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Autore: Gora_DC    02/12/2015    1 recensioni
Daddy!Klaine. E' arrivato il quinto compleanno dei gemelli, Kurt decide di organizzare una grande festa di compleanno, ma riuscirà a fare tutto ciò che ha pianificato?
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Happy birthday babies!
 

C’è quel momento del mattino in cui non sai mai se ciò che stai sognando è realtà o frutto del proprio inconscio, ci si sta a lì a bearsi di quel momento, cercando un valido motivo per alzarsi, soprattutto quando la tua mente, appena un po’ più sveglia, piano piano realizza che è finalmente domenica e ti è concesso dormire un po’ di più. Ma quando la tua mente, per colpa di quel maledettissimo orologio biologico, si sveglia all’orario improponibile in cui ci si alza ogni mattina per prepararsi ed andare a lavoro puntuali, inizia a svegliarsi anche tutto il corpo e, proprio in quel momento, Kurt realizzò di essere del tutto schiacciato contro il materasso. Non provò neanche ad alzare la testa o a aprire gli occhi perché sapeva già cosa lo sta incastrando in tutto quel casino di lenzuola e arti.

Si ritrova solo a maledire mentalmente suo marito.

“Blaine… Blaine!” sussurrò in maniera piuttosto decisa, cercando un modo di far svegliare suo marito, anche se sapeva a prescindere quanto la battaglia fosse persa in partenza, neanche i cannoni o una sommossa sarebbero in grado di svegliare suo marito di domenica mattina alle otto.

Sbuffò ancora una volta, aveva già provato due volte a riaddormentarsi, ma ormai il suo corpo era totalmente sveglio e non riusciva a fare a meno di sentire quel piedino, piccolo e cicciuto, quanto fastidioso, che spingeva proprio sul fianco destro, e quel respiro, che, per quanto dolce e delicato, era allo stesso tempo una fonte di calore poco gradevole proprio sul suo orecchio. Per non parlare del lieve russare che arrivava dall’altra parte del letto, sicuramente a causa della posizione poco consona di dormire di suo marito.

Kurt sghignazzò appena, sapendo quanto male sentirà alla schiena il suo adorato maritino quando si sveglierà. “Sarà la giusta punizione per permettere che ogni domenica accada questo!” Pensò, mentre cercava una via di fuga da tutto quello.

Kurt amava la sua famiglia, amava immensamente la sua famiglia, ma la domenica mattina, quando si ritrovava con un dolore allucinante alla cervicale, per aver avuto tutta la notte il fiato sul collo, e un fianco indolenzito, per essere stato preso a calci ripetutamente, avrebbe voluto farne a meno. È un solo pensiero, uno di quelli futili, che quando ci pensi ti daresti anche dell’idiota per averlo fatto, dopotutto lui non avrebbe potuto vivere neanche un solo minuto senza di loro, eppure ci aveva pensato, anche se immediatamente se n’era pentito.

E, a quel punto, quando ormai capisci che non puoi più riaddormentarti, c’è solo una cosa che tu possa fare: alzarti.

Ma anche quello sembrava un’impresa.

Ricordava ancora perfettamente quella mattina che, stufo di alzarsi ogni santa domenica in quello stato, aveva preso a urlare. Blaine aveva alzato la voce per farlo smettere e i bambini, dopo aver pianto spaventati dalle urla, lo avevano guardato male e non gli avevano rivolto la parola per tutto il giorno. Solo con una torta al cioccolato e la promessa di guardare tutti insieme un bel film avevano deciso di perdonarlo.

Era stato il giorno più brutto che aveva passato da quando erano arrivati i gemelli nelle loro vite.

