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Autore: Wendy96    01/12/2015    0 recensioni
C'è chi paragona l'amore all'amicizia considerandoli quasi dei pari, come fossero un'unica entità.
Perché no? Certo, si possono confondere, ma credetemi se vi dico che questi si trovano su due universi paralleli, due strisce di terra tenute insieme soltanto da un ponte che solo gli amici più intrepidi, quegli amanti sventurati legati ad una persona accanto a loro da sempre, tentano di attraversare fianco a fianco.
E Darcy aspetta su quel ponte da tutta la vita; avanza silenziosa lungo la via in cui amore e amicizia si fondono certa di essersi lasciata tutto alle spalle, di essere finalmente riuscita a dimenticare LUI.
Ma sarà proprio vero che il tempo cura le ferite e lenisce ogni pena di un cuore innamorato? E se quel fulmine a ciel sereno che ha squarciato le sue giornate felici fosse la scintilla capace di riunire due anime rimaste distanti troppo a lungo?
Nulla accade per caso, e Darcy lo capirà prima ancora che possa realizzarlo.
Questa è la storia di un'amicizia e una novità che cambierà per sempre due vite parallele.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4 mesi al parto…
«Day, io esco» esordì Harry passandomi alle spalle e fermandosi solo per darmi un rapido bacio sulla guancia e poi dirigendosi verso la porta d’ingresso sistemandosi la sciarpa.
«Dove vai?» domandai intingendo un biscotto mezzo mangiucchiato nel latte.
«Devo… ho un impegno.»
«Vabbè, non starò a chiederti come si chiama quest’impegno, tanto non vuoi dirmelo…» fu la mia risposta stizzita.
Non prendetemi per un’invadente, è solo che mi piace sapere dove vada un mio coinquilino quando esce, con Melanie funzionava così.
«Esco con Louis. Più tranquilla?!» disse seccato voltandosi verso di me a pochi passi dalla porta.
«Sì, lo sono. Salutamelo.»
Uscì sbattendo la porta e sospirai. Ero sola in casa.
«Bene, Smith, restiamo solo tu ed io» mi rivolsi al gatto acciambellato alla sedia accanto alla mia lasciandogli una carezza sulla testa mentre mi alzavo per mettere la tazza ormai vuota nel lavello. Avevo appena terminato la frase che subito sentii un calcetto come a ricordarmi che in casa non c’eravamo solo io e il gatto.
È una sensazione strana quella di ricevere colpetti da dentro, ai primissimi calcetti m’immobilizzavo appoggiandomi alla prima cosa che mi capitasse a tiro nemmeno fossi nel bel mezzo di un terremoto.
«Mi correggo: io, te ed Alexander.»
Quella del primo movimento che ho sul serio sentito è una storiella divertente: ero intorno alla sedicesima settimana ed erano circa le 2 del mattino (c’era Notting Hill in seconda serata, sarei stata sveglia anche tutta la notte pur di vederlo) quando nella scena finale, il momento in cui Hugh Grant raggiunge Julia Roberts alla conferenza stampa, sentii un lieve colpetto al ventre che mi lasciò di sale, ma solo dopo al secondo mi alzai di corsa dal divano e corsi in camera di Harry che già dormiva da un pezzo.
«Harry! Cazzo, Harry!» urlai saltandogli sul letto e togliendogli il piumone di dosso.
«Nessuno te l’ha mai insegnato che c’è modo e modo per svegliare le persone? Dio!» si lamentò coprendosi gli occhi col dorso della mano destra.
«È importante! Si è mosso e l’ho sentito, capisci?! Devo preoccuparmi secondo te?» bofonchiai confusa avvicinandomi al suo viso.
In tutta “risposta” mi fece un agguato tirandomi a letto con lui ritrovandomi così stesa su un fianco e con il suo torace contro la mia schiena, le braccia a circondarmi completamente in un abbraccio.
«È normale, non stai per morire stupida ipocondriaca che non sei altro. Ora però smettila di parlare e lasciami dormire.»
Ci riflettei un po’ su finché non giunsi alla conclusione che sì, in effetti era una cosa del tutto normale, così ritrovai la calma e chiusi gli occhi anch’io.
«Harry?»
«Mmh» mi rispose con un versetto rotto.
«Ho lasciato la TV accesa.»
«La spegniamo domani. Dormi.»
 
Ma tornando a noi, quella mattina non ne volevo sapere di stare a casa da sola, così afferrai il telefono dando una rapida occhiata a tutti i contatti e soffermandomi sul contatto della persona che avevo voglia di vedere.
