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Autore: Black Mariah    08/12/2015    4 recensioni
-Michael è un ragazzo dell'alta borghesia di New York, erede di uno dei più ricchi banchieri d'America. Sarah lavora in un supermercato per pagarsi i materiali per i suoi dipinti e aspira a diventare un'artista. Perfetti sconosciuti, conducono stili di vita diversi, vivono in contesti sociali diversi, ma c'è qualcosa che li accomuna: un letto di ospedale.
Il destino ha deciso di farli incontrare in un momento sbagliato: non possono parlarsi, non possono toccarsi, non possono vedersi.
Sarah passa il tempo facendo volontariato al General Hospital di NY e si troverà inaspettatamente a provare dei sentimenti per quell'estraneo in coma: Michael.-
Dal primo capitolo:
"I suoi tratti somatici erano dolci, molto belli e delicati per un ragazzo. Aveva i capelli castano chiaro tendente al biondo e il mento ricoperto da una leggera barba dello stesso colore. Il suo viso in svariati punti era segnato da escoriazioni, mentre le braccia nude, presentavano fasciature, lividi e tagli.
Se non si fosse trovata in quella situazione, e se non ci fossero stati quegli evidenti segnali di incedente, avrebbe scommesso che il ragazzo stesse dormendo beatamente"
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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-Allora come sta andando la terapia?- chiese Crambell a Michael, mentre usciva dalla sua borsa di cuoio una pomata lenitiva alla calendula.
-Credo bene- rispose Michael sfilandosi la maglietta e appoggiandola sul letto.
Il dottore era andato a trovarlo a casa per visitarlo e accertarsi che stesse bene, previa minaccia velata della signora Trisher ovviamente.
-I mal di testa? Ce li hai?- chiese il dottore, infilandosi dei guanti in lattice e iniziando a sfregarsi le mani per riscaldarsele.
-Qualche volta- commentò Michael, che si mise seduto sul letto dando la schiena al dottore.
Crambell guardò la schiena del ragazzo e sospirò: quella era l’unica evidenza che testimoniava la precedente situazione del ragazzo.
-E queste? Ti danno fastidio?- chiese il dottore, iniziando a porre un po’ di crema sulle ragadi che Michael aveva dietro la schiena. Dall’ultima volta che l’ebbe visto doveva ammettere però che erano migliorate. Quella specie di bolle si erano seccate e adesso erano simili a tante crosticine o solamente a pelle morta di colore un po’ più scuro.
Michael si fece più ritto nel sentire le mani fredde del dottore entrare in contatto con la sua schiena e iniziò ad avvertire dei forti brividi di freddo.
-Quando mi muovo tirano un po’, ma è un fastidio sopportabile. All’inizio avvertivo del vero e proprio dolore, ma adesso se non ci penso è come se non le avessi- ammise, avvertendo immediatamente sollievo ogni volta che il dottore gli massaggiava la schiena.
-Tua madre ha insistito affinché venissi io a visitarti. E’ molto protettiva- asserì il dottore, incitando Michael a togliersi i pantaloni e a distendersi sul letto. Avrebbe dovuto fare la stessa cosa anche sui polpacci.
Michael alzò gli occhi al cielo –Sì, me l’ha fatto presente anche a me- ammise, ormai abituato al comportamento della madre –Ma davvero…Sto bene- aggiunse il ragazzo, rimanendo in boxer di fronte al dottore e stendendosi sul letto. Sentì le mani di Crambell massaggiargli i polpacci e sentì l’umido della crema entrare in contatto con le ferite. Le ragadi erano dovute al fatto che era rimasto immobile per più di un mese e a parte i mal di testa, era l’unico effetto collaterale che aveva avuto a causa dell’incidente, o quanto meno l’unico effetto di cui si era accorto.
-Sei stato molto fortunato- fece il dottore, togliendosi i guanti in lattice e chiudendoli in una bustina trasparente.
Michael fece un cenno con  la testa. Tutti non facevano altro che ripetergli quanto fosse stato fortunato e di come le cose sarebbero potute andare molto peggio, ma la verità era che lui non si sentiva fortunato, si sentiva come qualcuno a cui avevano tolto due mesi di vita senza il suo permesso.
