Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Mistiy_Ronny    04/12/2015    2 recensioni
“ Mia mamma fa la casalinga, invece il mio papà è un idraulico “
“ La mia mamma è una avvocatessa, mio padre fa il giudice “
“ Il mio papà e l'altro sono investigatori “
La maestra sbatte gli occhi leggermente spaesata
“ Con l'altro cosa intendi? La tua mamma? “
“ No, l'altro è Rivaille ma tutti lo chiamiamo Levi ” non capivo l'espressione confusa della mia maestra, all'inizio pensai che fosse così azzittita per il mio modo di parlare. All'epoca avevo solamente otto anni, eppure a differenza degli altri bambini la mia pronuncia era certa, non masticavo le parole.
Il silenzio strano creatosi in classe mi suggerì che dovevo approfondire la questione del secondo padre
“ Non è una mamma, perché non ha le bocce, però è basso e pulisce sempre casa e rompe le scatole perciò sì, la possiamo chiamare mamma ”
Mi sembrava d'aver fornito una spiegazione perfetta, o perlomeno soddisfacente, eppure in classe tutti erano muti e persino i bambini più scemi con le dita infornaciate nel naso, erano rimasti sconvolti dalla mia affermazione.
All'epoca avevo otto anni e fu allora che capii che i miei genitori non erano tanto normali.
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Nuovo personaggio, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ciao a tutti! :)
Ecco la mia seconda fiction e sono alquanto imbarazzata, onestamente non sapevo se pubblicare questo primo capitolo ma alla fine è stato più forte di me.
L'ispirazione per questa fiction è giunta così, per qualche motivo sconosciuto, mi sono chiesta: ”se Levi fosse padre? Come sarebbe sua figlia? Come si comporterebbe?”
La mia testa è partita e così è nata Sylvia. Che posso farci? La mia fantasia è talmente sfrenata che tali volte mi spaventa.( aiuto O.O)
La fiction è ambientata ai giorni nostri e il luogo in cui si svolgono le vicende non è specificato.
La narrazione avviene secondo punti di vista differenti che cambiano capitolo per capitolo: per esempio, questo capitolo viene narrato da Sylvia, il prossimo verrà raccontato da Levi, poi da Eren e così via.
Eh, lo so è una storia strana ma spero che gradirete questa mia piccola follia.
Spero di sentirvi (siete liberi d'insultarmi XD)

