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Autore: Alvin Miller    04/12/2015    0 recensioni
[ATTENZIONE - ATTO EXTRA DI FOTK:ER, potete leggerlo anche se NON avete mai toccato con mano la saga!]
Una prospettiva differente dello stesso disastro.
Quando Manehattan ha subito l'assalto da parte di una misteriosa creatura gigante, sbucata dalle profondità degli abissi, la neo-Principessa Twilight Sparkle era già sul posto per investigare sulla vicenda, con il contributo delle sue amiche e degli Elementi dell'Armonia riuniti. Ma quando il nemico è un'entità così sfuggente e ignota, possono i soliti strumenti fare davvero qualcosa? E questa entità, è davvero un predatore solitario, oppure c'è qualcuno, che da lontano amministra la situazione e prepara le sue pedine in vista della guerra che sta per infuriare?
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Le sei protagoniste, Nuovo personaggio, Princess Celestia
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 0.5: L’intrusione


La partenza fu repentina, grazie anche all’organizzazione preventiva delle carrozze messa in atto da Princess Celestia e Major Sue. Il sole ormai stava calando lungo la linea dell’orizzonte, e presto sarebbe toccato a Princess Luna prendere il posto della sorella maggiore. Prima di allora, il Kaiju doveva essere raggiunto.

Furono messi a disposizione tre mezzi di trasporto: un primo carro doveva contenere un piccolo contingente della protezione civile - Silver aveva avvisato i suoi superiori del crollo, per cui era stata data la massima priorità all’ingaggio di una squadra di scavo specializzata (stavolta che sapesse il fatto suo) - al seguito di cui, c’era una carrozza-ambulanza con dei paramedici scelti tra quelli che avevano già assistito numerosi feriti in città, e che quindi erano preparati a ciò che li aspettava all’arrivo. La terza era invece una carrozza volante che caricava su di sé le cinque Custodi degli Elementi, con indosso i loro gioielli, insieme alla Principessa dell’Armonia. Twilight era la figura regale di riferimento che era stata assegnata per guardare alle operazioni, in questo modo Princess Celestia poteva restare a Manehattan per aiutare a trovare una sistemazione agli sfollati del disastro.

Silver Sprint guidava il contingente a terra, indicando la via del Sentiero lungo il passo montano. Non c’era tempo da perdere, perché la vita di Bullseye dipendeva tutta dalla scelta dei percorsi che avrebbero intrapreso durante quel viaggio.

Mentre aspettavano di arrivare, Fluttershy ripassava mentalmente tutto ciò che sapeva riguardo all’interazione con gli animali giganti. Aveva paura e tremava dalla testa agli zoccoli, come una foglia appassita nel vento autunnale. Le sue amiche questo lo vedevano, e per rincuorarla si stringevano intorno a lei mormolandole frasi d’incitamento. Il loro calore e l’affetto che tramettevano i loro visi le fecero carpire tutta la fiducia che nutrivano in lei.

Non poteva deluderle.


Si arrestarono dinanzi alla caverna, novanta minuti dopo essere partiti dalla metropoli. Un risultato eccezionale secondo le stime di Silver Sprint, considerati anche il numero di mezzi e i rallentamenti più o meno prolungati che avevano incontrato durante il tragitto.

Il Wonderbolt scese al suolo passando di fronte alle Custodi, che lo interrogarono con gli occhi per capire il da farsi. Lui le guardò a sua volta, facendo però cenno di aspettare. Per prima cosa doveva parlare con i paramedici per sbrigare i preparativi dell’operazione. Ordinò loro di fare in fretta con la lettiga che stavano estraendo dalla carrozza-ambulanza. Nel momento in cui lui e il resto della squadra sarebbero entrati, questi dovevano restargli incollati come delle ombre.

Ora invece si diresse dagli unicorni scavatori, e si assicurò che tutte le unità assegnategli fossero concentrate e pronte a darsi da fare per liberare il suo amico.

Il tutto fu predisposto in fretta e con molta perizia, senza che vi fosse la necessità di coinvolgere l’alicorno viola. Mentre lui coordinava, Twilight e le ragazze finivano di discutere con la Custode della Gentilezza.

«Ti staremo accanto fino alla fine. Andrà tutto bene, vedrai.»

Ma la risposta arrivò secca lasciando tutte quante di sasso. «No. Andrò avanti da sola. Se il Kaiju è spaventato come penso che sia, vedere troppi pony tutti insieme lo farà solamente infuriare, proprio com’è accaduto allo squadrone di Silver Sprint.»

Twilight sbatté gli occhi perplessa, provando l’impulso di controbattere. «Ok… ma non chiederci di lasciarti andare da sola! Ti staremo comunque dietro, anche se a debita distanza!»

«Lo so che lo farete. Vi ringrazio.» Si comportava da coraggiosa, ma non riusciva a nascondere la paura che la stava attanagliando dal momento della partenza.

Il Luogotenente dei Wonderbolts tornò da loro con tutto il contingente al suo seguito. «Noi siamo pronti Principessa, vogliamo andare?»

Un ultimo scambio di cenni e quindi si addentrarono nella caverna.


Fluttershy era in testa alla fila, seguendo Twilight e l’ufficiale pegaso attraverso il condotto che li avrebbe portati alla caverna del Kaiju. Un secondo unicorno in divisa accompagnava la sua amica facendo luce al cammino insieme a lei, avvalendosi della propria magia.

Sì udì un’imprecazione alle sue spalle, e subito dopo un clangore metallico, come di qualcosa che cadeva.

«Cercate di non inciampare nelle impronte del mostro!» Ammonì il Luogotenente senza arrestare la sua marcia. La Custode della Gentilezza, che si era voltata per controllare, guardò Applejack e Rainbow Dash dare uno zoccolo agli infermieri a risistemarsi sui dorsi la lettiga appena caduta; poco più a destra, c’era un ampio fossato che sprofondava nel terreno per più di un metro, come tanti altri uguali lungo il tracciato del Sentiero. Erano le impronte del Kaiju.

Questo fece ricordare alla pegaso canarino che cosa l’aspettava una volta che sarebbero giunti al capolinea. Era vero che in passato aveva già trattato con animali dalle dimensioni gigantesche, ma i fatti di quel giorno avevano connotazioni diverse.

Un messaggio sussurrato dal Luogotenente le avvisò che mancava ormai poco all’arrivo, se volevano separarsi, come di comune accordo, questo era il momento per farlo. Dal fondo del tunnel era intravedibile una debole luce soffusa, che accarezzava la superficie dei loro grandi occhi equini.

«Da qui andrò avanti da sola, ragazze.» Disse Fluttershy, inspirando a pieni polmoni.

I loro visi si addolorarono, quasi la supplicassero di ripensarci.

«Sei sicura? Ma proprio sicura, sicura? Avrai paurissima ad andare la dentro da sola!» Chiese e commentò Pinkie Pie.

Fluttershy toccò con zoccolo il suo Elemento appeso al collo e lo portò per un momento a sé.

«Ne ho tantissima, infatti. Ma purtroppo non ho scelta. Non voglio rischiare che qualcuna di voi si faccia male nel caso io non dovessi farcela. Manderò qualcuno a chiamarvi se ci dovessero essere dei problemi.»

“Non ce ne devono essere! Sai bene che cosa hai visto su quei palazzi! Abbi fede nelle tue capacità” Era ciò che si disse per ritrovare un po’ di coraggio.

Twilight si mosse in avanti di un passo. «Io verrò con te, nel caso avessi bisogno di assistenza.»

«Twi, no… » tentò di contestare lei.

«Rifletti! Silver e gli altri saranno occupati con gli scavi, e non potranno aiutarti se le cose dovessero precipitare! Hai bisogno che una di noi stia con te!»

«Ha ragione.» Intervenne il pegaso argenteo. «A questo proposito, Principessa. Perdonate la mia impudenza, ma vi chiedo di tagliare corto.» Aggiunse poi in tono urgente.

«Giusto» tornò sulla pegaso gialla «allora Shy, vogliamo andare?»

Trovandosi nella condizione di non potersi opporre, Fluttershy si diede per vinta, sospirando. «Va bene. Facci strada, Silver.»


La caverna dava l’idea di essere molto spaziosa, o perlomeno lo era prima che la frana ne ostruisse in parte la viabilità.

Terminava in un vicolo cieco i cui contorni risaltavano grazie alla luce azzurrina dei cristalli di luce. Erano anche ben visibili i segni del passaggio del Kaiju, che si potevano ricostruire seguendo con gli occhi le impronte da lui lasciate. Vide gli stessi segni di artiglio sui muri, e poi anche sul soffitto crollato.

Il titano era invece rannicchiato in un angolo in fondo, con la testa nascosta tra le zampe anteriori, che impedivano alla pegaso di guardarne i lineamenti.

«Di qua, presto. Seguitemi!» Silver Sprint li condusse al punto nel quale era sepolto Bullseye. Si ritrovò con i Wonderbolts che aveva lasciato di guardia.

«Per fortuna siete qui, Signore. C’è qualcosa che non va!» Disse uno dei due, che appariva in uno stato di agitazione terribile.

«Che vuoi dire?! È accaduto qualcosa in mia assenza?!?»

«È questo il problema, non lo sappiamo! Da quando lei è partito è rimasto completamente in silenzio. Non una parola, non un rumore, nessun lamento!»

«Com’è possibile? Avete provato a chiamarlo?!»

«Affermativo Signore, ma non abbiamo ricevuto risposta!»

Intervenne anche l’altro. «Abbiamo provato a gridare il suo nome più forte, ma niente. Abbiamo provato a insistere a intervalli… »

«E non c’è stato verso di parlarci… » concluse il primo.

«È lì dentro da più di un’ora! Forse è rimasto senz’aria ed è svenuto!» Ipotizzò Silver tuffandosi poi tra le scorie, avvicinandosi il più possibile con il muso al muro di macerie. «BULLS, SONO IO, MI SENTI?! SONO TORNATO, HO CON ME I RINFORZI, BULLS!!?» Gridò più forte, al punto che gli altri Wonderbolts temettero che questo potesse risvegliare il colosso dormiente, ma come anticipato da loro, dal suo amico non arrivò risposta.

“No, non va bene. Non va bene per niente…”  si rialzò, cercando di riprendere il controllo della situazione. «Ok, pony. Trovate un punto d’accesso e cominciate a scavare. Lo voglio fuori da qui prima di subito!» Ordinò riacquistando un po’ di calma. Così il gruppo si mise all’opera, ognuno con i propri rispettivi compiti, con gli scavatori che dovevano sollevare con la magia i blocchi più pesanti, mentre i paramedici estraevano dalle proprie borse i kit di pronto soccorso e tutto l’occorrente per soccorrere Bullseye una volta estratto.

«Principessa, fate quello che dovete fare. Quella bestia è tutta vostra.» Disse alle giumente arcigno.

«Sì.» Annuì lei concisamente, toccando poi la spalla all’amica. «Fluttershy, vai. Tocca a te ora.»

La pegaso canarino deglutì e senza dire niente si incamminò verso l’enorme creatura. Twilight la seguì da dietro, standole a debita distanza per lasciarle lo spazio per lavorare.

Il mostro non aveva avuto reazioni per tutto il tempo, e anzi, man mano che si avvicinavano, potevano ascoltare un particolare suono raspante, che assomigliava in tutti i sensi a un russare lento e prolungato, che si combinava con gli altri echi nella caverna e con i suoni degli scavi dalla parte opposta alla loro.

Ora che lo vedeva un po’ più da vicino, Fluttershy poteva confermare con accurata certezza che non si trattava di un drago. Per lo meno, non del tipo che era abituata a conoscere lei.

Aveva un corpo tarchiato e del colore della sabbia, su strati di pelle in eccesso priva di squame, che formavano grinze in vari punti sotto le ascelle e tra il busto e il corto collo taurino.