Elisabeth: una bambina paffutella, con i capelli oro, lisci alla radice ma con dei grandi boccoli alle punte. I suoi occhi, grandi e azzurri, limpidi come l’acqua, avevano il potere di scrutarti dentro e capire se qualcosa non andava. Anche se piccolissima, Eli possedeva la dolcezza e la compassione, odiava le ingiustizie e il suo sorriso era capace di illuminare anche la giornata più nera. Per Kurt, sua figlia era la bambina più bella del mondo, da mozzare il fiato, l’unica donna per cui avrebbe mai perso la testa. Per non parlare di Blaine… Blaine l’adorava letteralmente, Kurt non lo aveva mai visto pendere dalle labbra di qualcuno, quanto lo facesse per sua figlia. Avrebbe dato la sua vita, se glielo avesse chiesto. Non aveva occhi che per lei, non aveva orecchi che per lei. A volte Kurt faticava addirittura a comprendere quel tipo di sentimento, all’inizio ne era stato addirittura geloso, ma poi aveva capito che quello che provava per sua figlia era solo capace di dimostrarlo in maniera totale.

E, allo stesso modo, amavano Mason. Mason: il bambino incapace di stare fermo, furbo e parecchio parecchio vivace. A Kurt piaceva sostenere che andasse a batterie e sperava sempre che a fine giornata fossero scariche per poterlo mettere a letto, perché se capitava solo una volta che nel riposino pomeridiano dormisse anche una sola ora in più, sarebbe stato capace di restare tutta la notte sveglio. Somigliava molto a sua sorella, aveva lo stesso colore di capelli, solo leggermente più scuri e i suoi occhi grandi erano lievemente tendenti al verde. Ma nonostante fossero gemelli monozigoti avevano due caratteri completamente diversi. Mason era una vera e propria furia e se non eri capace a stargli dietro rischiavi veramente di perdere la testa. Kurt non amava alzare la voce ma aveva capito che a volte con lui serviva il vero e proprio pugno di ferro. Mentre Blaine, è inutile dirlo, sarebbe stato capace di farsi massacrare piuttosto che alzare la voce sui suoi bambini.

Era per questo che Kurt amava la sua famiglia e avrebbe fatto di tutto per loro, perché si completavano, ciò che non aveva uno lo possedeva l’altro. Erano tutti e quattro il completamento di ognuno.

Ma per quanto li amasse, e amasse suo marito da ben vent’anni, era stanco di doversi alzare ogni domenica mattina distrutto. Il lavoro a Broadway era davvero estenuante, le prove per il nuovo spettacolo gli portavano via davvero molto tempo e, per quanto capisse Blaine e lo adorasse per essere un padre attento e premuroso, che per colpa della sua carriera passasse lontano da casa davvero tantissimo tempo, avrebbe voluto il sabato e la domenica come momento di svago da passare con i suoi bambini. Ma come al solito il sabato sera si ritrovava ad esagerare, a farli impazzire di permessi, dolciumi e film di animazione tanto che la notte per via di mal di pancia o semplicemente per poter stare con i loro papà correvano (corrano) a dormire nel loro lettone e Kurt finiva puntualmente per dormire nell’angolo più esterno del letto, lontano dal calore del corpo di suo marito, con due piccoli pesti agitate, che non facevano altro che muoversi durante la notte.

Così con un sospiro e la voglia di uccidere suo marito, per permettere ai bambini di restare ogni volta a dormire, scese dal letto, cercando di fare meno rumore possibile e magari godersi un po’ di pace prima che le pesti si svegliassero e iniziassero ad urlare.

Entrò in cucina, aveva freddo, l’autunno stava lasciando spazio all’inverno e tutto ciò che Kurt avrebbe voluto fare era tornarsene a letto, sotto il caldo piumone e lasciare che suo marito lo coccolasse, come solo lui era capace di fare. Ma il solo pensiero di tornare in quel casino di braccia e gambe scalcianti, un brivido gli percorse la schiena, così si stiracchiò mentre attraversava il gelido corridoio, decidendo di lasciarsi coccolare piuttosto da un té caldo.

Mentre mise a bollire l’acqua e iniziare a preparare la colazione, un’enorme scritta rossa attirò la sua attenzione. Era segnata con il pennarello che usavano per le occasioni speciali, contornata di stelline colorate e festoni, Kurt lesse la data vicino alla quale era segnata sul calendario e con un’espressione di puro stupore allungò la mano verso la scritta, come se toccarla la rendesse ancora più reale.

Erano passati esattamente cinque anni da quel momento.