un caloroso saluto

Mistiy

I miei genitori sono strani

Sylvia

Spaparanzata sul mio banco guardo l'orologio appeso al muro. Mancano cinque minuti, un lasso di tempo abbastanza sopportabile se alla cattedra non ci fosse la professoressa Hanji Zone, o per meglio dire la “scienziata scema”, così la chiamano i miei compagni di classe. Sta parlando delle viscere delle mucche con un tale entusiasmo da sembrare ridicola, o per meglio dire “scema”. Onestamente non credo sia una cretina, anzi è una donna sveglia e intelligente, è solamene logorroica, si fa prendere talmente tanto dai suoi discorsi che non s'accorge che noi non ne possiamo più. Girando lo sguardo vedo metà persone con la testa china sul banco in preda a un attacco di sonnolenza, altri giocano a tris su un foglietto di carta, e poi ci sono quelli che guardano un punto fisso della stanza fingendo interesse.
Quanto tempo è passato? Ah, solo un minuto. Devo pensare a qualcos'altro, a che penso? Alla verifica di domani? No, troppo impegnativo, ci penserò a casa quando dopo pranzo avrò un attacco di nausea aprendo il libro di storia.
Pensiamo a quello che farò durante il tempo libero, niente. Cazzeggerò perché non ho molti amici, non sono mai stata una tipa molto socievole, per questo motivo dicono che assomiglio a Rivaille. La cosa non mi entusiasma molto, non lo disprezzo però ho quindici anni e come una normalissima adolescente, nutro un certo scontro nei confronti dei miei genitori. A differenza dei miei compagni di classe non odio i miei genitori, forse è per questo che non ho molti amici. I miei coetanei spesso intavolano discussioni lamentandosi di quanto siano antipatici, cattivi e odiosi i loro padri e tali volte anche le madri. L'odio nei confronti dei genitori pare un argomento utile come forma di socializzazione in questa scuola, eppure io non ho nulla di cattivo da dire nei loro confronti, a volte mi irritano. Forse non li odio perchè sono intelligente, così dicono. L'ha annunciato un test chiamato qi, la professoressa Petra ce l'aveva fatto fare a tutti gli studenti della classe, ed è risultato che il mio quoziente intellettivo è superiore alla media. La cosa non mi entusiasmò affatto, anzi è una bella scocciatura. Da quel giorno, oltre alle lezioni consuete, sono costretta a frequentare dei corsi appositamente studiati per “ quelli come me”, per coltivare la mia attitudine. Onestamente avrei preferito essere una giovinella con il cervello grande come quello di un topo.
La campanella suona, bene. Zaino in spalla!
Nonostante la voglia di catapultarmi fuori da qui, attendo, lascio che la mandria inferocita corri via, così potrò farmi il percorso senza il rischio d'essere investita da qualche ciccione, oppure di cadere e rotolare giù per le scale. Non deve essere una esperienza piacevole.
Ma quanto è buffa Hanji? Nonostante il trambusto degli zaini che sbattono e dei passi accelerati, degli schiamazzi, lei continua a parlare, ho sentito la parola “intestino”.
<< Ci vediamo domani ragazzi! >> lo dice con un sorrisone carico d'entusiasmo, peccato che lo vedo solo io perché tutti si sono dileguati.
<< Sylvia! >> cazzo, sono proprio sotto la porta, ormai sono in procinto d'andarmene, anche se non ho mostrato con entusiasmo la mia fretta, vorrei correre via da questo inferno. Potrei andarmene  fingendo di non aver udito il suo richiamo, eppure per una questione impulsiva mi sono arrestata. Non ho altra scelta che restare e sentire cosa vuole.
<< Ecco qua >> deposita tra le mie mani un blocco di fogli
<< Questi sono i tuoi compiti speciali, non ti preoccupare, me li potrai consegnare entro la prossima settimana. >> mi da una pacca sulla spalla come se mi avesse concesso chissà quale piacere ma non è così. Oggi è mercoledì, avrò solamente due giorni per compilare questi papiri.

Mi limito a ringraziare e me ne vado. Diavolo, essere considerati intelligenti è veramente una scocciatura! Tutti gli insegnanti mi danno dei compiti extra, come se non attendessi altro.  Anche se sono intelligente, odio stare china sui libri.


Ah, libertà! Finalmente fuori da quella prigione imputridita dalla puzza di sudore, dai  fiati e dai sospiri annoiati. Che bello sentire l'aria gelida e pulita sul mio volto
<< Sylvia! Sylvia >>
Mi volto ed ecco la nostra Jeep Renegage accostata al lato della strada. Dal finestrino si sbraccia mio padre che continua a urlare il mio nome. È alquanto imbarazzante, forse è meglio muoversi, sta attirando troppa attenzione, infatti tutti gli studenti stanno osservando con un certo cipiglio la grande macchina.
Veloce cammino e apro la portiera posteriore, getto lo zaino e poi mi catapulto dentro. Appena chiudo la portiera, sento le voci dei miei genitori.
<< Perché urli come un ossesso? Guarda che non è sorda >>
<< Sì ma non ci ha visto, magari se ne andava per i cavoli suoi, vero? >>
Papà si volta verso di me sbattendo le palpebre su quei bellissimi occhi d'un verde “ meteorologico”. Non saprei come definirli, perché non sono mai d'un verde costante, la base è di quel colore eppure cambiano in continuazione assumendo sfumature più chiare o scure. Ora brillano e sembrano smeraldi. Accidenti, mi sono persa nei suoi occhi e mi sta fissando, ah giusto! Devo rispondere alla domanda, ma cosa mi ha chiesto? Boh, sorrido e annuisco come una scimmia ammaestrata e sembra soddisfatto.
<< Hai visto Rivaille? È come ho detto >>
La nuca corvina non dice nulla, ingrana la marcia e parte.
<< Come è andata a scuola Sylvia? >> papà si volta, ora i suoi occhi hanno assunto una nota leggermente più scura, come ci riesce?
<< Bene >> pare deluso della mia risposta, forse dovrei approfondire << a parte il fatto che la professoressa Hanji mi ha dato troppi compiti >>
<< Tsk, quella quattrocchi di merda >> puntuale come un orologio ogni qualvolta che pronuncio il suo nome, Levi spara un insulto. Da quello che ho capito, Hanji e Levi un tempo lavoravano insieme all'agenzia “Wings of Freedom “. Ogni tanto si ritrovano, tali volte è venuta a casa nostra a prendere un the assieme a Levi. Quelle rare volte in cui li ho sentiti conversare ... bah! Non fanno altro che insultarsi, o per meglio dire, Levi la insulta mentre Hanji risponde alle provocazione con grasse risate. Dato che continua a venire e che non mi ha bocciato nella sua materia, direi che sono in rapporti buoni anche se Levi si rivolge a lei con toni minacciosi e sprezzanti, ma in fondo mio padre è così. Persino nei confronti di suo marito riserva parole poco gentili

