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Autore: cartacciabianca    03/03/2009    3 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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La follia



Il sole splendeva nell’alto del cielo azzurro. Gli uccelli canticchiavano ai lati della strada, giocando a rincorrersi e appollaiandosi sui rami degli ulivi, scossi da una leggera e appena palpabile brezza, residuo delle correnti d’estate.
Una rara giornata calda degli inizi dell’inverno, si disse Elena accorciando le redini e portando il cavallo ad un’andatura più svelta del trotto.
Il suo maestro gli era davanti e si voltava spesso a controllare più che altro che la sua allieva non fosse distratta, perché stavano attraversando una zona azzardata del Regno: il confine tra i territori crociati e saraceni era segnato da molti avamposti di entrambe le fazioni.
-Hanno… paura?- mormorò Elena affiancandosi all’assassino e guardando sconvolta come nessun arciere osava puntarli contro una freccia una.
-Perché non dovrebbero? Sicuramente avranno ricevuto notizia in questi giorni da Corrado stesso. Sono certo che molti di loro hanno visto chiaro cosa possiamo fare e abbiamo fatto ultimamente…- rise lui alzando il mente fiero.
-Quello che “abbiamo” fatto?- sbottò la ragazza.
Altair sbuffò. -Ancora non ti entra in testa? Vantarsene non è buona cosa, piuttosto stammi vicina- spronò il cavallo e partì al galoppo.
Elena lo seguì e in breve la strada sterrata li condusse in un centro abitato.
Le piccole casupole erano arroccate ai piedi di un pendio roccioso, sopra al quale spiccava una torre controllata da saraceni.
Questi avevano un’ottima visuale di tutta la valle da là su, ma Altair ed Elena non temevano il fatto che li avrebbero riconosciuti.
Era il Frutto: Elena era riuscita a sbaragliare un battaglione intero di cavalieri col suo potere e, come aveva detto il suo maestro, Corrado aveva fatto correre la voce durante i giorni in cui era stata convalescente nella Dimora. Ora sia il sovrano di Acri che i suoi uomini temevano per le loro vite e preferivano starsene a distanza. Chissà che queste novità avrebbero tenuto Masyaf lontana da un secondo assedio da parte dei crociati… sarebbe stata un’ottima cosa, si disse Elena mentre risalivano il pendio attraversando uno stretto sentiero scavato nella roccia.
Una volta ai piedi della torre, i due assassini proseguirono indisturbati, ma gli occhi degli uomini di Saladino erano tutti su di loro.
I saraceni li guardavano con stizza, disprezzo, ma al tempo stesso in loro gioiva l’invidia. D’altro canto, pochi anni prima era nata un’alleanza tra un gruppo scelto di saraceni e alcuni crociati. Costoro si facevano chiamare i Nove Templari, e tra di loro c’era stato Gulielmo, padre di Corrado, e lo stesso Al Mualim. Essi, assieme a molti dei reggenti delle diverse capitali saracene, si erano contesi il Frutto dell’Eden acclamando “Il Nuovo Mondo”. Questo le raccontò Altair per ammazzare il tempo facendo riposare i cavalli, stremati per il lungo cammino che avevano intrapreso e ancora li attendeva.
Elena era seduta su una roccia, e al fianco vi era il suo maestro che poggiava i gomiti sulle ginocchia e guardava a terra senza dire o aggiungere nulla da parecchi minuti.
I cavalli pascolavano poco distante legati ad una staccionata e alternavano l’erba fresca all’acqua di una fonte lì accanto.
Il luogo era deserto, ma affascinante: pareva il rudere di alcune antiche rovine bizantine, che erano sparse un po’ ovunque nel regno. Un tempo doveva essere una magnifica costruzione in pietra pregiata, fatta di marmo e mosaici. Quello che restava dei mosaici era un disegno appena abbozzato dove la ragazza poggiava i piedi, e delle mura rimanevano delle colonne storte e blocchi di marmo mangiati dal tempo.
Attorno solo il silenzio della natura, il canto degli uccelli e il vento tra i rami degli ulivi, che nei secoli avevano avuto modo di crescere anche all’interno delle macerie.
Elena guardò distrattamente alle bisacce che il cavallo del suo maestro teneva legate alla sella. Colse con grande sorpresa che il Frutto al loro interno aveva assunto un chiarore differente, che variava dall’oro all’argento.
-Buffo- commentò la ragazza aggrottando la fronte.
Altair sollevò il viso e seguì il suo sguardo. –Cosa?- chiese con un filo di voce, e tornò a fissarsi i piedi.
-Guardate, maestro- insistette lei. –Ha cambiato colore- sorrise.
-Chi siamo noi per giungere alla ragione per la quale si comporta così…- borbottò lui distante.
Elena curvò le spalle e incrociò le gambe. –Be’, non l’aveva mai fatto- realizzò confusa.
-Hai ragione, non è affatto nella norma- sospirò l’assassino.
Elena si alzò e si avvicinò alle bisacce, e gli occhi di Altair la seguirono nei suoi movimenti.
Slacciò la bisaccia e trasse l’involucro fatto di panni del frutto; qualche passo addietro e tornò al fianco dell’uomo, che la guardava in cagnesco.
-Rimettilo apposto, non vedi che siamo troppo esposti e quel coso è come un faro?!- sbottò a denti stretti, e fece per strapparle via di mano l’oggetto.
Elena schivò con un saltello. –Sanno già abbastanza bene dove ci troviamo, ma… Mi nascondete qualcosa? O è la vostra gelosia famosa, maestro…- sorrise maliziosa scoprendo uno spicchio della sfera e la luce argentata che ne venne fu quasi abbagliante.
-Ti ho detto di rimetterlo dov’era!- L’assassino si sollevò di scatto e le venne più vicino. –Stolta, ubbidisci- digrignò.
Elena tenne il suo sorisetto giocoso. –Venite a prenderlo- lo agitò in aria.
-Non mi sembra il momento di giocare- disse serio e altrettanto sorpreso del comportamento della sua allieva.
Elena poggiò il Frutto dell’Eden sul rudere di una colonna e portò una mano all’elsa della spada. –Ne siete certo?- rise.
Altair comprese al volo, e i suoi occhi mandarono un leggerlo barlume che la fulminò. –Intendi… sfidarmi?-.
Lei annuì, sfoderando l’arma. –Se vinco acquisto il diritto di portarlo fino a Masyaf. Se perdo, lascio a voi decidere- il suo sorriso si allargò ulteriormente.
Altair era sconvolto. –Qualcosa non ti è chiaro, per caso? Siamo in missione, non possiamo rischiare che…-.
-Ancora non vi fidate di me? Mi fate così disattenta ai miei doveri?- si beffò la ragazza.
-Sì- rispose secco il suo maestro. –Sei ancora nel pieno del grado di novizio, non posso permetterti di portare il Frutto. Sia perché non voglio e sia perché potresti farti prendere la mano- proferì composto.
-Gradi di qua, gradi di là! Sono o no l’unica Dea della confraternita? Avrò un po’ di autorità in più di voi, giusto?- lo stava stuzzicando, ed era certa che Altair non avrebbe retto ancora per molto. Era troppo fiero per rifiutare sia di divertirsi un po’ che di mettersi nuovamente sul suo stesso piano.
-Sbagliato. Se credi di essere superiore ai nostri assassini per il fatto che sei l’unica donna, ti sbagli di grosso. Dea è solo un appellativo, alla pari di assassino o informatore. Non hai autorità su nessun altro se non te stessa, e questa conversazione è stupida- Altair si allungò e fece per afferrare il Frutto con una mano, ma Elena gli batté la lama della spada sulle placche del guanto.
-No, no- sorrise mentre il suo maestro ritraeva la mano infuriato.
-Piantala!- proruppe l’assassino.
Elena fece un passo avanti, avvicinandosi a lui. –Sono rimasta a letto per giorni interi, temo di non ricordarmi come si combatte. E poi l’avete detto voi stesso: se vi sentiste tanto superiori a me non temereste certo un confronto -.
Altair drizzò la schiena. –Che cosa hai bevuto?- domandò senza evitare di sorridere.
-Io? Nulla, siete voi che vi state tirando indietro. Mettete da parte la vincita, e accogliete la sfida come un’occasione per redimervi dal vostro ultimo fallimento- centro! Uno a zero per Elena.