Crambell in meno di mezz’ora fu fuori da casa sua e lui prese a prepararsi per l’appuntamento. Decise di mettersi la prima cosa che gli capitò davanti agli occhi nell’armadio e poi senza pensare troppo sul da farsi uscì.
Si stava avvicinando alla porta di ingresso e aveva appena preso le chiavi di casa e della macchina quando una voce alle sue spalle lo bloccò, facendolo voltare.
-Michael dove stai andando?- gli chiese sua madre con tono brusco.
-Sto uscendo- rispose vago lui, facendo scorrere gli occhi su un punto indefinito della stanza.
-Con la macchina?- chiese ancora sua madre, un po’ preoccupata dalla cosa.
-Sì- rispose Michael, interpretando il tono ostile di Amanda e aspettandosi da un momento all’altro una specie di ramanzina.
-E’ proprio necessario?- chiese la donna avvicinandosi al figlio e cercando di fargli cambiare idea.
-Cosa? Che io esca o che esca con la macchina?- la canzonò Michael, arrivando al punto della situazione. Era uscito dall’ospedale da più di due settimane e sua madre continuava a fargli storie ogni volta che cercava di prendere la macchina.
Amanda sospirò e poi guardò Michael negli occhi. Possibile che per lui era così difficile capire?
-Non puoi farti accompagnare da Edward?- chiese lei, assumendo la sua solita espressione imperturbabile.
-Mamma, secondo te, per arrivare a Brooklyn e uscire a prendere un caffè con un’ amica, mi faccio accompagnare dall’autista di mio padre?- chiese Michael a metà tra l’ironico e l’innervosito.
-Con un’amica?- chiese la madre, che sembrava essersi fermata solo a quella cosa. -Chi è?- aggiunse facendo una smorfia –E poi perché devi andare a Brooklyn?- concluse ancora più stizzita.
Michael alzò gli occhi al cielo. Quando gli faceva l’interrogatorio non la sopportava.
-Saresti più tranquilla se ci vado in taxi?- chiese allora il ragazzo, stanco di quell’insensato battibecco e volenteroso di uscire di casa, eludendo la domanda della madre su chi fosse l’amica con cui stava uscendo.
I suoi genitori erano già abbastanza padroni della sua vita, non c’era bisogno fossero anche padroni delle sue relazioni personali.
Amanda strinse gli occhi a due fessure. Dopotutto non avrebbe potuto costringere suo figlio ad usare l’autista di Miles, quindi a malincuore accettò.
-Perfetto- commentò Michael, vestendosi di un finto sorriso –Ci vediamo stasera- aggiunse, finalmente pronto ad uscire di casa.
-Aspetta- esclamò sua madre, proprio quando lui stava abbassando la grossa maniglia in ottone intarsiato.
-Che altro c’è?- chiese il ragazzo, iniziando a spazientirsi.
-Ricordati che Sabato c’è il ricevimento, quindi non prendere altri impegni- asserì Amanda, voltandosi e percorrendo il lungo corridoio.
Michael sospirò e si chiuse la porta di casa alle spalle.
Il ricevimento, l’aveva completamente dimenticato.
Sua madre si era intestardita sull’organizzare quell’enorme cocktail party per festeggiare il suo ritorno ed era stata così presa dalle ordinazioni e dall’organizzazione dell’evento, che non gli aveva nemmeno chiesto cosa ne pensasse dato che era in “suo onore”, ma allora che ci pensava quello era il solito comportamento di Amanda, lei agiva per sé stessa e per l’immagine, e poco le importava se Michael non aveva nessuna voglia di festeggiare.
Prese un taxi, spazientito da quell’ultimo dialogo, e comunicò al tassista il luogo in cui doveva scendere.
Passò i successivi trenta minuti ad accorgersi di quanto fosse bella la sua città e di quanto gli mancasse farsi un giro all’aria aperta, in maniera del tutto spensierata e senza pressioni.
Il discorso con suo padre circa l’impiego alla Trisher Bank era stato solo accantonato e lui aveva la netta sensazione che Miles avrebbe colto l’occasione al party per presentare a tutti il nuovo azionario della società di famiglia. Sospirò, guardando prima i grattacieli di Manhattan scorrergli davanti agli occhi e poi ammirando il mare sotto di lui mentre attraversava il ponte di Brooklyn.  