<< Dove andiamo a mangiare? >> la domanda posta così con disinvoltura da papà spezza gli insulti che sarebbero usciti a raffica dalla bocca del suo compagno.
<< Non ho preferenze, ma non voglio mettere i piedi in uno di quei schifosi fast food che a te piacciono tanto >> il suo tono è sprezzante eppure riesco a percepire una leggera nota di divertimento nella frase.
<< Dai, Rivaille! Non puoi odiare gli hamburger, come si fa?! >> sembra arrabbiato eppure gli scappa un sorriso
<< Certo, puoi nascondere il sapore di quella carne da quattro soldi sotto litri di kechup, ma rimane il fatto che è carne scadente >>
<< scadente ma buona! >>

Ok, prima che la conversazione degeneri in chissà quale litigio, intervengo

<< Giapponese, ho voglia di sushi >>
<< Sei sicura? >> papà mi rivolge uno sguardo smeraldino speranzoso << non hai voglia di un succulente hamburger accompagnato da croccanti patatine fritte? >>
<< Hey, non fare quello sguardo da cucciolo speranzoso, l'hai sentita? Vuole mangiare sushi, non mettergli in testa strane idee >> ma sentitelo, che padre amorevole! La verità è che teme d'essere costretto a ingurgitare del sudicio cibo fritto.
<< Cazzo … >> una terribile sterzata che quasi mi schianto contro al finestrino, ma grazie alla cintura di sicurezza rimango salda. Prendo nota: quando dovrò prendere la patente mi farò insegnare da PAPA'. Levi è un pericolo pubblico, no non è vero. Da quando sono in vita non ha mai fatto incidenti, nemmeno un misero tamponamento, eppure tali volte compie delle sterzate che rivoltano l'intero apparato digerente.
<< Rivelle! Cosa c'è? >> una certa nota di affanno sento nel tono di papà, forse la sterzata ha stravolto anche il suo stomaco.
<< Mi sono ricordato che devo passare all'agenzia per dare dei documenti ad Erwin >>


Parcheggia in modo impeccabile, la macchina rientra perfettamente nelle righe bianche tratteggiate sull'asfalto. Scendiamo tutti dall'auto e Levi detiene tra le mani una voluminosa busta marrone, quelli sono i documenti, così chiama le prove raccolte per incastrare i furfanti. Eh sì. I miei genitori in teoria sono degli investigatori privati, ma in verità non si limitano a questo. Loro sono anche dei “caccia taglie”, in poche parole acchiappano e sbattono in galera tutti quegli assassini e ladri che la polizia non riesce a catturare.
Entriamo nell'immenso edificio, ci sono all'incirca cento appartamenti, quello in cui dobbiamo andare ovviamente è situato all'ultimo piano. Papà si dirige verso l'ascensore, Levi invece intraprende le scale. Ovviamente io entro nell'ascensore, sono troppo pigra per percorrere tutte quei gradini.
Spingo il pulsante luminoso e le porte metalliche si chiudono dinnanzi a noi.
<< Facciamo presto così andiamo a mangiare >> mi dice papà, come se fossi io quella che sta crepando di fame quando invece il gorgoglio del suo stomaco suggerisce il contrario.
La porta dell'ascensore si apre e Levi è già lì che ci aspetta. Nemmeno un'ombra di affanno o di sudore è presente sul suo viso, come fa? So che è in forma, ha quaranta anni eppure ne dimostra trenta, inoltre il suo fisico è scolpito. Lo so perchè ogni volta che esce dalla doccia, gironzola per casa con il lungo asciugamano legato in vita e devo dire che in forma, forse anche troppo ma con il lavoro che fa penso sia inevitabile. Correre, inseguire e difendersi dalla gentaglia, deve essere fisicamente faticoso.
<< Questo ascensore è troppo lento >> decreta con il suo solito fare annoiato ma il problema non è l'ascensore, sei tu che sei troppo veloce, sei tu quello anomalo!


