Ciao a tutti! :)
Ecco la mia seconda fiction e sono
alquanto imbarazzata, onestamente non sapevo se pubblicare questo
primo capitolo ma alla fine è stato più forte di
me.
L'ispirazione per questa fiction è
giunta così, per qualche motivo sconosciuto, mi sono
chiesta: ”se
Levi fosse padre? Come sarebbe sua figlia? Come si
comporterebbe?”
La mia testa è partita e così è nata
Sylvia. Che posso farci? La mia fantasia è talmente sfrenata
che
tali volte mi spaventa.( aiuto O.O)
La fiction è ambientata ai giorni
nostri e il luogo in cui si svolgono le vicende non è
specificato.
La narrazione avviene secondo punti di
vista differenti che cambiano capitolo per capitolo: per esempio,
questo capitolo viene narrato da Sylvia, il prossimo verrà
raccontato da Levi, poi da Eren e così via.
Eh, lo so è una storia strana ma spero
che gradirete questa mia piccola follia.
Spero di sentirvi (siete liberi
d'insultarmi XD)
un caloroso saluto
Mistiy
I miei genitori sono strani
Sylvia
Spaparanzata sul mio banco
guardo
l'orologio appeso al muro. Mancano cinque minuti, un lasso di tempo
abbastanza sopportabile se alla cattedra non ci fosse la
professoressa Hanji Zone, o per meglio dire la “scienziata
scema”,
così la chiamano i miei compagni di classe. Sta parlando
delle
viscere delle mucche con un tale entusiasmo da sembrare ridicola, o
per meglio dire “scema”. Onestamente non credo sia
una cretina,
anzi è una donna sveglia e intelligente, è
solamene logorroica, si
fa prendere talmente tanto dai suoi discorsi che non s'accorge che
noi non ne possiamo più. Girando lo sguardo vedo
metà persone con
la testa china sul banco in preda a un attacco di sonnolenza, altri
giocano a tris su un foglietto di carta, e poi ci sono quelli che
guardano un punto fisso della stanza fingendo interesse.
Quanto tempo è passato? Ah, solo un
minuto. Devo pensare a qualcos'altro, a che penso? Alla verifica di
domani? No, troppo impegnativo, ci penserò a casa quando
dopo pranzo
avrò un attacco di nausea aprendo il libro di storia.
Pensiamo a quello che farò durante il
tempo libero, niente. Cazzeggerò perché non ho
molti amici,
non sono mai stata una tipa molto socievole, per questo motivo dicono
che assomiglio a Rivaille. La cosa non mi entusiasma molto, non lo
disprezzo però ho quindici anni e come una normalissima
adolescente,
nutro un certo scontro nei confronti dei miei genitori. A differenza
dei miei compagni di classe non odio i miei genitori, forse
è per
questo che non ho molti amici. I miei coetanei spesso intavolano
discussioni lamentandosi di quanto siano antipatici, cattivi e odiosi
i loro padri e tali volte anche le madri. L'odio nei confronti dei
genitori pare un argomento utile come forma di socializzazione in
questa scuola, eppure io non ho nulla di cattivo da dire nei loro
confronti, a volte mi irritano. Forse non li odio perchè
sono
intelligente, così dicono. L'ha annunciato un test chiamato
qi, la
professoressa Petra ce l'aveva fatto fare a tutti gli studenti della
classe, ed è risultato che il mio quoziente intellettivo
è
superiore alla media. La cosa non mi entusiasmò affatto,
anzi è una
bella scocciatura. Da quel giorno, oltre alle lezioni consuete, sono
costretta a frequentare dei corsi appositamente studiati per
“
quelli come me”, per coltivare la mia attitudine. Onestamente
avrei
preferito essere una giovinella con il cervello grande come quello di
un topo.
La campanella suona, bene. Zaino in
spalla!
Nonostante la voglia di catapultarmi
fuori da qui, attendo, lascio che la mandria inferocita corri via,
così potrò farmi il percorso senza il rischio
d'essere investita da
qualche ciccione, oppure di cadere e rotolare giù per le
scale. Non
deve essere una esperienza piacevole.