Altair curvò il viso da un lato. Portò la mano all’elsa della spada e sfoderò la lama con un gesto incredibilmente veloce. –Redimermi?- rise.
-Non eravate voi quell’assassino che sconfissi a duello tempo addietro?- fece la vaga aggirandolo. –Potrei anche sbagliarmi… non so…- gli lanciò un’occhiata, e Altair l’accolse con maggior fastidio.
-Può darsi…- mormorò guardandola, e i loro occhi s’incrociarono di nuovo.
Lei sbuffò. –Sto aspettando- disse.
-A voi la prima mossa, Lady Elena- l’angolo della sua bocca si sollevò malizioso.
Non seppe come, ma i due assassini scattarono l’uno verso l’altro nello stesso istante.
Elena spinse la sua lama che era orizzontalmente contro quella del suo maestro, che aveva posizionato l’arma in verticale.
La ragazza scartò di lato e, a sorpresa, il suo maestro l’afferrò per la veste tirandola nuovamente davanti a sé; Elena parò il colpo e si piegò sulle ginocchia, ma il nuovo affondo arrivò dritto al suo fianco.
Altair l’aveva colpita con l’impugnatura della spada ed Elena indietreggiò stringendo la veste nel punto ferito. Serrò la mascella e si lanciò nuovamente all’attacco.
Altair schivò abile alla sua sinistra, ed Elena mirò il colpo più in basso, alle gambe. Questo si concluse in una pioggia di scintille, e le due lame rotearono l’una sull’altra.
La ragazza allentò la presa d’un tratto, ma non si lasciò prendere dal panico ascoltando il suono della sua spada che cozzava al suolo.
Mentre il maestro sorrideva soddisfatto, la ragazza approfittò della sua distrazione per rotolare fulminea alle spalle di lui.
Altair era in procinto di voltarsi quando Elena gli afferrò il braccio portandoglielo dietro la schiena. La presa di Altair sulla spada durò poco, perché Elena gliela trasse di mano stringendola nella sua. Una volta che lo ebbe disarmato, la ragazza gli avvicinò la lama alla gola.
Elena si appiattì contro la schiena del suo maestro, infierendo maggiormente la spinta dell’arma sulla sua pelle.
Altair strinse i denti. –Questa dove l’hai imparata?- digrignò restando immobile.
Elena avvicinò ulteriormente la lama al collo di lui. Bastava un minimo movimento purché lei gli tagliasse la gola. –Anche durante gli allenamenti di mio padre adoravo fare di testa mia- rise.
-Distrazione paga- disse lui.
-Cosa?-.
-Eccola!- Altair la colse in contropiede, perché strinse la lama in una mano e riuscì ad allontanarla dal suo collo. Di seguito, prima che Elena potesse realizzare a pieno i suoi movimenti, l’assassino si chinò in avanti, portando Elena, ancora attaccata alla sua schiena, a rovesciarsi a terra accompagnata dal clangore delle cinghie e i foderi di cuoio.
Altair si sgranchì la schiena, si piegò a raccogliere l’arma che le era scivolata di mano durante il volo e si avvicinò alla ragazza che stava per rialzarsi.
-Distrazione paga. Durante quel duello vincesti perché ero distratto, come te ora- le puntò la lama al petto.
Elena era inginocchiata al suolo, il cappuccio storto e la veste stropicciata e coperta delle polveri della terra. –State mentendo, non volete ammettere che il mio stile di combattimento vi lascia alquanto… stupefatto!- rise lei.
-Affatto- lui avvicinò il volto a quello della sua allieva. - Mi fa schifo come combatti, ma voglio comunque apprendere nel migliore dei modi la via per contrastarlo nel caso occasioni simili si ripetano- il suo fiato caldo e affaticato le arrivava sul viso, ed Elena sorrise: un po’ era riuscita a stancarlo.
Altair si sollevò lentamente, le porse la mano e l’aiutò ad alzarsi.
-Abbiamo finito, spero- disse contenuto rinfoderando la spada.
Elena annuì facendo altrettanto. –Avete vinto, e d’ora in avanti me ne starò al mio posto - proferì, improvvisamente avvolta dall’imbarazzo per come si era comportata. S’inchinò appena e guardò il suo maestro afferrare il Frutto e portarlo con sé fino ai cavalli.
Altair richiuse il Tesoro nelle bisacce e montò in sella, stringendo le redini e facendo voltare il cavallo.
Elena lo raggiunse e si issò sulla groppa dell’animale. –Non faccio così schifo- borbottò assorta, e sperò tanto che lui l’avesse sentita.
Altair spronò il cavallo, intanto che un sorriso divertito compariva sul suo volto celato dall’ombra del cappuccio.
I due assassini si allontanarono al galoppo dalle rovine e ripresero la strada sterrata.
Continuarono a quell’andatura per tutto il tragitto e neppure una guardia osò gridarli dietro “assassini”. Poteva essere una forma di paura come una manifestazione di rispetto, si disse Elena. Chissà che ora sia i saraceni che i crociati si sarebbero sentiti inferiori rispetto agli assassini, allo stesso modo di come lei si sentiva ogni giorno più sottomessa da chiunque le stesse accanto.
Il sole calò lentamente all’orizzonte, e il panorama fu avvolto da una magnifica luce arancio. Il cantare degli uccelli si affievoliva col passare delle ore, fin quando sul regno non calò la notte stessa.
Il cielo stellato sostituì così i colori del firmamento, e la brezza fresca divenne un vento freddo e pungente che sollevava la polvere gelata da terra e la gettava tra gli zoccoli dei cavalli.
Elena non poté crederci: ce l’avevano fatta.
L’ingresso alla valle comparve all’orizzonte, controllato da una torre in pietra sotto il dominio degli assassini. Lo stendardo, lindo e magnifico, svolazzava all’alito della notte con fluide movenze, mentre Masyaf appariva come un punto scuro adornato di piccole luci soffuse tra le ombre, arroccata sul picco della collina.
Altair ed Elena si addentrarono nella valle al trotto, e gli assassini lì appostati di vedetta sgranarono gli occhi. Quelli sulla torre si sporsero dal cornicione, altri si piegarono in un inchino, e altri ancora si scoprirono il volto in segno di rispetto.
L’essere di ritorno così in anticipo era gesto che poteva avere mille ipotesi, mille spiegazioni e mille risposte, si disse la ragazza sorridendo.
I bracieri ardenti illuminavano quell’avamposto, ma man mano che avanzarono, i due assassini si persero di nuovo nel buio della strada, percorrendo cauti l’intera valle.
Elena alzò lo sguardo, ammirando commossa quel cielo così lindo nel quale svolazzava Rashy in preda all’allegria. La falchetta planava sulla strada in picchiata, gettandosi con le ali chiuse al petto, per poi spalancarle ad un filo da terra.
La bestiola si contorse in un’ultima piroetta prima di appollaiarsi sulla spalla del suo padrone lasciandosi scappare un grido.
-L’entusiasmo da non tenersi dentro- rise la ragazza, frastornata dall’urlo intenso dell’aquila che ancora rimbombava nelle sue orecchie.
-Quando ci vuole, ci vuole- l’assassino accarezzò il becco dell’animale, che affettuosamente sfregò la testolina piumata sulla sua guancia.
Proseguirono al trotto fino alle porte della città dove, allarmati, i due assassini di guardia sfoderarono le armi.
-Chi va là?!- il buio imbrogliava, così quello alzò la voce e li intimò contro: -Mostratevi alla luce!- indicando il braciere lì accanto.
I due assassini avanzarono e fermarono i cavalli davanti al focolare.
Bastò poco perché uno dei due soldati lo riconoscesse e si piegasse all’istante in un inchino. –Mastro Altair…- mormorò ricacciando la lama nel fodero.
Elena rimase alle spalle del suo mentore.
Altair proferì un gesto col capo e i due si fecero da parte. Poi l’assassino alzò il braccio destro e la falchetta che aveva sulla spalla sinistra piantò gli artigli nel guanto, spalancando le ali.
-Va’!- Altair, con un fluido movimento del braccio, accompagnò Rashy a levarsi in volo nella notte.
L’aquila si perse tra le stelle in direzione della fortezza e, mentre la sua ombra si proiettava sui tetti della città, il suo grido allertò sentinelle, popolani, guardie e assassini.
Questi volsero gli occhi al cielo, ove lei, Rashy l’aquila che tutti riconobbero, annunciava la novella.
Quando le campane di Masyaf presero a suonare, ormai la notizia aveva nido: il Frutto era di nuovo nelle loro mani.

