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Autore: xiaq    04/12/2015    2 recensioni
Vorrebbe dire:
Se Pablo Neruda avesse visto i tuoi occhi avrebbe dedicato loro venti poemi d'amore ed uno di disperazione.
Ma non ci si aspetta che le persone dicano cose del genere. Quindi non lo fa.
Au:
John e' stato congedato anticipatamente dal servizio militare , sta lavorando all’ospedale quando Sherlock viene ricoverato al pronto soccorso.
Autrice: xiaq
Traduttrice: 86221_2097
Genere: Angst, Avventura, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO 2

NOTE DELL'AUTRICE: Un capitolo un po' corto, ma il prossimo sarà lungo quasi il doppio, grazie a chi lo leggerà!




Sherlock Holmes si è svegliato in un ospedale sedici volte negli ultimi dieci anni. Cinque di queste volte sono state intenzionali, ma oggi, la sedicesima, sicuramente non lo è.

Indugia per esattamente sette secondi, poi apre faticosamente gli occhi impastati dal sonno. Le ciglia ai lati rimangono incollate insieme, viscose e maledettamente presenti nella sua visione periferica.

Muco, pensa, dal greco. Sostanza composta di mucosa rilasciata dalla cornea. Mancanza di movimento delle palbebre durante i cicli del sonno ne permette la creazione. Oh. Sonno. Stavo dormendo. Ho dormito. Per quanto tempo?

Si ricorda di un orologio incredibilmente rumoroso con vaga apprensione e sbatte le palpebre una volta, rendendo chiara la vista, prima di guardarsi intorno.

E' questo il momento in cui lo vede.

John Watson.

E' seduto sulla sedia all'angolo. Capelli biondi, pelle abbronzata. Camice bianco. Arruffato. La testa china e le dita annodate insieme sotto le ginocchia. Sherlock non può vedere il suo viso ma sa che è John. I suoi gomiti, i suoi pollici, la leggera inclinazione delle sue spalle: sono tutte cose dolorosamente familiari.

John.

Un metro e settantadue (ha sempre mentito e detto un metro e settantacinque). Forma esteticamente piacevole. Capelli corti (li portava lunghi prima, si arricciavano dietro le orecchie quando li portava lunghi). Tirocinante. E' un dottore ora. E' sempre voluto diventare dottore.

Sherlock chiude gli occhi di nuovo, velocemente. Lecca le labbra screpolate e prende respiri leggeri e rifiuta di lasciare che la volgarità delle emozioni influenzi la sua situazione fisiologica.

Cinque anni e centoventisei giorni dall'ultima volta che l'ha visto.

No. Fermati.

"Sherlock?"

Si vergogna nel realizzare che il suo battito cardiaco ha allertato John del fatto che si sia svegliato. E' molto più veloce ora, più veloce di quanto non fosse prima. Da' la colpa al dolore.

"Sherlock." John lo dice di nuovo e la sua voce è la stessa. La stessa dei suoi ricordi. Ma più roca.

Guarda perchè deve farlo. Deve sapere quanto quei cinque anni e centoventisei giorni abbiano cambiato il viso di John. Vuole toccare i soffici principi di rughe agli angoli dei suoi occhi. Vuole catalogare ogni nuova lentiggine, cicatrice e piccolo, inconsistente cambiamento della linea della sua mascella. I suoi occhi, nonostante tutto, i suoi occhi sono ancora irragionevolmente blu ,come Sherlock li ricordava. La sua bocca ancora esasperatemente interessante.

Suppongo che certe cose non cambino. Pensa. E poi: No. Fermati.

"Sherlock." John lo dice di nuovo, e lui si sente costretto a rispondere.

"John."

Spezzata, ma fredda. Non perfetta, ma meglio di quanto non si aspettasse.

"Ti ricordi di me, allora?"

Sherlock risponde prima che prevarichi il buon senso di non farlo.

"Certo che mi ricordo di te."

Il viso di John si torce. Sbatte la cartella clinica di Sherlock sulla sedia mentre si alza. "Si? Potresti avermi stupito."

John viene avanti e c'è qualcosa che non va nella cadenza dei suoi passi. Qualcosa di diverso. Qualcosa di sbagliato.

Evita di sforzare la gamba sinistra. Non dolore. Solo disagio.Oh. Ferita?

Non ha l'occasione di chiederglielo perchè, quasi all'improvviso, John inizia ad urlargli contro.