-Ehi, Zy, hai già impegni per la giornata??-
Attesi una decina di minuti, ma la risposta arrivò.
–Beyoncé! Oggi sono solo, perché? Tu e Harry avete progetti? -
Odiavo mi chiamasse Beyoncé, ma ormai quel nomignolo mi era rimasto da dopo il karaoke, quindi… –Anch’io sono sola soletta…-
–Allora oggi facciamo coppia tu ed io. Ti passo a prendere tra mezz’ora, fatti trovare pronta, baby–
“Andata!” pensai soddisfatta dirigendomi in camera mia per prepararmi. M’infilai un paio di leggins blu a stampa floreale e una camicia di jeans effetto slavato, mi strinsi sotto al seno una sottile cintura in cuoio marrone abbinata alle mie solite inglesine (anche se ormai non mi vedevo quasi più i piedi). Feci il solito immancabile trucco e decisi di lasciare i capelli liberi di scendere oltre le spalle tristemente lisci.
Guardando il mio riflesso allo specchio mi soffermai sulla mia nuova figura sempre meno longilinea e sorrisi. Alcune fan molto carine e gentili mi avevano bollata come “l’amica grassa di Harry Styles” e per qualche tempo ne avevo sofferto, ora non m’importava più. Ero una madre, nasconderlo non avrebbe più avuto senso.
Quando sentii suonare alla porta mi precipitai fuori ed abbracciai Zayn dandogli i consueti due baci sulle guance ispide per la barba. È incredibile come quel ragazzo sia bello come il sole anche a telecamere spente.
«Sei bellissima oggi, sei sexy.» Mi sorrise allungando il lato destro delle labbra tenendomi ancora stretta tra le sue braccia.
«Sexy, io? Non so quale sia il tuo metro di paragone, ma il mio sex appeal mi è lentamente sceso sotto le scarpe» ironizzai facendo roteare gli occhi.
«Ma smettila!» mi rimproverò dandomi uno scappellotto mentre chiudevo la porta di casa. «Dove la porto, signorina?»
«Anche solo a casa tua mi sembra perfetto. Non avevo voglia i stare sola oggi.»
«E infatti sono qui per te» disse cingendomi le spalle con un braccio e facendo sbattere piano la sua testa contro la mia in un gesto amichevole. «Ci guardiamo un filmetto tranquillo con un gelato? So che qui c’è una ragazza che ama il cioccolato.»
«Oh, non poteva venirti un’idea migliore!»
Salimmo in macchina e lui partì diretto verso casa.
«Ma…perché Harry è uscito senza di te?»
«Perché ha una vita sua? Non stiamo insieme, Zy, è libero di fare ciò che vuole.»
«Se la mia migliore amica fosse incinta non la lascerei mai a casa da sola, potrebbe sempre avere bisogno di me.»
Sorrisi abbassando lo sguardo e sistemandomi una ciocca di capelli dietro all’orecchio. «È molto dolce quello che dici.»
«È la verità» disse volgendo il viso verso di me, gli occhi allungati che esprimevano sincerità. «Allora, dov’è andato lo stronzo lasciando una così dolce fanciulla a casa da sola?»
«Non so. È con Louis, ed è vero perché l’ho visto, ma non mi ha detto altro.»
«Ricordami di fargli il culo quando lo vedo.»
Fermò l’auto e abbassò il freno, eravamo arrivati. Lo seguii in casa e, una volta in salone, mi lasciai sprofondare sul divano togliendomi le scarpe per incrociare le gambe senza sporcare il tessuto bianco.
«Che film guadiamo?»
«Quello che vuoi. Vai in camera mia e scegline uno.»
«Okay, ma devi dirmi dov’è» dissi balzando in piedi sul tappeto e facendo scrocchiare le caviglie.
«Lungo il corridoio, terza stanza a destra.»
Partii alla ricerca della camera, ma mi fermai poco prima di averla raggiunta perché la mia attenzione venne attirata da altro: c’era un grosso quadro in street art pieno di scritte e disegni colorati realizzato con pennellate cariche di colore in modo da creare profondità, e se non fosse stato per quelle sarebbe sembrato realizzato su una parete di mattoni. Rimasi a contemplarlo in silenzio cogliendo sempre più dettagli ogni volta che mi concentravo su un punto diverso della tela, e notai che doveva essere stato realizzato da un artista per Zayn, perché scorsi alcuni elementi personali.