Cinque anni di prove e sfide continue, di dubbi, di incertezze, di preoccupazioni, di sentirsi incapaci, di fallimenti, di rinunce, ma allo stesso tempo erano stati cinque anni di amore, di gioia, di vita, di corse contro il tempo, di sorrisi, quelli più meravigliosi, di battaglie vinte, di soddisfazioni e di crescita, per tutti.

Non riusciva a credere che mancasse solo qualche giorno e i suoi bambini avrebbero compiuto già cinque anni, sembrava ieri il giorno in cui Blaine, con gli occhi lucidi e pieni di incertezze, gli chiese di avere un bambino, sembrava passato un attimo dal momento in cui Kurt, con la stessa emozione aveva annuito a tale richiesta. E poi la ricerca di una madre surrogato, della più bella e intelligente donna che avrebbe portato in grembo la loro prole. L’arrivo di quella giusta. E la scelta su chi doveva donare lo sperma, i litigi riguardo a chi dovessero somigliare i propri figli, la decisione che non importava a entrambi, l’importante era che il pargolo stesse bene. Il mischiare il frutto del loro amore, in modo che fosse il caso a decidere. E poi l’attesa, i nove mesi più lunghi delle loro vite, interminabili, le coccole a Tracy, il cibo sano, i cuscini più comodi, l’accompagnarla al corso pre-parto o ad ogni singola ecografia. L’emozione del primo battito, e poi la scoperta: non sarebbe stato un solo bambino a riempire le loro vite, ma bensì due. Kurt ricordava benissimo la paura provata in quei momenti, i dubbi su come si crescessero due bambini, il non avere alcuna esperienza, il non sapere cosa fare con uno, figurarsi con due neonati. Ma poi tutto era volto per il meglio, Blaine era stato capace di trasmettergli la gioia e l’emozione per quella scoperta e, come solo lui era capace, era riuscito a farlo tranquillizzare, dicendogli che sarebbero stati dei bravi papà e che tutto sarebbe andato per il meglio.

Ed era come se il tempo volasse, ma per loro non finisse mai.

E poi la chiamata improvvisa nel cuore della notte, la corsa in ospedale, le lacrime nel prendere in braccio per la prima volta i propri bambini e un sorriso pieno di felicità quando avevano varcato la porta della loro casa con due fagottini tra le braccia.

La loro vita era cambiata sostanzialmente da quel giorno, e Kurt prese la decisione che cinque anni erano tanti, seppur pochi, e andavano festeggiati come si deve.

Aspettò con ansia il risveglio di Blaine per potergli spiegare la sua idea, mentre mentalmente stilava una lista di tutto quello che gli sarebbe servito per rendere quel giorno davvero unico e speciale, proprio come lo erano i suoi due bambini.


***


I preparativi della festa sembravano non finire mai, Kurt stava letteralmente impazzendo per far sì che tutto fosse perfetto e ogni qual volta che qualcosa andava storto e Blaine provava a dirgli che era tutto ok, che non era importante, lui si arrabbiava e finivano con il litigare.
Blaine era esausto delle manie di grandezza di suo marito, anche lui desiderava festeggiare il quinto compleanno dei loro bambini, ma gli importava più avere qualcosa di intimo che una cerimonia in grande stile. A volte desiderava solo che Kurt non sentisse il bisogno di mettere tutto in mostra, ma che per una volta si concentrasse solo sulla loro famiglia.

Ma questo Kurt sembrava non capirlo.

Lui voleva lo sfarzo, la torta perfetta, gli invitati eleganti, i regali costosi e magari anche un tema per la festa. Ma naturalmente era complicato organizzare tutto quando i bambini non solo erano due ma anche di sesso opposto. La festa non doveva essere troppo rosa né troppo azzurra, non doveva essere né troppo femminile né troppo maschile e studiare come rendere tutto perfetto, tra gli impegni del lavoro, le faccende domestiche e i bambini che richiedevano le dovute attenzioni, sembrava di impazzire.

