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Autore: be_proud_of_me    30/11/2015    0 recensioni
Quando Lilith cadde, la terra non era nient'altro che un cumulo di fango dimenticato da Dio. Poi, però, la terra iniziò a popolarsi. All'inizio i demoni erano pochi, poi, mano a mano che il tempo passava, iniziarono ad essere sempre di più. Attacchi, lotte, urla e pianti. Tutto questo Lilith dovette affrontare a causa della loro insaziabilità di sangue e carne.
Ma poi, un giorno, tutto cambiò.
Oltre a Lilith e ai demoni, infatti, qualcos'altro arrivò sulla terra in quella notte fatta di cenere e dolore. Nessuno, però, sembrò sapere cosa esso fosse o comunque nessuno fu intenzionato a dirlo all'umana.
Inizia, così, la storia dei suoi dubbi, del suo riscatto e del potere che cade nelle mani di chi lo merita. Inizia così il viaggio per la libertà. Inizia così la Genesi della storia, il principio che nessuno ha mai conosciuto davvero.
Genere: Horror, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
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Quando Lilith cadde la terra non era nient'altro che un cumulo di fango vuoto e dimenticato da Dio. 

La creazione si era conclusa da poco, il male regnava nel suo regno sotterraneo di fuoco e di tenebra e il cielo proteggeva i divini tenendoli più vicini possibile al creatore stesso. Lui, il Grande, aveva fatto in modo che lo spazio sacro che aveva creato si dividesse da se, come se avesse una mente propria, e cullasse i suoi pargoli immersi in una gioia senza fine, così da potersi concedere del meritato riposo mentre il suo potere cresceva dentro di lui. Il Suo disegno, infatti, sembrava essersi finalmente compiuto, permettendo a tutti quei figli di vivere da eguali e lontani mondi e mondi dalla corruzione. Nessuna situazione avrebbe, di fatto, richiesto il suo immediato intervento. Il mondo, per quel momento, era in grado di governarsi da se. 

Poi, però, lei cadde.

Per dieci giorni e dieci notti la giovane creatura scivolò in un oblio senza fine fatto di luce abbagliante e di solitudine. Il suo corpo fu straziato, dilaniato, disintegrato e poi riassemblato. L'opera aveva origine dalla mano dell'angelo Moloch, protettore dei sacri legami e appartenente all'ordine degli angeli, che era legato alla Luna ed era, per questo, il ramo gerarchico più vicino al luogo del castigo. 

Durante la discesa Lilith pianse e lo pregò, urlò e tentò di sfuggirgli, fino a quando, stremata, giunse alla nona notte. Se in un primo momento, infatti, il dolore si era semplicemente legato agli altri sentimenti che lei già conosceva, a lungo andare esso aveva iniziato a mutare, diventando sempre più potente e incontrollabile e piegando l'umana al suo volere. Di questo Moloch era consapevole e fu proprio per tale motivo che, nell'esatto secondo in cui la mente di Lilith capitolò, la zona di luce in cui si trovava si illuminò più intensamente, animata dal sorriso perverso dell'essere che di divino non sembrava avere più nulla. La fanciulla, mentre lo guardava, si chiese come fosse possibile che il loro Padre, così misericordioso, avesse permesso una simile tortura e si tormentò con quel pensiero lasciando che tutto ciò che aveva dentro di se fosse ricoperto da una potente nube di tenebra rabbiosa e vendicativa. 

Moloch, intanto, gioì di quella desolazione, godette nel vedere quanto grande era stato il risultato del suo operato. Non si curò delle conseguenze, né del Destino che aveva tentato di opporsi. Non badò al significato delle sue azioni o alla macchia nera che aveva portato con le sue stesse mani in quella luce così pura. Lui, infatti, aveva portato a termine il volere del cielo e di Dio, del Grande Padre. Era stato scelto tra i tanti suoi compagni e aveva trionfato, allontanando quel pezzo di carne che non era nient'altro che male. Sarebbe stato acclamato come un vincitore.

Infervorato da tali pensieri, l'angelo passò il decimo giorno a rimirare la propria opera, a crogiolarsi nel proprio trionfo, fomentando le proprie convinzioni mentre si paragonava al Creatore, con il quale pensava di condividere la misericordia. La fine della caduta per lui passò lentamente, consumato com'era dall'attesa di ottenere l'agognata gloria, al contrario, invece, di quanto fu per Lilith.

Per lei, infatti, nulla era più e tutto era nulla. Arrivata al punto di non ritorno aveva perso ogni cosa e si era annullata, lasciandosi andare in un vuoto quasi pacifico che, come un anestetico, le aveva permesso di concludere la caduta senza percepirla affatto. Si era rassegnata a se stessa e la sensazione fu talmente potente e totalitaria che, quando toccò distrutta la terra, né un rumore rabbioso simile ad un tuono, né il dolore fisico così innaturale per lei, né la tristezza di essere ormai più vicina all'inferno che al cielo riuscirono a farla smuovere. Rimase semplicemente lì, abbandonata a se stessa anche dal suo carnefice, nuda e in balia delle tenebre più oscure. Non aveva più niente da cercare, da costruire, da vedere. Sentiva solo il vuoto, dentro di se e fuori. Se avesse avuto ancora un briciolo di resistenza avrebbe alzato la testa e avrebbe combattuto, come era destino che facesse, ma non ne fu in grado. 

C'è chi dice che, se l'avesse fatto, le cose sarebbero state diverse, più felici, per lei. Ma, forse, fu meglio così. Perché mentre la sua testa giaceva inerte sotto il mare di ricci rossi, appesantita da tutto quel bagaglio di pena, i gemiti iniziarono a riempire la terra per la prima volta. E questo poteva solo significare che stavano arrivando. 

  
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