"Come hai potuto fare questo a me, Sherlock? Hai una vaga idea di come sia essere nel bel mezzo dell'inferno ed essere abbandonato dal tuo unico contatto con la salute mentale che ha deciso che non gli servi più. Davvero, Sherlock, che non gli servi. Come se questo fosse tutto quello che sono stato per te- una sorta di divertimento. Questo è stato il peggiore- in assoluto il più crudele modo in assoluto di concludere un'amicizia con qualcuno, lo capisci vero? Le persone non fanno, cazzo, questo alle altre persone. O almeno le persone normali non lo fanno. Suppongo che tu lo faccia."

John si passa una mano fra i capelli, più corti ora, ma il gesto è, nonostante ciò, dolorosamente facile da ricordare.

"Ti avevo avvertito." dice Sherlock.

"Stronzate."

"Il primo giorno," continua Sherlock, ignorandolo. "Fin dal primo giorno ti ho detto che cosa ero. Non ho mai fatto finta di tenerci."

Vorrebbe non essere collegato ai monitor. Il suo viso è impassibile. Le sue mani sono ferme. Ma il battito del suo cuore lo smaschera e al momento è violentemente veloce, punti rossi di luce sullo schermo oscurato. John però non lo nota. E' troppo arrabbiato. Bene. No-Male. Entrambe le cose?

"Ho risposto alla tua e-mail, sai?" dice John. Non sta più urlando, ma in qualche modo è peggio. "Ho usato ogni fottuta occasione che ho avuto in tre mesi per provare a trovarti. Ti ho spedito delle lettere. Ho anche parlato con Mycroft. L'ho chiamato dopo il quarto mese e ho implorato."

Le parole escono fuori come una confessione, qualcosa di aberrante che non voleva condividere ma che è costretto a condividere in ogni caso.

Sherlock sbatte le palpebre ed inizia a recitare la tavola periodica nella sua mente.

Idrogeno. Elio. Litio. Berillio.

"Sai quanto tempo è passato?" chiaramente una domanda retorica, chiaramente vuole continuare. "Sai quanto tempo è passato da-"

Sherlock si ferma. (Magnesio) e lo interrompe.

"Cinque anni. Centoventisei giorni."

John non dice nulla per qualche secondo.

Alluminio. Silicio. Fosforo. Zolfo. Cloro. Argon. Potassio.

"Hai tenuto il conto?"

Non bene.

"Ovviamente no,"(bugia) "semplice matematica."

John ride senza gioia. "Bene. Scusa. Mi ero dimenticato con chi stavo parlando."

Il viso di John cambia, diventa impassibile. Non è completamente privo di emozioni, la rabbia è ancora presente agli angoli dei suoi occhi e nella parte finale a destra del suo labbro superiore. C'è tristezza nella sua mascella serrata. Ma solo per Sherlock. Per chiunque altro la sua espressione sarebbe assente.

E' stridentemente non familiare, questa espressione. Sherlock non l'ha mai visto indossare questa terribile maschera prima ed è troppo simile alla mia, pensa, John non dovrebbe mai apparire così. John è sempre stato il tipo di persona facile da leggere e facile da ferire. Non hai mai tenuto il cuore nella sua custodia, lo ha sempre trasportato con le mani e l'ha affidato fiducioso ad estranei e l'ha lasciato liberamente sanguinare di conseguenza. Sherlock si chiede cosa gli abbia insegnato a proteggere i suoi sentimenti, se sia stato l'esercito o la scuola di medicina o qualcos'altro- qualcosa come lui.

Non è più un problema tuo interessartene, si dice. Calcio. Scandinio. Titanio. Vanadio.

"Ho chiamato tuo fratello circa un'ora fa." Le parole di John sono come ghiaccio.

"No."

John ride di nuovo. Troppo stridente. John non ha mai riso così. Era bello. Quel rumore invece non lo è.

"Si, in realtà. Ha un volo di ritorno domani. Pare che abbia dovuto interrompere un viaggio d'affari. Non è contento."

Sherlock non parla. Non può parlare.

"Quindi. Vuoi dirmi cosa è successo?" continua John.

Sherlock aveva pensato che nulla potesse essere peggio di quella risata, ma no. Questo, il tono di voce di John ora, questo è peggio.

"Vuoi spiegarmi perchè eri così fatto da non trovare apparentemente necessario fermare qualcuno dal tentare di, cazzo, ucciderti?"

Si. No. Fermati. Cromo. Manganese. Ferro.

John realizza che Sherlock non ha intenzione di rispondere, e si passa le mani fra i capelli un'altra volta.

"Merda. Merda. Vado a casa. Sarei dovuto andare a casa ore fa. Avrei dovuto sapere che parlare con te sarebbe stato inutile. Buonanotte."

Esce dalla stanza.

Notte. Notte? Finalmente guarda l'orologio. 21:48. Notte.

Osserva John andarsene. Chiude gli occhi di nuovo.

Cobalto. Nikel. Rame. Zinco.

