti di vista, orrendo da altri. Non l’avrei indossato neanche al mio matrimonio, troppo pomposo.

‘Josie si può sapere cosa ci fai ancora qui?’ mi chiese quella donna. Non mi diede tempo di rispondere ‘Mio Dio, figliola, devi unirti alla società! Non puoi rimanere a casa per sempre come fa tuo padre! Oh, fortuna che ci sono io per te!’ mi aveva preso per mano e trascinato all’angolo opposto della stanza.

Quando aveva iniziato ad avere un passo più moderato, trascinandomi con sé, avevo scoperto che avevo un vestito simile al suo (inciampavo in continuazione in quel maledetto vestito). Quando arrivammo, vidi il motivo per cui quella che doveva essere mia madre mi aveva trascinata: uno stuolo di ragazze della mia età guardava un pianoforte, o meglio chi lo suonava: Edward. Ripensando a quella dolce melodia che mi dava ancora i brividi, mi resi conto che era la stessa: la canzone che Edward aveva suonato al pianoforte di Helena nel salone. Le mani volavano sui tasti, e attiravano sciami di donne, compresa quella che nel sogno doveva essere mia madre. Quando finì la canzone lui alzò lo sguardo, mi vide e rimase scioccato, con la stessa espressione con cui mi aveva guardato per la prima volta. Ero pazza, a fare sogni del genere. L’ultima cosa che ricordo è che, dopo aver incrociato i nostri sguardi, si era avvicinato un ragazzo, che identificai subito come Robert, e un uomo, biondo e con gli occhi dorati, come i suoi, pallido che, secondo quello che blaterava la donna accanto a me era il medico di corte, gli diede anche un nome, ma non lo ricordo. Subito dopo avevo sentito qualcosa bruciare dentro di me e il mio cuore che batteva forte e tutto si oscurava. E mi ero svegliata così, con il cuore che batteva forte. Era stata una fortuna non avere una stanza comune con mia sorella.

Mi stesi su un fianco. Avevo sognato Edward, per di più non un sogno tanto normale. Era la prima volta.

Per tutti i giorni successivi, sognai Edward. Sempre lo stesso identico sogno. In quei giorni, come se fosse una premonizione, Edward non venne a scuola. Tutta la sua famiglia non venne. Forse il mio cervello lo immaginava perché non poteva vederlo realmente.

Helena sembrava così tranquilla. I suoi occhi mi dicevano che mi nascondeva qualcosa, ma non ci facevo caso. In fondo, ognuno ha i suoi segreti. Io non le raccontavo dei miei sogni, lei non mi diceva la cosa che nascondeva.

Una settimana dopo la prima volta, mi svegliai di soprassalto dopo lo stesso sogno di una settimana. Questa volta sembrava così vivido, le guance erano rosse e gli occhi lucidi. Quel giorno la luna era alta nel cielo. Pallida, splendida, piena. Illuminava il cielo come un grande faro. E fu proprio la luce della luna a farmi vedere un’ombra che scendeva dalla stanza di mia sorella, con un’agilità sorprendente, sembrava volare. Saltò dalla finestra, si appese ad un ramo e con una grande velocità scese giù come un gatto. Aguzzai la vista. L’ombra aveva una felpa, una felpa rossa. La felpa di mia sorella.

Quell’ombra era mia sorella. E adesso, ad una velocità supersonica, si era inoltrata nel bosco.

Oddio! Mia sorella era Wonder Woman e io non lo sapevo? Come era possibile una cosa del genere, e cosa faceva di notte nel bosco? Spalancai la finestra. Non riuscivo a vedere più nulla. Neanche un’ombra. E se fosse stato semplicemente un sogno? Ma certo, solo un sogno! E se non fosse così? Ora, per sicurezza, vado in camera e sono sicura che mia sorella sarà lì,a dormire come un angioletto, e la felpa rossa sarà al suo posto nel cassetto. Mi avvicinai lentamente alla porta e uscì nel corridoio, per la fretta urtai con l’alluce lo stipite della porta. Un dolore immenso. Cercai di non urlare per non svegliare Charlie.

Aprii lentamente la porta di mia sorella, e vidi nel suo letto un rigonfiamento. Mi calmai, che stupida! Era stato tutto uno stupido sogno! Mi avvicinai lentamente al letto, e feci una scoperta che mi lasciò basita. Il rigonfiamento era solo un cuscino messo in verticale!

Iniziai a farmi prendere dal panico, mi avvicinai al cassetto e lo aprii. Sapevo che Helena metteva tutti i suoi vestiti secondo la scala cromatica, perciò sapevo dove erano gli indumenti rossi. La felpa rossa non c’era. Ma quella era solo una conferma. L’ombra era davvero lei. Mi sedetti sulla poltrona accanto al letto. Respiravo a fatica. Cosa era mia sorella? Come aveva fatto a fare una cosa del genere?