Negli occhi della folla Elena vedeva la gratitudine e la gioia, assieme alla fiducia ben riposta che il popolo di Masyaf aveva nei suoi assassini.
Altair e la ragazza raggiunsero i battenti della fortezza ancora a cavallo, e un corteo infinito di giovani incappucciati venne ad acclamarli.
Ci mancavano solo i fuochi artificiali, pensò Elena sorridendo e tenendo a stento il controllo del cavallo che affogava nella calca.
Molti assassini erano affacciati alle finestre della fortezza, perché le campane avevano di certo buttato giù dal letto gran parte della gente che ora era lì a lodarli.
Altair si allungò verso di lei. –Non dire nulla. Credono che abbiamo ucciso Corrado e gioiscono perché confidano nella vendetta compiuta, ma in verità la nostra missione è ultimata solo per metà- disse gravoso.
Elena curvò le spalle, pensando che parecchi, la notte in cui Corrado aveva attaccato la fortezza, avevano perso familiari assieme ai poveri innocenti che erano stati trucidati dai suoi uomini.
Ecco perché erano in un centinaio al minimo lì a presenziare, in quel momento. Quanti occhi Elena avrebbe contato perdere il loro barlume quando la notizia che Corrado vive ancora sarebbe giunta? Quelli applausi, quelle grida e quei sorrisi erano una finzione che, nonostante la scottante verità, le piacque.
D’un tratto, Elena sollevò lo sguardo al balcone dal quale un tempo aveva assistito alla venuta dei Falchi. La ragazza sobbalzò, perché appoggiato al parapetto e a fulminarla coi suoi occhi di ghiaccio, vi era Rhami.
L’assassino era vestito con le solite vesti da servizio, il cappuccio abbassato e la folta chioma bronzea disordinata. Il portamento dritto e un sorriso misto tra malizia e stupore stampato in faccia.
Elena si voltò di colpo, sprofondando nel buio del suo cappuccio. Non riuscì ad impedire che certe immagine le tornassero alla mente. E lo stesso turbamento di quando era partita l’avvolse ancora, dilaniandole lo stomaco come artigli invisibili.
Quel giorno in cui aveva lasciato Masyaf alla volta del suo itinerario, Elena si era lasciata mille debiti alle spalle: avrebbe dovuto chiarire le cose con Rhami, ma invece di andarlo a cercare, quella mattina aveva preferito starsene nello studiolo del Maestro. E poi Marhim, che senza dirle nulla se n’era andato… ed era stato un colpo basso insopportabile, al quale nessuno aveva voluto dare spiegazioni. Che cosa poteva fare, dunque, se non andarsene anche lei?
Pregò che non sarebbero rimasti a Masyaf più del dovuto, perché non avrebbe tollerato altri addestramenti allo stesso modo di come il solo sentirsi osservata da Rhami le provocava brividi lungo la schiena.
-Prendi-.
Elena sobbalzò, e si riebbe nell’istante in cui Altair le gettò tra le braccia la bisaccia contenente il Frutto dell’Eden.
-Maestro, dove?…- non terminò che Altair spronò il cavallo al galoppo e, facendosi largo tra la folla e abbandonandovi la ragazza, si fermò davanti ad un ingresso secondario a quello principale. L’assassino smontò agile dalla sella, scansò un battente e sparì nella fortezza.
Elena strinse la bisaccia a sé e, confusa, si avviò davanti alle grate del salone d’ingresso, dove Tharidl l’attendeva fiero.
La ragazza smontò lentamente e proferì un inchino.
Tharidl, circondato da guardie e assassini, le venne di fronte. –Elena…- mormorò soave.
Lei sollevò gli occhi devota, e le sue dita si strinsero ancor più attorno alla custodia del Frutto.
Il cerchio di assassini attorno si strinse, ma Tharidl fece gesto di lasciare spazio.
-Elena, sono fiero di te- disse rozzamente.
La ragazza ci rimase di sasso. Non era il genere di elogi che si aspettava dal Gran Maestro, così arrossì.
-Vieni; il tuo maestro ci raggiungerà a breve- Elena si lasciò prendere sotto braccio dal vecchio che la condusse all’interno della sala, fino al suo studio.
-Puoi poggiarlo lì- Tharidl le indicò la scrivania, ed Elena mosse alcuni passi avanti. Srotolando la sfera dai suoi mille involucri, poggiò in fine l’oggetto sul tavolo.
Il Frutto dell’Eden squarciò le ombre coi suoi raggi dorati, illuminando la stanza di un bagliore magico.
Tharidl sorrise voltandosi. –Voi potete andare- disse agli assassini che li avevano seguiti fin lì.
Questi si dileguarono all’istante, lasciando lei e il vecchio da soli.
Elena indietreggiò, fermandosi al suo fianco. –Il Frutto è qui, Maestro, ma Corrado è…-.
-Lo so bene, credi che non ne sia stato informato?- Tharidl tornò serio, avvicinandosi al tavolo e sfiorando la sfera con un dito.
-Sì, ma quella gente…- Elena guardò fuori dalle vetrate, ove la folla stava compatta tornando verso i piedi della collina. –Loro non sanno, vero?- domandò grave.
-No, ma essendo stata una mia scelta agire in questo modo, e avendo Altair ricevuto ordini da me di portare te e il Frutto via da quelle mura, non avranno modo né oggi né domani di contestare- proferì. –Dell’omicidio di Corrado si parlerà a tempo debito in altro luogo- mormorò.
Elena aggrottò la fronte, spogliandosi del cappuccio. –State dicendo che…-.
Tharidl sospirò. –Non nego che in futuro Corrado potrebbe rivelarsi una minaccia, ma i vostri insegnamenti non terminano certamente qui, Elena di Acri- arrise.
-Ah, ecco…- si portò una mano alla bocca, pensando che gli addestramenti nel cortile avrebbero ricominciato ad occupare le sue giornate.
-Le indagini che avete svolto tu e Altair saranno utili ad Hani, che si occuperà di alcuni uomini di poco conto all’interno della corte del Monferrato - fece il vecchio sedendo alla scrivania. –Se ti può interessare, agirà durante il compleanno di Maria, a quanto ho saputo…- si sistemò più comodo.
Elena sorrise, rimembrando le piacevoli partite di scacchi, ma soprattutto ripensando alle assurde situazioni nelle quali quell’assassino era stato capace di cacciarsi.
Sul tavolo accanto alla sfera vi erano due candele, ma erano nulla in confronto alla lampadina che era il Tesoro dei Templari.
Nella stanza c’erano anche due bracieri sistemati vicino alla libreria e altri due al soffitto che pendevano sulla sala d’ingresso della fortezza.
Ad Elena era mancato quel luogo, non c’è che dire, ma più che altro le mancavano le persone che vi aveva conosciuto. Le sarebbe piaciuto che Marhim fosse lì: ecco la verità, si disse.
Tharidl fissò il Frutto allungo, ed Elena con lui.
-Allora- cominciò il vecchio tornando a lei. –le voci sono vere? Riuscisti nell’impresa leggendaria che arrivò alle mie orecchie?- rise.
Elena condivise quella gioia avvicinandosi allo scrittoio. –Sì- seppe solo dire.
-Sai bene che non è cosa da tutti, e sono rimasto alquanto colpito, Elena- confessò passandosi una mano sulla barba.
-Ugualmente io, Maestro- aggiunse lei, avanzando verso la sfera. –Questo oggetto… ho avuto modo di comprendere, può fare qualsiasi cosa. Quando sbaragliai i soldati di Corrado avevo pensato alla soluzione più sciocca, ma anche se avessi chiesto al Frutto di decapitare tutti i crociati venuti in Terra Santa, questo l’avrebbe fatto all’istante… ve lo posso giurare- affermò decisa e spaventata della sue stesse parole.
-Non lo nego- borbottò il Maestro volgendo un’occhiata al Tesoro. –Molti di noi hanno toccato con loro mente il potere che Al Mualim sprigionò da esso tempo addietro…- e sicuramente si stava riferendo a sé stesso, pensò Elena. –E non è balla cosa, dammi retta. Quando si ha il controllo del Potere non ho idea di cosa si provi, quale avidità sfiori il cuore e di quale prepotenza l’anima impari a cibarsi, ma posso assicurarti che essere vittima dei suoi scopi è tutt’altro. Esattamente l’opposto, ed è quando queste emozioni prendono il sopravvento sulla tua coscienza, che non sei più in grado di ribellarti. Ed è in quel momento, che chi ne ha la forza, può trovare il coraggio di schiacciarti senza alcuna pietà- sbottò collerico. –Sono stato eletto maestro dai miei discepoli perché fui uno dei primi suoi quali Al Mualim esercitò i suoi poteri; avendone compreso a pieno i dolori sono diventato aperto alla mia gente e alle loro esigenze. Perdonami…- disse ad un certo punto, scuotendo la testa.
Elena curvò un sopracciglio. –Di cosa?-.
-Divago su argomenti che so possono essere truci quanto noiosi, in questo momento- le sorrise. –E non è da me, quindi perdonami- si alzò e, sospirando, si affacciò alle vetrate, congiungendo le mani dietro la schiena. –Elena, so che le mie azioni nei tuoi confronti tal volta possono sembrare insensate e prive di fondamento, ma ti chiedo, in quei casi, di riporvi tutta la tua fiducia- disse senza guardarla.
-Maestro- lei gli si avvicinò. –Non ho mai dubitato di questo- mormorò.
-Ed è un dono prezioso che accetto da te a braccia aperte, Elena- lui si voltò e le carezzò la guancia dolcemente.
-Mio padre vi affidò mio fratello, è il minimo che io come lui ponga fiducia in voi, Maestro, e questo l’ho capito fin da subito- aggiunse, allungando il suo sorriso.
-Altrettanto- proferì lui fiero. –Altrettanto- ripeté tornando a guardare fuori dalle vetrate, ed Elena lo imitò.
Il cielo stellato era una volta infinita che si allungava fin dove l’occhio umano arrivava. I tetti di Masyaf erano contornati dai fumi dei comignoli, e un vento invernale alzava le foglie secche e la rena della terra.
Era l’incanto del buio, che celava sotto una maschera fittizia gli eventi imminenti.