Del dorso erano visibili due enormi appendici simili a delle pinne, e sulla nuca delle propaggini che si muovevano indipendentemente l’una rispetto all’altra, come piccoli tentacoli che lambivano l’aria.

Le grandi zampe anteriori che nascondevano il volto erano munite di quattro dita ciascuna, una delle quali era un pollice, legate insieme da una membrana natatoria. Ma non erano artigliate, come in origine aveva scommesso la Custode della Gentilezza. Erano invece spesse, andando a restringersi sui polpastrelli appuntiti e rigidi, con piccole desquamazioni di cute morta sulle estremità.

L’aria intorno a lui, per un raggio di una ventina di metri, era permeata da un acre odore di marcio, che fece arricciare di disgusto il muso della pony.

Trottò di qualche altro passo. Il Kaiju era così grande da ricoprire tutto il suo campo visivo, costringendola a spostare continuamente l’inquadratura da un punto all’altro per esaminarne i dettagli.

«Ehm… c-chiedo scusa? Salve?» Pasticciò lei per un primo approccio. Era il momento di scoprire se le sue intuizioni si erano rivelate esatte.

Questi emise un lamento profondo, che sembrava venire direttamente dal suo stomaco, come un rigurgito.

Fluttershy guardò verso l’amica dietro di sé, e Twilight le restituì un’arcata sopraccigliare confusa. Quindi decise di riprovarci.

«Io s-sono Fluttershy… posso parlare con lei per un secondo?» Gli diede del “lei”, come prevedeva il protocollo quando le creature erano così massicce e imponenti. Rispetto per l’interlocutore, prima di tutto.

Quando non le arrivò nessuna reazione di risposta, la pegaso si ripeté con un’intonazione più alta. «POSSO PARLARE CON LEI PER UN SECONDO?» E attese che succedesse qualcosa.

Così doveva bastare, pensò, era partita con la zampa giusta. Uno zoccolo per volta e forse quella giornata si sarebbe conclusa con una magra conquista.

La squadra di scavo nel frattempo era quasi arrivata al punto in cui era sepolto Bullseye.


Qualcosa lo ridestò dal suo stato di torpore. Qualcosa di nettamente diverso dal tipico disturbo che provava nei confronti delle creaturine colorate.

Spalancò gli occhi, trovandosi di fronte a un altro esemplare della razza dotata di ali, e ce n’era un’altra che oltre a esserlo a sua volta, condivideva dei tratti in comune con gli animaletti cornuti.

Fu però l’esemplare giallo ad attirare il suo interesse. Con la sua vocetta delicata si era insinuata all’interno della sua scatola mentale, e gli aveva infuso una serenità bizzarra che non si sarebbe mai aspettato in una circostanza come quella.

Chi era questa creatura, che con una semplice frase era riuscita a tendere in tal misura i suoi fili emozionali?


Le zampe anteriori del Kaiju si protesero in avanti mentre questo emetteva un muggito, rivelando finalmente l’aspetto in tutta la sua interezza.

Il muso era di un animale che poteva essere allo stesso tempo sia di mammifero che di rettile, con denti corti e appuntiti, non particolarmente sviluppati a dispetto della sua mole (Fluttershy si chiese quale potesse essere la sua dieta). Gli occhi erano due piccole sfere lucenti, pallide e prive di pupilla, e anche solo di qualcosa che assomigliasse vagamente al disco dell’iride; erano chiazzati da macchie ramate disposte apparentemente a caso sulla superficie dei bulbi. Assomigliavano e delle enormi perle introdotte a forza nelle fessure orbitali dell’animale, che rimiravano le pegaso dall’alto, mantenendo una certa distanza prudente.

Fluttershy deglutì a denti stretti, continuando la presentazione, mentre tutto intorno a lei taceva. Anche gli scavatori si erano fermati temporaneamente per osservare la scena.  «Salve a lei di nuovo. Riesce a sentirmi se parlo in questo modo? Il mio nome è Fluttershy, e sono una pony del regno di Equestria… è il nome del posto in cui si trova… » utilizzò una formula molto simile a quella cui si era avvalsa in altre circostanze delicate, aiutandosi con l’eco che diffondeva le sue parole per tutta la sala. Non aveva la certezza che il Kaiju la stesse capendo. Lui taceva, continuando ad ascoltarla con le mascelle digrignate, a esporre leggermente le zanne.

Decise di continuare per la direzione intrapresa. «Sono umilmente dispiaciuta dell’averla dovuta svegliare, il fatto è che c’è una cosa davvero molto, molto importante che ci tengo a chiederle, Signor, ehm… » qui si bloccò. Come lo doveva chiamare? «“Gigante delle Caverne”?»

La reazione del Kaiju, all’udire di quell’appellativo, fu di chinarsi in avanti, portando il proprio naso a un tiro di schioppo dalla pegaso canarino. Prima la annusò, così come avrebbe fatto un cane di fronte a una nuova scoperta, allora le alitò contro uno sbuffo del suo fiato, saturando l’aria di un odore misto di carne in putrefazione e laboratorio chimico, quest’ultimo molto strano.

«Allontanati da lì, Fluttershy!» Tentò di avvisarla Twilight, tappandosi il naso con entrambe le zampe, ma fu taciuta da un cenno deciso della pegaso. La Custode della Gentilezza sapeva cosa stava facendo.

Trattenne un conato di nausea dovuto all’alitata, non ce l’avrebbe mai fatta se solo non fosse stata abituata ad avere a che fare con le più eterogenee classi di animali (parlare con dei predatori, trovandosi a pochi passi dalle carogne delle loro vittime, spesso la metteva in situazioni altrettanto pesanti).

Alcuni indizi ravvisati sulla pelle e sul muso del Kaiju l’avevano messa in allarme, destandole non poche preoccupazioni: si vedevano delle macchie nerastre, con del pus gelatinoso che fuoriusciva dalle lesioni insieme a del fluido scuro, sintomi di una grave infezione batterica, o forse di un qualche tipo di malattia ignota. Distolse lo sguardo risistemandosi il ciuffo di crini rosa, che era stato smosso dalla ventata pestilenziale.

Rimuginò su quanto aveva appena scoperto: l’animale era in pessime condizioni di salute, quindi era lecito presumere che si fosse rintanato in quella grotta per riposare in convalescenza, o per morire. Lei si augurò la prima.

Rifletté su quali potevano essere le cause. Le Guardie Cittadine erano forse riuscite a danneggiarlo colpendolo con la magia? In alcune parti del corpo, come sulla spalla destra, le chiazze raggiungevano diversi metri di diametro, ed erano neri come di cancrena. Ma in altre la pelle era anche vistosamente irritata, come se il fautore di tutto ciò fosse invece un microrganismo che stava intaccando tutta la superficie della cute.

Forse era questa la ragione dell’attacco in città? Il Kaiju, colto dalla disperazione, aveva abbandonato il proprio habitat naturale per andare alla ricerca di una cura contro la sua malattia, finendo suo malgrado nel bel mezzo del centro abitato dei pony, che invece di soccorrerlo, lo avevano perseguitato alla stregua di un invasore del loro regno.

Con in testa questa nuova teoria, Fluttershy riprese a parlargli in tono amorevole e solidale, raccontandogli di com’era venuta a conoscenza dell’incidente di Manehattan. Poi continuò, parlandogli anche dell’incidente stesso, e di tutta la sofferenza che aveva causato al suo passaggio. Sperava così fargli capire la gravità della situazione, assicurandosi che la prossima volta non si ripetesse lo stesso.

Gli chiese della sua malattia, cercando di scoprire come l’aveva contratta. Gli disse che si sarebbero presi cura di lui, se solo lui lo avesse desiderato, e mentre lo faceva, Twilight obbediva alla prescrizione di non intervenire per nessuna ragione al mondo, anche se i suoi zoccoli scalpitavano sulla roccia per quanto era agitata.

Durante il monologo, il Kaiju fissava la pegaso canarino ruotando solo occasionalmente il collo per controllare i movimenti degli altri pony nella caverna. Respirava affannosamente, rilasciando a ogni sospiro una nuova ventata di fiato maleodorante, carico di esalazioni corrotte. E non reagiva, almeno, non con dei suoni che potessero assomigliare a una risposta…


… dentro di Lui, forze contrastanti gli dicevano di assecondare le parole della creaturina, e allo stesso tempo lo mettevano in guardia dal fidarsi ciecamente.

Non dimenticava le aggressioni subite nell’isola grigia, anche se probabilmente si era trattato solamente di un atto di difesa dalla reale minaccia, rappresentata da Lui. Ma se era efettivamente Lui il nemico, allora perché quella piccola creatura alata si mostrava così espansiva nei suoi confronti?


I modi di Fluttershy si fecero più spigliati, e anche il Kaiju le sembrò sereno e rilassato, mentre la seguiva con lo sguardo, interessato alle sue movenze. Lei trottava avanti e indietro, talvolta alzandosi da terra per poi scendere giù.

Quel silenzio la convinse di stare facendo la cosa giusta, di comunicare le esatte parole necessarie a mantenere la connessione col mostro. Credeva di aver raggiunto un punto d’intesa, a che ora avrebbero potuto instaurare un dialogo, se solo avesse fatto leva sui pulsanti giusti…


Al capo opposto della grotta, dove la squadra di scavo stava completando il disseppellimento del malcapitato, finalmente si era arrivati a un punto di svolta.

Si aprirono i primi spiragli di quella che fu la sacca d’aria descritta da Bullseye. Fu rimossa un’altra pietra, rivelando un accesso di mezzo metro in mezzo alla montagna di detriti e fango. Silver Sprint chiese all’unicorno di fronte a lui di farsi da parte, quindi provò a infilare la testa nell’angusto passaggio, ignorando che la sua spalla stesse bruciando per la ferita ottenuta nel crollo. L’umidità presente impregnò il suo mento di sabbia e particelle.

Dentro non si vide nulla, ma quando provò a chiamarlo per nome, si aspettò come minimo di sentire il suo migliore amico emettere un rantolo di sollievo. Il mutismo che invece gli tornò dietro gli fece germogliare il seme del dubbio. Che avessero forse sbagliato il punto dove scavare? L’unicorno della protezione civile che aveva impiegato la Chiaroveggenza giurava che il suo incantesimo era stato ineccepibile. Ma allora perché Bullseye continuava a non rispondere malgrado tutti quei richiami?

L’ipotesi della perdita di coscienza, a quel punto, aveva assunto una consistenza più tangibile.

Tirata fuori la testa, Silver chiese allo scavatore d’illuminare l’accesso, ma questi invece di ubbidire, lo fissò imbambolato con una maschera d’orrore cucitagli sulla faccia.

«C’è qualcosa che non va?» Gli domandò di fretta.

«S-Signore… » lo chiamò uno dei suoi Wonderbolts, anche lui manifestando la stessa aria di disagio, come tutti gli altri «è… è sporco di sangue… »

Un formicolio attraversò il dorso del Luogotenente.

“Sangue?!”

Si tolse gli occhiali da aviatore e guardò il riflesso sulle lente, scoprendo così che il colletto della sua divisa era macchiato di rosso – una tinta cremisi scuro mischiata alla sporcizia – che correva in su, fino ad allungarsi sotto la mandibola; quella che all’inizio aveva pensato fosse semplice condensa.

«Illumina là dentro, SUBITO!!» Berciò all’unicorno, il quale inciampò tra i cumuli di pietrame mentre s’apprestava ad eseguire.

Si affacciarono entrambi attraverso il passaggio, seguendo con lo sguardo il fascio di luce magica che rischiarava i contorni della pietra per due o tre metri all’interno. Dentro si profilò per loro una visione orribile, fatta di sangue che formava piccole pozzette in alcuni punti e scintille di riflessi scarlatti. Un corpo era fermo esanime nel mezzo della cornice, compresso dalla vita in giù da un enorme macigno.


