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Autore: Happily__13    06/12/2015    0 recensioni
Jemma e Derek sono due ragazzi completamente diversi. Lei ama la musica, stare con gli amici, l'estate e il mare, viaggiare e divertirsi. Lui è sotto sotto un bravo ragazzo, abituato ad avere tutto quello che vuole e qualunque cosa desideri, frequenta "amici" apparentemente perfetti, ma profondamente sbagliati, il genere di persone che Jemma non sopporta... Ma un giorno dopo quell'incontro tutto cambia sia per lei che per lui. Ogni ideale, ogni sogno e ogni aspettativa cambia...per sempre!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Reason to smile
Quando Jemma smise di piangere e dopo aver cambiato la sua espressione in una arrabbiata, tirò uno schiaffo in piana guancia destra a Derek. Derek non si mosse. Se lo aspettava.
Jemma: Derek mentimi un'altra volta come hai fatto in quella maledetta settimana. E fidati…non mi vedrai mai più!
Derek rimase in silenzio qualche secondo poi la prese per i fianchi e dopo ben un anno di attesa posò nuovamente le sue labbra su quelle di Jemma. Jemma non oppose resistenza, naturalmente.
Lui si scostò di poco per prendere aria e rispondere.
Derek: Te.Lo.Prometto. Io…mi dispiace…io non volevo mentirti cioè si, ma anche no *appoggiò la fronte su quella di Jemma, abbassandosi alla sua altezza* Mi sei mancanta.
Jemma: Anche tu!
Jemma si staccò dalla presa di Derek e si mise sulle punte per vedere oltre la schiena possente di quel ragazzo e capire dove fossero le sue amiche, che premurose com’erano avevano lasciato Jemma lì e se ne erano andate per lasciarli soli. Jemma sorrise a se stessa e mimò con la mente un “vi adoro”.
Derek: Allora, vediamo, devi dirmi qualcosa?
Jemma: In che senso?
Derek: Hai conosciuto qualcuno di nuovo? Qualcuno con cui diciamo…
Jemma: No Der no!
Derek: Meglio così! Non mi chiedi se io ho conosciuto qualcuna?
Jemma: Devo chiedertelo?
Derek: Non so fai tu…
Jemma: Durante quest’anno hai mai guardato un’americana come stai guardando me adesso?
Derek: Nessun americana.
Jemma: Bene!
Derek: L’America è un paese multietnico.
Jemma: Der, la finisci! Sei arrivato da non so quante ore e già inizi!
Derek sorrise, ma subito dopo il suo sorriso si spense e un ombra gli pervase gli occhi.
Derek: Jemma sono arrivato i primi di luglio. Non voglio mentirti. Sapevo che eri partita, ma ho detto a Martin di non dirti niente perché volevo che finissi il tuo viaggio. E… *Jemma fece per aprir bocca e protestare, ma Derek le posò l’indice sulle labbra* e poi mi serviva tempo per prepararti una sorpresa!
Jemma li baciò l’indice e sorrise.
Jemma: Sono troppo stanca per litigare e protestare! Hai intenzione di farmela vedere oggi questa sorpresa?
Derek: Si vieni con me!
In quel momento esatto arrivò in macchina il padre di Derek.
Meson: Ciao Jem!
Jemma: Buon giorno Meson!
Meson: Allora siete pronti?
Jemma guardò Derek per rassicurarsi e annuì. La macchina li stava portando alla villa dei nonni di Derek, Jemma riconobbe la strada, ma non chiese nulla, se doveva essere una sorpresa meglio non spoilerarsi tutto. Arrivati, scesero dalla macchina e Meson li lasciò da soli. Derek guidò Jemma nel giardino, che era opposto al labirinto, e la fece entrare nel grande tendone bianco bendandole gli occhi.
Jemma: Der, sono la persona più goffa che esista quindi per favore non ridere se ti cado addosso.
Derek: Oh fidati sarebbe un piacere.
Jemma: SCEMO! Mi posso togliere la benda ora?
