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Autore: Bill Kaulitz    06/12/2015    2 recensioni
‹‹Bene, passi nuovamente.›› Bill obbedì senza esitare e, come temeva, suonò ripetutamente. Avvampò di più. Constatò di aver sentito qualcuno ridacchiare. Si voltò ex novo, e vide un ragazzo alquanto strano, ridere sotto i baffi. Avvertendo di essere stato sgamato, fece il vago; guardando da tutt’altra parte e grattandosi dietro la nuca. Bill alzò un sopracciglio e schioccò la lingua.
Voglio proprio vedere se nascosta sotto tutti quei rasta neri, non ci sia della droga.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Incest
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- Capitolo 21 -

 

Erano quasi cinque minuti che Bill ed Heidi erano davanti la porta d’ingresso di casa Listing. Nessuno dei due aveva il coraggio di suonare. Si guardavano a vicenda e fissavano al contempo il campanello.

‹‹Perché non suoni?››

Disse poi Heidi dando una leggera gomitata a Bill.

‹‹Perché non bussi tu?›› controbatté Bill, ricambiando la gomitata. Continuarono così per un altro lungo minuto. Nessuno dei due riusciva a trovare il coraggio di bussare. Che reazione avrebbero avuto vedendo Georg in quelle condizioni? Perché avrebbe dovuto avere un aspetto malsano, vero?

‹‹Cazzo, Bill. Non possiamo stare tutto il giorno qui. Suona quel cazzo di campanello. Prima entriamo e prima andiamo via. Non so nemmeno che reazione avrò vedendo quel pezzo di merda. Deve ringraziare il Signore che sta male, altrimenti l’avrei ucciso con le mie stesse mani. Ora suona quel dannato affare ed entriamo.››

Questa volta Heidi parlò sul serio. Alzò notevolmente il tono di voce e Bill non osò controbattere. Si riempì i polmoni d’aria e la buttò fuori tutta in una volta sola. Socchiuse gli occhi e suonò.

Ci vollero pochi istanti prima che la porta venisse aperta da una figura alta, magra e piuttosto invecchiata. Karol, la mamma di Georg.

Nessuno dei tre fiatò. Calò il silenzio e l’imbarazzo. Si guardarono per pochi attimi negli occhi, trattenendo il respiro. Karol aspettava l’arrivo del ragazzo, ma non si aspettava l’arrivo di Heidi. Dopotutto, avrebbe dovuto immaginare che non si sarebbe mai e poi mai presentato da solo.

‹‹C-ciao, ragazzi››

‹‹Ciao, Karol.›› dissero all’unisono.

‹‹Entrate. Georg scenderà a breve. È sotto la doccia.››

Karol fece entrare i due fratelli in casa, chiudendo successivamente la porta alle sue spalle.

‹‹Ti aspettavo solo. Senza offesa, Heidi.››

‹‹Non ti preoccupare. Mi ha chiesto Bill di accompagnarlo, ed io non ho esitato a farlo.›› disse pungente la ragazza, guardandola dritto negli occhi. La signora non resse lo sguardo e fu costretta a distogliere gli occhi da quelli di Heidi.

‹‹Prego, accomodatevi. Posso offrirvi un thè freddo con un po’ di strudel? L’ho fatto da poco.››

I due ragazzi si sedettero al tavolo posto al centro della sala da pranzo e declinarono entrambi.

‹‹Vado ad avvisare Georg che siete arrivati.›› diede loro le spalle e si allontanò.

‹‹Ho passato le giornate, qua dentro.›› disse improvvisamente Bill, guardandosi intorno. Niente era cambiato. Tutto era esattamente come anni addietro.

‹‹Certo, Bill. Non lasciarti infinocchiare da ciò che possa dirti, o non farti impietosire dalla situazione. Ricordati dell’odio che ho nei confronti di Georg. Solo io so cosa hai passato per colpa sua. Okay, la morte non si augura a nessuno, ma quando mi hai detto che stava per morire, ho pensato: ha avuto ciò che si merita.››

Bill non rispose.

‹‹Smettila di fare il mollaccione. Esci i coglioni una buona volta, fratello mio.››

Non fece in tempo a dir qualcosa che, dalle scale, si intravide Karol seguita da...Georg? No. Quello non poteva essere lui.