Feci per avvicinarmi alla tela per sfiorarla con le dita quando, riflessa nello specchio lì accanto, intravidi uno squarcio di stanza provenire da una porta mezza aperta. Tutto quel colore mi spinse ad entrare e rimasi affascinata dai disegni che vidi tingere le pareti. Quella stanza era viva, potevo vedere in ogni centimetro quadrato Zayn spruzzare colore dimenticandosi di tutto il resto al di fuori di quelle quattro mura.
«Vedo che hai trovato la mia stanza preferita» disse entrando nella stanza e affiancandomi.
Notai alcune bombolette in piedi e altre rovesciate sotto ad una parete su sui era visibile un tratto di vernice ancora umido, come se avesse lasciato il lavoro a metà.
«Zayn, stavi disegnando prima che ti scrivessi?»
«Lo faccio sempre quando ho del tempo per me.»
«Questo sarebbe un sì? Scusa, non volevo disturbarti nel tuo giorno libero! Adesso mi siedo qui in silenzio e tu continui a disegnare.» Mi lasciai cadere sgraziatamente al suolo con le gambe aperte.
«Day, non dire cazzate! Così ti annoieresti.»
«Vedo il “Zayn cantante famoso” ogni giorno, mostrami il ragazzo di Bradford per una volta» insistetti sporgendomi in avanti prendendo la bomboletta più vicina a me.
Soffiando pesantemente col naso in segno di rassegna, prese la bomboletta, accese una radio sul tavolino alla sua sinistra e mi accontentò voltandosi verso la parete e continuando il disegno di poco prima.
La maggior parte dei disegni presenti erano insensati, ma spruzzi di colore incredibilmente affascianti che esprimevano ciò che Zayn è realmente. Erano pura poesia espressa in un linguaggio diverso dalle parole, tratti indelebili costantemente modificati da ciò che gli passava per la mente.
Lui era così naturale e a suo agio che parva quasi che si fosse dimenticato della mia presenza. Quello è qualcosa che ama.
“I got my first real six string bought it at the five and dime…”
Riconobbi subito le prime parole di quella canzone alla radio, come potevo non farlo? Summer of ’69 faceva parte di me, o almeno così era stato fino al 2010.
«Ah, questa canzone!» se ne uscì dal nulla Zayn fermando la mano, «Quel bastardo di Harry me l’ha messa in testa.» Si voltò abbozzando un sorriso.
E pensare che ero stata io a farla conoscere a lui…
A quattordici anni passai un periodo a scavare tra vecchie cose dei miei genitori tra soffitta e cantina giusto per scoprire qualcosa in più su di loro, e in quell’occasione trovai in uno scatolone pieno di dischi in vinile. Mia madre era fan di Bryan Adams da sempre (passione che poi ha trasmesso a me insieme quella per i grandi gruppi rock come Rolling Stones, Pink Floyd o i Queen, questi ultimi da mio padre), quindi presi quel suo disco con la copertina tutta rovinata, lo misi a girare e bang! Quella canzone è stata la colonna sonora della nostra amicizia. La cantavamo ovunque: in bicicletta con lui che pedalava col fiatone e io me ne stavo tranquillamente seduta sul manubrio con la schiena appoggiata a lui, oppure ballandola per la camera con la musica che faceva vibrare i vetri delle finestre invece che studiare. Smisi di ascoltarla quando la cantarono ad XFactor. Piansi tutte le mie lacrime raggomitolata sul letto di una cameretta vuota illuminata solo dalla TV, il giorno che m’imposi di porre fine a tutti quegli anni di noi.
«Those were the best days of my life» sussurrai come in trance.
«Day, stai bene?» domandò vedendomi incantata verso la finestra.
«Ehm… ero sovrappensiero» tagliai corto riportando lo sguardo su di lui sbattendo ripetutamente le ciglia.
«Non mi piace vederti seduta lì a far niente. Prendi una bomboletta e ti metti a spruzzare con me.»
«Cosa?! Ma non so disegnare!»
«Tutti sanno fare due righe storte.»
Mi mise una mascherina a coprirmi naso e bocca perché, a detta sua, “non fa bene respirare la vernice a piombo” e bla bla bla.
Non credeva che sapessi disegnare? Bene, ormai il mio sgorbio lilla sul muro se lo terrà sempre (volevo disegnare un uccellino… tentativo fallito).
Pranzammo velocemente con due toast, poi tornammo nella stanza dove passammo tutto il pomeriggio tra schizzi, chiacchiere e tante risate.