Si para davanti e noi e lo seguiamo, si arresta davanti alla porta, infrucia la chiave nella serratura. Entriamo nella desolata sala d'attesa per poi catapultarci in un caldo ufficio. Il colore che domina è il mogano, molto autoritario. Le pareti sono bianche, ornate da quadri dai colori decisi.
<< Ciao! >> ecco Erwin Smith, il proprietario e fondatore dell'agenzia, nonché il capo dei miei genitori. È un omone gigantesco e incute una certa paura, in questo momento mi sta rivolgendo un sorriso cordiale, eppure mi trasmette una sensazione strana. Non so, tali volte mi pare quasi hannibal … e brrr … che brividi!
<< Ciao Erwin, Mikasa è nel suo ufficio? >> Erwin annuisce e Eren si dilegua
<< Non perderti in chiacchiere >> non credo che la voce di Levi l'abbia raggiunto.
Levi sbatte sulla scrivania di mogano la busta con fare poco elegante
<< Ecco, con queste foto incastriamo quel bastardo >>
Ah, aiuto! Erwin sorride di nuovo e che cavolo, perché? Sei troppo sgradevole quando contorci il viso in quella smorfia.
<< Grazie Levi, oggi chiamerò i familiari così che possano instaurare il giudizio >> la manona nascode il picco marrone dentro a un cassetto presente nella scrivania, ora si concentra su di me con quel sorriso stile “Hannibal”.
<< Silvya ogni qualvolta che ti vedo diventi sempre più bella. >> detto da te non so se è un complimento, ma comunque sorrido e mi limito a ringraziare. Mi chiedo se il mio sorriso produce la stessa sensazione che trasmette Erwin.
<< Assomiglia a te >>
<< Per forza, è mia figlia >> lo dice con fare scocciato, come se il biondo avesse detto una cretinata troppo scontata. In effetti è vero, perché condividiamo lo stesso corredo genetico, quando me l'ha detto? Giusto, è successo quando avevo dieci anni


Era un pasto silenzioso, io e papà eravamo seduti al tavolo circolare, invece Levi mi dava le spalle, chino sul lavello a lavare alcuni utensili.
<< Chi è la mia mamma? >> così, senza ragione o sentimento la domanda uscì e a quel punto tutto si fermò. La forchetta di papà si bloccò a mezz'aria e vidi le spalle di Levi irrigidirsi tutto d'un colpo. Silenzio assoluto, fino a quando Levi si voltò verso di noi, scostò i piccoli ciuffi neri dalla fronte e disse con una tranquillità ultraterrena
<< Finisci di mangiare, dopo te lo spighiamo. >>


