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Autore: Gattina Pazza    02/12/2015    1 recensioni
Alice si è ferita accordando fiducia alla persona sbagliata.
Zane è il migliore amico di chi le ha fatto così male.
Alice vorrebbe solo dimenticare e vivere tranquilla,ben protetta dietro un muro impenetrabile.
Zane vuole conoscere Alice, e salvarla dalla sua solitudine.
Riusciranno i due a incontrarsi? O le difficoltà impediranno loro di sfiorarsi,
pur trovandosi a meno di un passo di distanza l’uno dall’altro?
***
-Che mossa?
-Mah, qualcosa del tipo: “chiedermi della mia vita dopo aver appena cercato di vendermi nuovamente al tuo carissimo amico” ti va bene come risposta?
-Io non sto cercando di venderti a nessuno, ragazzina. Voglio guadagnare la tua stima, fino a che non ti fiderai abbastanza di me da raccontarmi la tua versione.
-Cosa?
-Voglio sentirla. Hai ragione, io so solo quello che mi ha detto Damian, ma chi mi dice che non ci sia altro? O che lui mi abbia riferito solo quello che gli faceva comodo?
-Va bene, frena un attimo… E perché dovrebbe interessarti?
-Questo è un segreto, ragazzina. Ora vado davvero, perché temo che se ti rimarrò davanti ancora per un secondo mi ucciderai sul serio. Ma sarò qua anche domani, sappilo…
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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6. Dimenticati chi sei e chi è lei. Dimenticatene, e non lasciarla andare.
 
-Sei mai stato innamorato? Innamorato sul serio?
-No. Fino a un po’ di tempo fa, ti avrei risposto di no. Però ultimamente… non so più se questa sia la risposta giusta.
Non so, quando mi pose quella domanda mi scoppiò come una bomba dentro e spazzò via i fumi dell’alcol che mi annebbiavano la mente. Fino ad allora era andato tutto bene; ero riuscito a godermi la serata come se mi fossi trovato in compagnia di una persona qualunque. Alice era lì, in amicizia, potevo fare quello che volevo in sua presenza, almeno per quel che la riguardava: per lei non ero un uomo, ma il migliore amico del suo ex. Poi, mi ero seduto accanto ad Alice (dopo essermi spogliato di fronte, ma questo era un altro discorso); mi ero trovato accanto a lei come mai prima ero stato; e poi mi aveva posto quella domanda. L’unica che non avrebbe dovuto farmi, perché mi avrebbe messo di fronte al fatto che non l’avevo invitata fuori per farle un favore; e non mi ero certo tirato e messo elegante per andare in un vecchio capannone abbandonato; e che speravo si ubriacasse per poterla baciare. Certo, non mi sarei azzardato ad andare oltre… però, se almeno fossi riuscito a fare quello, forse avrebbe smesso di vedermi semplicemente come il migliore amico di Damian. Forse mi avrebbe visto come un uomo.  utte quelle verità mi caddero addosso quando mi pose quella domanda. E la risposta, che dapprima avevo cercato di nascondere persino a me stesso, mi salì alle labbra spontaneamente.
-Oh. Ma dai…- commentò quindi ridendo. Non potevo sbagliarmi, aveva avuto un attimo di esitazione prima di rispondere. Aveva capito, intuito che mi stavo riferendo a lei?
-Non so se sia proprio così…
-Quindi ti faccio bere o no?
-Decidi tu.
-Facciamo di no. Te la abbono, per stavolta. Però voglio saperne qualcosa di più.
Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Era tutta raggomitolata, piccola come un gattino, con le mani infilate nelle tasche della felpa. Prima, quando ero ancora sobrio, ero riuscito a dissimulare un poco il fatto che la volevo disperatamente. Ma ora, ubriaco com’ero, mi stava uccidendo esserle così vicino e non poterla toccare. Lo sapeva questo, lei? Mi stava stuzzicando apposta?