I due ragazzi restarono decisamente sconvolti. Sia Heidi che Bill avevano la bocca aperta e gli occhi sgranati. Mai e poi mai avrebbero immaginato una cosa del genere. La figura dietro Simone, non era Georg. Era uno scheletro. Sì, forse era lo scheletro di Georg. Persino la più leggera folata di vento avrebbe spazzato via quell’esile figura. Il vecchio Georg, quello palestrato, tonico, muscoloso, ormai era solo un lontano di ricordo. Del Georg che conosceva Bill, non era rimasto praticamente nulla.

Il tumore lo stava letteralmente consumando. Forse pesava 40, massimo 45 chili. Le guance erano infossate, così come gli occhi. Indossava una canotta bianca che lasciava intravedere il petto; quel petto che, un tempo, era pieno e ben allentano, ora non era altro che pelle ed ossa. Si vedevano nettamente le ossa della cassa toracica. Le braccia e le gambe sembravano stuzzicadenti pronti a spezzarsi da un momento all’altro. La pelle secca, rugosa e piena di macchie scure.

‹‹Bill, Heidi…che bello vedervi.›› la sua voce era rauca, cupa. Tossì forte. Ormai era diventato uno sforzo parlare. Si avvicinò ai due ragazzi e li salutò con un sorriso. Un sorriso ormai spento.

‹‹State così bene. Tu Heidi sei cambiata tantissimo…tu sei sempre uguale invece.›› disse tristemente, guardando quel ragazzo che, un tempo, era stato suo.

‹‹Chiederti come stai sarebbe una presa per il culo, vero?›› disse Bill apatico, guardando negli occhi il ragazzo. Forse, quegli occhi verdi, erano l’unica cosa che non aveva subito modifiche. Erano sempre gli stessi…un po’ più tristi…ma sempre quelli.

‹‹Guarda, Bill. Sono stato anche peggio. Di solito dopo la chemio.››

‹‹Perché mi hai fatto venire, Georg?››

Calò nuovamente il silenzio. Karol guardò il figlio e capì che era arrivata l’ora di lasciarli soli.

‹‹Ragazzi, io vado a fare un po’ di spesa. Spero di trovarvi al mio ritorno.›› li salutò anche lei con un sorriso altrettanto spento. Prese le chiavi dell’auto ed uscì di casa, consapevole che, al suo ritorno, non li avrebbe più trovati. Forse era meglio così.

Non appena Karol chiuse la porta, Georg scoppiò a piangere.

‹‹Non voglio impietosirti, Bill, perché non è mia intenzione farlo…›› iniziò con voce tremola e rauca. ‹‹Ma voglio solo farti capire quanto mi dispiaccia averti ferito.››

Bill sospirò e la sua reazione, fu alzarsi dalla sedia e andargli incontro. L’abbracciò forte. Georg ricambiò l’abbraccio, stringendolo ancora più forte e piangendo ancora di più. Heidi restò seduta. Si morse il labbro inferiore, cercando di trattenere anche lei le lacrime. È vero, l’odiava con ogni cellula presente all’interno del suo corpo, ma vederlo ridotto in quelle condizioni, colpì anche il suo cuore di ghiaccio.

‹‹Mi dispiace così tanto averti ferito, Bill. Mi dispiace così tanto.›› continuava a stringerlo, come se fosse ancora possibile. Quella sicuramente sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe potuto farlo.

Bill non rispose. Lo abbracciò forte e, con un po’ di coraggio, sussurrò quelle parole che Georg avrebbe voluto sicuramente sentire. Ecco perché l’aveva chiamato. Non per vederlo un’ultima volta, non per impietosirlo, ma per avere il suo perdono. Georg voleva morire senza quel senso di colpa che, probabilmente, gli stava divorando l’anima.

‹‹Io ti perdono, Georg. Ti perdono.›› sussurrò il ragazzo. Georg improvvisamente si staccò da quell’abbraccio così intenso. Lo guardò dritto negli occhi. Bill sorrise tristemente. ‹‹Ecco perché mi hai chiamato. Volevi che ti perdonassi. Adesso l’ho fatto. Ti perdono, Georg. Non torturarti più. Sì, è vero, sono stato male…avevo giurato a me stesso che non mi sarei mai più innamorato di nessuno…ma sai cosa ti dico? Io ti ringrazio…perché mi hai reso più forte, più sicuro di me stesso...l’ho superata…è ora di metterci una pietra sopra. Tutti sbagliamo nella vita. Errare è umano, perdonare è divino. Giusto?››

Non aggiunse nient’altro. Gli occhi di Georg si illuminarono e, questa volta, sorrise per davvero. Era felice. Rivolse il suo sguardo verso Heidi.