“Non mi piace ho detto!” Urlò Elisabeth quando Kurt gli aveva proposto il verde come tema della serata, il verde era un colore neutro, doveva andare bene, ma alla bambina ricordava quelle schifose verdure che suo padre la costringeva a mangiare durante la settimana.

“Perché non ti piace? Potremo ricreare il tema della natura… A te piace andare in campagna.” Si lamentò Kurt cercando di far ragionare sua figlia, che nel vedere l’acquisto di fazzolettini verdi aveva iniziato a piangere.

“Non mi piace! È un colore da maschio! Tu vuoi più bene a Mason, vuoi fare felice lui, ho capito!” Urlò nuovamente la bambina, prima di correre nella sua cameretta mentre grandi lacrime le bagnavano il viso.

Era mezz’ora che Blaine assisteva dall’uscio della porta a quel litigio senza intervenire e, nel vedere Kurt crollare sulla sedia, entrò in cucina.

“Non azzardarti a dire niente!” Lo minacciò Kurt.

“Ok. Ora andrò a consolare mia figlia, cercando di farle capire che suo padre le vuole bene esattamente così com’è, anche se credo tocchi a te farla ragionare. Kurt ha solo cinque anni, cazzo! Questa volta hai davvero esagerato.” E senza aggiungere niente, sbatté la porta della cucina andando da sua figlia.

Kurt rimase su quella sedia a guardare il vuoto, prima di prendersi la testa tra le mani e sbuffare. Era così difficile essere genitori a volte. Bastava un secondo, un attimo solo, una parola fraintesa che tutto equivaleva a “non mi vuoi bene” o “vuoi più bene a lui che a me”. Non riusciva a capire cosa significasse dividere l’amore di un genitore per i figli, per un padre erano sullo stesso piano e lui non aveva mai dovuto dividere le sue attenzioni di figlio con nessuno. Per un periodo era stato geloso di Finn, è vero, ma era comunque diverso. Per quanto lo considerasse suo fratello, era arrivato in quel periodo della vita in cui si riesce a capire che l’amore di un padre è incondizionato, indipendentemente da altri figlio o da qualsiasi altra circostanza, che nessuno avrebbe mai preso il suo posto. Per questo non riusciva a capire come potesse sentirsi Elisabeth, in fondo lui non aveva mai condiviso le attenzioni di suo padre con nessuno. Era sempre stato lui. Solo.

Era frustrante dover stare attento ad ogni cosa ed essere ripagato in questo modo. Stava facendo il possibile, anzi l’impossibile per rendere la festa perfetta. Eppure non vedeva altro che lamentele da parte di ognuno e odiava vedere suo marito assente o disinteressato. A Blaine sembrava non importare niente, ad ogni domanda rispondeva sempre con il solito “come preferisci” ed era una cosa che gli mandava il sangue al cervello.

La sera trascorse nel silenzio più assoluto, Blaine aveva convinto la piccola a cenare insieme alla famiglia, anche se si avvertiva molta tensione nell’aria.

“Della torta puoi occupartene tu?” Chiese Kurt mentre si alzava per iniziare a sparecchiare.

“Certo… Hai delle direzioni da darmi o posso fare io? Mi è concesso scegliere qualcosa o non ti fidi?” Rispose seccato Blaine mentre aiutava a Mason scendere dalla sedia.

“Che cosa significherebbe questo?” Kurt si bloccò sul posto, sbattendo il piatto dove lo aveva appena preso, portandosi le mani sui fianchi.

“Che qui se non si fanno le cose come vuoi tu è tutto sbagliato o inutile… Se non rispecchia i tuoi gusti non può essere fattibile, giusto?”

“Scusate se sto dando tutto me stesso per fare una cosa che credevo avrebbe reso felice tutti… Volevo solo organizzare una stupida festa di compleanno!”

“Appunto Kurt.” Alzò ancora di più la voce Blaine. “Una festa di compleanno, non un matrimonio di alta classe… Non ci saranno vip, ma solo qualche compagno di scuola dei bambini, non serve un tema, non serve per forza un colore unico, serve solo che tu ti concentri sui tuoi figli una volta tanto.”