Andarono avanti qualche passo, all’interno del gigantesco tendone, poi Derek le tolse delicatamente la benda dagli occhi e tutto intorno a lei era magnifico, c’erano petali di rosa bianca, perché a Jemma non piacevano quelle rosse, dappertutto. Cuscini azzurri disposti sul pavimento a mo’ di cuore e al centro una scatola oro enorme forata ai lati.
Jemma: Wow!!!
Derek: Aprila!
Jemma si avvicinò a quella magnifica scatola titubante, fece un lungo respiro e piano piano la aprì rimanendo a bocca aperta per il contenuto della scatola!
Jemma: OH MIO DIO!
All’interno di quella scatola d’orata c’era un cucciolo di cane, un Dalmata precisamente, che mostrava poco più di 2 mesi.
Derek: E’ nostro. Ho pensato che ti sarebbe piaciuto e che siccome mancano due mesi all’inizio della scuola, perché quest’anno inizia i primi di ottobre, e noi dobbiamo assolutamente recuperare il tempo perduto, l’unico modo per farti stare costantemente con me era dividerti con lui. Si è un maschio. Quindi se accetti di averlo accetti di passare ogni mattina di questi due mesi con me e con lui in questo capannone o in casa. Ti chiedo solo la mattina, poi potrai uscire con le tue amiche ed io con i miei.
Jemma: Ma per tuo nonno non sarà un problema tenerlo qua!
Derek: In realtà è stato lui a darmi l’idea. Mi ha detto “le donne amano i cani, compragliene uno e vedrai che non ti lascerà piu”! *disse imitando la voce del nonno*
Jemma: Oh! Hai paura che ti lasci? *disse lusingata*
Derek: Si e sarebbe del tutto normale se lo facessi! Insomma abbiamo passato poche settimane insieme e un anno lontani, quando non facevo altro che pensare a te e odiarmi per come mi ero fatto convincere a non dirti niente! Quindi si, lui è la mia garanzia!
Jemma: Capisco.
Avrebbe voluto dire di più, ma non lo fece.
Derek: Allora? Accetti di passare con me e con lui ogni mattina dei prossimi due mesi?
Jemma: Accetto. Come si chiama? *disse prendendo il cucciolo tra le braccia*
Derek: Il nome devi sceglierlo tu, tesoro.
Jemma: Okay, che ne dici di Aliado? Significa “alleato” e credo che più di una garanzia per te lui sia un degno alleato.
Derek: Mi piace e ti amo.
Lo disse così, senza pensarci tanto, come quando si dice “ho sonno” oppure “ho fame”. Era un semplice dato di fatto, che semplice per il cuore di Jemma non era tanto. Jemma si limitò a sorridere anche se per la seconda volta in quella giornata non disse quello che vermente avrebbe voluto pronunciare.
Anche Derek sorrise, era un sorriso rassegnato, era consapevole che lei ancora per un po’ di tempo non lo avrebbe detto e sapeva che era una cosa normale. Anche se lui sentiva di conoscerla da sempre lei aveva bisogno di tempo.
Derek: Andiamo, lasciamo pure Aliado qui tra un po’ viene mio nonno a dargli da mangiare.
Jemma: Va bene.
Derek si girò di spalle e uscì dal tendone, Jemma lo seguì fino all’esterno, ma poi qualcosa nella sua mente le disse di fermarsi e di farsi coraggio.
Jemma: Anche io…
Derek si girò lentamente non capendo a cosa si riferisse.
Jemma deglutì e sempre alla stessa distanza tra di loro, ma guardandolo negli occhi glielo disse.
Jemma: Ti amo anche io, Derek.
Derek, fece uno dei sorrisi più belli e sinceri che avesse mai fatto e fece una cosa tenerissima, si avvicinò a lei e invece di baciarla sulle labbra le diede un bacio delicato sullo zigomo sinistro.
Derek: Ne sono felice.
Jemma: Scusa se ci ho messo tanto.
Naturalmente tutta la dolcezza che prima Derek aveva usato svanì all’istante. La attirò a se, stringendola con le sue forti braccia la baciò assiduamente.
Jemma: Derek, capisco che tu mi voglia far sentire i tuoi bicipiti scolpiti, ma non…non respiro!