‹‹Forse tu non mi perdonerai mai, ma voglio dirti una cosa…ho amato tuo fratello. Lo amo tutt’ora, e credo che lo amerò anche nell’aldilà. Volevo solo farti sapere questo,  visto che sei qui anche tu. L’avevo immaginato. Bill non sarebbe mai venuto da solo. Grazie per quello che hai fatto, Bill.›› disse rivolgendosi nuovamente verso il biondo.

‹‹E grazie anche a te, Heidi.››

Heidi non rispose.

No. Lei non l’avrebbe mai perdonato. Non poteva farlo.

*

Quando uscirono dall’appartamento, Bill si sentì più sollevato, più leggero. Forse aveva fatto bene anche lui quell’incontro.

‹‹Sai Heidi, mi ha fatto davvero bene rivederlo. Mi sento più leggero anche io. Non ho più rimpianti verso di lui. Anche perché, grazie ad oggi, ho capito di essere davvero innamorato di Tom. Perdonarlo, è stata come una liberazione. Avevo quel peso addosso che stava impedendo di aprirmi totalmente. Io lo amo, Heidi. Amo Tom come non ho mai amato nessuno nella vita. Come non ho mai amato Georg. Io sono certo che ci rivedremo un giorno...››

Heidi non disse nulla. Sorrise e si mise sotto braccio al fratello, poggiando dolcemente la testa su di esso. Vedere Bill così, la faceva sentire serena.

 

Nove mesi dopo

‘Ormai credo di aver perduto ogni speranza, Sarah.’ Inviato alle 11:05

Visualizzato alle 11:05 – Sarah sta scrivendo…

‘Chiamami. Detesto messaggiare.’

Visualizzato alle 11:06

Bill sorrise. Dopo tutti quegli anni che la conosceva, ancora non aveva capito che Sarah odiava fare dei discorsi serie e lunghi per messaggi. Selezionò il suo contatto e premette il tasto verde.

Ehi scimmietta!

Rispose ironicamente la ragazza.

‹‹Ehi giraffa!››

Mi hai rotto le palle con questo Tom. Dimenticalo, Bill. È acqua passata. Sono trascorsi nove mesi da quella cazzo di crociera. Se non ti ha mai cercato, vuol dire che per lui eri soltanto un passatempo. Perché non te lo vuoi ficcare in quella testaccia di merda che hai?

‹‹Ehi modera il linguaggio, scema.›› disse Bill scherzando. Gli insulti erano all’ordine del giorno per loro. Insulti affettivi, certo. ‹‹Ho ancora il biglietto che mi ha dato prima di lasciarmi. Non l’ho ancora aperto. Ha detto che avrei capito io stesso quando aprirlo. Ed io credo sia arrivato. Lui non mi ha dimenticato, Sarah. Perché nessuno vuole capirlo?››

Stringeva quel foglietto di carta come se fosse la cosa più importante del mondo. Aveva ancora il suo profumo. Gli vennero i brividi. Dio quanto gli mancava.

‘Se senti che sia arrivato il momento giusto, non vedo il motivo per il quale tu non debba farlo.’

Bill era disteso sulla panchina del parco dove, solitamente, andava con Sarah o con sua sorella. Questa volta era da solo. Il vento che soffiava, era gelido. Il fumo che usciva dalla sua bocca era così denso da sembrare nebbia.

‹‹Io lo amo, Sarah. Lui ama me. Che senso avrebbe dirmelo se non lo si prova davvero. Tu non sai i momenti magnifici che abbiamo passato insieme, mi ha salvato la vita quando c’è stato quell’alluvione. Non hai idea della paura che ho avuto…e tu sei a conoscenza del motivo per il quale io ne abbia.››

‘Sì, Bill. Lo so. Allora sai cosa ti dico? Apri quel biglietto. Adesso devo andare. È arrivato a prendermi Kristoff. Poi voglio sapere cosa c’è scritto. Stammi bene scimmietta. Riguardati. Ti voglio bene.’

‹‹Te ne voglio anche io.››

Non appena chiuse la chiamata, ripose il cellulare in tasca ed incrociò le braccia al petto. Sospirò, aveva lo sguardo perso nel cielo plumbeo. Ogni tanto scendeva qualche fiocco di neve che, dolcemente, si posava sul viso del ragazzo. Socchiuse gli occhi e gli venne da piangere.

Dove sei, Tom?