“Giusto… è questo? Io non li amo abbastanza… Hai ragione…” Voltò le spalle e senza aggiungere altro, ferito e deluso dalle accuse di suo marito, andò nella sua camera da letto, dove si chiuse a chiave, non prima di aver cacciato il cuscino di Blaine, chiaro invito a farlo dormire sul divano.

“E’ colpa mia papà?” Chiese Eli, vedendo Blaine seduto ancora al suo posto con le mani tra i capelli. “Non voglio che litighiate, se papà vuole il verde possiamo usare quel colore…” Aggiunse mortificata, non pensando che il suo comportamento potesse provocare un litigio così furioso tra i suoi genitori e tutto ciò che voleva era che non litigassero a causa sua.

Blaine si voltò verso di lei e si allungò per prenderla in braccio. “No tesoro non è colpa tua, è tuo padre che sa essere un vero testone a volte… Domani gli sarà passata vedrai.” Abbozzò un sorriso e le lasciò un bacio tra i capelli.

Non sapeva se quello che aveva detto era vero, non sapeva quanto avesse ferito Kurt con quelle parole, ma gli avrebbe chiesto scusa, anche se sapeva di aver ragione una volta tanto, e avrebbe cercato di sistemare le cose per i suoi figli, non sopportava che si sentissero in colpa a causa loro.

 
***

 
La tensione nell’aria scemò qualche giorno dopo, Blaine chiese scusa a Kurt la mattina dopo, svegliandosi di buonora e preparando la sua colazione preferita. Stava quasi riuscendo a farlo cedere con del sano sesso mattutino, quando furono interrotti dall’ingresso in cucina di Mason.

Kurt sembrò averlo perdonato, ma preferì tenere le cose fredde un altro po’ per far capire a Blaine quanto l’avesse ferito, anche se era dispiaciuto.

I preparativi continuarono e il giorno della festa arrivò in un batter d’occhio.

“A che ora dobbiamo ritirare la torta Blaine?” Chiese Kurt mentre infornava la terza teglia di rustici che aveva preparato con le sue mani.

“La… La torta?” Blaine si grattò la testa e iniziò a sudare freddo. “Ehm… Io…”

“Tu cosa?” Si voltò di scatto Kurt, spalancando gli occhi.

Blaine non sapeva come dirglielo, ma tra il litigio, il lavoro e i vari impegni dei bambini, ricaduti tutti su di lui, visto l’impegno di Kurt nell’organizzare la festa, aveva completamente rimosso di dover chiamare la pasticceria.

“Ho… Ho dimenticato di chiamare la pasticceria…” Disse quasi sottovoce, prima che un lampo di genio gli illuminasse il volto. “Posso chiamare e chiedere se hanno qualcosa, qualsiasi cosa andrà bene… no?”

“Blaine una cosa, una!!! Ti avevo chiesto una cosa!” Iniziò a urlare Kurt. “Non posso credere che tu ti sia dimenticato di questo.”

“Kurt, io…”

“No… Smettila di giustificarti. Faccio tutto io in questa casa e come vengo ripagato?” Si slacciò il grembiule che aveva indossato per non sporcarsi e lo lanciò su di Blaine. “Sono stanco di tutto questo… Vado a stendermi.”

“Kurt e la festa??? Arriveranno una mandria di bambini qui tra poche ore!” Strabuzzò gli occhi Blaine, vedendolo uscire dalla cucina.

Kurt fece un passo indietro, e voltò solo la testa per guardare appena suo marito. “Sbrigatela da solo!”

“Kurt!” Urlò, ma non ci fu nient’altro da fare, suo marito era andato via.


***


Nello sbattere la porta della sua camera da letto, Kurt si chiese cosa avesse appena fatto. Era davvero così importante litigare per una simile dimenticanza? Eppure non riusciva a smettere di essere furioso con suo marito. Era possibile che ogni volta dovesse prendere tutto alla leggera, come se ciò che facesse lui non fosse per niente importante? Si sentiva destabilizzato, impotente, come marito e come padre.

