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Autore: be_proud_of_me    02/12/2015    0 recensioni
Quando Lilith cadde, la terra non era nient'altro che un cumulo di fango dimenticato da Dio. Poi, però, la terra iniziò a popolarsi. All'inizio i demoni erano pochi, poi, mano a mano che il tempo passava, iniziarono ad essere sempre di più. Attacchi, lotte, urla e pianti. Tutto questo Lilith dovette affrontare a causa della loro insaziabilità di sangue e carne.
Ma poi, un giorno, tutto cambiò.
Oltre a Lilith e ai demoni, infatti, qualcos'altro arrivò sulla terra in quella notte fatta di cenere e dolore. Nessuno, però, sembrò sapere cosa esso fosse o comunque nessuno fu intenzionato a dirlo all'umana.
Inizia, così, la storia dei suoi dubbi, del suo riscatto e del potere che cade nelle mani di chi lo merita. Inizia così il viaggio per la libertà. Inizia così la Genesi della storia, il principio che nessuno ha mai conosciuto davvero.
Genere: Horror, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
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Sentiva le mani sporche di sangue e cenere, straziata com'era da quelle urla continue. Non c'era dolore nel suo corpo, di questo ne era sicura, ma nella sua anima? Riusciva a sentirne il peso anche solo alzando le spalle per respirare. Cos'era successo? Non riusciva a trovare una risposta adeguata. Perché non c'era Lui, il Grande, ad aiutarla? Ne aveva bisogno. 

Arrivò il sole e la luce abbagliò i suoi occhi spenti e pieni di lacrime. Lei non si mosse. Aveva passato l'intera notte ferma in quella posizione, in attesa di un qualsiasi tipo di aiuto che non era arrivato. La speranza, dopo tutto quel tempo, era scomparsa, ma lei non riusciva ancora a muoversi. Era la paura a tenerla bloccata. Una paura cieca, buia, indefinita. Non era la solita che era abituata a provare. Era più potente. 

Se le altre volte, infatti, quando sentiva montare dentro di se quel sentimento sconvolgente che la immobilizzava sul posto, sapeva esattamente che cosa temere, in quel momento sentiva che non le era concesso neanche quello. Per tale motivo, si sorprese a chiedersi di nuovo, dopo tanto tempo, perché suo Padre avesse permesso che provasse così tanto dolore nell'anima, ma come l'ultima volta non riuscì a trovare alcuna risposta. 

Così, urlò.

Le sue urla si mischiarono al pianto che non aveva smesso per tutta la notte, al rumore dei fulmini e dei tuoni in lontananza, al rumore delle foglie della sua casa poco lontano. Le sue urla si innalzarono, si sparsero nell'aria, iniziarono a volare. Le sue urla, finalmente libere, sovrastarono tutto quanto, a tal punto che l'intero universo cadde in un profondo silenzio come per ascoltare il suo dolore. Sapeva che loro l'avrebbero sentita, l'avrebbero cercata. Ma non le importava. Nulla di quello che era in grado di fare ognuno di loro poteva essere paragonato a quel dolore lacerante nel suo cuore. 

- Lilith. -

Con una certa amarezza, lei alzò lo sguardo. In fondo, aveva sperato di avere più tempo prima che arrivasse. 

- Bambina, cos'è successo? - 

Valefar, il demone dagli occhi neri quasi umani, si piegò e si sedette di fianco a lei, portando una mano fetida sulla sua spalla, come se davvero fosse interessato ad una sua risposta. A Lilith questo fece venire un principio di conato, ma, conoscendo la reazione che lui aveva avuto l'ultima volta, si trattenne dal farlo percepire. Non desiderava subire un altro attacco come quello. 

Si strinse le gambe al petto, come a proteggere il suo corpo nudo dal ricordo di tali immagini piene di dolore che era stata costretta a subire sulla propria pelle, ma si sentì immediatamente sciocca. I ricordi non facevano male dal di fuori. Per quello era sufficiente che lui alzasse una mano. 

Il demone con uno strattone le girò il viso, costringendola a guardarlo dentro quei buchi neri e pieni di malvagità che erano i suoi occhi. Sapeva benissimo che lei tremava dalla paura in quei momenti, in particolare quando il riflesso della luce faceva sì che il suo profilo si delineasse dentro a quel mare di tenebra, ma questo, più che fargli provare pena, sembrava divertirlo. 

- Ti nascondi da me, adesso? -

Con un gesto che sembrava quasi dolce le prese le mani fra le sue, facendo pressione sulle sue spalle, così da costringerla a distendersi e svelare il resto del suo corpo pallido e magro. 

- Così va molto meglio. - 

Sussurrò, appoggiandosi sul suo fianco per avvicinare le labbra al suo orecchio. I suoi movimenti erano calmi, lenti. Le mettevano ansia e agitazione e la spaventavano ogni volta che andavano a collidere con la sua pelle.

Lui la sfiorò.    

Lilith sussultò.

Il suo corpo era stanco e impuro, distrutto da quello che era successo durante la notte e che non si era ancora riuscita a spiegare, lo percepiva. Non aveva la forza di sottostare di nuovo a lui, tra polvere, sangue e urla. Ma cosa poteva fare? Non c'era via di fuga. Stava già per arrendersi e sprofondare nell'oblio quando quel lamento che era svanito senza che lei se ne fosse accorta, riprese. 

Valefar scattò in piedi e si guardò intorno.