«Finisco la sigaretta e ti porto a casa. Harry sarà tornato» disse spirando una nume biancastra fuori dalla finestra aperta.
«Sinceramente non m’importa. Mi ha risposto male oggi, può anche starsene fuori tutta la sera con una delle tante… oche che gli girano attorno.» “Quanta acidità, Gray.”
«Che colpo basso!» sgranò gli occhi facendo un gesto con la mano agitandola in verticale, «Non pensavo l’avessi presa così male.»
«Non l’ho presa male.»
La sua espressine gridava “mi stai prendendo per il culo?”, e mi fece capire che in effetti mi ero offesa. «Okay, forse solo un pochino.»
«Un pochino?! Sei gelosetta, amica.»
«Infastidita. Mi piace sapere dove vanno le persone con cui vivo.»
«Se lo dici tu…» disse spirando l’ultima boccata di fumo e lanciando la sigaretta dalla finestra. «Dai, ti riporto a casa, sarai stanca.»
Durante il viaggio di ritorno lo chiamò sua sorella Doniya e lui collegò il telefono all’auto in modo che il vivavoce si sentisse bene e potessi scambiare due parole con lei.
«Day, chiamami ogni volta che vuoi, disegnare in due è più divertente.»
«Sì, soprattutto se una pazza ti rovina la stanza. Grazie, Zayn.»
Gli schioccai un bacio sulla guancia sorprendendomi per l’inaspettato abbraccio in cui mi stinse prima di lasciarmi scendere dal veicolo. Rimasi un attimo ferma sul vialetto seguendo con lo sguardo la sua auto sparire in strada, quindi entrai in casa.
Buio totale e silenzio, l’unico suono veniva dal piano di sopra, per il resto era come se casa fosse vuota.
Salii le scale arrivando fino alla stanza lasciata libera accanto alla mia da cui provenivano delle voci, quella di Harry e… una femminile?
«Adesso mi sente!» dissi a denti stretti e fiondandomi sulla porta. «E meno male che oggi dovevi uscire con Lou…»
Non finii la frese, non potevo farlo.
«No, Day! Hai rovinato tutto!» Louis si alzò in piedi lasciano cadere a terra un oggetto.
«Co-cosa significa?»
«Uhm, si vede direi…» rispose Harry aprendo le braccia in gesto di rassegna.
Stava finendo di montare un mobiletto in rovere, e già montati c’erano un piccolo armadio, una sedia a dondolo sotto la finestra e una culla, quella a cui Louis stava cambiando la biancheria con una azzurra decorata da piccoli aeroplanini rossi, gialli e verdi. Accanto a lui c’era anche una ragazza con in mano una copertina e un peluche (almeno non mi ero sbagliata riguardo alla voce femminile di poco prima).
«Voi… avete sul serio fatto tutto questo oggi?»
«Volevamo farti una sorpresa visto che manca sempre meno alla nascita» disse Louis con un’alzata di spalle, «ma ce l’hai rovinata.»
«Oh, ragazzi, me l’avete fatta comunque! Venite… venite qui!» li invitai ad abbracciarmi aprendo le braccia e loro due si strinsero a me mentre la ragazza ci guardava sorridendo.
«Vi voglio bene, lo sapete?»
«Anche noi. Stai piangendo?!» Harry si staccò dall’abbraccio guardandomi sorpreso.
«Sono questi stupidi ormoni, scusate!» dissi asciugandomi gli occhi, poi portai lo sguardo sulla mora. «Oh! Non mi sono neanche presentata! Piacere, D…»
«Darcy, l’amica di Harry.» Mi precedette lei tendendomi la mano. «Sono…»
«Eleanor, la ragazza di Louis» feci come lei poco prima, e mi lanciò un’occhiata stupita. «Posso dire di conoscerti almeno un pochino tra varie riviste e Facebook.»
«Hai capito Darcy che ci pedinava su Facebook? Non l’avrei mai detto» mi schernì Louis cingendomi le spalle con un braccio.
«Non vivo mica fuori dal mondo, piccolo idiota.» Gli diedi un colpetto sulla guancia.
«Stasera però conoscerai meglio Eleanor, perché andiamo a cena tutti e quattro.»
«Lou, non ce n’è bisogno. El è appena arrivata e già vi ho trascinati con me all’Ikea, uscite voi due» disse Harry.
«Tutti e quattro» insistette Louis imperativo, poi salutò entrambi e lui e Eleanor andarono via dandoci appuntamento in un ristorante per le 8.30 p.m. di quella sera.
  
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