(Zinco)

John indossava ancora la collana.

L'insignificante fatto rende Sherlock irrazionalmente felice.

***
John prende in considerazione l'idea di andare al pub prima di decidere che sarebbe in definitiva una pessima idea. Conosce i comportamenti auto-distruttivi e conosce se stesso e sa che se iniziasse a bere stasera probabilmente non si fermerebbe.

Quindi si dirige a casa con le spalle curve ed il peso del troppo tutto che grava sulla base del suo collo incurvato. Mangia gli avanzi di pasta del fine settimana e prova a prestare attenzione ad un episodio registrato di Dr. Who ma lascia perdere quasi subito. Sa di non essersi fatto la doccia per quasi due giorni interi, ma non riesce a costringere se stesso a trovare l'energia necessaria per farlo. Invece, controlla i  messaggi sul cellulare- nessuno- nessuna sorpresa a riguardo- Angela non l'ha contattato ed è quasi una settimana ormai. Ancora un'altra relazione finita. Si chiede se lo chiamerà, fornendogli la familiare lista di non ti vedo mai, voglio di più, mi dispiace o se ignorarlo sarà la sua linea d'azione. Sospira, inserisce l'allarme e va a dormire. O almeno ci prova. Quanto a riuscirci, non molto.

Perchè non pensare a Sherlock sembra semplicemente non essere un'opzione.

Si rifiuta, all'inizio, di accogliere i ricordi, ma è esausto, fisicamente e mentalmente, ed a un certo punto si arrende. Inoltre, i ricordi iniziali, quelli che tentano al momento di materializzarsi nella parte interna delle sue palpebre, non sono quelli brutti. Quindi lascia che dita inconsapevoli tocchino il ciondolo che porta al collo e li lascia scorrere.

La seconda volta che aveva visto Sherlock era stata una settimana dopo il loro primo incontro. Stesso orario. Stesso posto.

Aveva salutato lo strano ragazzo con un esitante ciao ma Sherlock non si era mosso da quella che John aveva iniziato a riconoscere come la sua posizione abituale: testa all'indietro, occhi chiusi, la personificazione di una statua. Dopo qualche momento in attesa di una risposta aveva realizzato che non ne avrebbe ricevuta una.

La terza settimana John gli aveva chiesto il suo nome.

"No." aveva risposto senza aprire gli occhi, e John aveva deciso che in ogni caso non avrebbe dovuto tentare di fare amicizia con un sociopatico.

La quarta settimana fu la settimana in cui le cose iniziarono a diventare interessanti.

Dopo essere arrivato nell'ufficio, ed aver occupato il suo solito posto nella sala d'attesa, il telefono di John aveva iniziato a squillare. Era sua madre, che gli aveva chiesto della giornata e dei suoi progetti per la sera e che gli aveva fatto sapere che, ancora una volta, sarebbe tornata a casa tardi.

Quando aveva attaccato, Sherlock lo stava osservando.

"Perchè hai mentito?"

La sorpresa di John nel sentire finalmente Sherlock che gli parla eclissa le parole stesse per un momento, e John si volta nella sua sedia per guardarlo in faccia, dicendo stupidamente, "Cosa?"

I suoi occhi si stringono per l'irritazione."Tua madre, proprio ora. Le hai detto che la tua giornata è stata bella. Non è vero. Perchè hai mentito?"

"Non stavo mentendo," John aveva risposto precipitosamente," la mia giornata è andata bene."

"Bene non vuol dire bella. Semantica. A proposito, stai ancora mentendo."

"Ok, bene," aveva ammesso."La mia giornata è stata schifosa. Contento?"

Sherlock aveva continuato a guardarlo con aspettativa e John aveva realizzato che stava ancora aspettando una risposta alla sua domanda iniziale.

"Non voglio che si preocccupi. Quindi ho mentito. Tu non l'hai mai fatto?"

"Mentire?" Sherlock aveva sorriso ed in qualche modo era sembrata un'azione di violenza più che di piacere."Certo."

John aveva roteato gli occhi."No, intendo, hai mai mentito a tua madre quando ti chiede com'è andata la tua giornata, per non farla preoccupare?"

Il suo sorriso era retrocesso. Le sue labbra si erano increspate. "Questo sembra implicare che mia madre mi chieda come sia andata la mia giornata"

"Non lo fa?"

"No." Era sembrato quasi divertito dal pensiero.

"Oh." John non era molto sicuro di cosa avrebbe dovuto dire a riguardo, ma era stato risparmiato nel rispondere oltre quando l'atlro ragazzo si era alzato, fronteggiandolo, e aveva chiesto, "Cosa ha reso la tua giornata schifosa?"

"Niente," John aveva scrollato le spalle. "Lo è stato e basta."