Una cosa, una semplicissima cosa gli aveva chiesto e anche quella era riuscita a mandare all’aria. Blaine che come al solito era distratto, privo di attenzioni e senso di responsabilità, per lui era tutto un gioco, un cercare di trovare soluzioni approssimative. E nel pensare a suo marito, a quanti difetti avesse, Kurt si gettò sul letto, spingendo la faccia nel cuscino, neanche rendendosi conto di essersi steso nella parte del letto di suo marito. Se ne rese conto quanto tutto intorno a lui assunse quel profumo che tanto amava, dolce e fruttato, che gli ricordava l’amore.

E come un flashback Kurt rivide suo marito durante la settimana, la stanchezza letta nei suoi occhi quando rientrava a casa stanco dal lavoro con i bambini al seguito, perché non bastava il suo manager a fargli pressioni, quella settimana si era impegnato anche lui a dargli un gran da fare. Mentre lui organizzava, sceglieva e gironzolava per negozi in cerca della tovaglia perfetta, Blaine, appena rientrato, scendeva al super mercato a comprare le uova che lui aveva dimenticato di comprare mentre acquistava i suoi cereali preferiti, Blaine che dopo aver litigato furiosamente con il responsabile della sua agenzia che non voleva lasciargli libero il giorno della festa, andava a prendere i gemelli a scuola e tornava a casa con il sorriso, mentre lui aveva passato tutto il giorno a discutere con una commessa per la giusta tonalità di azzurro o di rosa. Blaine che non si era lamentato neanche quando nel cuore della notte Mason aveva fatto la pipì a letto ed era andato a svegliarli piangendo e Kurt gli aveva chiesto di alzarsi per cambiare le lenzuola, nonostante sapeva benissimo che la mattina dopo si sarebbe dovuto alzare all’alba per andare dall’altra parte della città per un’intervista.

Blaine aveva fatto tutto ciò che Kurt gli aveva chiesto, gli era stato dietro ogni momento, aveva cercato di fare il possibile e l’impossibile per esaudire ogni sua richiesta e lui era stato capace di attaccarlo in quel modo per una semplice dimenticanza, qualcosa che poteva succedere anche a lui e invece di capirlo e cercare di rimediare, proprio come aveva fatto suo marito, aveva iniziato ad urlare e sbraitare, davanti i bambini, anche sapendo quanto la cosa infastidisse Blaine, più del litigio stesso.

Kurt neanche si rese conto di star piangendo, quando voltò leggermente la testa verso il comodino e una lacrima gli attraversò il viso da una parte all’altra, mentre guardava la cornice con la loro foto del matrimonio, una di quelle scattate per caso, dove gli sposi stanno ridendo per qualcosa che neanche ricordano, ma che cattura i loro occhi, quegli sguardi complici che mostrano quanto siano felici. È una di quelle istantanee che fermano il tempo, lasciando spazio solo al ricordo dell’unione di due persone in un'unica entità con la promessa di esserci sempre, di essere il sostengo, la forza, la tenacia dell’altro in qualsiasi caso, in ogni circostanza, di affrontare la vita con amore, con lealtà e fiducia, donandosi all’altro e completandosi a vicenda. Trovando nell’altro non solo un punto di forza, ma anche un amico, un confidente, qualcuno a cui donare completa fiducia. E Kurt lo sapeva bene che aveva sbagliato, doveva tornare indietro e chiedere scusa, Blaine era la sua parte mancante, il collante che lo teneva integro, l’unico capace di assecondare ogni sua pazzia senza opporsi mai, la sua anima gemella.

Per una volta sapeva di dover mettere da parte l’orgoglio e ammettere le proprie colpe.

Qualche ora più tardi, asciugatosi le lacrime, nonostante gli occhi rossi, decise di scendere di sotto e sistemare la cosa. Scese le scale per raggiungere la cucina, quando delle risate lo fermarono sulla porta.

“Papà lo zucchero! Stai dimenticando lo zucchero!” Urlò Mason, sporco di farina, mentre cercava di raggiungere suo padre con una ciotola piena di zucchero, che sicuramente Blaine aveva precedentemente preparato.