Altair esitò allungo sull’uscio di quella stanza, di fronte a quella porta che era rimasta sempre chiusa da quando era partito con la sua allieva. Da quando le aveva dato quella notizia da togliere il fiato, da quando il suo cuore aveva cominciato il conto alla rovescia.
Era arrivato lì di corsa, lasciando ad Elena il Frutto e divincolandosi dalla folla, per poi intraprendere la strada più svelta per quell’ala della fortezza.
E ora esitava davanti a quella porta che era rimasta sempre chiusa.
Si diede dello stupido e allungò una mano, esitò ancora e riabbassò il braccio. Forse non avrebbe dovuto, forse stava dormendo, o forse Adha l’aveva aspettato in piedi senza chiudere occhio per tutto quel tempo.
L’assassino sobbalzò, perché la porta da sempre rimasta chiusa si aprì, e davanti ai suoi occhi celati dal cappuccio comparve il bel volto della sua amata.
-Alta…- la donna non poté concludere, che il ragazzo l’afferrò per i fianchi stringendola a sé.
Affondò il volto tra i suoi capelli e assaporò il suo profumo, mentre con un piede chiudeva la porta alle sue spalle.
-È vero?!- domandò quasi ridendo, perché mai aveva provato gioia più grande se non in quell’abbraccio. –Mi hai lasciato un dubbio quando sono partito e non ho pensato ad altro durante tutti questi…-.
Adha si divincolò dall’abbraccio e fece un passo indietro, aggiustandosi le pieghe sulla veste da notte.
Altair dedusse da molti particolari che la sua donna l’aveva aspettato in piedi. C’era una candela consumata sul comodino e diversi testi sparsi un po’ ovunque tra i vari vestiti e gli ammennicoli.
-Innanzitutto- cominciò lei portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. –Ti sembra il modo di piombare in camera mia?- era allegra.
Altair sorrise.
-E comunque, non avresti dovuto darti pena per questo quando il tuo unico incarico era prenderti cura di Elena e della sua istruzione- fece severa.
-Parli già come una madre- mormorò lui dolce.
A quelle parole Adha parve perdere ogni colorito di gioia.
Altair le venne più vicino. –Hai voluto tenere la cosa segreta mandando nessuna lettera ad Acri. Ebbene, ora mi piacerebbe tanto sapere se quello che mi hai detto prima di partire… è vero, o no- si abbassò il cappuccio.
Adha fece un passo indietro, distogliendo lo sguardo dal suo amato. –No- proferì accigliata.
Altair le prese il volto tra le mani. –Come…- non riusciva a crederci –no?- ripeté.
Adha poggiò la mano chiara e gracile sopra la sua. –No, mi spiace… davvero tanto- ribadì. –Ma è stato un falso allarme, e prometto che non succederà più- si allontanò da lui, che però la strinse per il polso e la tirò nuovamente tra le sue braccia.
Fu un abbraccio lungo, e di consolazione per entrambi.
-Perché?- sussurrò lui sul suo collo.
-Vuoi che te lo spieghi?- rise lei.
-No, meglio di no- Altair le alzò il viso e si chinò alla sua altezza per baciarla. E mentre le loro labbra si accompagnavano in movimenti lenti e passionali, l’assassino fece correre le mani sul suo corpo, fino a raggiungerle i lacci del corpetto.
Adha si staccò dalla sua bocca lentamente, ancora con gli occhi chiusi. –Devi andare…- mormorò con un filo di voce e le labbra rosse. –Il Maestro e Elena…-.
Lui non le diede tregua, bloccandole le parole in gola.
Adha tentò di sfuggire a quella presa, ma Altair la gettò dolcemente sul letto.
Nel momento in cui Altair le sollevò appena la gonna, Adha gli bloccò le mani, e lui allontanò il suo volto da quello della donna.
Adha lo guardava severa, quasi furiosa. –Sei pazzo o cosa? Di là ci sono Elena e Tharidl che stanno aspettando il tuo rapporto! Non puoi restare qui e pretendere di rimediare a quello che non è andato come speravi!- proruppe irritata.
Altair sollevò un sopracciglio, e la sua sorpresa divenne un sorriso malizioso. –Allora sono pazzo-.
Adha si scansò prima che le loro labbra tornassero a sfiorarsi e, quando Altair sollevò nuovamente il viso, questo colse negli occhi della sua donna un forte rifiuto e anche un rimprovero.
-Va bene- sospirò tornando in piedi.
-Perfetto- fece lei sedendo sul letto.
Altair indugiò ancora, rimanendo dov’era diversi istanti.
Adha schioccò le dita e indicò la porta. –Vai!- bisbigliò, e l’assassino operò per avviarsi. Sull’uscio si fermò voltandosi.
-Ti amo- disse.
-E perché, io no?- rise.