La caverna si riempì di un urlo straziante, che aveva per voce quella di Silver Sprint e come suono il nome dell’amico che erano venuti a salvare. Twilight lo capì senza che vi fosse la necessità di tornare indietro a vedere. Dal tono struggente, assunse che non c’era più nulla che si potesse fare per cambiare le cose.

Si trovava nel mezzo di due differenti scenari, i quali procedevano senza aver bisogno del suo intervento, facendola sentire di troppo proprio quando la situazione si stava facendo più tesa.

Fluttershy, invece, spaventata da quell’urlo, si girò di colpo raggelata dal lamento del Luogotenente. Quell’azione, così ingenua in apparenza, si rivelò essere il più fatale degli errori…


Lui scosse la testa, come a voler scacciare qualcosa da addosso di sé.

Se fino a pochi istanti prima era confuso, traviato dalla voce carezzevole della creaturina gialla, adesso capiva con grande nitidezza cosa stavano cercando di comunicargli le strane pulsazioni che gli parlavano dall’interno: manipolazione. L’esserina era riuscita in qualche modo a superare le sue barriere mentali, interagendo con la parte più recondita di Lui, più fragile e suscettibile agli attacchi…


… cessò quindi di essere quella placida massa di carne che stava genuflessa ad ascoltare Fluttershy, mulinando per aria le zampe, che urtarono contro il soffitto facendo cadere altri blocchi di pietra sulle teste dei pony.

Capito l’errore, la Custode provò in tutte le maniere a recuperare la sua attenzione, rinunciando persino alla formalità . «No, non ti agitare! Continua a guardare me, guardami!». Ma il Kaiju non aveva alcuna intenzione di cederle altre attenzioni. In tutta risposta emise un verso profondo, simile a uno sfogo, che s’abbatté come un vento d’uragano sulle orecchie della pegaso.

Si buttò a terra, inginocchiata, premendosi gli zoccoli sulle orecchie. Una forte pressione le schiacciò il cervello, facendole traboccare lacrime dagli occhi.

«Fluttershy, che ti succede?!» Twilight stava osservando qualcosa che per lei era inconcepibile. Non capiva il linguaggio degli animali, né poteva stabilire quel particolare legame che era invece caratteristico della sua amica. Per lei fu solo un grido di rabbia, ma la Custode della Gentilezza patì un dolore lancinante, come se la bestia l’avesse presa tra le sue fauci e la stesse masticando molto lentamente.

«No… ti prego, ascoltami… » allungò la zampa verso di lui cercando di placarlo, ma un secondo gridò la affogò sotto una cascata di decibel. Il mostro a quel punto si erse sulle zampe posteriori, rivelando ancora di più le sue immani dimensioni, e le fratture del soffitto, dal quale piovve una nuova fiumana di detriti, riempirono il vuoto all’interno della caverna.

Twilight gemette atterrita. I pony della squadra di scavo cominciarono ad allontanarsi uno per uno. Tutti meno che Silver Sprint, inginocchiato e insensibile nel mezzo della massa. Che cosa stava facendo? La Principessa era troppo distante per riuscire a leggerne le emozioni sul viso. I suoi Wonderbolts lo incitarono a seguirli, ma lui non diede loro alcuna retta.

«Fluttershy! Fermati! Basta così! Non puoi comunicare con lui, lascia perdere!» Le andò vicino.

Il Kaiju emise un altro verso simile ai precedenti. La Custode della Gentilezza provò a rimettersi sugli zoccoli, stringendo i denti per lo sforzo. Tentava di decifrare i suoni che rilasciava, sfruttando le sue conoscenze di decrittazione linguistica degli animali. «Io… n-non riesco a capire… che cosa dice… è… è troppo… »

«Non ha più importanza ora, vieni con me! Torniamo dalle altre!» La prese per una zampa.

«No! Twilight, non capisci?! Non è di questa terra… non è di Equestria!»

La Principessa aggrottò le sopracciglia e rimase per un momento attonita, pensando all’asserzione dell’amica. «Ne parliamo dopo, ok? Adesso ti porto fuori da qui!»

Proprio in quel momento, il Kaiju smise semplicemente di stare eretto e avanzò lentamente verso di loro…


Improvvisamente, era come se fosse di nuovo in trappola.

Era così che si sentiva, come quando aveva invaso la città delle piccole creature e aveva temuto che i palazzi gli si stessero stringendo intorno. Aveva la medesima impressione, fomentata dalla vicinanza della piccola creatura gialla e della sua simile cornuta.

Aveva invaso i loro spazi uccidendone alcuni esemplari, e loro adesso erano venute per vendicarsi. Avevano cercato di plagiarlo, illudendolo delle loro buone intenzioni, e chissà a quale fato sarebbe incorso se solo non fosse riuscito a sfuggire appena in tempo.

Si domandò cosa mai gli avrebbero detto le sue Voci nella testa, se solo avesse potuto sentirle mormorare ancora una volta, ma attualmente tutto ciò che udiva, al di là dei suoi versi, era il rumore del suo ex-nido che crollava su se stesso.

Quel posto non era più sicuro per Lui, in tutti i sensi…


Come una montagna che d’improvviso si anima, e decide che la prima cosa da fare è saggiare l’esperienza di correre su due zampe, il Kaiju scattò verso l’uscita senza curarsi minimamente dei pony sotto di lui che rischiava di calpestare.

Twilight, con grande tempestività dei sensi, isolò se stessa e Fluttershy all’interno di una bolla di protezione magica, quando la pianta dell’enorme zampa calò su entrambe. Furono colpite di striscio da un dito del piede del mostro, e scalzate via con tutta la cupola al seguito.

Malgrado la difesa, la Principessa dell’Armonia si sentì come se un bufalo l’avesse travolta in pieno. Tossì violentemente, e nel farlo provò una fitta indicibile al costato. Le fece male la schiena, le zampe faticarono a sorreggerla mentre si rialzava, e un rivolo di sangue fresco prese a gocciolarle dal labbro inferiore.

«Oh santo cielo, Twilight!» si agitò Fluttershy vedendola.

«Sto bene. Dammi solo un minuto.» Sottopose sé stessa a un incantesimo di cura, che la rimise doverosamente in sesto. Non era ancora abbastanza brava con quel tipo di magie, che aveva appena cominciato a esercitare. Si sarebbe fatta visitare non appena tornate in città, ma l’effetto analgesico che si diffuse per tutto il corpo le diede da subito la lucidità per pensare.

«Qui sta crollando tutto, sbrighiamoci prima di rimanere chiuse qui dentro!»

«Il Kaiju… » altre lacrime cominciarono a solcare il viso di Fluttershy.

«Sì… sì lo so. Non ti preoccupare, adesso ce ne occuperemo insieme.» La rassicurò asciugandogliele.

Galopparono verso l’uscita. Pezzi di soffitto piovevano per terra aggiungendosi alle pile già presenti, o creandone di nuove.

Le due giumente si fermarono nei pressi dello scavo della squadra di soccorso, dove il Luogotenente Silver Sprint fissava qualcosa mentre se ne stava inginocchiato con un’aria spettrale addosso.

«Silver, dobbiamo andare!» Lo chiamò l’alicorno.

Lui sollevò lo sguardo da terra, puntando con un fare di rimpianto la direzione dove solo poco prima dominava il titano. Socchiuse gli occhi sospirando. «Vi raggiungo tra poco, Principessa. Voi andate.»

Dichiarato ciò, sembro dimenticarsi della loro presenza. Persino quando Twilight provò a convincerlo della pericolosità di quella decisione, il Wonderbolt s’isolò semplicemente dalla realtà, rifiutando ogni interazione.

Fu la Custode della Gentilezza, questa volta, a far leva affinché lasciassero il posto e si ricongiungessero alle loro amiche. La afferrò per una zampa e la tirò con sé.

Mentre correvano via, si guardarono indietro, mentre il Luogotenente diventava una macchia argentata che si restringeva progressivamente nel loro campo visivo.


Le ragazze erano poco più in là dell’accesso che portava alla tana. Apparentemente stavano tutte bene, ma Fluttershy e Twilight si riunirono a loro che erano shockate e in preda all’agitazione. Pinkie Pie aveva una smorfia di terrore che non si addiceva al suo atteggiamento tipico, e Rarity dava fondo al suo repertorio teatrale esibendosi in un pianto senza freni. Applejack e Rainbow Dash controllavano meglio le proprie emozioni, ma non per questo potevano dirsi meno irrequiete. Entrambe, rispettivamente trottando per terra e volteggiando per aria, continuavano a muoversi per scaricare l’enorme tensione che sussultava attraverso i loro muscoli tesi.

Le due giumente furono accolte con un caloroso abbraccio, quando le altre le videro tornare sane e salve (Twilight non completamente in forze, ma questo non lo ammise, per non gravare sulla già difficile situazione del gruppo).

«È stato terribile!» Disse Applejack in modo funereo. «Prima quelle urla, poi i tremori, e quel bestione correva verso di noi come se ci volesse caricare!»

«Le cose non sono andate come speravamo. Avete visto passare gli altri per caso?»

«Eccome, puoi giurarcelo!! Se la sono data alla fuga gridando “Via, presto! Scappate!!”» Strillò Rarity imitandone l’intonazione.

«Non sapevamo cosa fare! Se dovevamo farlo pure noi… » disse invece Pinkie «oppure se dovevamo invece cominciare prima a correre, e poi a gridare! Insomma, eravamo confuse!»

«Hai detto che le cose non sono andate come previsto. Che vuoi dire?» Domandò la cowgirl avendo colto l’affermazione dissoltasi nella confusione del momento.

«Aspetta! Dov’è Silver Sprint?!» S’inserì Rainbow Dash.

«Una cosa alla volta ragazze. Allora: hanno trovato l’amico del Luogotenente che era rimasto sotto le macerie… »

«Sta bene ovviamente, no?» Interruppe la pegaso arcobaleno.

«No Dash.» Scosse addolorata la testa, dopo aver esitato per un momento. «Non ho ben capito cosa sia successo, ma pare che non ce l’abbia fatta…

«Oh cacchio!»

«… mentre stavamo uscendo, il Luogotenente ci ha detto che ci avrebbe seguito a breve. Ma è ancora lì dentro, a quanto pare… »

«Allora forse avrà bisogno d’aiuto! Scusate, ma io vado da lui!»

«Ferma lì, non è una buona idea! Penso voglia prendersi un momento per stare da solo. E poi là dentro il soffitto è troppo instabile per avventurarcisi in volo!»

Si bloccò, rendendosi conto che doveva recuperare le redini del discorso, si era lasciata fuorviare dalle sue amiche, dimenticandosi che un mostro assassino era ancora a piede libero.

«Sentite, Fluttershy ha provato a stabilire un dialogo col Kaiju. Per un po’ sembrava anche funzionare. Ma poi è successo qualcosa… non lo so, è cominciato ad andare in escandescenza tutto d’un tratto, e poi è scappato!»

Esclamarono un «Ooh!» tutte insieme, e spostarono l’attenzione sulla pegaso canarino. «Fluttershy, accidenti a te e alle tue manie naturaliste! Si può sapere cosa gli hai detto?!»

Lei si accovacciò a terra sentendosi colpevolizzata, tremando di paura.

«Fluttershy non c’entra niente, Dash!» La difese Twilight. «Ve l’ho detto, ha cominciato ad agitarsi senza alcun motivo, come quando ha attaccato la città! Non si tratta di un semplice animale che caccia, non ne sono ancora sicura, ma sembra che… »

Non finì per tempo la frase, che sopra le loro teste una freccia dal colore argentato fendette l’aria nel tunnel, tracciando una linea affusolata in direzione dell’uscita.

«Era Silver Sprint quello?» Era schizzato troppo velocemente perché Applejack (o chiunque tra loro) riuscisse a distinguerlo. L’eco del fischio che produsse al passaggio accompagnò la sua uscita di scena per diversi secondi, anche dopo che era sparito dalla loro vista.