-Be’, posso dirti che non sono sicuro che questo sia amore. È una cosa piuttosto recente. Però è un sentimento completamente diverso da qualsiasi cosa abbia provato finora.
-Ah…
-Lei mi piace fisicamente, molto. Ma non è solo questo.
-Certo, deve pure essere una che non fa tante storie, immagino.  
-Sì. No. Cioè…
-Deciditi, Zane.
-Se fosse una facile non mi piacerebbe così tanto.
-Lasciamo indovinare. Però sarebbe tutto più semplice, se lo fosse.
-Be’, sì. Anzi, non so.
-Sei una persona decisa, mi dicono.
-Insomma, sono ubriaco. E poi la situazione è complicata.
Alice alzò le mani in segna di resa. –Va bene, mi fermo qui.
-Come? Non sei curiosa?
-Certo. Ma ne ho abbastanza nella mia vita di complicazioni, per aggiungere anche quelle degli altri.
Rimasi a guardarla per qualche istante in silenzio. Aveva capito qualcosa? Non voleva che andassi avanti per paura che l’avrei costretta ad accorgersi dell’evidenza? Oppure si riferiva ad altro? –I tuoi?- domandai quindi dopo un’illuminazione improvvisa.
Lei non rispose. Lentamente volse il viso verso la finestra alla nostra destra. La pioggia batteva incessante sui vetri.
-Non so che tipi siano i tuoi, ma non deve essere facile. Anche che si siano interessati così tanto alla tua relazione amorosa…
-E non solo a quella. Anche alla amicizie, ai voti a scuola, al mio modo di vestirmi e truccarmi. Hanno da dire su tutto, quei due.
Provai a immaginare come dovesse essere abitare sotto lo stesso tetto con persone del genere. E non ci riuscii. –Non deve essere facile.
-So… anzi, immagino che lo facciano per il mio bene. Perché vogliono che abbia il meglio. È come se loro si fossero costruiti nella testa un’immagine di me che non corrisponde alla realtà: sai, la tipica ragazza perfetta, che non beve, non va in discoteca, studia e frequenta solo persone per bene. Io non volevo deluderli, soprattutto mio padre, e quindi facevo di tutto per conformarmi a quel modello. Ma poi…
-Poi hai capito che non potevi più continuare a vivere in un modo che non avevi scelto tu.
-Sì. E così, poco a poco ho preso a discostarmi da quello che volevano. E sono iniziate le discussioni. Il problema è che adesso ho solo una grande confusione in testa. Quando sono in mezzo alla gente o sono impegnata in qualcosa, non è un grande problema. Ma appena mi fermo un attimo e ascolto, sento il caos che mi rimbomba nel cervello. Non è una bella sensazione.
-No, immagino.
-Scusa, Zane. Non so perché finisco sempre con il fare questi discorsi tristi con te. Devo essere noiosa.
-Nemmeno per idea.
-È strano anche per me. Sei la prima persona con cui parlo seriamente di questa cosa. Le mie amiche sanno che ho problemi in famiglia, ma con nessuna di loro mi sono mai aperta. Con te è facile tirare fuori le cose. Forse perché non ci conosciamo così bene. 
Mi accorsi che Alice aveva contratto la mano e stringeva una manica della felpa, così forte che le nocche le erano sbiancate. Delicatamente, posai la mano sulla sua. Lei sussultò e voltò di scatto la testa verso di me. –Non importa il perché. Non mi dà fastidio se ti sfoghi, anzi. Questo posto è sempre vuoto, quindi possiamo tornarci tutte le volte che i tuoi trovano da lamentarsi di qualcosa.
Lei tornò a girarsi verso di me. Ubriaco com’ero, mi era difficile leggere l’espressione del suo viso in penombra. Vedevo i contorni sfuocati e a malapena riuscivo a trattenermi dallo sporgere il viso verso di lei. L’unica certezza che avevo era questa: che era bellissima. E che le cose che le stavo dicendo le pensavo davvero. E che volevo stringerla, e tenerla tra le mie braccia per quella notte, e il giorno successivo, e quello dopo ancora. Per tenerla lontano da quei genitori che non la capivano e da Damian.