Elena lanciò un’occhiata distratta alle sue spalle, e fu colta di sprovvista nel vedere Altair venire verso di loro dalla scale.
La ragazza si voltò del tutto, e Tharidl fece altrettanto dopo di lei.
Il mastro assassino si posizionò davanti alla scrivania e proferì un inchino profondo, mentre Elena gli andava al fianco.
Tharidl alzò il mento fiero. –Sono lieto di annunciare ufficialmente che la vostra missione si è conclusa con ottimi risultati. Sottraendo dalle mani di Corrado il Frutto dell’Eden avete risparmiato la vita di innocenti, ma messo a repentaglio quella di chi era già intricato in questo circolo vizioso qual è quello del “Nuovo Mondo” cui i Templari aspirano. Non sottovalutate per nessun motivo i restanti nemici, perché la nostra gente ha risentito il peso di questa guerra abbastanza, e non potrebbe sopportare un ulteriore assedio. Corrado necessita della lama di un assassino che penetri nella sua carne, ma un assassino necessita di una lama…- Tharidl spostò i suoi occhi scuri su di lei, ed Elena non seppe perché.
-In quest’arco di tempo non gironzolerete a vuoto per la fortezza. Altair, mi piacerebbe che Elena apprendesse qualche tecnica di combattimento differente all’uso comune di una spada, perché sappiamo bene entrambi a cosa devi prepararla- disse di sottecchi il vecchio guardando l’assassino.
Altair chinò nuovamente il capo. –Mi assicurerò che il suo braccio sinistro sia ben pronto per allora, Maestro- rispose dritto e austero.
Elena perdeva facilmente il filo del discorso, non capiva a chi si stessero riferendo e di cosa stessero parlando.
-Negli ultimi giorni qui alla fortezza sono nate delle voci, su entrambi voi…- mormorò il vecchio, e i due assassini si scambiarono un’occhiata confusa.
-Cioè?- Altair fece un passo avanti.
-Credo che ognuno dovrebbe pensare con la propria testa e ascoltare la propria coscienza, poiché non mi sento in autorità per interferire- proseguì il Gran Maestro. –Ma sappiate che oltre ai miei, questa fortezza ha occhi anche di altri e siate pronti ad accogliere i passi falsi dei vostri anche più cari, vero Altair?- sorrise mesto.
Il ragazzo annuì. –Vero…- sospirò.
Elena si disse che era colpa della stanchezza, perché non si era mai sentita tanto ignorante per quanto riguardasse le ramanzine e le perle di saggezza del Maestro.
Tharidl proseguì. –Verrà discusso in sede al più presto di come procedere: il Frutto, sappiamo bene, è troppo rischioso tenerlo qui, ma altrettanto lasciare che vaghi per il Regno. Si era pensato di distruggerlo, ma molti hanno rifiutato e altri si sono dichiarati neutrali a tale decisione. Ebbene, Altair, Elena, vorrei che prendeste parte entrambi alle riunioni assieme a me e i miei saggi, affinché voi che avete avuto modo di sfiorarne i Poterei, sappiate come moderare le nostre condanne… sareste disponibili?- chiese.
Elena annuì, senza sapere il perché, annuì e Altair con lei.
-Ne saremmo onorati- aggiunse lui.
Tharidl batté le mani una volta. –Bene, ma non posso aggiungere nulla più. Tratteremo del mancante domani mattina alla luce del sole… quello vero- Tharidl soffiò sulle candele della scrivania e riavvolse il Frutto nei panni colorati. –Buona notte ad entrambi…- sorrise allontanandosi sulle scale.
Elena sospirò.
-Sei distrutta- commentò il suo maestro. –Va’ a dormire, domani abbiamo parecchio da fare- le poggiò una mano sulla spalla, e anche lui si avviò.
-Già- farfugliò lei. –Come sempre, parecchio da fare…- sbuffò e s’incamminò verso le sue stanze.