Ma quanto è buffa Hanji? Nonostante il
trambusto degli zaini che sbattono e dei passi accelerati, degli
schiamazzi, lei continua a parlare, ho sentito la parola
“intestino”.
<< Ci vediamo domani ragazzi! >>
lo dice con un sorrisone carico d'entusiasmo, peccato che lo vedo
solo io perché tutti si sono dileguati.
<< Sylvia! >> cazzo, sono
proprio sotto la porta, ormai sono in procinto d'andarmene, anche se
non ho mostrato con entusiasmo la mia fretta, vorrei correre via da
questo inferno. Potrei andarmene fingendo di non aver udito
il suo
richiamo, eppure per una questione impulsiva mi sono arrestata. Non
ho altra scelta che restare e sentire cosa vuole.
<< Ecco qua >> deposita tra
le mie mani un blocco di fogli
<< Questi sono i tuoi compiti
speciali, non ti preoccupare, me li potrai consegnare entro la
prossima settimana. >> mi da una pacca sulla spalla come
se mi
avesse concesso chissà quale piacere ma non è
così. Oggi è
mercoledì, avrò solamente due giorni per
compilare questi papiri.
Mi limito a ringraziare e me ne vado. Diavolo, essere considerati intelligenti è veramente una scocciatura! Tutti gli insegnanti mi danno dei compiti extra, come se non attendessi altro. Anche se sono intelligente, odio stare china sui libri.
Ah, libertà!
Finalmente fuori da
quella prigione imputridita dalla puzza di sudore, dai fiati
e dai
sospiri annoiati. Che bello sentire l'aria gelida e pulita sul mio
volto
<< Sylvia! Sylvia >>
Mi volto ed ecco la nostra Jeep
Renegage accostata al lato della strada. Dal finestrino si sbraccia
mio padre che continua a urlare il mio nome. È alquanto
imbarazzante, forse è meglio muoversi, sta attirando troppa
attenzione, infatti tutti gli studenti stanno osservando con un certo
cipiglio la grande macchina.
Veloce cammino e apro la portiera
posteriore, getto lo zaino e poi mi catapulto dentro. Appena chiudo
la portiera, sento le voci dei miei genitori.
<< Perché urli come un ossesso?
Guarda che non è sorda >>
<< Sì ma non ci ha visto, magari
se ne andava per i cavoli suoi, vero? >>
Papà si volta verso di me sbattendo le
palpebre su quei bellissimi occhi d'un verde “
meteorologico”.
Non saprei come definirli, perché non sono mai d'un verde
costante,
la base è di quel colore eppure cambiano in continuazione
assumendo
sfumature più chiare o scure. Ora brillano e sembrano
smeraldi.
Accidenti, mi sono persa nei suoi occhi e mi sta fissando, ah giusto!
Devo rispondere alla domanda, ma cosa mi ha chiesto? Boh, sorrido e
annuisco come una scimmia ammaestrata e sembra soddisfatto.
<< Hai visto Rivaille? È come ho
detto >>
La nuca corvina non dice nulla, ingrana
la marcia e parte.
<< Come è andata a scuola
Sylvia? >> papà si volta, ora i suoi occhi
hanno assunto una
nota leggermente più scura, come ci riesce?
<< Bene >> pare deluso
della mia risposta, forse dovrei approfondire << a parte
il
fatto che la professoressa Hanji mi ha dato troppi compiti
>>
<< Tsk, quella quattrocchi di
merda >> puntuale come un orologio ogni qualvolta che
pronuncio
il suo nome, Levi spara un insulto. Da quello che ho capito, Hanji e
Levi un tempo lavoravano insieme all'agenzia “Wings of Freedom
“.
Ogni tanto si ritrovano, tali volte è venuta a casa nostra a
prendere un the assieme a Levi. Quelle rare volte in cui li ho
sentiti conversare ... bah! Non fanno altro che insultarsi, o per
meglio dire, Levi la insulta mentre Hanji risponde alle provocazione
con grasse risate. Dato che
continua a venire e che non mi ha bocciato nella sua materia, direi
che sono in rapporti buoni anche se Levi si rivolge a lei con toni
minacciosi e sprezzanti, ma in fondo mio padre è
così. Persino nei
confronti di suo marito riserva parole poco gentili
<< Dove
andiamo a mangiare? >>
la domanda posta così con disinvoltura da papà
spezza gli insulti
che sarebbero usciti a raffica dalla bocca del suo compagno.