Princess Twilight ripensò a quello che le aveva detto la Custode della Gentilezza nella caverna. Si rivolse all’amica cercando di infondere quanto più tatto poteva. «Fluttershy… lo sai, vero, che arrivate a questo punto non abbiamo altra scelta che attivare gli Elementi?»

«Sì… » rispose lei affranta «anche se mi sarebbe tanto piaciuto evitarlo… »

La cinse per il collo condividendo con lei la tristezza di quell’istante. Quando la magia cura le ferite del corpo, un abbraccio spesso mitiga le pene del cuore.

«Pinkie, gli Elementi sono con te, vero?»

«Acciderbolina se sì! Li ho con me da quando mi hai chiesto di tenerli nascosti senza anticipare niente a nessuno!» E li fece comparire tutti e sei dall’interno della sua capiente criniera.

Twilight indossò il suo senza dare troppo peso a ciò che aveva detto la pony in rosa. Pinkie ultimamente era ossessionata dall’idea di essere il personaggio di una specie di epopea letteraria, e andava in giro vantandosi di essere entusiasta di far parte dei protagonisti della storia. Un’altra delle sue innumerevoli stranezze.

«Preparatevi a galoppare, ragazze. Abbiamo un bel po’ di strada da fare prima dell’uscita.» Disse Applejack, intanto che indossava l’Elemento dell’Onestà.

«Un momento.» Sospese tutte quante Rarity. «Perché non provi a usare il teletrasporto, Twi? Lo hai fatto altre volte, no?» Gli sguardi di tutte puntarono verso l’alicorno.

Twilight si scosse, e quindi evitò i loro occhi fiduciosi, vergognandosi per la risposta che stava per dare. «Mi dispiace, ma non credo di riuscire a teletrasportarvi tutte quante di fuori. Non così distante almeno… »

«Ma ormai sei una Principessa! Dovresti avere magia a sufficienza per farcela, almeno per accorciarci un po’ la strada!»

Ancora una volta il suo titolo prendeva dei meriti che lei non si sarebbe mai attribuita. Ma forse questa volta era diverso. Diventare alicorno le aveva effettivamente infuso capacità magiche che non si sarebbe mai sognata di avere, quindi forse…

«Beh, posso provare immagino… » sibilò tra i denti, per nulla convinta ma decisa a fare almeno un tentativo.

Per cominciare aveva bisogno di ridurre quanto più era possibile il raggio intorno al quale avrebbe agito l’incantesimo, quindi chiese a tutte di stringersi intorno a lei. Chiuse gli occhi, cercando di sommuovere le sue riserve di energia eterea. Realizzare quel tipo di sortilegio implica prima di tutto avere la consapevolezza del luogo in cui si è intenzionati ad andare, s’interviene quindi sulla stabilità dell’Armonia nello spazio tridimensionale occupato dal soggetto che si vuole trasferire, creando una “scansione” dello stesso. A quel punto ci si “immagina” con intensità che il soggetto venga trasferito dal punto “A” al punto “B”, e il paradosso, formulato ai suoi tempi da Starswirl il Barbuto, secondo cui un determinato individuo appartenente a un singolo piano temporale non può trovarsi contemporaneamente in due posti differenti, fa sì che questo venga disintegrato e ricomposto praticamente all’istante, a destinazione, senza nessun tipo di stravolgimento sul piano mentale e fisiologico.

Compierlo da sé era un gioco da puledri, per lo meno per gli standard di chi rumina magia per colazione, come Twilight Sparkle (riteneva che il volo era una pratica ben più astrusa), ma spostare così tanti individui per quasi mezzo chilometro dentro un tunnel scuro come quello era un esercizio che implicava ogni genere di rischio. Un piccolo errore nelle “scansioni”, o nell’impiego dalla quantità di magia occorrente per la riuscita, e le conseguenze sarebbero potute essere letali per ognuna di loro. Oltretutto, le condizioni non ideali in cui la Principessa vessava, non le garantivano il massimo della forma.

Ma scelse di non pensarci. Ora come ora non poteva concedersi divagazioni.

Pensò invece a concentrarsi sull’incanto, scansionandole tutte e imprimendo nella sua mente il luogo esatto in cui voleva trasferirle. Scelse l’entrata del tunnel, l’unica area della vallata che avevano toccato con gli zoccoli quando erano atterrate, e quindi l’unica di cui avesse una percezione completa in tutti e cinque i sensi. Si augurò solo che una volta arrivate alla meta non finissero schiacciate sotto le zampe dell’orrido titano.

Il suo corno entrò in funzione ricoprendole di essenza magica. Ognuna teneva gli occhi delicatamente serrati, fiduciose della buona riuscita dell’incantesimo. La loro amica non avrebbe sbagliato quell’incanto. Il vero problema era ciò che avrebbero affrontato una volta riapparse.


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Poco prima, nella tana del Kaiju.

Silver Sprint stava avvertendo una sensazione familiare, di déjà vu, come quando quell’agente, un anno prima, si era presentato alla porta di casa sua per comunicargli l’incidente di sua moglie, e la tragica notizia che era appena diventato vedovo. Era rincasato da poco, dopo la fine del suo turno di servizio, e la piccola Lil’ Wing era nel soggiorno a divertirsi con un libro da colorare.

Non aveva neppure afferrato, all’inizio, la portata di quell’avvento, rapportandosi ad esso come con qualcosa di semplicemente troppo irrealistico per potervi credere. Sua moglie era morta? Impossibile. E gli servì un bel po’ prima di superare lo straniamento iniziale e accettare che quel fatto era autentico, e che dal quel momento le cose sarebbero state diverse – più vuote – sia per lui che per sua figlia.

E ora la stessa cosa si stava ripetendo in un differente scenario.


La verità è che Bullseye era già morto ancor prima che il suo amico ripiegasse in città per trasmettere la notizia. Anche se questo Silver Sprint non poteva saperlo.

Aveva subito uno schiacciamento degli organi interni, danneggiando le funzionalità fisiologiche e aprendo numerose emorragie in tutto il corpo, sia all’interno che all’esterno. L’arteria femorale nella zampa posteriore sinistra perdeva sangue a fiotti, e ogni volta che inspirava la sua gola si riempiva di altro liquido che prontamente sputava fuori addensandosi in una chiazza rossa a terra. A causa di questo, ogni fiato gli causava un male che se avesse conosciuto prima, probabilmente il timore lo avrebbe accompagnato come un tormento per il resto della sua vita. Inoltre, un bruciore intenso e indefinibile all’altezza dello stomaco gli faceva temere che anche il suo sistema digerente fosse stato compromesso.

Poi sentì la voce di Silver che cercava di chiamarlo da fuori dell’agglomerato di detriti, e al panico per la fine imminente che stava sopraggiungendo, si aggiunse quello del vedere il volto del suo migliore amico mentre lo guardava spirare, straziato dal dolore… non voleva andarsene con quell’immagine di pena riflessa negli occhi.

Il grande masso sotto il quale giaceva rallentava di poco la circolazione sanguigna, impedendogli così di dissanguarsi troppo alla svelta. Questo gli diede qualche minuto per improvvisare una menzogna. Gli disse di portare dei rinforzi, fingendo, in uno stato di assuefazione dal dolore, che per il momento sarebbe stato bene, mentre invece i suoi polmoni stavano esalando gli ultimi sospiri. Dovette insistere, ma alla fine fu abbastanza ostinato da convincerlo ad andare. E ora non gli rimaneva che aspettare in silenzio che la morte lo prendesse sul serio. Nessuna squadra lo avrebbe liberato, neppure se si fossero messi a scavare seduta stante, unendo le proprio forze. Era troppo debole per resistere, privato del suo sangue e dell’ossigeno che circolava a bolle sempre più modeste con il ticchettare delle lancette, ferito dovunque supponesse di avere qualcosa d’importante. Troppe cose contribuirono ad accelerare la sua fine, compresa la poca aria residua che ancora rimaneva nella cavità stretta.

Mentre moriva, si scaldò focalizzandosi sui ricordi dei trascorsi con Silver Sprint, lasciandosi confortare dalle risate che si facevano ai bei tempi trascorsi, da quei nitriti acuti che scaturivano ad ogni loro incontro.

Era un buon modo per andarsene. Soprattutto, contribuì a farlo sentire meno solo, mentre le sue palpebre si abbassavano con dolcezza, e il dolore tramutava in un lontano formicolio.


Lui e Bullseye ne aveva passate veramente tante insieme. Si erano cacciati continuamente nei guai, anche dopo che la loro amicizia fu definitivamente consolidata da quella conversazione al campo d’addestramento. Il pegaso dalla criniera lampone era il massimo esperto di scherzi ai tempi dell’Accademia, e si divertiva a coinvolgere il compagno diligente in trovate sempre più folli e rischiose, dalle quali era spesso troppo tardi per tirarsi indietro, prima che la ruota cominciasse a girare.

Un giorno trovò il modo di comunicare al loro Sergente Istruttore (il suo bersaglio per eccellenza) che il Capitano lo voleva incaricato come Alzabandiera per la mattinata seguente, e questi, malgrado il scetticismo del momento, dovette ubbidire, timoroso di sfidare l’autorità del più alto in grado.

Sorse la mattina, e tutti si adunarono per la cerimonia. Suonarono le trombe e il vessillo di Equestria era pronto per issarsi. I primi sogghigni cominciarono a formarsi quando il Sergente era stato notato avvicinarsi al pennone, insieme agli altri cadetti fermi nel saluto militare.

Fu solo quando lo stesso Capitano gli andò incontro perplesso, che il pegaso mangiò la foglia realizzando l’incredibile inganno in cui era caduto vittima.

L’Accademia precipitò in una crisi di risate chiassose, malgrado la formalità del momento, e anche Silver, che non era incline a prendere parte a quei giochi alla leggera, non poté esimersi dal ridere assieme al suo migliore amico, che gli lanciava gomitate sul fianco.

Erano una bella coppia di scapestrati, che purtroppo il destino aveva scelto di separare proprio nel periodo di massima debolezza per il pegaso dalla criniera argentata.

Silver Sprint ora era solo, senza più nessuno che gli sollevasse il morale quando le giornate assumevano tratti pietosi.


Riflettendoci attentamente, forse tutto ciò poteva essere evitato. Bullseye temeva di entrare in quella caverna, perché sentiva che alle fine qualcosa sarebbe andato storto. Era come se in un qualche modo, fuori dalla concezione di Silver Sprint, avesse predetto la sua morte e avesse cercato di impedirla con ogni mezzo a disposizione, ma invano.

Così non c’era più. Il suo migliore amico e compagno di tante disavventure, rivali un tempo, poi uniti da un legame che si pensava sarebbe stato indissolubile. Era spirato, e la responsabilità di tutto cadeva su di lui.

Silver Sprint si sentì a pezzi, distrutto dai sensi di colpa. Avrebbe voluto tornare indietro per impedirsi di dare quell’ordine. Supplicava che qualcuno – chiunque lo stesse ascoltando – gli permettesse di rimediare a quello sbaglio. Fiumi di lacrime, ora che era solo e poteva levarsi di dosso il carico, rivelarono tutta la debolezza che si celava dietro l’apparenza.

Ogni cosa sarebbe andata diversamente da quel momento in poi. Non più il sostegno di Bullseye mentre comandava uno squadrone in volo. Nessuno che condividesse con lui quella parte del suo essere che soltanto l’altro conosceva. Le bevute in casa la sera, il grande sogno di avviare un’attività commerciale insieme dopo il congedo dall’esercito, le mille esperienze che avrebbero potuto condividere. Tutto ciò svaniva sotto l’insistenza di una frase che già adesso cominciava a risuonargli forte nella testa.


“Non avresti mai dovuto dare quell’ordine”


“No!” Un altro pensiero balzò fuori dal coro, e per qualche ragione aveva il tono della voce di Bullseye: “Non darti grane per quello che è successo!”