-Grazie.- sussurrò quindi.
-Di cosa?
-Di tutto. Insomma, sei partito con l’idea… non so nemmeno quale fosse il tuo obiettivo iniziale, se farti semplicemente i cazzi miei o farmi tornare con Damian. Be’, la cosa è partita così e sei finito a farmi da psicologo. Mi sento in debito.
-Parlare dei nostri problemi era solo una scusa per bere in compagnia.
Alice mi sorrise. Sembrava contenta del fatto che stessi cercando di alleggerire la tensione che si era creata dicendo cose a caso. Tuttavia, non avevo la minima intenzione di lasciarle la mano; con quella libera presi la bottiglia di sambuca aperta e ne bevvi un sorso. Quindi gliela porsi.
-Nessuno ha sbagliato.
-Non importa. È per festeggiare la fine della seduta.
Alice rise e, dopo aver preso la bottiglia, bevve a sua volta. –E per inaugurare la tua.
-Mmm, vuoi psicanalizzarmi?
Alice piegò la testa di lato. Diamine, se faceva così era davvero irresistibile. –Ammetto che mi incuriosisci, sì.
-Come ti incuriosisce un animale raro che non hai mai visto?
Un sorriso malizioso le comparve sulle labbra. –Un pochino. È la prima volta che incontro uno come te.
-Lo stesso posso dire io di te.
-Ma io sono stata studiata abbastanza, ora tocca a te. E visto che hai provato a sviarmi, bevi.
Obbedii ridendo. –Se la punizione alla ribellione è questa, prevedo che sarò molto cattivo.
-Allora, caro Zane. Raccontami un po’ di te.- Alice si sporse nella mia direzione, con fare civettuolo. O forse era solo una mia impressione dovuta all’alcol, che all’improvviso fosse diventata più provocante? Era la proiezione di un mio desiderio? Stava davvero provandoci con me? Nessuna ragazza mi aveva mai fatto andare tanto nel pallone, prima d’allora.
-Cosa vuoi sapere?
-Lascio decidere a te l’argomento di partenza.
-Mmmm. Tanto per cominciare, sono un fallito.
-Ehi! Sono io che ti devo prendere in giro, non puoi farlo da solo.
-Sono una persona onesta. Metto subito le cose in chiaro.
-Ma davvero?
-Sì, e se c’è una cosa che so è che non sto andando  da nessuna parte con la mia vita.
-Andiamo sul melodrammatico.
-Forse. Ma è la verità. Continuo ad andare all’università, e non me ne importa nulla. I miei mi sgridano e tagliano i viveri, ma in qualche modo trovo sempre i soldi per le sigarette e l’alcool. Passo la notte alla playstation e non studio nulla, mi sveglio tardi, mi abbuffo e poi vado in giro con amici che se possibile sono messi peggio di me… Insomma, tutti in stile Damian.
Era stato il mio turno di voltarmi per non guardarla. Alice, al contrario, mi fissava intensamente. –Quindi?- mi domandò dopo un lungo silenzio.
-Quindi cosa?
-Non so, mi dai tanto l’impressione di uno che è immerso nella confusione, ma non se ne cura. Come se ti trovassi nell’occhio del ciclone, e ti tappassi la bocca e chiudessi le palpebre per fingere che non sia così. Capisci?
-Non so. Forse è così.
-Invece io sto facendo esattamente il contrario. Anch’io sono nel cuore della tempesta, però a differenza tua tengo gli occhi ben aperti, sbarrati. Mi accorgo della confusione attorno e ne sono terrorizzata.
-Entrambi siamo fermi.
-Sì, è così.- annuì lei. –Sappiamo che dobbiamo fare qualcosa. Che non potremo rimanere immobili in eterno e prima o poi ci toccherà prendere in mano la situazione e cambiare quello che non funziona. Ma adesso siamo troppo spaventati o pigri per farlo.