<< Non ho preferenze, ma non
voglio mettere i piedi in uno di quei schifosi fast food che a te
piacciono tanto >> il suo tono è sprezzante
eppure riesco a
percepire una leggera nota di divertimento nella frase.
<< Dai, Rivaille! Non puoi odiare
gli hamburger, come si fa?! >> sembra arrabbiato eppure
gli
scappa un sorriso
<< Certo, puoi nascondere il
sapore di quella carne da quattro soldi sotto litri di kechup, ma
rimane il fatto che è carne scadente >>
<< scadente ma buona! >>
Ok, prima che la conversazione degeneri in chissà quale litigio, intervengo
<<
Giapponese, ho voglia di sushi
>>
<< Sei sicura? >> papà mi
rivolge uno sguardo smeraldino speranzoso << non hai
voglia di
un succulente hamburger accompagnato da croccanti patatine fritte?
>>
<< Hey, non fare quello sguardo
da cucciolo speranzoso, l'hai sentita? Vuole mangiare sushi, non
mettergli in testa strane idee >> ma sentitelo, che padre
amorevole! La verità è che teme d'essere
costretto a ingurgitare
del sudicio cibo fritto.
<< Cazzo … >> una
terribile sterzata che quasi mi schianto contro al finestrino, ma
grazie alla cintura di sicurezza rimango salda. Prendo nota: quando
dovrò prendere la patente mi farò insegnare da
PAPA'. Levi è un
pericolo pubblico, no non è vero. Da quando sono in vita non
ha mai
fatto incidenti, nemmeno un misero tamponamento, eppure tali volte
compie delle sterzate che rivoltano l'intero apparato digerente.
<< Rivelle! Cosa c'è? >>
una certa nota di affanno sento nel tono di papà, forse la
sterzata
ha stravolto anche il suo stomaco.
<< Mi sono ricordato che devo
passare all'agenzia per dare dei documenti ad Erwin >>
Parcheggia in modo
impeccabile, la
macchina rientra perfettamente nelle righe bianche tratteggiate
sull'asfalto. Scendiamo tutti dall'auto e Levi detiene tra le mani
una voluminosa busta marrone, quelli sono i documenti, così
chiama
le prove raccolte per incastrare i furfanti. Eh sì. I miei
genitori
in teoria sono degli investigatori privati, ma in verità non
si
limitano a questo. Loro sono anche dei “caccia
taglie”, in poche
parole acchiappano e sbattono in galera tutti quegli assassini e
ladri che la polizia non riesce a catturare.
Entriamo nell'immenso edificio, ci sono
all'incirca cento appartamenti, quello in cui dobbiamo andare
ovviamente è situato all'ultimo piano. Papà si
dirige verso
l'ascensore, Levi invece intraprende le scale. Ovviamente io entro
nell'ascensore, sono troppo pigra per percorrere tutte quei gradini.
Spingo il pulsante luminoso e le porte
metalliche si chiudono dinnanzi a noi.
<< Facciamo presto così andiamo
a mangiare >> mi dice papà, come se fossi io
quella che sta
crepando di fame quando invece il gorgoglio del suo stomaco
suggerisce il contrario.
La porta dell'ascensore si apre e Levi
è già lì che ci aspetta. Nemmeno
un'ombra di affanno o di sudore è
presente sul suo viso, come fa? So che è in forma, ha
quaranta anni
eppure ne dimostra trenta, inoltre il suo fisico è scolpito.
Lo so
perchè ogni volta che esce dalla doccia, gironzola per casa
con il
lungo asciugamano legato in vita e devo dire che in forma, forse
anche troppo ma con il lavoro che fa penso sia inevitabile. Correre,
inseguire e difendersi dalla gentaglia, deve essere fisicamente
faticoso.