Accomodata sul divano del salotto, papà era in piedi di fronte a me e camminava avanti e indietro, si sbracciava parlando di polline, fiori, api, nel discorso introdusse persino delle cicogne rendendomi sempre più confusa. Forse la mia confusione trapelò in qualche modo dal mio viso perché a un certo punto, Levi si alzò dalla poltrona emettendo uno sbuffo.
<< Eren, la pianti? Guarda che le stai mettendo delle strane idee in testa è una mocciosa, ma non è cretina >>
Papà si ammutolì, era troppo impantanato nelle sue strane favole per contraddirlo, così Levi si inginocchio per poter incatenare i nostri sguardi. I suoi occhi erano stretti e pareva sicuro, non c'era alcun tipo di ansia.
<< Ascoltami Sylvia, lo sai vero che due uomini non possono procreare? Non possono creare un bambino? >> annuii, l'avevo imparato da un documentario trasmesso su national geographic
<< Bene, dato questo dato di fatto, ho donato il mio sperma .. >>
<< Levi! >> il rimprovero acuto di papà mi fece sobbalzare
<< Guarda che lo sa cos'è lo sperma, l'ha imparato guardando quei documentari, giusto? >> il suo sguardo si incatenò immediatamente al mio alla ricerca di una risposta che confermai con un cenno del capo
<< Bene. Allora, per averti ho donato il mio sperma a questa donna. Ti ha tenuto dentro di sé per nove mesi e poi ti abbiamo presa >>
<< Mi avete rapita dalla pancia di questa donna? >>
<< Non dire assurdità. La donna era consenziente, per averti l'abbiamo pagata >>
<< Levi! Sei troppo rude! >>
Papà si china affiancando Levi, rientrando nel mio campo visivo
<< Quello che Rivelle vuole dire è che ti volevamo così tanto che siamo stati disposti a pagare tua madre per tenerti nella sua pancia >> papà pone la mano sulla mia << è un problema per te? È così indispensabile una mamma? >>
La faccenda allora non mi era del tutto chiara, però capii la domanda posto da mio padre
<< No, non lo è >>


Risposi in modo sincero, anche se ancora non conosco l'identità della donna che mi ha ospitato nel suo utero, non m' importa. Per quanto strani, i miei genitori mi hanno dato e mi danno tutto quello che mi serve. Non ho mai sentito la necessita d'affondare la testa in due gigantesche tette. I pettorali maschili sono rassicuranti.
Erwin ha ragione, sarà per i capelli corvini, per la pelle lattea, per il profilo delicato, la bassezza, ma ormai sembro una copia di Levi. L'unica differenza fra me e lui sono gli occhi, purtroppo non ho ereditato le sue pupille grige, ma sono verdi. Non come quelli di papà, ma sono d'un verde chiaro statico, il colore è molto più opaco e a parer mio, noioso.
<< Come va Silvya? >> l'omone seduto alla scrivania me lo domanda con quel suo maledetto sorriso, mentre Levi sta rovistando tra i cassetti di un grande armadio situato dall'altro lato della stanza
<< Bene, grazie. Tu? >>
<< Oh, il lavoro mi tiene occupato ma va tutto bene >>
Forse sono troppo acida nei suoi confronti, in fondo ci conosciamo da sempre, lo testimonia una foto incorniciata, presente su un mobile del salotto. Era piccola, talmente piccola che quasi scomparivo tra quelle grandi manone. In quella foto non sorride, eppure i suoi occhi parevano sereni.
<< Hey Erwin questa la posso prendere? >> Levi si volta impugnando una pistola dal manico nero e la canna argentea, credo sia una Umarez Walther ma da questa distanza non riconosco il modello.
<< Ah, l'ho acquistata pensando a te, ti piace? >>

Asume la posa da tiro, braccia tese in avanti, gambe leggermente divaricate, punta un punto cieco della stanza, non vorrà premere il grilletto, spero. No, non credo e anche se fosse la cosa non mi fa paura. 
Levi è strano, ma non è un pazzo omicida.
<< Uhm, non male >> con fare agile e annoiato sbottona due bottoni della camicia e infila l'arma nella fondina ascellare accuratamente nascosta e camuffata. Possiede il porto d'armi, ma non credo che durante le ore on lavorative possa girare con quell'arsenale. Eh sì, è un po' strano ma lui non gira mai disarmato, penso che anche papà porti con se qualcosa.
Beh, con il lavoro che fanno credo sia normale, però tali volte è inquietante, mi pare quasi di girare sempre al fianco di un paio di Body Guard. In fondo potrebbe essere un motivo di vanto, se lo dicessi in giro nessuno oserebbe più deridermi o infastidirmi con qualche strana battuta, però me lo tengo per me. Potrebbero finire nei guai se saltasse fuori questo fatto.
Papà finalmente torna nella stanza, oh che bello! Non ne posso più di osservare quel sorriso orrido, e poi la fame comincia stringere lo stomaco.