Come sarebbe? Non era sua la colpa? E di chi altri poteva esserlo, altrimenti?

“Ma del Kaiju naturalmente!” Realizzò dopo. Quell’orrido essere si era mosso per primo. La vita a Equestria seguiva ritmi pacifici prima che la creatura invadesse le loro terre, scandita solo occasionalmente da qualche difficoltà di quando in quando. Ora invece centinaia di pony (forse più) lasciavano schiere di orfani a un futuro senza genitori, e altrettanti se ne andavano abbandonando i propri affetti ai ricordi e alle lacrime.

Silver Sprint era sia padre che amico, vittima e superstite di un destino infausto che più volte lo aveva eletto come bersaglio. Ma lui era anche qualcos’altro. Young Dart, monumento vivente dell’aviazione dei Wonderbolts. Un eroe per la sua gente e per tutti quei puledri che anche ora, senza più un padre o una madre a cui rivolgersi, avrebbe continuato a seguire le sue gesta con ammirazione e rispetto.

Per loro doveva combattere, e per loro, se esisteva anche solo una possibilità che il suo aiuto contribuisse a fermare la crisi che stavano vivendo, avrebbe dato il tutto per tutto.

E non solo per loro, ma anche per sua moglie, che aveva bisogno di qualcuno che portasse la sua memoria con serenità.

E non solo per lei, ma anche per Bullseye, che aveva lasciato quella valle di lacrime, fiducioso che il suo migliore amico se la sarebbe cavata ugualmente.

E non solo per lui, ma anche per Lil’ Wing, malata d’influenza. Lei che più di tutti aveva bisogno di un padre che fosse più deciso che mai.

Conscio dell’imponenza che avrebbero rappresentato le sue prossime mosse, salutò Bullseye per l’ultima volta: «Grazie, amico. Grazie per tutto quello che hai fatto per me… e per quanto vale ora… perdonami.» Quindi schizzò fuori dalla caverna.

Lungo il tunnel, avvistò le Custodi, intente a discutere a lato del corridoio, ma si trattenne dal fermarsi da loro. Ognuno stava dando il tutto per tutto in quella giornata, e non aveva dubbi che anche loro avrebbero fatto la loro parte. Non si poteva fermare.

Poi, alla soglia dell’uscita, riuscì a scorgere anche i Wonderbolts e gli altri pony che lo avevano seguito da Manehattan, quando la luce del tramonto lo abbagliò per pochi istanti. Loro non potevano fare molto, a differenza delle giumente, e questo non gli dispiacque. Dovevano sopravvivere. Il Tristo Mietitore quel giorno aveva già depennato dalla sua lista troppi nomi.

Il Kaiju era poco più avanti, intento a risalire la valle. Aveva cessato la sua corsa, e a giudicare dal modo in cui il suo bacino oscillava pesantemente ad ogni passo che compiva, doveva essere allo stremo delle sue forze, completamente prosciugato dalle energie, oltre che segnato su tutta l’estensione della pelle da chiazze nere, umide e purulente.

Era il primo vero colpo di fortuna che il pegaso ebbe in tutta la giornata, l’occasione per far guadagnare del tempo alle Custodi, in attesa del loro arrivo.

Partì alla carica, al massimo della sua velocità, le zampe strette sui fianchi per favorire il trapasso dell’aria, la testa rigida come la punta di una freccia.

Non tutti i pegasi sono consci di questo fatto, ma dove gli unicorni padroneggiano la magia, e i pony di terra godono di una straordinaria resistenza fisica agli sforzi estremi, i pony con le ali hanno l’abilità innata di trasformare i propri corpi in autentiche palle da cannone, per usare se stessi come armi d’artiglieria. La loro particolare conformazione fisica, unita all’Armonia che permea la loro aura, concentra l’atmosfera smossa di fronte a loro in un’ogiva che può assolvere simultaneamente da strumento di distruzione e cuscinetto d’aria per il successivo impatto. E fu proprio quello che fece Silver Sprint, quando collise contro il titano poco sotto l’altezza delle grandi pinne dorsali, con impeto tale da inarcare in avanti il ventre dell’avversario…


… un impatto violento che gli fece mancare il fiato per diversi secondi. Cos’era stato? Si chiese Lui. Cosa mai poteva scaricare così tanta energia da sbalzarlo in avanti con tanta veemenza?

Si girò, e quando vide che il colpevole era proprio una delle creaturine colorate della tipologia dotata d’ali (non la gialla, bensì parte del gruppo che lo aveva stanato all’inizio), si rese conto che tutte le sue impressioni sulla pericolosità di quegli strani esserini si erano rivelate esatte.

Questo gli ronzava intorno, compiendo delle agili manovre aeree che Lui faticò a seguire a causa della sua mole. Se avesse provato a fuggire, pensò, dandogli nuovamente le spalle, era certo che l’animaletto non si sarebbe fatto scappare l’occasione per assalirlo di nuovo. Non aveva altra scelta che tentare di scacciarlo.

Saettò un braccio per cercare di placarlo al volo, ma l’esserino argentato e blu lo evitò senza il minimo sforzo, e anzi approfittando della sua goffaggine per fiondarsi sul suo fianco scoperto, impattando nuovamente nella carne.

Una fitta corse lungo i nervi di Lui, esplodendo in una vampata di dolore.


Le sei giumente ricomparvero alla soglia del tunnel, precedute dalle faville dell’incantesimo di teletrasporto che poco dopo si spensero.

Le zampe anteriori di Twilight cedettero per lo sforzo, costringendo le sue amiche ad afferrarla prima che capitolasse al suolo.

«Hoo-wee! Grandissima, Zuccherino! Ce l’hai fatta, siamo fuori!»

«Già… *anf*… ma il difficile arriva adesso.»

Tutte insieme assistettero alla sbilanciata battaglia che stava avendo luogo tra il Luogotenente dei Wonderbolts e il Kaiju della caverna, con il contendente più voluminoso che mulinava le zampe nel difficile tentativo di fermare le virate secche dell’altro.

Rainbow Dash, con gli occhi completamente spalancati dinanzi allo spettacolo, era la più agitata del gruppo. «È impazzito per caso?! Sta cercando di sconfiggere quel bestione da solo?!?»

«No, Dash.» Scosse la testa Twilight, drizzando la schiena. «Ci sta facendo guadagnare tempo.»

Le altre si misero in fila dietro di lei, i volti che ardevano di determinazione.

«Dobbiamo usare gli Elementi ragazze, è l’unico modo per vincere. Fluttershy… »

«Lo so. È necessario farlo, ora lo capisco.» Disse risentita, ma senza esitare. Sentire la sua risposta alimentò l’ardore dei loro spiriti. Ora più che mai, niente avrebbe impedito loro di procedere col rituale.

Un paramedico inopportuno propose a Twilight di visitarla velocemente. Aveva notato sia il suo cedimento all’arrivo, che la macchia di sangue al lato della bocca, ed era preoccupato per le sue condizioni. Lei, con molto garbo, disse che se ne sarebbero occupati più tardi.


Dalla sua bocca scaturì un urlo che riecheggio per tutta la catena montuosa.

Era frustrato e confuso, incapace di bloccare le cariche dell’esserino volante.

Voleva che ci fosse un modo per eliminarlo, per evitare che questi continuasse ad accanirsi. Per giunta, l’aria tossica non faceva che allargare le profonde ferite sulla pelle, facendo gorgogliare spruzzi di sangue nero dalle piaghe.

Si era ricordato della Voce del Capobranco che lo avevano guidato nei suoi primi passi, la stessa che aveva deliberatamente ignorato fino a quando non aveva deciso di abbandonarlo, lasciandolo alla mercé dell’elemento alieno. Ora avrebbe dato qualsiasi cosa perché ritornasse a parlargli, a dirgli cosa fare. Ma adesso era da solo, giovane e inesperto. Doveva cavarsela con le sue sole forze e stabilire se aveva o meno le la stoffa per meritarsi la sopravvivenza.

La creaturina volante scese in picchiata su di Lui, mirando sta volta allo squarcio profondo che si stava allargando sul ventre.

Un bruciore come di un incendio che divampa nei muscoli, lo fece piegare in avanti. Si tamponò la ferita con una delle grandi zampe palmate. Poi si risollevò ruggendo.

Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Giurò a se stesso che non avrebbe più permesso all’esserino di farsi beffe di Lui. Alla prossima carica lo avrebbe contrattaccato…


Silver Sprint, nel frattempo, colse l’occasione per allontanarsi e recuperare un po’ di energie. Il suo respiro era pesante e correva dai polmoni alla gola in modo aritmico.

Il Kaiju invece se ne stava eretto con il collo teso in avanti, reggendosi il ventre mentre provava a bloccare la fuoriuscita del liquido scuro (che probabilmente era il suo sangue).

Il Luogotenente si domandò se tutte quelle picchiate erano servite in qualche modo a rallentare il nemico, poiché i soli segni di una qualche ferita erano attribuibili a quelle strane piaghe che gli maculavano la pelle, e che non erano sicuramente opera sua.

Mentre riposava, i ricordi ebbero tempo di ripresentarsi alla soglia, comprimendogli il cuore. Gli sembrava ancora strano concepire la sua vita futura senza la compagnia del suo migliore amico… scacciò quei pensieri con una scrollata del capo, promettendosi che vi avrebbe dedicato del tempo solo dopo aver terminato la missione.

Con la coda dell’occhio avvistò le Custodi, che correvano verso la loro posizione. Erano pronte a usare i loro Elementi. Ottima notizia quindi, perché voleva dire che presto sarebbero ritornati a casa.

Ma le contrazioni muscolari che attraversarono gli arti del Kaiju poco dopo lo misero subito in allerta. Si stava infuriando, e stavolta per davvero.

Il titano gli ruggì contro divaricando le lunghe zampe anteriori sui fianchi, come per lanciargli una sfida. “Fatti sotto” sembrava intimargli con i gesti.

Silver Sprint capì di essere finito in una situazione scomoda. Non sarebbe mai stato così stupido da tuffarsi a testa bassa in uno scontro così impari, ma d’altro canto se non ci avesse pensato lui, l’animale se la sarebbe presa con le Custodi.

L’esito degli istanti seguenti si sarebbe decretato sulla base della sua intraprendenza. Ma come doveva muoversi?

“Tu cosa faresti, Bulls?”

“Mi getterei proprio a testa bassa e gli farei vedere chi è il padrone del ring!”

Sorrise mestamente a quella sua fantasia. Sì, quello sarebbe stato proprio da Bulls. Lui si lanciava nelle cose, e non gl’importava delle conseguenze delle sue azioni, tanto ogni cosa si sarebbe sistemata a tempo debito. Così come quando manomise il macchinario per le tempeste, plasmando gli eventi che li avrebbero portati ad avvicinarsi.

Non pensava mai a ciò che faceva, tranne quando aveva sospettato che entrare nella caverna sarebbe risultato un errore, e aveva avuto ragione in quel caso.

Ripensarci gli fece ancora male, ma ora doveva convertire quel dolore in un’azione di coraggio, e pensare che in gioco c’era anche il futuro di sua figlia, che non poteva crescere in un mondo minacciato da un animale come quello.

Partì come una freccia nel vento attraversando le correnti d’aria, nuotandovi sopra mentre il suo avversario era più che mai pronto a riceverlo. Fintanto che avrebbe mantenuto la sua completa attenzione, le Custodi potevano avvicinarsi in tutta sicurezza.

Silver capì subito che qualcosa era cambiato quando dovette schivare all’ultimo istante un fendente che arrivò trasversalmente, dall’alto verso il basso. Il mostro non si era fatto solo più agguerrito, ma ragionava attentamente sui tempi e sulle direzioni delle mosse.

La successiva arrivò in orizzontale, costringendo il pegaso a compiere una volata verso l’alto. Allungò un calcio con la zampa posteriore dandosi velocità con le ali, ma l’animale lo costrinse a rivedere di nuovo i suoi piani. Solo la velocità di riflessi impedì al Wonderbolt di cadere sotto i colpi imperterriti del titano.