Derek: Scusa, ma non voglio che ti scusi perché ho adorato il modo in cui me l’hai detto e l’attesa ne è valsa la pena! Per quanto riguarda i miei bicipiti *la strinse ancora di più*mi sono allenato tanto in America per non pensare e per poterti poi stringerti forte fino a toglierti il respiro.
Jemma: Mi è mancato il tuo modo di stringermi e di togliermi il respiro.
Jemma non lo lasciò rispondere baciandolo appassionatamente e infilandoli le mani nei riccioli color miele. Evidentemente questo contatto piacque perché Derek le morse il labbro inferiore in modo affettuoso.
Derek: Credo che dovremmo andare a cenare.
Jemma: E’ già ora, devo tornare a casa!
Derek: No, non devi, oggi ceni qui con me e con mio nonno. Mio padre ci passerà a prendere e poi ti riporterà a casa. I tuoi lo sanno già!
Jemma: Non so se il fatto che tu pianifichi tutto mi piace o no.
Derek: Io credo che ti piaccia.
Jemma: Forse hai ragione.
Derek: Nonno lei è Jemma!
Jemma: Piacere signor Ramsey!
Nonno Derek: Il piacere è tutto mio, Jemma. Chiamami pure Terence.
Jemma: Oh va bene!
Terence: Allora vogliamo accomodarci?!
Si sedettero intorno a un grance tavolo rotondo, apparecchiato in modo perfetto, ma casalingo senza tanti bicchieri o posate, semplicemente una tovaglia viola chiaro, due piatti con bellissimi disegni floreali per ogni posto, delle posate in avorio e lunghi bicchieri di vetro. Vicino al tavolo c’era una donna di quasi 60 anni forse qualche anno in meno di Terence, aveva un sorriso gentile e sereno e la pelle scura africana, vestita da cameriera con un grembiule che riprendeva il colore della tovaglia.
Terence: Jemma ti presento Susy, lei dovrebbe essere la cameriera di casa, ma in realtà è una grande rompiscatole!
Susy: Oh la finisca signor Terence, io faccio il mio dovere! E’ un onore conoscerti Jemma.
Jemma sorrise intuendo che Susy non era semplicemente la cameriera di quella casa, magari un tempo lo era stata, ma con il passare degli anni doveva aver legato molto con il nonno di Derek.
Jemma: Immagino lo sia anche per me!
Derek: Susy è la signora di casa ahahah, mia nonna Victoria l’ha conosciuta quando aveva 20 anni, dopo aver sposato mio nonno e essere venuto a vivere qua l’hanno assunta come cameriera, ma adesso fa praticamente tutto lei qui con suo figlio che ora è diventato l’autista…
Jemma: Oh si, Lorhim, giusto?! L’ho conosciuto alla festa di fine estate…
Terence: Esatto! Bene mangiamo e Susy chiama quel testone di tuo figlio, appunto il mio autista, che la mia pancia reclama cibo!
Susy: Vado subito!
Terence: Mia moglie Victoria non ha mai voluto che i nostri “collaboratori casalinghi”, come li chiamava lei per non dire servitù, mangiassero in cucina da soli quindi eccomi qui che tutti i santi giorni devo aspettare che Lorhim si faccia vivo!
Jemma sorrise di nuovo e prese quei 5 minuti di silenzio mentre aspettavano Lorhim e Susy per osservare il nonno di Derek.
Terence era un uomo sui 70 anni, che portava benissimo, aveva la solita pancia gonfia da bevitore accanito di birra, i cappelli riccioluti come Derek biondi quasi bianco ormai e gli occhi azzurri come Meson, suo figlio. Doveva essere stato un bell’uomo perché lo era tutt’ora. Aveva dei jeans scuri un po’ consumati con alla fine delle sfumature di verde a causa, aveva pensato Jemma, del tempo passato in giardino a scolpire quello che sentiva e ricordava di sua moglie, portava elegantemente una camicia azzurra con della polvere bianca di roccia rimasta sopra i bottoni sempre per colpa del suo lavoro da scultore. Aveva le mani grandi e affusolate con delle cicatrici sul palmo che forse gli aveva provocato lo scalpello, che doveva essere la cosa che conoscevano meglio le sue mani oltre al ricordo della pelle vellutata di Victoria, suppose Jemma.