Sarah abitava a cavallo tra i due distretti e fu particolarmente sorpreso quando si ritrovò sotto il palazzo di casa sua: era un edificio molto alto e soprattutto con grandi e ampie vetrate per ogni piano.
Pagò il tassista e scese dall’auto, pronto a dirigersi verso il portone.
Guardò il suo inseparabile orologio con il vetro rotto e constatò di essere leggermente in anticipo. Titubante sul da farsi, si guardò attorno, e scorgendo la portineria chiese a che piano fosse l’appartamento della ragazza.
Prese l’ascensore e in men che non si dica si ritrovò al quindicesimo piano, con un lungo corridoio di fronte a sé che terminava con una grande vetrata che si affacciava sulla strada.
Iniziò a percorrere il corridoio, leggendo su un lato e dall’altro delle pareti i nomi sui campanelli e quando lesse quello della ragazza, si fermò.                                                                                          
Rimase qualche istante fermo dietro la porta a pensare: aveva fissato un appuntamento con la ragazza che senza un apparente motivo gli aveva fatto visita in ospedale per più di un mese, la ragazza di cui lui conosceva diverse cose, perché a quanto aveva capito, durante le visite, lei gli parlava raccontandogli della sua vita, delle sue preferenze, o semplicemente di come le era andata la giornata e per un motivo assurdo, fuori da qualsiasi logica scientifica e medica, lui aveva ascoltato ogni singola frase elaborando ogni parola attraverso sogni e allucinazioni.
Fino a qualche giorno prima di lei riusciva a ricordare solo la voce, ma poi l’aveva vista una volta nel supermercato in cui lavorava, e un’altra volta ad una mostra d’arte che lui, grazie alle conoscenze della sua famiglia, aveva organizzato proprio per riuscire ad incontrarla ed evitare che scappasse a gambe levate e non era riuscito più a togliersela dalla testa.
Sarah era gentile, timida per certi aspetti, e molto spontanea. Era stata sincera con lui e fin da subito gli aveva fatto una bella impressione, e non perché fosse oggettivamente una bella ragazza, ma perché si era comportata a modo e non aveva fatto la gatta morta come tutte le quelle che lo circondavano, ed era stato soprattutto per quel motivo che aveva deciso di approfondire quel loro legame, capendo che avrebbe voluto conoscerla e averla nella sua vita.
Sorrise, pensando che a breve avrebbe di nuovo incontrato i suoi occhi felini e il suo sorriso perfetto e sincero, e suonò al campanello.
Dopo qualche attimo la porta si aprì, ma quella che Michael ebbe di fronte, non fu Sarah.
-Ehm, scusami, forse ho sbagliato appartamento- iniziò a dire Michael di fronte a quella minuta ragazza dai capelli color miele –Stavo cercando Sarah- aggiunse titubante.
-Oh!- esclamò Karen, squadrando Michael dalla testa ai piedi. Sbagliava o era il ragazzo misterioso della mostra di cui l’amica non le voleva parlare? Che diavolo stava combinando Sarah con quel ragazzo? Perché non ne sapeva nulla? –No, che non hai sbagliato appartamento- aggiunse leggermente isterica. Ma era un modello per caso? No, perché quegli occhi blu la stavano letteralmente sciogliendo e durante la mostra aveva notato fosse un gran bel figo, ma non aveva avuto modo di appurarlo.
-Dunque stai cercando Sarah?!- aggiunse con la sua solita sincerità e simpatica impertinenza la ragazza. Non riusciva a togliersi il sorriso di dosso e probabilmente i suoi occhi erano a cuoricino in quel momento.
-Ehm…Sì- rispose Michael, ridendosela tra i baffi e cogliendo la buffa espressione della ragazza. –E’ qui?-
-Certo che è qui, questa è casa sua- rispose Karen, stando in piedi davanti la porta –E per caso non sei venuto anche a cercare me, vero? No perché sai, lavoro da Abercrombie e abbiamo un disperato bisogno di te- scherzò Karen.