“Così non va!” Decise di ripiegare per elaborare una nuova strategia. Era troppo sperare di poter sorprendere il Kaiju con la sola agilità. Se soltanto avesse saputo dove trovare i suoi centri nervosi… avrebbe potuto facilmente paralizzarlo conquistando secondi preziosi. Ma sotto quegli strati di carne e senza una vaga idea della sua fisiologia, poteva solamente andare alla cieca.

L’animale protestò energicamente per la sua rocambolesca fuga, emettendo un ruggito. Non voleva lasciarselo scappare proprio ora che aveva trovato la grinta per attaccarlo.

Silver stava per voltarsi a guardare, per verificare se aveva coperto un po’ di distanza. Non si era accorto che il titano aveva allungato il passo verso di lui azzerandola del tutto. La sua visuale divenne all’improvviso scura, con qualcosa che copriva i pochi raggi del sole mentre si abbatteva contro di lui.

Si sentì uno schiocco e poi un potente suono detonante che attraversava il suo corpo.

Una zampata lo aveva infine raggiunto, e lui si ritrovò a volare contro la parete di roccia sul fianco della montagna…


«L’HA COLPITO! RAGAZZE, L’HA COLPITO, DOBBIAMO ANDARE DA LUI!!» I nervi della pegaso arcobaleno disertarono al loro compito, e la spinsero nella direzione dove era caduto il suo eroe.

«Dash, non puoi mollarci adesso! Ci serve l’Elemento della Lealtà!» Vociò Twilight, spaventata all’idea di vedersi rovinare tutto per colpa della pegaso.

Anche Rainbow Dash era spaventata, e questo le impedì di essere obbiettiva. Non solo le sue amiche, ma tutta Equestria dipendeva da lei e dalla scelta di abbandonare o meno il gruppo.

Tornò subito da loro, vergognandosi per essere stata così impulsiva.

Il Kaiju ruggì come una bestia del Tartaro, dirigendosi verso le Custodi. Esse smisero di galoppare, al contrario dei loro impulsi naturali, che  suggerirono invece di voltarsi e scappare, ma nessun rischio poteva essere equiparato a quello di lasciar vincere il mostro.

I suoi passi fecero vibrare la terra, salendo a ogni avanzamento d’intensità, come un promemoria che doveva ricordar loro che cosa sarebbe successo se non si fossero mosse.

«Che facciamo, Twilight?! Come ci dobbiamo comportare?!?» Rarity e le Custodi continuavano a riporre fiducia nella leadership della loro amica, ma neppure Twilight aveva una risposta a quell’immane massa di carne e odio, che procedeva come un uragano verso di loro.

Non era in grado di afferrare i suoi pensieri, che saettavano di qua e di là come moscerini minuscoli, e se anche avesse dato ascolto all’istinto, la sola cosa che le avrebbe proposto sarebbe stata “Fuggi!”.

Poi però successe qualcosa, che coinvolse tutte loro simultaneamente. Ma nessuna, in seguito, avrebbe saputo spiegarsi il perché fosse successo, e neppure trarre delle conclusioni su quale fosse l’origine del fenomeno.

I loro Elementi si attivarono in automatico, senza che vi fosse stata la volontà da parte del gruppo di procedere nel rituale. Un nastro di Armonia legò i collier alla corona di Twilight, e la magia del gruppo si concentrò intorno alla pietra che rappresentava il suo cutie mark.

Le giumente a quel punto avrebbero dovuto essere in trance, sollevate per aria e immobili in uno stato di atarassia, invece rimasero coscienti e s’interrogarono tra loro, lanciandosi espressioni smarrite, addirittura porgendosi domande reciprocamente. Non era il tipico rituale a cui erano abituate, e ulteriore conferma di ciò arrivò poco dopo, quando dal centro della corona, l’Armonia concentrata sprigionò un’immensa ondata di pura energia che si abbatté come un’eruzione contro il Kaiju in corsa, fermandone l’avanzata.

Improvvisamente Twilight capì che cosa stava succedendo, anche se non seppe darsene una giustificazione. «Ci stanno proteggendo! Gli Elementi vogliono aiutarci a completare l’incantesimo!» Era la sola ipotesi che rientrasse nel suo piano razionale. Questo, oppure il merito andava attribuito al profondo legame che avevano stabilito negli anni, e che si stava manifestando in quel momento in tutta la sua potenza. «Ragazze, su forza! Siamo abbastanza vicine ora, concentratevi!»

Il raggio si esaurì e il Kaiju ne uscì barcollante e svigorito, ma non ci fu tempo per lui di riprendere la carica. In pochi secondi le Custodi degli Elementi erano già in posizione e in procinto di completare il rituale, stavolta secondo il procedimento corretto.

Mentre i loro zoccoli non toccavano praticamente il suolo, raggi multicolore andavano a congiungersi nella forma dell’Arcobaleno dell’Armonia, che immediatamente andò ad avviluppare il gigante sconfitto.

Il Kaiju guardava con sincera curiosità quelle fasce di colore che lo rivestivano come bende dalla testa ai piedi, ma il momento di assoluta meraviglia andò a spegnersi molto presto…


La sua carne cominciò a sfrigolare, come se ad avvolgerlo fosse una smisurata lingua di fuoco. Non era neppure comparabile al raggio contro il quale si era confrontato poco prima. La “cosa nell’aria”, contro la quale era vulnerabile e inerte, era concentrata ora all’interno di quei nastri colorati, e lo divorava senza che ci fosse modo di sfuggirvi.

Provò uno strazio infinito, mentre i suoi arti sembrarono paralizzati da legacci invisibili (o forse era proprio il nastro) e i suoi muscoli erano attraversati da spasmi violenti che gli precludevano ogni possibilità di ribellarsi o difendersi. Il suo incubo più recondito si era appena realizzato, la paura di essere serrato da un agente di quel mondo alieno.

Poi qualcosa superò il fracasso dei suoi lamenti e vibrò all’interno della sua cavità auricolare.

«Reazione estrema all’elemento sconosciuto. La “Proteina” sta decadendo in fretta, riteniamo che questo possa aver dato il via a una reazione incontrollata… »

Pur sembrando strano udirla in quel momento, avrebbe riconosciuto quella voce tra mille altre simili. Era la stessa che aveva innescato l’Amnesia.

«Collaudo del “Mietitore” fallito, le analisi preliminari indicano la specie come inadeguata all’inoculazione. Si richiede trasferimento del lotto completo alla “Digestione”. » Parlava senza emozioni, disinteressata alla sofferenza di Lui, concentrata anzi in un compito più importante.

Proteina. Mietitori. Digestione. Queste tre parole si allinearono criptiche nella testa di Lui, in attesa di una soluzione.

“Non capisco” usò i suoi pensieri per comunicare con la Voce “di cosa state parlando? Che cosa succede?” Era forse sciocco desiderare spiegazioni in un momento come quello, ma in un certo senso, sentiva di avere bisogno di sapere.

La Voce tornò a rivolgersi a Lui, ed era di nuovo dura e malvagia, con un timbro ricolmo di acredine. «Ti abbiamo messo a questo mondo perché ottemperassi al nostro compito, ma hai fallito. Ora abbiamo un nuovo incarico per te: Morire!»

Da quel momento non la sentì più, non sentì più niente in verità. Solo il tintinnio dell’arcobaleno mortale, che ricopriva i suoi ultimi grugniti.

Il nastro multicolore generò un cono che vorticò su se stesso come una tromba d’aria, quindi si ritirò a cominciare dall’imboccatura in cima…


Quando gli Elementi dell’Armonia ebbero esaurito il loro effetto, il rituale si concluse con un flash luminoso, che tolse alle Custodi la loro visibilità per un momento.

Riaprirono gli occhi sbattendo le palpebre. Ora la priorità era scoprire in quale modo il rituale aveva agito.

Si udì un tonfo pesante che sembrò quasi l’avvisaglia di un terremoto, e una nube di pulviscolo si sollevò da terra proprio in quel momento nel punto in cui avrebbe dovuto trovarsi il Kaiju.

Attesero che la polvere si depositasse, e in seguito che il loro cervello elaborasse l’immagine che le loro pupille avevano captato. Gli Elementi dell’Armonia dovevano essere una soluzione drastica al problema del Kaiju, ma nessuna era pronta a immaginare che sarebbero stati così efficaci: il titano era morto, il suo cadavere era stato bruciato e ridotto a una carcassa annerita, con uno strato di pelle carbonizzata e fumante che ricopriva il loro nemico, e fosse profonde nella carne che lasciavano esposti gli organi interni.

«Ma che accidenti… »

«No, non è possibile!» Esclamarono Applejack e Twilight, quasi in simultanea.

Ma la reazione peggiore scaturì dalla gola di Fluttershy. La Custode della Gentilezza fu colta da un attacco d’isteria, che le fece perdere il controllo, facendola gridare come un’invasata. «AAAAAHH!! NO, NO, NO!!! Che cosa gli avete fatto?!? CHE COSA GLI AVETE FATTOOO!?!?» Strillò così forte da costringere le sue amiche a tapparsi le orecchie.

«Fluttershy, calmati ti prego! Non era previsto che finisse così!»

«Ma non doveva morire, questo non è giusto!! Non dovevamo ucciderlo… OH CELESTIA, IO NON DOVEVO UCCIDERLO!!!» Prese a battersi la testa ripetutamente, così forte da produrre dei tonfi udibili nell’aria.

Rarity, nel frattempo, che in diverse occasioni si era dimostrata di stomaco forte ed era riuscita a trattenere suo malgrado lo stimolo, benché il corpo la supplicasse di lasciarsi andare, si mise in disparte e vomitò una smisurata quantità di materiale sul terreno roccioso, che fu il suo pranzo, insieme ai resti della colazione  e della cena precedenti.

Intanto la ragione di Fluttershy andava sempre più a spezzarsi. Cominciò a correre verso la carcassa.

«Fluttershy, ferma!» Applejack e il gruppo le balzarono addosso per cercare di trattenerla, ma l’impresa si rivelò più ardua del previsto. Quando la pegaso era in preda ad emozioni forti, soprattutto dinanzi ad animali feriti – o peggio -  nessuno era mai abbastanza forte da riuscire a tenerla.

«LASCIATEMI! DEVO ANDARE DA LUI, DEVO VEDERE SE STA BENE!!»

«Cerca di controllarti zuccherino, è andato, ok?! Fattene una ragione!»

«NO! NO! NON È VERO, STAI MENTENDO!!»

Ora stava cominciando ad avvolgersi la criniera intorno agli zoccoli, nel chiaro tentativo di strapparsela a ciuffi.

«Per mille maiali grugnenti, Twilight, fai qualcosa prima che si faccia lo scalpo da sola!!»

Si misero in due a cercare di bloccarle le zampe anteriori, Rainbow Dash e Pinkie Pie.

«Tenetela ferma, ho un’idea!» Twilight lasciò la propria presa e si pose davanti alla pegaso canarino. Dal suo corno scaturì un incantesimo che illuminò di una luce violetta il volto della pony.

«Perdonami amica mia, ma non ho altre soluzioni… »

I loro occhi si toccarono per un ultimo istante, tra biasimi e rancori, e Fluttershy a quel punto s’accasciò a terra. I suoi muscoli si rilassarono e le sue palpebre si fecero pesanti in un attimo. Poco dopo sprofondò nel sonno più profondo.

Le altre Custodi attesero un po’ prima di fidarsi a lasciarla.

«È andata, ragazze. Dormirà per un po’ ora.» Avvisò, e mentre lo faceva, si asciugò una lacrima dall’angolo di un occhio.

«Era un Colpo Narcotizzante quello, vero?» Fu la domanda di Rainbow Dash, alla quale Twilight rispose brevemente, sibilando un «Sì… »

Non andava fiera di ciò che aveva appena fatto, e quando Fluttershy si sarebbe svegliata, avrebbe dovuto trovare un modo per fare ammenda con lei. Ma al momento, era stata la decisione più saggia.