<< Questo ascensore è troppo
lento >> decreta con il suo solito fare annoiato ma il
problema
non è l'ascensore, sei tu che sei troppo veloce, sei tu
quello
anomalo!
Si para davanti e noi e lo
seguiamo, si
arresta davanti alla porta, infrucia la chiave nella serratura.
Entriamo nella
desolata sala
d'attesa per poi catapultarci in un caldo ufficio. Il colore che
domina è il mogano, molto autoritario. Le pareti sono
bianche,
ornate da quadri dai colori decisi.
<< Ciao! >> ecco Erwin
Smith, il proprietario e fondatore dell'agenzia, nonché il
capo dei
miei genitori. È un omone gigantesco e incute una certa
paura, in
questo momento mi sta rivolgendo un sorriso cordiale, eppure mi
trasmette una sensazione strana. Non so, tali volte mi pare quasi
hannibal … e brrr … che brividi!
<< Ciao Erwin, Mikasa è nel suo
ufficio? >> Erwin annuisce e Eren si dilegua
<< Non perderti in chiacchiere >>
non credo che la voce di Levi l'abbia raggiunto.
Levi sbatte sulla scrivania di mogano
la busta con fare poco elegante
<< Ecco, con queste foto
incastriamo quel bastardo >>
Ah, aiuto! Erwin sorride di nuovo e che
cavolo, perché? Sei troppo sgradevole quando contorci il
viso in
quella smorfia.
<< Grazie Levi, oggi chiamerò i
familiari così che possano instaurare il giudizio
>> la manona
nascode il picco marrone dentro a un cassetto presente nella
scrivania, ora si concentra su di me con quel sorriso stile
“Hannibal”.
<< Silvya ogni qualvolta che ti
vedo diventi sempre più bella. >> detto da te
non so se è un
complimento, ma comunque sorrido e mi limito a ringraziare. Mi chiedo
se il mio sorriso produce la stessa sensazione che trasmette Erwin.
<< Assomiglia a te >>
<< Per forza, è mia figlia >>
lo dice con fare scocciato, come se il biondo avesse detto una
cretinata troppo scontata. In effetti è vero,
perché condividiamo
lo stesso corredo genetico, quando me l'ha detto? Giusto, è
successo
quando avevo dieci anni
Era un pasto
silenzioso, io e papà
eravamo seduti al tavolo circolare, invece Levi mi dava le spalle,
chino sul lavello a lavare alcuni utensili.
<< Chi è la mia mamma? >>
così, senza ragione o sentimento la domanda uscì
e a quel punto
tutto si fermò. La forchetta di papà si
bloccò a mezz'aria e vidi
le spalle di Levi irrigidirsi tutto d'un colpo. Silenzio assoluto,
fino a quando Levi si voltò verso di noi, scostò
i piccoli ciuffi
neri dalla fronte e disse con una tranquillità ultraterrena
<< Finisci di mangiare, dopo
te lo spighiamo. >>
Accomodata sul divano del salotto,
papà era in piedi di fronte a me e camminava avanti e
indietro, si
sbracciava parlando di polline, fiori, api, nel discorso introdusse
persino delle cicogne rendendomi sempre più confusa. Forse
la mia
confusione trapelò in qualche modo dal mio viso
perché a un certo
punto, Levi si alzò dalla poltrona emettendo uno sbuffo.
<< Eren, la pianti? Guarda che
le stai mettendo delle strane idee in testa è una mocciosa,
ma non è
cretina >>
Papà si ammutolì, era troppo
impantanato nelle sue strane favole per contraddirlo, così
Levi si
inginocchio per poter incatenare i nostri sguardi. I suoi occhi erano
stretti e pareva sicuro, non c'era alcun tipo di ansia.
<< Ascoltami Sylvia, lo sai
vero che due uomini non possono procreare? Non possono creare un
bambino? >> annuii, l'avevo imparato da un documentario
trasmesso su national geographic
<< Bene, dato questo dato di
fatto, ho donato il mio sperma .. >>
<< Levi! >> il
rimprovero acuto di papà mi fece sobbalzare
<< Guarda che lo sa cos'è lo
sperma, l'ha imparato guardando quei documentari, giusto?