Affondo il piccolo sashimi nella vaschetta colma di salsa di soia, con attenzione stringo le bacchette e porto alla bocca il boccone. Sarò impacciata con questi pezzi di legno tra le mani, ma sono troppo orgogliosa per domandare al cameriere un paio di posate metalliche. Che cavolo! Sono in un ristorante giapponese perciò voglio mangiare come una giapponese.
In genere papà è il chiacchierone della famiglia, è lui che instaura gli argomenti di conversazione attorno al tavolo, ma ora è muto, pare troppo concentrato a non far cadere a terra le bacchette. Quanto lo capisco, invece Levi no. Con non-chalance porta i piccoli bocconi di riso alla bocca senza la minima esitazione, come se fosse avvezzo a quella cucina. Forse lo è, da quello che ho capito ha una certa passione per la cucina giapponese, ma non è questo il punto, al di là del sapere impugnare le bacchette, Levi sembra saper fare tutto, che sia cucinare, pulire, fare i calcoli sparare, ogni cosa la fa con quella sicurezza innata. A volte mi irrita e mi mette in soggezione, però ci sono abituata.
<< Cazzo >>

Splash!

Il sushi non raggiunge la bocca di papà e cade miseramente sulle ginocchia, purtroppo era talmente in terso di salsa di soia che le goccioline scure sono schizzate sulla tovaglia bianca e persino sulla sua camicia chiara. Un disastro, ma Levi si affretta ad afferrare il tovagliolo
<< Tsk, hai trenta quattro anni e ancora non sei capace di mangiare senza sbrodolarti come un moccioso … >> movimenta il tovagliolo immacolato sulle sue gambe e le guance di papà diventano color vermiglio, quanto è buffo! Mi scappa da ridere e vorrei farlo, però pongo una mano sulla bocca e mi trattengo. Non voglio ferire il suo orgoglio già imbarazzato.
<< Levi, dai ci penso io >> cerca di strappare dalle mani il fazzoletto ma Levi lo ignora e continua a tamponare il pantalone
<< Piantala, ci penso io >>
Stavolta Levi alz il capo e i due visi sono incredibilmente vicini, si stanno guardando negli occhi con una tale intensità … ecco! Questo è uno di quei momenti romantici in cui io non vorrei esserci, o per meglio dire “non dovrei esserci”. Per qualche minuto si guarderanno con quello sguardo trasognante e si perderanno in chissà quale luogo.
Voglio lasciarli nella loro intimità, così volto il capo e … uffa! Che stress, vedo qualche volto stranito che guarda i miei genitori a occhi sgranati, come se non avessero mai visto due uomini scambiarsi tenere effusioni. Adesso li guardo malissimo, rivolgo delle occhiatacce assassine alla “Levi style” e li stendo tutti!

<< Etchiù >> papà ha starnutito in faccia a Levi, davvero? Sì, è successo davvero.

<< Scusa >> sembra sincero eppure gli scappa un sorriso, e come si fa a non ridere? Levi ha il volto tremante, costretto in una espressione apatica, quando in realtà è talmente disgustato che a fatica porta il tovagliolo al volto per tirar via le gocce tiepide incastonate sul naso.
Non ce la faccio, vorrei trattenermi e rido, rido a squarciagola mi piego in due e il mio sorriso è contagioso. Anche papà sta ridendo a più non posso.
<< Che schifo >> il tono acido ci scuote e noi ridiamo più forte, come delle scimmie dementi scopriamo le labbra mostrando i denti.
<< Oh, Levi >> papà, senza smettere di tremare dalle risate, afferra un tovagliolo e delicato lo passa sulla zona colpita dal suo starnuto.
<< Scusa >> lo dice di nuovo e stavolta pone le labbra sulla punta del suo naso
<< Scusa >> scende e ora tocca le sue labbra e io mi volto dall'altra parte e tutti ci guardano, e come dargli torto. Abbiamo inscenato una scena troppo esilarante che solo i miei genitori potevano creare. 
Eh, sono strani, molto strani.

   
 
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