Si girarono a guardare la carcassa abbattuta. Ora che nel gruppo era tornata un po’ di serenità, potevano valutare con più dovizia di particolari i fatti appena accaduti.

Qualcosa era andato storto, l’alicorno ne era sempre più convinta. Gli Elementi avrebbero dovuto epurare il Kaiju dal male, privarlo delle forze quel tanto che bastava a renderlo inoffensivo ai pony, o al peggio, la giumenta avrebbe accettato che lo riducessero a una statua di pietra, un’enorme statua di pietra, così come era capitato a Discord. Ma quello no… ucciderlo era stato troppo, e il fatto che fosse successo in quel modo, accresceva ancora di più la gravità della circostanza.

«Io… forse sono sciocca a dirlo, ma questo non è affatto divertente.» Commentò la Custode della Gioia, che incredibilmente stava dimostrando una grande forza di carattere.

«No, hai ragione, Pinkie. Non lo è per niente. Non immaginavo che saremmo arrivate a questo. È come se gli Elementi avessero agito più di quanto avessero dovuto. Non so, forse dovevamo fermarci prima, e magari gli esiti a questo punto sarebbero stati diversi… »

«Sentite, io comunque vado a vedere come sta Silver.» Intervenne Rainbow Dash, che ricordò loro la priorità in scaletta.

«Veniamo anche noi Dash, aspettaci.» Chiamò con un cenno la squadra di stalloni rimasta indietro. I quali avevano seguito silenziosamente tutta la scena.

Applejack intanto stava esaminando i resti del Kaiju, da una distanza che le consentiva di vederne tutto il corpo per intero. Non era stata una curiosità morbosa la sua, aveva visto che qualcosa si stava verificando all’animale, e quindi si affrettò ad avvisare le sue compagne. «Ahm, Twilight… mi sa che questa la dovete vedere.» Non la sentirono subito, dovette chiamarle di nuovo e a voce più alta, ma quando si girarono, videro tutte che cosa stava cercando di comunicare la cowgirl: lunghe strisce di un fumo denso e molto nero si alzavano dalla carne e dai tessuti molli del Kaiju, ma non erano dovuti alle ustioni provocategli. La prova giunse quando videro che cosa stava succedendo al suo corpo, ossa comprese: le costole, ora visibili attraverso la pelle strappata, si ripiegarono su se stesse, e le articolazioni delle braccia uscirono dalle proprie sedi, abbandonando gli arti a terra, privati della tensione muscolare. Poi organi interni e fluidi corporei si mischiarono insieme in una corrente poltigliosa dal colore dell’inchiostro, che emanava un tanfo micidiale, avvertibile anche da lontano, e che si roversò in tanti piccoli ruscelli nella valle circostante.

«È come se il suo corpo stesse… marcendo. Ma in pochi minuti… » Commentò inquieta la cowgirl. La visione era davvero troppo terribile per i candidi occhi di un pony.

«Andiamocene via ragazze, vi prego. Non credo di resistere un solo minuto di più a vedere quella cosa. Abbiamo concluso qua, no? Allora davvero, andiamocene!» Rarity lottò per tenere dentro di sé quel poco di cibo che non aveva rigettato.

Si riunirono alla squadra di soccorso. Gli Elementi dell’Armonia a quel punto erano tornati tra le fronde della criniera di Pinkie Pie, quasi le stesse Custodi avessero paura di continuare a indossarli.

Insieme andarono alla ricerca di Silver Sprint, mentre ciò che rimaneva del colossale predatore si disperdeva tra le pieghe della valle montuosa.


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EPILOGO ZERO


Era strano tornare a Manehattan dopo quello che avevano passato. Avevano sconfitto il mostro, in modo drastico e definitivo, ma prima che la città si riprendesse del tutto dagli eventi di quel giorno (e anche loro), sarebbero dovuti trascorrere molti mesi, forse addirittura degli anni.

La sera era scesa sulla metropoli. Gli sfollati venivano distribuiti nelle varie tende comuni, dove avrebbero diviso un piccolo spazio in attesa di tornare alle proprie abitazioni (i più fortunati).

Le Custodi intanto si erano divise per strada, ed ognuna cercava a modo suo di trascorrere le ultime ore prima di fare rientro a Ponyville.

Pinkie Pie aveva una promessa da mantenere, ed era tornare dai due piccoli che attendevano ancora di essere recuperati dai propri genitori. Trascorse il resto della serata con loro, cimentandosi in svariati giochi di prestigio, che la aiutarono a distrarsi dei pensieri più tetri.

Twilight non aveva idea di dove fosse il resto delle sue amiche. Supponeva che stessero dando uno zoccolo a qualche squadra di recupero dispersi, oppure che avessero trovato un posto dove ricaricare le proprie batterie. Andava bene così, meritavano un po’ di riposo.

Nel frattempo si era fatta visitare da un pony infermiere per accertarsi delle sue condizioni, e l’esito, dopo che le aveva auscultato il petto e il cuore, e l’aveva esaminata con un incantesimo specifico per le radiografie, indicava che la Principessa era perfettamente in salute e che nulla di pericoloso stava tramando nel suo organismo.

E il sangue che le era uscito dalla bocca? Aveva domandato in un eccesso di zelo e di diffidenza. Presto spiegato: si era morsa inavvertitamente quando il Kaiju aveva urtato la sua barriera magica. Si era fatta curare per i dolori muscolari e alle ossa, e aveva ringraziato l’infermiere per poi congedarsi da lui.

Poco dopo era con Celestia, a riassumerle quanto era successo nella valle. Doveva informarla del bizzarro comportamento che avevano avuto gli Elementi dell’Armonia.

«Bruciato?!» Aveva domandato la Principessa del Sole, sgomenta per la notizia, dopo che Twilight aveva terminato di esporle il riassunto.

«Completamente! Non capiamo come sia potuto succedere! Abbiamo seguito il rituale alla lettera, così come abbiamo fatto in altre occasioni! Solo che poi, quando ci siamo fermate… il Kaiju era morto, e… » si ricordò di quell’altro dettaglio, che non andava trascurato «poi ha cominciato a degradarsi, come se si stesse decomponendo! Ma è successo tutto in pochi minuti, non è possibile che sia stato provocato per cause naturali!»

Princess Celestia aveva riflettuto a lungo sul resoconto della sua ex-studentessa. Lei, come precedente portatrice e Custode degli Elementi, era al corrente di tutte le sfaccettature di cui erano capaci quegli strumenti. Ma neppure lei, nella sua ancestrale saggezza, seppe dare una spiegazione al misterioso comportamento che avevano manifestato in quell’occasione. «Gli Elementi agiscono come bilanciatori dell’Armonia» cominciò a spiegare «pertanto sono loro a scegliere, a seconda del contesto, quale approccio adottare contro le diverse avversità di Equestria. In questo caso, devono aver stabilito che evidentemente non c’era altra garanzia per il nostro mondo, se non di portare alla morte quell’animale.» Quest’ipotesi, per quanto drammatica che fosse, era quella che più si avvicinava a una soluzione esaustiva dell’accaduto. «Mi dispiace solo che voi siate state costrette ad assistere a quello spettacolo.»

«Fluttershy non l’ha presa bene… »

«Lo so, mi hanno informato di quello che vi è accaduto. Sei stata costretta ad addormentarla.»

«Già, e ora non so neanche se avrò il coraggio di guardarla di nuovo negli occhi. Lei ci teneva così tanto a risolvere la crisi in modo pacifico… » Abbassò il capo per la vergogna di mostrare il suo volto arrossito e le lacrime che cercavano di uscirle. Ma Celestia le pose uno zoccolo sotto il mento e la risollevò gentilmente.

«Hai agito per il meglio, mia cara Twilight. Fosse capitato a me… non credo che avrei dimostrato la tua stessa prontezza di spirito.»

Questo la aiutò a tirarsi un po’ su. Se non altro la sua ex-mentore non disapprovava la sua condotta, e non aveva commesso errori durante il compimento di uno dei suoi primi incarichi ufficiali da Principessa, quindi forse non era così fuori posto ad indossare quei panni.

«Sarà meglio che tu ora vada da lei, però. Immagino che vorrà vedere dei volti familiari quando si sarà ripresa.»

«Già, e poi ho delle scuse da farle.» Si strinsero in un tenero abbraccio e poi ognuna prese una direzione distinta.


Twilight marciò lentamente verso la tenda in cui sapeva che Fluttershy era stata sistemata. Era nell’accampamento adibito ai corpi militari. Più piccolo rispetto a quelli della gente di Manehattan, ma anche meno gremito, più sorvegliato e tranquillo. C’era sufficiente spazio per camminare godendosi il proprio spazio personale.

Gli infermieri potevano prestare cure ai soldati e muoversi lungo i percorsi senza temere di fare lo slalom nella calca generale. E ogni paziente era collocato in una branda isolata dalle altre da un tendaggio bianco, che ne garantiva la privacy per se stesso e per i proprio visitatori. Per questo un settore era anche stato destinato alle personalità più importanti in città. A ricchi rimasti feriti nei crolli, alle celebrità dello spettacolo e ai politici troppo boriosi per accettare di dividere il proprio spazio con dei pony di ceto inferiore.

Twilight non avrebbe mai gradito che dei privilegi simili le fossero riservati se si fosse trovata nella stessa situazione, e meno che mai Fluttershy, che non ricopriva di certo alcuna carica di rilievo. Per sua fortuna, si trattava solo di una sistemazione temporanea, che sarebbe scaduta al momento del suo risveglio.

Mentre la Principessa scorreva tra le file di letti, qualcuno ogni tanto si fermava e le offriva un inchino, comprensibilmente onorati di vederla così da vicino, e ogni volta lei doveva insistere perché non si facesse caso al suo passaggio, che c’erano sicuramente pony più importanti a cui prestare attenzioni (i pazienti, per esempio).

Sì udì distintamente l’urlo di una puledrina alcuni metri più in là, Twilight quindi si fermò a guardare la scena.


Lil’ Wing, manto lavanda e criniera riccia, era sfuggita al controllo della sua foal-sitter e della Guardia Cittadina che le aveva condotte entrambe nella tenda.

Se di principio trottava indecisa, spinta nella calca del gran numero di pony in movimento, desiderando solo di scappare via da tutto quel trambusto, d’improvviso si era sentita rinvigorire delle proprie energie non appena aveva riconosciuto la sagoma del padre che veniva trasportata da una lettiga lungo la corsia.

«Papaaaaà!!» Aveva gridato scattando poi per raggiungerlo, andando contro alle proteste dei due pony adulti che erano entrati con lei.

La foal-sitter tentò di lanciarsi in un breve inseguimento, quando per poco non andò a sbattere contro una dottoressa di passaggio, realizzando così che era una pessima idea.

In questo modo la piccola poté raggiungere il suo unico genitore senza che nessuno tentasse di fermarla. Persino gli stalloni che trasportavano la lettiga esitarono a muoversi quando la vocina della piccola pegaso raggiunse le loro orecchie.

Per tutto quel tempo Silver Sprint era rimasto cosciente, e infatti aveva fatto loro cenno di fermarsi per dedicare un minuto a sua figlia.

Lil’ Wing si sollevò in volo facendo ronzare le sue alette.

«Papà, papà! Cos’hai?! Stai bene?! Che cosa ti è successo?!?» Lo tempestò con queste e altre domande. Gli occhietti saettarono tra le bende che avvolgevano il corpo del padre, e inorridì quando vide il binario di sangue che saliva lungo il suo mento (appartenente al defunto Bullseye, ma lei questo non lo sapeva ancora).

«Va tutto bene, piccola. Ho solo fatto a botte con il mostro.» Disse lui accarezzandole una guancia con il dorso dello zoccolo.