Attraversando il corridoio dell’ultimo piano, qualcosa attirò la sua attenzione, ma era un suono appena percettibile che, non appena si voltò, cessò.
Elena allungò un’occhiata tentando di vedere nel buio, ma il nero era avvolgente e troppo fitto per scorgere non oltre di qualche metro.
C’era qualcuno alle sue spalle, ne era certa. Così accelerò il passo e raggiunse le scale che portavano agli appartamenti delle Dee. Salì il primo gradino, il secondo quasi di corsa, stava per scomparire al piano di sopra, ma una voce angelica la chiamò, fermandola a mezz’aria.
-Elena-.
Il suo cuore perse un colpo, e lei tornò indietro di alcuni scalini.
Conosceva bene quella voce, che durante la sua permanenza nella setta aveva approfittato di lei. Quella voce che una volta era docile come un cucciolo e la seconda sfoderava gli artigli per prendersi quello che cacciava. Quella voce che le aveva narrato una storia, una volta, di alcuni assassini che riuscirono illesi da una missione. Quella voce che le aveva sussurrato all’orecchio che era sempre bellissima. Quella voce che l’aveva tormentata al suo arrivo, e quegli occhi, tanto simili ai suoi, che l’avevano graffiata fin dal primo momento in cui si erano incrociati.
Rhami avanzò dall’oscurità, e la sua figura bianca e nera era attraversata da fasci di luce lunare.
Non vestiva delle sue vesti, era abbigliato in modo comune e spoglio. Indossava solo la parte sottostante della divisa, senza alcun armamentario o cinghia, tra cui la cintura. Alla vita aveva legata solo la pezza rossa.
Elena stette in silenzio, ma in quel momento l’avrebbe riempito d’insulti. Tutta la robaccia che si era tenuta dentro durante la sua permanenza ad Acri e che l’aveva tormentata alla partenza. Tutto quanto, nulla escluso!
Eppure non lo fece. –Rhami- piuttosto sussurrò il suo nome, che scottò sulle labbra e la privò di tutte le forze che aveva nelle gambe e che avrebbe dovuto impiegare per scappare via nelle sue stanze.
-Sono felice che ti ricordi il mio nome- rise l’assassino.
Che battuta stupida, e solo per attaccare bottone, si disse.
-Sono stanca- trovò il coraggio di dire. –Possiamo rimandare?-.
Rhami scosse tranquillamente la testa.
Elena curvò le spalle. –Ti prego, che cosa vuoi? Non ti sei accontentato di quello che è successo? Non ti è bastato fissarmi con rabbia?- ora era lei che faceva affermazioni stupide. Era ovvio che Rhami non si fosse accontentato, chissà che cosa pretendeva ancora da lei… non volle pensarci, perché le era già troppo chiaro.
L’assassino avanzò. –Non sono qui per porgerti le mie scuse- disse.
Ma come si permetteva?! Elena aprì la bocca senza riuscire a dire nulla se non un: -Che cosa?- balbettò.
-Sai- fece lui poggiando un piede sul primo gradino della scala. – Mi sono accorto che certe volte le regole della setta sono fatte per essere infrante. Insomma, molti di noi qui ne hanno già trasgredite un paio…- si passò una mano tra i capelli avanzando ancora verso di lei.
-Non so di cosa parli- non riusciva a muoversi, quando invece sarebbe dovuta scattare, e di corsa!
Ci stava cadendo di nuovo, la trappola di Rhami stava per scattare e lei non avrebbe fatto nulla per impedirlo? Era ovvio, non ne aveva la forza, perché negare che Rhami fosse un bel ragazzo era come affermare che la terra fosse piatta. E la terra era tonda, allo stesso modo di come Rhami sapeva essere affascinante.
Ormai il ragazzo era a pochi passi da lei. –Credi che non lo sappia?- domandò lui, ma Elena non capiva davvero a cosa si stesse riferendo.
-Spiegati- sbottò frustrata da se stessa, che continuava a gridare: “VATTENE!”. Per ammazzare quel fastidio sullo stomaco, Elena prese a stuzzicarsi una pellicina del pollice.
-Possibile che tu non te ne sia accorta?- Rhami avanzava lento, passo dopo passo erano quasi sullo stesso piano. –Marhim, poverino-.
Elena gonfiò il petto. –Non tirare in campo Marhim! Lui non c’entra nulla!- digrignò.
-Tu dici?-.
Basta! Il suo tono si stava facendo arrogante e presuntuoso, ed Elena aveva sempre odiato quel genere i persone. La ragazza indietreggiò. –è successo qualcosa?- domandò, ma presto si sarebbe pentita di quella domanda.
-Mentre tu non c’eri nulla d’interessante- rispose sereno. –I guai sono cominciati al tuo arrivo. Quando non riuscivo a sopportare l’idea che quel fessacchiotto riuscisse a starti più vicino di quanto non osassi io, tutto qua- sembrava tranquillo, per niente turbato. –Povero Marhim, troppo altezzoso per abbassarsi ad infrangere le regole. Anche se la setta non vietasse certe cosette, lui non avrebbe comunque osato, ma io sì…-.
Elena era in preda alle convulsioni, e sotto gli occhi sempre più vicini e penetranti di Rhami, la sua anima s’inchinava prostrandosi al suolo, chiedendo pietà.
C’era sempre stata l’eventualità che su cinquanta assassini almeno due si scontrassero per quelle stupidaggini, e perché lei era stata così cieca? Be’, veramente non del tutto, dato che alcuni comportamenti di Rhami, fino a qualche settimana prima, le erano sempre piaciuti e l’avevano sempre fatta sentire… amata.
Ma poteva essere la veste a fare l’assassino? Certo, si disse Elena, perché il rango alto era solo una delle mille armi che Rhami aveva usato per far colpo su di lei.
C’era riuscito, perché Elena poteva sentire il suo respiro sul viso per quanto fossero vicini.