Dall’altro lato della penisola, Blaine rideva. “Oddio che sbadato!” Disse portandosi una mano alla testa, sporcandosi anche la fronte e i suoi amati capelli.

“Papà no… Ti sei sporcato tutto!” Scoppiò a ridere Elisabeth che sembrava essere finita anche lei nel sacco della farina, farina che sembrava essere arrivata ovunque.

E Kurt rimase così per un attimo, imbambolato sul ciglio della porta, con le lacrime a contornargli gli occhi rossi, pronte a rigargli nuovamente il viso, mentre assisteva ad una delle scene più belle che avesse mai visto. La sua casa, la sua amata cucina riempita dalle risate delle persone che amava di più e non importava se era tutto sporco e sarebbe servita un’intera impresa di pulizia per risistemare, l’unica cosa davvero importante erano quei sorrisi, felici e allegri, che davano un senso di calore e amore a tutto ciò che (le) stesse loro intorno.

E Kurt non desiderava altro che essere lì con loro.

“Oh guardate chi c’è…” Esclamò Blaine, che nel sollevare lo sguardo aveva visto suo marito alla porta. Il suo tono non fu per niente accusatorio o nervoso, ma semplicemente felice, tanto che nel pronunciare quella frase il suo sorriso non aveva lasciato per niente le sue labbra. Nonostante Blaine avesse notato gli occhi rossi di Kurt, le lacrime trattenute, vederlo di nuovo lì, a rendere completa la sua famiglia, lo faceva stare bene, finalmente appagato.

“Papààà” Urlò Mason andandogli incontro, facendosi prendere in braccio. “Stiamo preparando una grossa, enorme torta di compelanno!”

Kurt lo strinse forte a sé, rendendosi conto di quanto tutto quello gli era mancato e entrò in cucina. “Ah non mi dire… Papà deve essere diventato un bravo pasticcere!” Sorrise mentre si avvicinava a Elisabeth, in ginocchio sulla sedia, sporta per vedere come suo padre mescolava gli ingredienti con lo sbattitore.

“Non è un pasticcere...” Intervenne Elisabeth, che si voltò verso Kurt mentre quest’ultimo gli accarezzava la testolina bionda. “E’ un pasticcione!”

E come se fosse la barzelletta più divertente del mondo, tutti e quattro scoppiarono a ridere.

“E’ per questo che è venuto in soccorso papà… vero Kurt?” Chiese Blaine quando le risate scemarono, facendo l’occhiolino a suo marito.

“So di essere indispensabile per questa famiglia… Ah meno male che c’eravate voi a tenere a freno il suo estro creativo o adesso dovevamo staccare l’impasto della torta anche dai muri!” Finse disperazione Kurt che fece scoppiare a ridere nuovamente Blaine e i gemelli.

E continuarono così per tutto il pomeriggio, insieme, a ridere e prendersi in giro, ma allo stesso tempo dandosi una mano, come se niente fosse successo e tutto fosse risolvibile con una risata, perché in fondo è proprio come si affronta un problema la soluzione di questo.

“Allora come la decoriamo questa torta?” Chiese Blaine, mentre i bambini si guardarono tra di loro come se avessero già complottato il tema della loro torta.

“Come una battaglia!!!” Urlarono in coro, per poi estrarre dalla cesta dei giochi, druidi e fatine.

Kurt per poco non gli venne un infarto, ma guardando l’aria felice dei bambini e la mancanza di tempo per decorare la torta con qualcosa di meglio, sospirò. “Che battaglia sia!”

Blaine ebbe l’idea di sbriciolare l’interno del pan di spagna, sull’intera torta ricoperta di panna, dopo averla farcita con crema alla nocciola e gocce di cioccolato, in modo da dare l’idea del deserto, della terra bruciata e desolazione, scenario perfetto per una battaglia e qualcosa di davvero molto semplice e sbrigativo da poter realizzare. Alla fine posizionati tutte le statuine sulla torta l’effetto finale non era così male. I gemelli applaudirono soddisfatti mentre Blaine e Kurt si sorrisero imbarazzati.

Anche se con mille ostacoli, alla fine sembravano avercela fatta, in fondo erano i bambini ad essere soddisfatti e dall’espressione felice sul loro volto sembravano esserci riusciti.