Tornai a voltarmi verso di lei. Adesso era Alice che fissava un punto indefinito del pavimento. “Se prendo la tua mano, va bene lo stesso?” avrei voluto chiederle. “Perché sento che se lo facessi, ogni cosa andrebbe al suo posto.”
-Sai.- continuò all’improvviso dopo una breve pausa. –Ho letto da qualche parte che solamente quando tutto sembra perduto e ci sembra di avanzare alla cieca, troviamo la nostra strada. Sembra proprio una di quelle cavolate da romanzo da quattro soldi.
“No. Io la mia strada penso di averla trovata proprio nel momento di massima confusione, incontrando te.”
-Però non riesco a fare a meno di crederci. Che cosa strana.
-Nemmeno io.- replicai laconico, impegnato com’ero a far sì che la mia parte ancora sobria non permettesse a quella ubriaca di straparlare o di saltarle addosso.
-Zane? Stai bene?
-Sì.- mentii, prendendo un altro sorso dalla bottiglia. Alice mi imitò poco convinta.
-Forse dovresti smettere di bere.
-Ho un anno più di te, ragazzina. Ho cominciato a bere quando tu portavi i pannolini. Porta rispetto.- In realtà, sapevo che aveva ragione. Se avessi continuato a bere, non avrei più risposto delle mie azioni in modo razionale. E con lei che mi era così vicina, cosa sarebbe accaduto?
Questo la fece ridere; anche lei, ormai, non doveva essere più di tanto sobria. Subito dopo aver posato la bottiglia per terra, allontanò con dolcezza la mano dalla mia e si alzò. Camminò per qualche istante dandomi le spalle, lo sguardo fisso sulla solita finestra. Guardai la sua figura di spalle che avanzava nella penombra. –Oddio, ormai sono ubriaca anch’io. Quando inizio a parlare dei massimi sistemi filosofici vuol dire che sono davvero partita.
-Io sono ufficialmente ubriaco, quindi potresti insultare mia madre che ti darei pure ragione.
Alice si era fermata a metà della stanza. La sua schiena ritta davanti a me sembrava la meta di tutti i miei desideri. –Visto che siamo in tema…. Hai mai desiderato sparire?
-Sparire? Nel senso di morire?
-Ma no, scemo. Intendevo: ti è mai venuta voglia di scappare da questo posto dove ti conoscono tutti e dove bene o male ti conformi a ciò che la gente si aspetta da te?
Rimasi zitto. Effettivamente, non avevo mai visto la cosa in questi termini. Un posto dove la gente che mi conosceva si aspettava un certo comportamento da me, e inconsciamente io mi ci conformavo. Perché così era più facile, meno impegnativo, meno tutto…
-A volte mi capita di passare davanti alla stazione dei treni e fermarmi.- continuò intanto Alice, sempre seguitando a darmi le spalle. –Mi viene da pensare: e se scappassi? Se prendessi un treno che mi portasse lontano da qui, in un posto dove nessuno mi conosce e posso essere chi voglio?
Forse a causa dell’alcol che avevo in corpo un pensiero mi sorse alla mente: se arrivassimo davvero in un posto del genere, io e lei, forse potrei stringerla tra le mie braccia senza problemi. In un luogo dove lei non fosse Alice e io non mi chiamassi Zane. E se lei e Damian si fossero incontrati in un posto del genere, forse non avrebbero avuto tanti problemi; la loro relazione non avrebbe suscitato tanto scalpore, forse le cose sarebbero andate molto più lisce… No, non avevo mai preso in considerazione prima d’allora quello che Alice mi stava dicendo. Eppure mi sembrava assolutamente corretto, qualcosa di molto profondo, una verità scomoda che non potevo più ignorare.