Arrivati Lorhim e Susy, iniziarono a mangiare e parlarono di diversi argomenti. Tra cui Victoria. Ogni volta che Terence pronunciava il suo nome i suoi occhi ancora perdutamente innamorati di lei e malinconici si illuminavano. Jemma aveva capito che ogni volta che parlava di lei non c’era mai assoluta tristezza ma più rassegnazione di averla perduta e coraggio nel continuare a ricordarla, rendendola viva nel suo cuore e in quello delle persone che gli stavano intorno. Ripeteva costantemente frasi come “Victoria avrebbe detto” o “Victoria avrebbe fatto” oppure “Victoria si sarebbe mesa a ridere” o anche “Victoria sarebbe stata d’accordo”.  La teneva viva nel ricordo di tutti e la faceva conoscere a chi non aveva avuto il piacere di averlo fatto quando lei era ancora in vita.
Terence: Anche Victoria aveva i capelli rossi!
Jemma: Davvero?
Terence: Si, mia moglie avrebbe tanto voluto che i suoi figli gli avessero avuti come lei o almeno i suoi nipoti almeno avrebbe avuto il tempo per goderseli. Ma come forse sai anche tu i capelli rossi si prendono, forse non è neanche una vera certezza, ogni 2 generazioni, quindi in teoria i suoi bisnipoti gli avranno rossi, ma guardandoti direi che quel forse nel nostro caso si può togliere.
Jemma rimase paralizzata, non osando guardare Derek, era chiaro quello che aveva inteso Terence. La gola le si fece secca e decise di bere un po’ d’acqua.
Derek: Non deluderemo la nonna stai tranquillo, nonno!
E a Jemma dopo questa affermazione andò di traverso l’acqua ed iniziò a tossire ininterrottamente, con gli occhi rossi umidi di lacrime per lo sforzo.
Terence sorrise per la situazione.
Derek: Ehi Jem stai bene?
Jemma: Si…si…mi hai solo spiazzato con la tua frase ma si tutto a posto!
Derek fece una faccia confusa non capendo cosa intendesse Jemma, ma poi Jemma si mise a ridere e lui dopo aver riflettuto sulla sua frase precedente, rise anche lui. Terence, Susy e Lorhim li seguirono a ruota.
Arrivati al dolce della cena, affrontarono un altro argomento.
Terence: Parlami dei tuoi nonni.
Jemma: Oh okay! I miei nonni paterni sono morti entrambi in un incidente in barca, non li ho mai conosciuti. Mia nonna materna si chiama Kathrine e fa la cuoca e ha 60 anni, mio nonno si chiama Aaron e fa il muratore e ha 67 anni. Mia nonna ha una pasticceria/panetteria in centro, mentre mio nonno ha costruito la metà delle ville di Atlanta.
Terence: Tuo nonno è Aaron Keenes?
Jemma: Si!
Terence: Ha costruito lui questa villa!
Jemma: Oh è molto probabile, solo il labirinto non è molto nel suo stile…
Terence: Bhe quello no! Mia moglie nel tempo libero era una giardiniera!
Jemma: Oh capisco!
Derek: Bhe nonno, direi che Jemma debba andare a casa!
Jemma: Si giusto…
Derek: Vado a chiamare mio padre.
Jemma e Terence rimasero soli.
Terence: Jemma cara è stato davvero un piacere conoscerti!
Jemma: Anche per me!
Terence: Scusa ma devo chiedertelo, Derek lo ami veramente?
Jemma arrossì fino ai piedi per quella domanda e fece per aprir bocca, ma le parole di Terence la bloccarono.
Terence: Bè questa tua reazione mi ha risposto, ho capito, e sono contento che lui abbia trovato una ragazza come te! Anche Victoria arrossiva spesso quando era in imbarazzo…me la ricordi molto. E Derek mi ricorda me nel modo in cui ti guarda.
Jemma chiese ancora più in imbarazzo.
Jemma: Scusi Terence, ma come mi guarda?
Terence: Come se fossi la sua unica ragione di sorridere.
   
 
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