-Ora che lui è lontano…- mormorò Rhami guardandola dall’alto, ed Elena aveva il volto alzato verso di lui. –Posso capire come ti senti. Sola, diversa, incompresa…- bisbigliò.
Elena indietreggiò, e con un altro passo i suoi piedi avrebbero toccato il pavimento delle stanze private. Da lì Rhami non avrebbe più potuto interferire, sarebbe stata salva. Ma…
-Quel vecchio stupido non vuole darti il nome di tuo fratello, e tu hai bisogno di qualcuno che sappia difenderti, aiutarti…- continuò con voce melodiosa.
Che voce… sospirò Elena, e nello stesso istante, avvertì un brivido percorrerle la schiena: Rhami… lui aveva un profumo dolce-amaro che la faceva impazzire.
I suoi occhi si chiudevano dalla stanchezza, ed Elena non si reggeva in piedi.
La ragazza indietreggiò, di un altro piccolo passo, e sia lei che Rhami furono in quell’atrio della fortezza tanto segreto, tanto “incantevole”, come l’aveva definito Marhim il giorno in cui l’aveva accompagnata lì per la prima volta.
-Qualcuno come te?- riuscì a dire, ma il suo tono era insicuro e solo aprir bocca la metteva in allarme.
Rhami si chinò su di lei. –Sì- le sussurrò sulle labbra.
Era troppo… non poteva. Anche lei credeva nelle regole della confraternita e vi poneva tutta la sua anima tormentata, ma Rhami le stava chiedendo troppo. Lui le aveva assicurato protezione, ma lei non ne aveva bisogno! Altair le aveva insegnato a difendersi nel migliore dei modi, e anche il suo defunto padre aveva dimostrato di sapere istruire al meglio sua figlia! Elena non aveva bisogno di lui, non aveva bisogno di nessuno. Che Tharidl si tenesse per sé il nome di suo fratello in eterno! A lei non importava, lei era Elena, la grande Elena, la Dea e l’assassina, colei che avrebbe fatto onore a suo madre e schiaffato sulla tomba di Al Mualim che le donne potevano servire questa setta allo stesso modo degli uomini, arrecando alcun danno e senza…
Rhami le prese il collo e la tirò a sé, l’altra sua mano si allungò sulla sua schiena, stringendola ulteriormente al suo corpo caldo.
Elena non riuscì a ribellarsi, perché ancor prima di realizzare cosa stesse accadendo, Rhami l’aveva baciata in modo violento.
Elena s’irrigidì nel percepire le dita del ragazzo correre alla cinta di cuoio, che dopo pochi gesti, si rovesciò a terra nel clangore del fodero della spada e dei pugnali da lancio.
Era lui che la stava spogliando, prima delle sue armi e di seguito dei suoi indumenti, cominciando dal cappuccio, che raggiunse le cinghie e il triangolo di metallo.
Si lasciarono una scia di vestiti fino alla sua stanza, e fu Rhami ad aprire e chiudere la porta senza interrompere il bacio.
Quello che stavano facendo era assurdo, dannatamente e vigliaccamente assurdo. Non poteva succedere, non a lei! Si disse Elena, che disperatamente lottava contro se stessa per dire basta a quella follia.
Non riusciva: la sua forza di volontà era inesistente, e la pigrizia lasciò correre ogni cosa.
Rhami l’adagiò lentamente sul letto ed Elena gli cinse il collo con le braccia, mentre il ragazzo s’infilava tra le sue gambe.
Lei era quasi completamente nuda: non fosse stato per la biancheria che ancora indossava, la situazione sarebbe diventata alquanto rischiosa da tutti i punti di vista.
Rhami si levò la maglia, restando con addosso una canottiera di cotone. Interrompendo per pochi istanti il tocco delle loro labbra, Elena vide la luce.
Con grande sorpresa di Rhami, la ragazza ribaltò i loro corpi e fu lei a stare sopra di lui.
-Uh uh- l’assassino sorrise malizioso.
Elena cercò di non pensarci. -E se domani Adha venisse a svegliarmi?- domandò, ma la risposta di Rhami non si fece attendere.
Il ragazzo si allungò nuovamente verso di lei e i suoi baci le divorarono il collo.
Elena strinse con maggior vigore le federe del letto. –Rispondi!- digrignò collerica.
-Nervosetta?- continuò lui, e le sue labbra calde le lasciarono bruciature dall’incavo del collo alla sfaccettatura del seno.
-No, Rhami, no…- fece lei fermando la sua mano, prima che il ragazzo riuscisse a denudarla del tutto. –Sei uno stupido, ed io più di te che ci casco come una banana!- Elena si alzò da sopra di lui e mosse alcuni passi avanti e indietro nella stanza.
Rhami sedette sul letto. –Che problema c’è?- domandò, come fosse ovvio che non c’era nessun problema.
-Non potresti essere qui- sbottò lei arrossendo, perché l’assassino allungò lo sguardo prima sulle sue gambe snelle e poi sul resto del suo corpo. Rhami la mangiava con gli occhi, e non le piacque.
-Ma và, che vuoi che sia- sorrise. –Non lo saprà nessuno-.
-È proprio questo il punto!- la ragazza si sedette sul bordo del materasso.
Rhami alzò un sopracciglio. –Vuoi… che qualcuno lo sappia?- domandò confuso.
-No!- Elena si voltò, lanciandogli un’occhiataccia. –E mai nessuno dovrà saperlo… qui ci rimetto la carriera- brontolò.
Rhami taceva guardandola.
-Insomma, anche se ora ti senti così “trasgressivo” , quello che stiamo facendo è sbagliato- mormorò afflitta, non riuscendo a trovare parole più coinvolgenti.
Lui non disse nulla, si limitava ad osservarla.
Quell’atteggiamento la metteva a disagio, ma Elena si convinse che doveva trovare un modo per farlo sloggiare da lì.
-Guarda che mi metto a strillare- disse d’un fiato.
Rhami era silenzio.
-Sul serio!- continuò lei.