- Cos'è? - disse - Lilith, cos'è? -

La tirò su con un braccio solo e la scosse con violenza, come se oltre ad essere fatta d'aria ne avesse anche l'identico piccolo valore. Se fosse stato uno dei primi giorni sulla terra quello, probabilmente Lilith si sarebbe opposta, avrebbe lottato, avrebbe dato una voce al suo povero pensiero maciullato. Ma era passato troppo tempo da allora. Ormai si era rassegnata sia alle violenze sia al fatto che, nonostante le venissero poste delle domande, nessuno di loro era interessato ad una risposta. A lei, la povera umana che aveva peccato e che valeva meno di ognuno di loro, era concesso solo di far sfogare la rabbia e la frustrazione dei demoni. Era inferiore e come tale doveva comportarsi. 

- Parlami, Lilith - un lampo rabbioso illuminò di rosso gli occhi del demone - è un ordine. Dimmi cos'è questo rumore. - 

La donna, però, non si osò. Non ne aveva le forze. Si limitò ad accasciarsi a terra e a spostare lo sguardo verso l'ammasso di pietre nere e sporche tra le quali aveva deposto quel piccolo essere, sperando invano che tacesse. Valefar non sembrava contento del suo comportamento, ma non disse nulla perché troppo curioso e preoccupato di scoprire quale fosse la fonte di quel rumore fastidioso. Lilith, dal canto suo, era troppo debole per fare o anche solo pensare a qualsiasi cosa. Voleva solo ritornare alla sua piccola casa terrena e lasciare Valefar e il piccolo al loro destino. Il mostro, però, non era della stessa idea. Non appena raccolse il corpo insanguinato, infatti, la sua espressione mutò e i suoi occhi congelarono sul posto l'umana inerme, come se la colpa di tutto quel rumore fosse sua e non dell'essere. Poi, senza dire una sola parola, le scattò addosso, aprendole la gambe per ispezionarle ogni lembo di pelle in modo furioso, lasciandola spiazzata e costretta a subire. 

Durante quell'atto di rabbia, il cucciolo scivolò dalle mani del demone fino al grembo di Lilith che, d'istinto, lo trattenne dal cadere sulla terra nera. Quel semplice atto calmò inspiegabilmente il cucciolo che smise di urlare e anche di dimenarsi, stringendosi il più vicino possibile al suo corpo. L'umana pensò che quella fosse una cosa buona e perciò se ne rallegrò un poco, ma non poté goderne neanche qualche secondo che subito Valefar la punì. Caricando il braccio con una forza inaudita le colpì il viso per poi strapparle l'essere dalla mani, facendolo scoppiare di nuovo in lacrime. 

Girando la testa di scatto, spaventata e sconvolta, lei guardò il demone in faccia, cogliendo con una veloce occhiata il volto del bambino sporco che teneva tra le braccia. Il primo pensiero che le balenò in testa non appena la sua mente registrò tale immagine fu che fino a quel momento non aveva mai visto un'immagine tanto sbagliata. Una cosa così pura stretta nelle mani delle tenebre più nere non doveva e non poteva esistere. Era inconcepibile. 

Quella, però, non era l'unica cosa strana. 

Infatti, rimanendo immobile, aspettò un qualche rimprovero che potesse anche solo spiegarle il suo errore, come era consueto che avvenisse. Tutto ciò che ottenne però fu solo un'occhiata incomprensibile.

- Va via. -

Disse lui, dopo un po', facendole bloccare persino il respiro. Cos'aveva appena detto? 

- Muoviti, Lilith! -

Valefar le tirò un calcio e lei si alzò di botto, indietreggiando di qualche passo per non ritrovarsi troppo attaccata a lui. Lo guardò per qualche secondo, cercando di capire che cosa fosse successo, ma non riuscì a cogliere nulla, tantomeno il suo sguardo che sembrava quasi evitarla. Impaurita che potesse aizzarsi di nuovo contro di lei e anche stanca di tutti quei lamenti infiniti da parte del bambino, si decise a fare come gli aveva ordinato e si protese verso di lui per riprendere ciò che lei stessa aveva trovato per prima. 

Ma fu allora che un demone si ritrasse per la prima volta dal suo tocco. 

- Questo non è più cosa per te. Ora va, prima che cambi idea. -

Spiazzata, ma molto più spaventata da quest'ultima affermazione, l'umana si girò e iniziò a correre, preoccupata del destino del piccolo essere ma felice di aver scampato il pericolo. Non era sicura che quella fosse stata una buona cosa, ma di certo non sarebbe tornata indietro per cercarne una migliore. Il desiderio di rintanarsi nell'unica zona verde che era riuscita a far cresce in quella desolazione era troppo forte per farla ritornare sui suoi passi e poi un'occasione del genere non le era mai stata data. Inoltre, non avrebbe retto un altro incontro con uno di loro. 

Il sole era alto quando lei giunse al suo piccolo luogo segreto, buttandosi sull'erba all'ombra di una grande quercia giovane. Era così contenta di essere a casa e di essere un poco al sicuro che quasi fu tentata di godersi l'attimo e di rimandare le faccende ad un secondo momento, se non fosse stato che, per rimanere in tale beatitudine, era necessario che le portasse a termine. Riluttante, quindi, Lilith si sedette a gambe incrociate, appoggiò la schiena all'imponente tronco e alzò le braccia. Il suo fisico era troppo debole per reggere quel tipo di sforzo da in piedi, per questo iniziò a pronunciare le prime parole antiche rimanendo seduta tra la vegetazione. A dir la verità, non si sentì bene a farlo ma la determinazione era in lei. Quella casa ne valeva la pena.

Per questo, continuò. E non si fermò fino a quando l'ultimo raggio di sole non si spense dietro la montagna di fuoco.        

  
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