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Autore: astiles03    01/12/2015    4 recensioni
Dal primo capitolo:
Camminò a piedi nudi lungo il corridoio diretta in camera sua. Poggiò la mano sulla maniglia della porta e immediatamente arrivarono le voci. E' questo ciò che fanno le banshee, pensò, sentono le voci. Continuava a sentire dei bisbigli da giorni e ripetevano sempre la stessa cosa: sta tornando.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia batteva sulle finestre mentre Lydia si asciugava i lunghi capelli rossi. Si passò una mano sul collo ricordandosi di quando avevano cercato di strangolarla. Era stato il Darach, il primo ad averla chiamata "banshee", ma non il primo ad aver cercato di ucciderla. Il primo fu Peter, colui che mordendola le donò il potere da banshee.
Camminò a piedi nudi lungo il corridoio diretta in camera sua. Poggiò la mano sulla maniglia della porta e immediatamente arrivarono le voci. E' questo ciò che fanno le banshee, pensò, sentono le voci. Continuava a sentire dei bisbigli da giorni e ripetevano sempre la stessa cosa: sta tornando.
Stanca di ignorare le voci decise di avvertire i suoi amici, la sera stessa aveva un appuntamento con loro alla clinica veterinaria.
Salì in macchina e si mise al volante. Una volta in strada accese la radio e iniziò a canticchiare, cercando di ignorare i sussurri che si facevano sempre più forti. La pioggia aumentò ancora di più una volta che giunse alla clinica. Scendendo di macchina i capelli le si bagnarono e alzò gli occhi al cielo.
"Fantastico," si disse "li avevo appena lisciati."
Alla porta c'era Scott ad aspettarla, le sorrise ed entrò insieme a lei.
Nella piccola stanza della clinica c'erano già tutti ad aspettarla: Liam seduto a braccia conserte in un angolo, appoggiati al muro c'erano Stiles e Malia, Deaton osservava tutti in silenzio da dietro il freddo lettino di metallo e Kira in piedi accanto a lui.
"Dunque, siamo dovuti venire qui nel bel mezzo della notte e della tempesta per cosa?" Chiese Liam con aria strafottente. Il piccolo beta assunse una faccia interrogativa che Lydia avrebbe voluto prendere a schiaffi.
La banshee aveva già aperto la bocca per parlare quando sentì un rumore assordante, come se qualcuno sbattesse dei libri su un tavolo o come qualcosa che cade, seguito dagli stessi sibili.
"Lydia, hai sentito qualcosa?" Stiles si staccò dal muro e si mise davanti a lei "Cosa senti? Lydia, cosa senti?"
Ma lei non lo sentì, i rumori erano troppo forti e lei non sapeva come fare a fermarli. I sibili continuavano a ripetere le solite, fredde parole. Le sembrava di impazzire, strinse i pugni lungo i fianchi e chiuse gli occhi. Cercò di calmarsi, di respirare a fondo ma le voci non volevano fermarsi.
"Lydia, devi dirci cosa senti" disse cauto Deaton "altrimenti non possiamo aiutarti."
Lei voleva essere aiutata, sì, voleva fermare le voci. Non voleva più sentirle, voleva liberarsene. Si sentì toccare una spalla da qualcuno e piano piano aprì gli occhi. Davanti a lei c'era Malia che la guardava con i suoi grandi occhi marroni.
"Lydia, va tutto bene" le sussurrò l'amica "devi solo dirci cosa senti."
"Bisbigliano," finalmente Lydia riuscì a parlare, rilassò le mani e pronunciò la frase che voleva dire da tre giorni "le voci dicono che sta tornando."
Malia guardò Stiles preoccupata e curiosa allo stesso tempo.
"Chi sta tornando? Lydia?" Stiles si avvicinò di nuovo alla ragazza dai capelli rossi, ma lei non li sentiva più. Aveva iniziato a urlare.

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"Se non smette di piovere domani non vengo alla partita!" Esclamò ridendo la ragazza.
Guardò la foto sul comodino che ritraeva lei e sua sorella: erano praticamente identiche. Stessi capelli rossi, stessi occhi verdi e stesse labbra carnose.
Era al telefono con Mason, il suo migliore amico, e discutevano sul da farsi per il giorno dopo. Avevano programmato di andare a vedere la partita di lacrosse della scuola ma la tempesta non accennava a placarsi.
"Oh, andiamo! Ci saranno tutti, non puoi mancare!" Le rispose Mason.
"Sì che posso, e lo farò"
"So che verrai alla fine" le disse l'amico con sfida.
"Vedremo." involontariamente sorrise, alzando gli occhi al cielo "buonanotte Mason, a domani."
"Sapevo che avresti ceduto alla fine, a domani Em."
Riattaccò e si diresse in bagno per prepararsi per la notte. Percorse il corridoio freddo, le pareti illuminate solo dalla luce bianca della luna che entrava dalle finestre. Si affacciò in camera di sua sorella: la luce spenta, il letto al centro della stanza era ordinato e non c'erano tracce della ragazza. Probabilmente era fuori con i suoi amici, di nuovo.
A volte invidiava sua sorella; era più grande, più libera, più brava in tutto. La madre la adorava e le lasciava fare qualsiasi cosa, perfino uscire con gli amici nonostante il giorno dopo ci fosse scuola.
Lasciò perdere e continuò a camminare verso il bagno strascicando i piedi.
Una volta messo il pigiama, essersi lavata e essersi pettinata i lunghi capelli rossi iniziò a dirigersi verso la propria camera, dove un letto caldo e accogliente la aspettava per la notte.
Sotto le coperte si sentì finalmente al sicuro, finalmente lontana dagli occhi di tutti. Infilò una mano sotto il cuscino e ne estrasse una foto. La foto ritraeva una giovane donna al fianco di un uomo; quest'ultimo aveva in braccio una bimba con un vestitino viola e un ciuffetto di capelli rossi sulla testa. Ai piedi della donna, invece, c'era una bambina poco più grande, anch'essa con un vestito viola e i capelli rossi raccolti in due codine.
La donna sorrideva raggiante, i capelli castani raccolti in una crocchia e il corpo magro avvolto da un vestito lungo e bianco.
Emma girò la foto e lesse per due volte la frase che leggeva ogni giorno. Sorrise e ripose la foto sotto il cuscino, come ogni sera.

I veri paradisi sono i paradisi che si sono perduti.
   
 
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