Mi alzai in piedi molto lentamente. Afferrai la camicia che mi ero tolto prima e la misi sulla testa, in modo che coprisse buona parte del volto lasciando scoperta solo la bocca. Quindi mi avvicinai ad Alice, che intanto continuava a parlare. Lentamente le avvolsi le braccia attorno alla vita. Sentii che tratteneva il respiro, accorgendosi che finalmente era giunto il momento che entrambi sapevamo sarebbe arrivato, prima o poi.
-Zane…
-Zane? Chi sarebbe questo Zane? Non so di cosa tu stia parlando. Io sono “l’uomo senza volto”, signorina.
Alice non parlò per qualche istante. Poi voltò lentamente la testa per lanciarmi uno sguardo stranito, probabilmente notando solo allora il mio travestimento. –“L’uomo senza volto”?
-Esattamente. Passavo giusto di qua e l’ho vista, cara signorina.
-Sì?
La strinsi più forte a me. Dopo il primo momento di confusione si era abbandonata all’abbraccio; il suo corpo minuto premeva contro il mio e attraverso i vestiti avvertivo il calore che emanava. –Sì. E sono rimasto folgorato dalla sua bellezza.
-Per essere un uomo senza volto è uno che da parecchia importanza all’aspetto fisico.
-Mi lasci finire. La prima cosa che ho notato è stata quella. E poi che aveva un sorriso contagioso e irresistibile. E occhi da sognatrice pieni di una forza incredibile.
-Chissà se è davvero così.
-Penso proprio di sì.- La stringevo così forte a me che forse, col senno di poi, le feci male; ma Alice non si ribellò mai a quella stretta, anzi, posò le sue piccole mani sulle mie braccia come se fosse la cosa più naturale del mondo. Le mani di quella ragazza, che volevo così disperatamente da tradire il mio migliore amico; e che non volevo lasciare andare per nulla al mondo. “Dimenticatene. Dimenticati del tuo nome, di Damian, di chi è Alice. Pensa solamente a questo corpo che stai stringendo, e alle mani che sono posate sulle tue, a questi capelli in cui stai affondando il volto. Dimenticatene e almeno per stanotte, almeno finchè non sorgerà il sole, non lasciarla andare.” –Io non so chi lei sia, cara signorina; e allo stesso identico modo, lei non ha la minima idea di quale sia il mio nome. Qua non c’è nessuno che si aspetta nulla da noi; possiamo essere quello che vogliamo.
La donna tra le mie braccia non rispose. Con delicatezza si divincolò appena dalla mia stretta, solo per voltarsi verso di me. Potevo scorgere il suo viso che brillava pallido nell’oscurità da sotto la camicia. Con un gesto deciso mi prese il viso tra le mani. –Che strano.- commentò quindi, non capivo se in modo ironico o meno. –Somigli molto ad una persona che conosco.
“Dimenticati chi sei e chi è lei. Dimenticatene e non lasciarla.” –Spero sia un complimento.
-Sì, lo è.- rispose dopo averci riflettuto su per qualche istante. –La persona in questione mi piace molto.
Aumentai la pressione delle mie mani sulla vita sottile di quella ragazza. –Meno male.- sussurrai in un filo di voce.
Poi, lentamente, lei si alzò sulla punta dei piedi e mi baciò. Fu tutto così naturale e spontaneo, che quasi mi venne da chiedermi perché avessimo atteso tanto per farlo. La strinsi più forte, ancora e ancora, premendo le labbra contro le sue con foga, mentre le lingue si attorcigliavano. Senza osare altro, per paura che questo spezzasse la magia di quel momento.
Sì, in quel momento stavamo scappando, io e lei, mano nella mano. Lontano da quella città dove lei era l’ex di Damian e io il suo migliore amico, e dove non saremmo mai potuti stare insieme. Correvamo, sperando che quella notte non finisse mai, per non essere costretti a svegliarci ritornando nella realtà dove non potevamo che vivere separati.
“Dimenticati di tutto. E soprattutto, non lasciarla andare. Per nulla al mondo.” 
   
 
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