E proprio quando la riposero in frigo il campanello suonò. Gli ospiti erano arrivati!

  
***
 

“Buonanotte e grazie di essere venuti!”

Kurt salutò l’ultima coppia di genitori che era stata invitata alla festa di compleanno, mentre Blaine si buttava sul divano subito dopo aver messo i bambini a letto.

“Sono sfinito.” Esclamò Blaine coprendosi il viso con le mani, mentre Kurt iniziava a raccogliere i bicchieri di carta sparsi per il soggiorno e sistemare il disordine esploso ovunque.

“Vai a letto, sistemo io qui.” Disse Kurt, andando in cucina.

Blaine si alzò e si avvicinò a suo marito che stava caricando la lavastoviglie. Quando le mani gli strinsero i fianchi, Kurt si bloccò.

“Mi dispiace per tutto.” Gli sussurrò Blaine all’orecchio.

“Stai scherzando?” Si voltò di scatto Kurt, ancora tra le mani del marito. “È tutta colpa mia, sono stato un insensibile. Mi dispiace così tanto Blaine, per averti risposto male, per aver reagito in quel modo, per aver mollato tutto ed essermene andato.” Spiegò tutto d’un fiato Kurt.

“Avrei dovuto ricordare di chiamare la pasticceria.” Rispose mortificato Blaine.

“Oh tesoro, se non ti avessi fatto impazzire lo avresti ricordato. È che sono stato così stupido e preso dal mio senso estetico da non rendermi conto di quanto avessi ragione. Preparare la festa doveva essere qualcosa da fare tutti insieme e come sempre dovevo fermarmi e fare un passo indietro, riflettere su quanto poteva essere divertente passare del tempo con la mia famiglia. E anche dopo tutto il casino, tu sei riuscito a mostrarmelo nel migliore dei modi. Non potrei vivere senza di te, Blaine Anderson-Hummel. Tu mi rendi una persona migliore. Sei capace di farmi capire dove sbaglio. Sei il compagno, il marito e il padre più eccezionale al mondo. Sono così orgoglioso di averti al mio fianco, anche se a volte fatico davvero a capire come tu faccia a restare al mio.” Disse di getto Kurt, facendo commuovere Blaine, per poi aprirsi in un sorriso e rispondere.

“Avrei potuto avere chiunque altro, ma lo sai come sono queste cose, “chiunque altro” non eri tu! Ti amo amore, pregi e difetti, in salute e in malattia, finché morte non ci separi, ricordi? Lo abbiamo promesso.”

Non finirono di sistemare quella sera, semplicemente presero la decisione, guardandosi negli occhi, di rimandare tutto a domani, ora avevano bisogno l’uno dell’altro. Così si presero per mano e si avviarono verso la loro camera da letto.

Quello è vero amore e il vero amore è abbastanza grande da comprendere i fallimenti e trasformarli in punti di forza.
 


NOTE DELL’AUTRICE:
Salve miei cari lettori, finalmente qualcosa con pochissimo angst ma piuttosto allegra e soprattutto Klaine. Non ho mai scritto os di questo tipo, spero vi piaccia. ^^’
La ff è ispirata a questa foto (qui) pubblicata da Neil Patrick Harris il giorno del compleanno dei suoi gemellini e da quella foto è nata nella mia mente questa immagine di Kurt e Blaine che preparavano insieme la torta per i loro figli. Chi mi conosce sa che non so vivere senza angst quindi non poteva venir fuori una os solo fluff XD Perdonatemi!!!

Fatemi sapere cosa ne pensate. Intanto ringrazio tutti coloro che continuano a credere in me, chi mi riempie di complimenti e chi continua a sostenermi e darmi la forza di continuare in qualcosa che amo davvero tanto.

Sto lavorando ad altre storie quindi presto avrete anche altre tante cose da leggere!!!

Intanto vi ricordo l’appuntamento di domani con “La mia eccezione sei tu” e venerdì con “Cancella il giorno in cui mi hai incontrato”.
 
 

  
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