-Piantala di fissarmi!-.

-Non sei divertente-.

-Rhami, parlami…- gemé.
-Mi piacevi tanto quando portavi quella veste con tutti quelli strappi, che fine ha fatto?- domandò.
Elena curvò le spalle. –Non hai nulla da dire a parte questo?!-.

La ragazza si arrese. –Adha deve averla gettata da qualche parte, perché?-.
-Ti stava bene- sorrise malizioso.
-Io la odiavo- borbottò incrociando le gambe sul letto.
-Davvero disprezzi così il tuo corpo?- Rhami le si avvicinò sfiorandole la spalla nuda con la mano.
-Vattene- strinse i denti, ma il ragazzo trovò la forza di spingerla giù con la testa sul cuscino. Le strinse i polsi con le mani e la guardò mentre tentava di divincolarsi.
-Giuro che te la faccio pagare!- parlottò, e fece per alzare un ginocchio mirando ai punti bassi, ma Rhami si sistemò velocemente tra le sue gambe.
-E come?- prese a baciarla dovunque.
Elena stava per scoppiare a piangere. –A duello, domani! Ti taglio la testa!- tirò su col naso.
-Stai piangendo?-.
-Si nota tanto?- gli occhi le si inumidirono, e sperò tanto che quell’ultimo approccio funzionasse, perché non aveva le energie per proferire una parola in più.
Se Rhami avesse davvero voluto proteggerla, aiutarla, ora le sue labbra si sarebbero staccate dal suo corpo, ma il ragazzo proseguiva, insaziabile e senza fondo.
Era una tortura: vedere i sogni di suo padre che tanto le aveva insegnato sgretolarsi al tocco delle dita di Rhami sulla sua pelle, era una tortura.
Doveva ridursi a pregarlo in ginocchio di avere pietà di lei? Doveva abbassarsi a quel livello pur di far cessare quella follia? Elena non lo amava, e sapeva che Rhami non provava altrettanto, e allora cosa ci facevano in quella stanza, segretamente… al buio, vabbé, insomma, lì! Cosa li aveva spinti a tanto se non l’avido e lussurioso desiderio umano? Rhami era un conoscente… un bastardo, dannato, affascinante e bellissimo conoscente!
Un vigore lontano, la forza di lottare per qualcuno che era più importante di Rhami l’aiutò nella sua impresa: la ragazza lo tirò per i capelli e Rhami piegò la testa all’indietro facendosi scappare un gemito.
-Facciamo sul serio, eh?-.
-Depravato, non sto giocando!- sbottò lei tirando con più forza la ciocca che aveva in mano. Poteva dirigerlo come una marionetta, e la ragazza lo costrinse a lasciare il letto.
Elena si alzò assieme a tenendo ben salde le dita tra i suoi capelli leoneschi. –Una volta hai detto… le persone non sono giocattoli! È ora di dimostrare il vero delle tue parole!- pianse.
-Allora ero uno sciocco!- strinse i denti dal dolore. –Non avevo idea che tu potessi essere così…-.
Elena allentò un istante la presa, ma nel secondo successivo questa si fece dieci volte più robusta, quasi da strappar via quella ciocca.
-Così? Completa la frase! Così?- gli ordinò.
-Così bella! Ecco, l’ho detto! Bella! Ti piace o no sentirtelo dire? Ora se vuoi me ne vado, ma smettila che mi stai facendo male!- Rhami si piegò sulle ginocchia e strinse il polso della ragazza con una forza disumana.
Elena lasciò la presa all’istante. –Vattene, allora. Con te ho chiuso!- la ragazza arretrò, fino a toccare la parete con le mani. –Mi hai mentito per tutto questo tempo! Ero solo il tuo giocattolo! Vattene!- era sconvolta.
Rhami avanzò verso di lei con pochi passi. –Sì, ti ho mentito! Lo ammetto, ma per un buon fine-.
-Cioè?!- si strinse le braccia attorno allo stomaco.
-Devi andartene, Elena. Ti sei mai chiesta perché le altre assassine hanno rinunciato di loro spontanea volontà e solo l’ultima decise di stipulare quell’accordo? Eh? Ti sei mai posta questa domanda? No? Ebbene, prova a concepire qualcosa nella tua testolina! Se Tharidl o Adha avessero saputo di noi sicuramente uno di loro, se non tutti e due, avrebbe preso la decisione sbagliata: quella di tenerti, di perdonarti! Elena, non puoi restare qui, perché quella di essere una Dea è una condanna, non un onore!-.
-Tu come lo sai? Come fai a dirlo?!-.
-Mia madre…- Rhami si voltò e afferrò la maglia, cominciando a rivestirsi. –Lei la chiamavano Vedova Nera. Sai come uccideva le sue vittime, sai come compieva i suoi assassini quando Al Mualim le consegnava il nome dell’uomo che doveva morire?- le gridò, altrettanto spaurito.
Elena scosse la testa, ricacciando le lacrime. La madre di Rhami era stata una Dea, non riusciva a crederci.
-Prova solo ad immaginare perché si chiamava così… provaci, e quando sarai giunta tu alla conclusione, be’… fammi sapere se la sfida a duello di domani è ancora valida- uscì dalla stanza, e la sua ombra si perse nel buio del salotto e oltre le scale.




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I ringraziamenti e poi a nanna, sono le 2.03 del mattino.

Saphyra87

Goku94

Lilyna_93

Assassin e Diaras (chi tace acconsente -_-)


X goku94: su msn non ti ho detto molto, ma spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Ecco la scenetta di cui ti parlavo.

X Saphy: sei scomparsa tutto oggi! Ma dov’eri? E come prosegue il nuovo chappo about Eve and Altair?

X Lilyna: ieri ti ho vista effettuare l’accesso ad msn diverse volte. Internet fa cilecca ancora? XD (battuta di poco gusto). Spero vivamente che questo chappo sia piaciuto a te come a tutti gli altri.

Ecco, chiarisco un piccolo punto: sì, Rhami è una sottospecie di maniaco sessuale O.O Allora un saluto veloce e… ZZZzzzzz….
   
 
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