Pensò poi. si portò la mano destra vicino al viso. Il pugno era serrato. L’aprì leggermente e vide il bigliettino ripiegato più volte su ste stesso. Il cuore gli tremava, così come il resto del corpo.

‹‹Okay, Bill. Apri e leggi questo fottuto biglietto.››

Non ci pensò a lungo; anche perché se l’avesse fatto, di sicuro non l’avrebbe più letto. L’aprì subito e cominciò.

 

Ciao piccolo…come stai? Se stai leggendo questo biglietto, vuol dire che non hai avuto notizie di me.

Ecco. Tom lo sapeva. Lo sapeva fin dall’inizio. Un lieve sorriso si dipinse sul volto di Bill. Era cominciato bene.

Voglio tranquillizzarti. Non mi sono affatto dimenticato di te. Come potrei farlo? Sapevo che avresti colto il momento giusto per leggerlo. Quanto tempo è passato prima che tu lo leggessi? Due mesi? Tre?

‹‹No, Tom…ne sono passati nove…›› disse poi Bill. Il suo cuore si strinse.

Forse anche qualcosa in più. Mi auguro di non averti ferito, o peggio, non voglio che tu abbia pensato che mi sia dimenticato di quello che abbiamo passato insieme. Sei sempre nei miei pensieri, Bill. Non smetto un secondo di pensarti…e ti penserò sempre…anche se non avremo contatti per i prossimi mesi.

Qual era il senso di quel biglietto, quindi?

Ti starai chiedendo il motivo per il quale io sia sparito, vero? Adesso te lo spiego. Devi sapere che, una volta sbarcato, non tornerò a casa. Dovrò fare uno stage di un anno in Giappone. Ti ho detto che studio informatica, vero? Bene. Per il mio alto rendimento, ho vinto questo corso. Anche Gustav, Andreas e Georg, l’hanno vinto. Sì, sicuramente starai pensando che siamo quattro secchioni.

Il viaggio è tutto pagato dal College. Ovviamente non avrò né internet, né altro. È un corso intensivo e dovrò studiare praticamente ogni secondo quella giornata. Quindi, tesoro mio, non spaventarti se passerà tanto tempo…tu sarai sempre nei miei pensieri…e ricordati la promessa che ti ho fatto. Io non mi rimangio la parola. Non sarà l’oceano a separarmi da te. Tornerò a prenderti.

…e un’altra cosa…quando ti ho detto ti amo, lo pensavo davvero.

Con affetto, Tom.

Era in lacrime. Strinse quel biglietto così forte da farlo diventare parte di sé.

‹‹Lo sapevo. Sapevo che non ti saresti dimenticato di me. Mio Dio. È il giorno più bello della mia vita.››

Si mise seduto su quella panchina. Aveva la schiena gelata. Lesse e rilesse quel biglietto. Era la sua risposta a tutto.

‹‹Devo dirlo ad Heidi.››

Si alzò di scatto e si diresse correndo verso casa.

*

‹‹OMIODIOCHECOSATENERA!›› urlò Heidi saltando in braccio al fratello, riempiendolo di baci dappertutto. ‹‹CHECOSATENERA!›› urlò di nuovo. Bill scoppiò a ridere cercando di tenere su la sorella. Gordon e Simone, sentendo le urla, salirono su in camera della figlia.

‹‹La volete piantare di urlare tutt’e due? Cosa diamine vi è preso?›› dissero entrambi, aprendo la porta di scatto. Temevano di trovarli uno sopra l’altro che si accapigliavano per chi dovesse usare per primo la piastra.

‹‹NON PUOI CAPIRE, MADRE.››

‹‹Madre? Heidi stai bene?››

‹‹NON POTETE CAPIRE!›› disse Bill. Mise Heidi in terra e lesse ad alta voce il biglietto. Restarono sbalorditi anche loro.

‹‹Aspetta…ma Tom non è il ragazzo che hai conosciuto in crociera? Dio Bill, sono passati nove mesi. Pensavo l’avessi dimenticato.››

‹‹No, papà. Non l’ho dimenticato. Non l’ha fatto nemmeno lui, da come puoi vedere.››

I suoi occhi brillarono, così come il suo sorriso. Forse non era mai stato tanto felice in vita sua.

‹‹Sono felice per te.›› disse poi Simone, sorridendo.

Bill corse in contro ai genitori e li abbracciò più forte che poteva. Anche Heidi lo fece.

‹‹Il merito è tutto vostro e di quella splendida crociera, se ho conosciuto una persona come lui.››

   
 
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