«Non voglio che ti succeda come con la mamma, ti prego papà, non te ne andare!» Le lacrime stavano già riempiendo il suo visino dolce e indifeso, e la puledrina cominciò a singhiozzare.

Uno dei pony della lettiga decise d’intervenire al suo posto. «Non succederà niente al tuo papà, stai tranquilla piccola. Dobbiamo solo farlo riposare un po’, e poi potrete tornare a casa».

Lil’ Wing lo aveva guardato negli occhi con fare sospetto, ma poi fu lo stesso Silver a confermare le sue parole con un cenno del collo. Questo, insieme alla zampa anteriore destra, erano le sole due parti del corpo ad essere libere dai bendaggi in cui era avvolto.

Le Custodi degli Elementi lo avevano ritrovato in stato d’incoscienza con un numero imprecisato di fratture allo scheletro, le quali anche ora, in attesa degli esami, era difficile affermare quante fossero di preciso. Ma la cosa più importante, il grande sollievo per Rainbow Dash, sua figlia, e così di tutti quelli che lo conoscevano, era stato scoprire che era sopravvissuto al confronto con l’animale.

La ferita più grande ed insanabile era però nascosta alle lenti dei medici e alle loro magie. Una ferita che si era aperta nel suo cuore e che riguardava Bullseye, l’amico che ora non c’era più. Quello non era però il momento dì esibire la sua pena, doveva mostrarsi forte per sua figlia, che aveva già di suo il ricordo di un terribile lutto, della mamma che oramai non c’era più da un anno.

«È vero? Mi prometti che torniamo a casa?» Chiese lei con gli occhi rossi e quella vocina acuta che gli suscitava sempre una tenerezza incredibile, dove la malattia che l’aveva colpita non riusciva a discostarla dal profondo affetto che nutriva per il papà.

Silver Sprint, con il corpo attraversato dai dolori nonostante gli incantesimi anestetici, cedette al bisogno di commuoversi, rinunciando per una volta all’immagine manifesto che doveva dare di fronte a tutti.

«Sarò presto a casa, piccola. Te lo prometto.» Fece una pausa e sorrise, conferendo così una meravigliosa sospensione alla risposta. «E quando mi sarò ripreso, ti farò vedere come si fa un Arcoboom Sonico!»

La notizia, che impiegò un po’ a essere elaborata, colmò d’orgoglio gli occhietti della figlia, che sostituirono la sua profonda paura di rimanere orfana una seconda volta, con un acceso e rinnovato entusiasmo. Si tuffò su di lui cingendolo con le zampette, e lui la lasciò fare, nonostante le ferite su tutto il corpo. La strinse a sua volta con il solo braccio libero, mentre lei piangeva, questa volta di gioia.

La foal-sitter, rispettosamente in disparte, sorrise a sua volta all’annuncio di Silver Sprint.


Più in là di due file di letti, sbirciando nello spazio tra due tendine, anche Twilight fu sollevata del lieto fine della loro famiglia, ma questo le ricordò anche che doveva ancora trovare Fluttershy. Si rivolse a qualcuno per chiedere informazioni su dove trovarla, quindi rispettò alla lettera le indicazioni fornitele.


La tenda era spalancata e concedeva uno spazio di due metri percorribili intorno al letto, Twilight vi trovò dentro una giumenta dal manto rosa e la criniera arancione in camice bianco, che levò il disturbo non appena lei entrò.

La sua amica era ancora addormentata, avvolta da una sottile coperta che si adeguava perfettamente al clima caldo di quella stagione. Gli occhi si agitavano sotto le palpebre, indice che stava sognando, e che la scena non doveva esserle particolarmente gradita, almeno a giudicare dalla smorfia che le contraeva il volto.

Chiuse il tendaggio, si sedette su uno scomodo sgabello adagiato vicino al comodino, e rimase in attesa che succedesse qualcosa. Fuori era udibile il via vai generale, ma il fracasso, in qualche modo, era escluso dalla tenda. Qualcuno gridò di farsi portare una flebo con un medicinale il cui nome si disperse facilmente nel baccano generale, ma anche questo svanì rapidamente dall’attenzione dell’alicorno. In quei minuti che Twilight trascorse contemplando la sua amica, ci fu spazio solo per loro due.

La Principessa fremeva per l’attesa, impaziente di scoprire quale sarebbe stata la reazione di Fluttershy al momento del risveglio.

Prese quasi sonno, e le sue palpebre erano in lotta contro la stanchezza, quando un movimento sotto la coperta la fece ridestare. Era forse stata un’impressione? Un inganno mentale dovuto all’impazienza e al desiderio di rivederla in zoccoli?

No, la zampa anteriore sinistra si spostò scivolando dal bordo del letto, quindi fu riportata al petto, stringendo a sé la coperta. Fluttershy aprì gli occhi fissando il pallido cono della tenda. Era confusa, ma ancora troppo assonnata per mettere in chiaro le informazioni che riceveva.

Twilight si avvicinò di fretta al suo capezzale, prima che cominciasse ad agitarsi.

«Ehi Fluttershy.» La salutò con un approccio prudente e leggero.

«Twilight? D-dove mi trovo?» Chiese con la voce impasticciata e strizzando le palpebre.

«Ti abbiamo portata qui dopo che il Kaiju è stato sconfitto» Evitò cautamente di usare il termine “ucciso”. «Stiamo tutte bene. Le altre hanno deciso di separarsi per un po’ mentre aspettavamo che tu ti riprendessi.»

«Capisco.» La pegaso gialla si strofinò gli occhi. «Che ore sono adesso?»

«Le dieci, di sera… no, scusa… le dieci e mezza.» Si corresse dopo aver verificato sulla modesta sveglia posta sul mobiletto. Ammesso e non concesso che l’orario segnato fosse quello esatto.

Fluttershy chiuse ancora gli occhi come per riflettere sulla risposta. «Ho dormito per cinque ore quindi.»

«È colpa mia.» Spiegò con imbarazzo guardandosi in giro. «Sai, in genere l’effetto non dura per più di sessanta minuti, se a farlo è un mago di  medio livello. Ma evidentemente questa regola non si applica a me… devo imparare a dosare le mie capacità la prossima volta… »

Malgrado gli sforzi per evitarli, sentiva che gli occhi dell’amica erano come schegge roventi che le penetravano la mente. Si conficcavano a fondo nella sua coscienza e per quanto ci provasse, non riusciva a fare nulla per rimuoverle.

«Fluttershy… »

«Sì, adesso mi ricordo tutto. Ricordo che siamo state costrette ad affrontare il Kaiju con gli Elementi dell’Armonia… e che poi lo abbiamo ammazzato… »

Oh, quanto fu tagliente la scelta di parole che aveva adottato.

«Fluttershy, davvero, io… »

«Non serve, Twilight. Capisco perché sei stata costretta a farlo. Capisco che non è colpa vostra (o mia) se è andata a finire in quel modo. Ho sbagliato a reagire in quel modo… ero… » cominciò a piangere, le parole le uscivano a singulti tra un gemito e l’altro «ero così… convinta… che… che si potesse fare qualcosa… per salvarlo… »

«Oh amica mia… cara amica mia… » le andò vicino e la abbracciò «piangi se devi, ok? Ma per favore, fatti forza… lo abbiamo fatto per il bene di Equestria. Con questo gesto abbiamo salvato la vita a migliaia di pony, forse a milioni… » Si tennero forti e strette, e insieme condivisero le lacrime.

«Lo so, lo so… è solo che… devo farmene una ragione ecco… »

Piansero fino a quando l’ondata d’emozioni confluì fuori dai loro cuori. Quando poi Twilight terminò le sue e non udì più i singhiozzi da parte dell’amica, decise di lasciarla.

In un cassetto del comodino c’erano dei fazzoletti di carta inscatolati. Ne prese uno per sé e con la levitazione e ne passò un altro a lei, aspettando che si risistemasse.

«Dovremmo andare dalle altre… immagino che siano stanche morte e vogliano tornare a casa» Disse la pegaso ora che aveva recuperato un po’ di serenità.

«Ahm, Fluttershy… c’è una cosa che ti vorrei chiedere… »

«Aha, dimmi?» La guardò con curiosità.

«Ecco… forse non è il momento adatto per chiedertelo… » ripensò a quel pomeriggio, e a come si era svolta tutta la scena «oggi, nella caverna… quando il Kaiju si è infuriato e ha cominciato ad agitarsi… mi stavi dicendo qualcosa… hai detto che “non è di questa terra”… che intendevi dire?»

La domanda intristì nuovamente la pegaso, Twilight se ne pentì immediatamente. La fretta è cattiva consigliera, ma oramai la frittata era fatta.

«Non saprei… come ti dicevo, quando parlo con gli animali entro totalmente in sintonia con loro, ma oggi è stato diverso… non è che non ci riuscivo… ma era come se qualcosa mi escludesse… »

«Come “ti escludesse”?» Corrugò la fronte.

«È difficile da spiegarsi… non mi è mai capitato di provare qualcosa di simile prima d’ora… ogni animale possiede un proprio linguaggio, ed io ero convinta di avere scoperto quale fosse il suo, nei momenti in cui grugniva o ringhiava. Ero certa di riuscire a comunicarci, e ci stavo anche riuscendo, credimi!»

«Lo so, Fluttershy, l’ho visto con i miei occhi.»

«Eppure quando lo facevo si metteva di mezzo questo “fattore”, che mi cacciava fuori ogni volta che ci riprovavo. Il Kaiju protestava, e quando lo faceva la mia testa mi faceva male da impazzire, non riuscivo neanche a stare sulle zampe, da quanto mi faceva male!» Si fermò per riprendere fiato. Non era Pinkie Pie, non era abituata a fare discorsi lunghi e prolissi. «E poi c’era dell’altro. Pena, dolore, tristezza, un senso di abbandono infinito e d’impotenza… nessuna creatura che abbia mai incontrato a Equestria mi aveva fatto sentire delle emozioni così nere. Da dovunque fosse arrivato, casa sua non doveva essere un luogo felice in cui vivere… »

Twilight era rimasta ad ascoltare senza avere frasi da renderle. Se questo era veramente quello che l’amica aveva avvertito da quel tentativo di dialogo, ora comprendeva meglio la sua ostinazione nel volerlo salvare a tutti i costi.

L’arrivo di quella creatura aveva portato morte e paura su tutto il regno, ma se n’era andata lasciandosi dietro molti misteri, che forse non avrebbero mai avuto una risposta.

Provò a deglutire ma si rese conto che la sua bocca era secca e arida, allora si avviò verso la tenda scostandola lentamente. Come lo fece, i rumori dell’accampamento si fecero più intensi, e la realtà della crisi al di fuori penetrò nel loro spazio intimo prendendosi la loro attenzione.

«Vado ad avvisare i dottori che ti sei svegliata, tu distenditi ancora un po’ finché non sarò tornata… » le disse in tono mesto.

«Va bene… ahm, Twilight…»

«Sì?»

«Pensi che sia tutto finito, non è vero? Insomma… torneremo alla nostra vita di sempre?»

La domanda era di quelle importanti, ed era difficile dare una risposta considerate le poche informazioni che avevano raccolto. La città stava affrontando una calamità senza precedenti, e molti di quei danni sarebbero rimasti come una ferita indelebile, nelle strade e nei loro cuori. Ma c’erano anche degli aspetti positivi in tutto ciò, come il fatto che alla fine il Kaiju Eremita era stato sconfitto, e tra un po’ di lui ne sarebbe rimasto solo uno spiacevole ricordo.

Sì, in fondo una speranza c’era. E il cuore dei pony era forte e coraggioso, abbastanza per affrontare le difficoltà che li attendevano.

Con questo pensiero in testa, presa tra gli zoccoli la zampa della sua amica e commossa le disse: «Sì, amica mia. È tutto finito… »



CONTINUA IN “Fall of The Kingdom: EQUESTRIA RIM”
   
 
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