Sherlock aveva sorriso. Troppo ampio per essere gentile."Falso," aveva detto.

"Non sto mentendo."

"Falso," aveva ripetuto.

John aveva lasciato uscire un suono di fastidio, che gli era sembrato compiacesse Sherlock. "Bene," aveva confessato, " Non ho passato un esame. Sono vicino alla media della C nel corso e se non passo il prossimo esame potrei essere bocciato. Mia madre sarà furiosa quando lo scoprirà."

"Vero," aveva mormorato, più a se stesso che a John. "Quale corso?"

John aveva deciso di rinunciare alle sue domande."Inglese."

"Argomento?"

"L'esame della scorsa settimana era su Beowulf. Abbiamo appena iniziato Amleto."

"Non ti piace Shakespeare."

Era stata più un'affermazione che una domanda ma lui aveva risposto comunque.

"No."

L'espressione di Sherlock era stata quasi di disappunto. "Peccato. Shakespeare è uno dei pochi autori che non sono completamente da buttare"

John non aveva detto nulla e dopo un momento Sherlock si era proteso in avanti, una mano sulla sedia che li separava, e aveva inclinato la testa, guardando John in modo molto simile a quello in cui la professoressa di scienze del ragazzo guardava le amebe al microscopio. John aveva trovato la posizione abbastanza inquietante.

"Cos'è che non ti fa piacere la letteratura?" aveva chiesto Sherlock.

"Niente, davvero, non mi sono mai sentito portato."

"Falso," aveva sospirato, sembrando annoiato.

"Potresti smettere di farlo?"

La frustrazione di John era parsa compiacere l'altro ragazzo. "Smettila e lo farò."

"Come fai a sapere che sto mentendo?"

Sherlock gli aveva lanciato uno sguardo che sembrava implicare il suo essere di un'intelligenza sotto la media. In realtà, la maggior parte dei suoi sguardi sembravano implicarlo. "La tua postura," aveva mormorato,"Il tuo viso. Non stai neanche provando a nasconderlo."

"Il mio colore preferito è il blu." aveva detto John improvvisamente, solo perchè era infastidito e voleva dimostrare che l'altro aveva torto.

Sherlock aveva sogghignato."Falso."

"Mi piace il succo d'uva."

"Falso."

"Mio padre era nell'esercito."

"Vero."

John aveva socchiuso gli occhi. Aveva provato a mantenere il suo volto impassibile.

"Il mio colore preferito è il verde."

"Vero."

"Mi piace correre."

"Vero."

"Ho una sorella."

Sherlock non aveva risposto immediatamente, e poi aveva sorriso come se John avesse fatto qualcosa di sorprendente."Falso."

"Sbagliato," aveva replicato felicemente,"Io ho una sorella."

"Non biologica." Aveva detto Sherlock, sembrando compiaciuto.

Questo aveva fatto fermare John. "E' la mia sorellastra, ma la considero comunque parte della famiglia."

Sherlock aveva inclinato la testa nel lato opposto, sembrando stranamente simile ad un volatile."Falso," aveva detto lentamente,"Ma vorresti che fosse vero. Interessante."

Porca miseria.

"Come riesci a fare questo?!" aveva chiesto John.

Sherlock aveva vagamente indicato il viso di John, sembrando di nuovo annoiato."E' tutto qui," aveva risposto disinvolto, come se quella fosse stata una risposta. E poi si era girato improvvisamente, lasciando che la sua testa si poggiasse al muro, e aveva chiuso gli occhi di nuovo.

John lo aveva preso come un segnale della fine della conversazione.

Non lo aveva fermato dal fissare Sherlock fino a quando non era stato chiamato nell'ufficio, tuttavia.


Note della traduttrice:
Salve a tutti! Inanzitutto volevo ringraziare tutte le persone che hanno messo questa storia tra le seguite e tra le preferite ed ovviamente quelle che l'hanno recensita. Non avete idea di quanto ciò sia gratificante.

Detto questo, due considerazioni:
1. Gli scrittori inglesi, compresa xiaq, hanno la tendenza ad usare la parola "fucking" quasi a modo di intercalare, non essendo in grado di tradurre letteralmente i suoi significati ho provato a tradurla in modo che si adattasse al modo di dialogare italiano. (Questo per tutti coloro che hanno potuto apprezzare la storia in originale e abbiano notato la leggera variazione nella traduzione)
2. Nella storia originale Sherlock dice "Truth" e "Lie" durante la conversazione con John. Ho peferito tradurlo con "Vero" e "Falso" più che usare una traduzione letterale perchè pensavo rendesse di più il ritmo del dialogo.

Grazie mille ancora per aver letto il capitolo!!  
86221_2097
   
 
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