Dopo un lasso di tempo abbastanza lungo mi alzai dalla poltrona e mi diressi in camera, sotto shock. Potevo rimanere nella sua camera ed aspettarla, e poi cosa le avrei detto? Si può sapere che ne hai fatto di mia sorella? Sei la figlia di Spider-Man? Il giorno dopo le avrei parlato, con calma e avrei chiarito questa situazione.

Era solo uno stupido equivoco! Tornai nella mia camera e mi affacciai alla finestra, e vidi solo il buio della notte. Così, presa dallo sconforto mi coricai di nuovo, allarmata da quello che poteva esserci intorno.

La mattina dopo mi svegliai assonnata e agitata per quello che era successo. Guardai dalla finestra il panorama, disgustata. Il cortile era ricoperto da un sottile strato di neve, di cui era anche spolverato il tetto del pick-up e imbiancata la strada. Ma c'era di peggio. La pioggia del giorno prima si era ghiacciata, disegnava ghirigori fantasiosi e splendenti tra gli aghi dei pini e aveva trasformato il vialetto in un lastrone mortale. Avevo già i miei problemi di stabilità sull'asciutto: forse, per la mia incolumità, sarebbe stato meglio tornare subito a letto. Ma dovevo andare: non volevo che proprio quel giorno tornasse Edward a scuola. I suoi capelli mi mancavano, molto di più dei suoi misteri. Ma che mi scuso a fare con me stesso, era proprio lui che mi mancava, non i suoi capelli!

Mi vestii e scesi giù.

<< tutto bene Bella? >> Helena mi aveva preso alla sprovvista, probabilmente aveva notato qualcosa di diverso nei miei occhi. Mi ricordai tutto un tratto di quello che era successo la notte prima ed ebbi un conato. Mi feci forza ed ingoiai un altro boccone.

<< Tutto apposto >> e continuai a mangiare.

Arrivate a scuola, lei disse che doveva prendere dei moduli per l’iscrizione che Charlie aveva scordato e si diresse alla segreteria senza di me, con la promessa di rivederci in aula. Mi avvicinai alla fiancata per seguirla nel suo tragitto, aspettando che entrasse nella segreteria, forse per la stupida convinzione che avrebbe iniziato a sfrecciare fulminea.

Fu in quel momento, concentrata sull’andatura di mia sorella, che sentii qualcosa di strano.

Era un fischio acuto, una frenata, sempre più vicina e inquietante. Alzai gli occhi, sbigottita.

Vidi parecchie cose contemporaneamente. Non era un film, perciò niente rallentatore. Anzi, la vampata di adrenalina accelerò l'attività del mio cervello e mi trovai a recepire con chiarezza molti dettagli in un colpo solo.

Edward Cullen, a quattro auto di distanza da me, mi fissava terrorizzato. Avevo avuto ragione, oggi era venuto. Il suo viso emergeva da un mare di altri volti, immobilizzati nella stessa maschera di terrore. Ma l'elemento più importante era il furgoncino blu scuro che sbandava, le ruote bloccate e stridenti, una trottola impazzita nel parcheggio ghiacciato. Stava per schiantarsi contro il retro del mio pick-up, di fronte al quale c'ero io. Non ebbi nemmeno il tempo di chiudere gli occhi.

Un istante prima che potessi sentire il fragore del furgoncino che si accartocciava sul cassone del pick-up, qualcosa mi colpì, forte, ma il colpo non giunse da dove me lo aspettavo. Sbattei la testa contro il fondo stradale ghiacciato e sentii qualcosa di duro e freddo che mi teneva giù. Ero sdraiata sull'asfalto, dietro l'auto scura accanto alla quale avevo parcheggiato. Non potevo scorgere altro, perché la corsa del furgoncino non era ancora finita. Aveva strusciato girandosi contro la coda del mio mezzo con una derapata, continuando a slittare in testacoda, e stava per investirmi di nuovo.

Sentii mormorare un'imprecazione e mi accorsi che accanto a me c'era qualcuno, una voce inconfondibile. Due mani affusolate e bianche mi si pararono di fronte per proteggermi, e il furgone si arrestò di colpo a una spanna dal mio volto. Le grandi mani erano affondate nella carrozzeria, dentro una provvidenziale, profonda ammaccatura del furgone.

Poi agirono così velocemente da diventare invisibili. Una fece presa in un istante sotto il furgoncino, e qualcosa mi trascinò, inerme come una bambola, girandomi per le gambe e facendomele sbattere contro una ruota dell'auto scura. Fui assordata da un lancinante rumore metallico, e il furgoncino, con il vetro sbriciolato, si piantò sull'asfalto, esattamente nel punto in cui, fino a un secondo prima, si trovavano le mie gambe.

Per un interminabile istante il silenzio fu assoluto, poi iniziarono le urla. 


NOTE DELL'AUTRICE

Non mi dilungo molto, sto morendo di sonno! Spero che questo capitolo vi piaccia! 

Per favore recensite, recensite, recensite!

ese96

   
 
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