>> il
suo sguardo si incatenò immediatamente al mio alla ricerca
di una
risposta che confermai con un cenno del capo
<< Bene. Allora, per averti ho
donato il mio sperma a questa donna. Ti ha tenuto dentro di
sé per
nove mesi e poi ti abbiamo presa >>
<< Mi avete rapita dalla
pancia di questa donna? >>
<< Non dire assurdità. La
donna era consenziente, per averti l'abbiamo pagata >>
<< Levi! Sei troppo rude! >>
Papà si china affiancando Levi,
rientrando nel mio campo visivo
<< Quello che Rivelle vuole
dire è che ti volevamo così tanto che siamo stati
disposti a pagare
tua madre per tenerti nella sua pancia >> papà
pone la mano
sulla mia << è un problema per te?
È così indispensabile una
mamma? >>
La faccenda allora non mi era del
tutto chiara, però capii la domanda posto da mio padre
<< No, non lo è >>
Risposi in modo sincero,
anche se
ancora non conosco l'identità della donna che mi ha ospitato
nel suo
utero, non m' importa. Per quanto strani, i miei genitori mi hanno
dato e mi danno tutto quello che mi serve. Non ho mai sentito la
necessita d'affondare la testa in due gigantesche tette. I pettorali
maschili sono rassicuranti.
Erwin ha ragione, sarà per i capelli
corvini, per la pelle lattea, per il profilo delicato, la bassezza,
ma ormai sembro una copia di Levi. L'unica differenza fra me e lui
sono gli occhi, purtroppo non ho ereditato le sue pupille grige, ma
sono verdi. Non come quelli di papà, ma sono d'un verde
chiaro
statico, il colore è molto più opaco e a parer
mio, noioso.
<< Come va Silvya? >>
l'omone seduto alla scrivania me lo domanda con quel suo maledetto
sorriso, mentre Levi sta rovistando tra i cassetti di un grande
armadio situato dall'altro lato della stanza
<< Bene, grazie. Tu? >>
<< Oh, il lavoro mi tiene
occupato ma va tutto bene >>
Forse sono
troppo acida nei suoi confronti, in fondo ci conosciamo da sempre, lo
testimonia una foto incorniciata, presente su un mobile del salotto.
Era piccola, talmente piccola che quasi scomparivo tra quelle grandi
manone. In quella foto non sorride, eppure i suoi occhi parevano
sereni.
<< Hey Erwin questa la posso
prendere? >> Levi si volta impugnando una pistola dal
manico
nero e la canna argentea, credo sia una Umarez Walther ma da questa
distanza non riconosco il modello.
<< Ah, l'ho acquistata pensando a
te, ti piace? >>
Asume la posa da tiro,
braccia tese in
avanti, gambe leggermente divaricate, punta un punto cieco della
stanza, non vorrà premere il grilletto, spero. No, non credo
e anche
se fosse la cosa non mi fa paura.
Levi è strano, ma non è un pazzo
omicida.
<< Uhm, non male >> con
fare agile e annoiato sbottona due bottoni della camicia e infila
l'arma nella fondina ascellare accuratamente nascosta e camuffata.
Possiede il porto d'armi, ma non credo che durante le ore on
lavorative possa girare con quell'arsenale. Eh sì,
è un po' strano
ma lui non gira mai disarmato, penso che anche papà porti
con se
qualcosa.
Beh, con il lavoro che fanno credo sia
normale, però tali volte è inquietante, mi pare
quasi di girare
sempre al fianco di un paio di Body Guard. In fondo potrebbe essere
un motivo di vanto, se lo dicessi in giro nessuno oserebbe
più
deridermi o infastidirmi con qualche strana battuta, però me
lo
tengo per me. Potrebbero finire nei guai se saltasse fuori questo
fatto.
Papà finalmente torna nella stanza, oh
che bello! Non ne posso più di osservare quel sorriso
orrido, e poi
la fame comincia stringere lo stomaco.
Affondo il piccolo sashimi
nella
vaschetta colma di salsa di soia, con attenzione stringo le bacchette
e porto alla bocca il boccone. Sarò impacciata con questi
pezzi di
legno tra le mani, ma sono troppo orgogliosa per domandare al
cameriere un paio di posate metalliche. Che cavolo! Sono in un
ristorante giapponese perciò voglio mangiare come una
giapponese.
In genere papà è il chiacchierone
della famiglia, è lui che instaura gli argomenti di
conversazione
attorno al tavolo, ma ora è muto, pare troppo concentrato a
non far
cadere a terra le bacchette. Quanto lo capisco, invece Levi no. Con
non-chalance porta i piccoli bocconi di riso alla bocca senza la
minima esitazione, come se fosse avvezzo a quella cucina. Forse lo
è,
da quello che ho capito ha una certa passione per la cucina
giapponese, ma non è questo il punto, al di là
del sapere impugnare
le bacchette, Levi sembra saper fare tutto, che sia cucinare, pulire,
fare i calcoli sparare, ogni cosa la fa con quella sicurezza innata.
A volte mi irrita e mi mette in soggezione, però ci sono
abituata.
<< Cazzo >>
Splash!
Il sushi non raggiunge la
bocca di papà
e cade miseramente sulle ginocchia, purtroppo era talmente in terso
di salsa di soia che le goccioline scure sono schizzate sulla
tovaglia bianca e persino sulla sua camicia chiara. Un disastro, ma
Levi si affretta ad afferrare il tovagliolo
<< Tsk, hai trenta quattro anni e
ancora non sei capace di mangiare senza sbrodolarti come un moccioso
… >> movimenta il tovagliolo immacolato sulle
sue gambe e le
guance di papà diventano color vermiglio, quanto
è buffo! Mi scappa
da ridere e vorrei farlo, però pongo una mano sulla bocca e
mi
trattengo. Non voglio ferire il suo orgoglio già imbarazzato.
<< Levi, dai ci penso io >>
cerca di strappare dalle mani il fazzoletto ma Levi lo ignora e
continua a tamponare il pantalone
<< Piantala, ci penso io >>
Stavolta Levi alz il capo e i due visi
sono incredibilmente vicini, si stanno guardando negli occhi con una
tale intensità … ecco! Questo è uno di
quei momenti romantici in
cui io non vorrei esserci, o per meglio dire “non dovrei
esserci”.
Per qualche minuto si guarderanno con quello sguardo trasognante e si
perderanno in chissà quale luogo.
Voglio lasciarli nella loro intimità,
così volto il capo e … uffa! Che stress, vedo
qualche volto
stranito che guarda i miei genitori a occhi sgranati, come se non
avessero mai visto due uomini scambiarsi tenere effusioni. Adesso li
guardo malissimo, rivolgo delle occhiatacce assassine alla
“Levi
style” e li stendo tutti!
<< Etchiù >> papà ha starnutito in faccia a Levi, davvero? Sì, è successo davvero.
<< Scusa
>> sembra sincero
eppure gli scappa un sorriso, e come si fa a non ridere? Levi ha il
volto tremante, costretto in una espressione apatica, quando in
realtà è talmente disgustato che a fatica porta
il tovagliolo al
volto per tirar via le gocce tiepide incastonate sul naso.
Non ce la faccio, vorrei trattenermi e
rido, rido a squarciagola mi piego in due e il mio sorriso è
contagioso. Anche papà sta ridendo a più non
posso.
<< Che schifo >> il tono
acido ci scuote e noi ridiamo più forte, come delle scimmie
dementi
scopriamo le labbra mostrando i denti.
<< Oh, Levi >> papà, senza
smettere di tremare dalle risate, afferra un tovagliolo e delicato lo
passa sulla zona colpita dal suo starnuto.
<< Scusa >> lo dice di
nuovo e stavolta pone le labbra sulla punta del suo naso
<< Scusa >> scende e ora
tocca le sue labbra e io mi volto dall'altra parte e tutti ci
guardano, e come dargli torto. Abbiamo inscenato una scena troppo
esilarante che solo i miei genitori potevano creare.
Eh, sono strani,
molto strani.