Michael scoppiò a ridere di gusto.  Ma quella ragazza chi era? E soprattutto come faceva ad essere totalmente senza peli sulla lingua?
-Accetterei volentieri, ma sono un ragazzo serio, laureato e vige al dovere- rispose Michael, davvero divertito dal comportamento della ragazza.
-Comunque Sarah si sta vestendo, te la vado a chiamare- disse Karen, ritornando seria e accennando un sorriso sincero, senza malizia. L’amica le aveva accennato ad un’uscita, ma non si sarebbe mai immaginata accennasse a quel genere di uscita, ovvero ad un appuntamento.
Sarah avrebbe dovuto sicuramente spiegarle un bel po’ di cose, prima tra tutte, da dov’è che usciva quel tipo. E quella volta l’avrebbe fatto sul serio, a costo di costringerla a parlare in un angolino.
-Sarah, fuori la porta c’è un ragazzo che potrebbe fare i cartelloni pubblicitari per Calvin Klein e chiede di te- iniziò a dire la bionda, che si era ritrovata a casa di Sarah per puro caso, parlando appoggiata alla porta.
-Cosa?!- chiese Sarah a cui stava per venire un infarto.
-Sì, hai presente il tipo figo della mostra con cui hai parlato un’eternità sul terrazzo e che ci hai detto essere solo “un ragazzo”? E’ fuori la porta…- iniziò a dire la bionda –Chi è? E soprattutto, perché non mi hai detto niente? Dovete uscire insieme? Voglio una risposta seria questa volta- iniziò a dire -Ti stai vedendo con lui? Per questo hai detto di no a Bryce? Dove l’hai conosciuto?-
-Merda!- esclamò Sarah da dietro la porta del bagno quando realizzò quale fosse il vero significato delle parole di Karen.
Stava per inciampare nelle sue stesse calze.
–Perché è già qui? E’ in anticipo di venti minuti!- esclamò Sarah che già in generale non era pronta psicologicamente ad uscire con Michael, figuriamoci a trovarselo fuori la porta di casa.  
Andò letteralmente in iperventilazione, sia perché non voleva farlo aspettare e sia perché si accorse di essere ancora mezza nuda. Per fortuna aveva portato con sé i vestiti da mettere.
Karen sospirò sentendo la voce isterica della mora e si diresse di nuovo verso la porta e quando la riaprì vi trovò Michael, sempre sorridente e gentile.
-Ti va di entrare?- gli fece –Credo che Sarah stia litigando con qualcosa nel bagno, quindi non ti conviene rimanere ad aspettarla lì impalato!- aggiunse sorridendo.
-Va bene, con piacere- rispose Michael, eccitato dall’idea di entrare in casa della mora e divertito da quella ragazza.
-A proposito, io sono Michael- si ricordò di dire, facendo un sorriso alla biondina.
-Karen- disse lei, sorridendo a trentadue denti e porgendo una mano al ragazzo.
I due si scambiarono un sorriso di intesa e Michael fece un passo avanti.
Entrò nel piccolo appartamento e lo trovò perfettamente in linea con l’impressione che gli aveva fatto Sarah.  Fu attirato dai quadri e dal cavalletto in un angolo della grande stanza e poi dalla grande vetrata su cui sotto era incassato il letto a due piazze.
Quell’appartamento trasudava la personalità di Sarah ed era tenuto molto bene nella sua semplicità.
Karen scrutò il ragazzo muoversi nella stanza e lo guardò titubante sul da farsi. Se Sarah non aveva intenzione di dirle nulla su quella storia, cosa molto probabile, avrebbe chiesto direttamente a lui.
-Allora, da quand’è che uscite insieme?- esordì Karen, senza farsi problemi di nessun tipo.
Michael si girò confuso, non troppo sicuro che la domanda fosse rivolta a lui.
-Come scusa?- chiese, credendo di non aver ben compreso.
-Sarah ti lascia venire a casa sua, quindi è palese che vi sentiate da un po’. Da quand’è che uscite insieme?- ripetè Karen sorridendo e facendo scorrere i suoi occhietti vispi sul corpo di Michael. Indossava un cappotto di panno nero con il doppio petto, un paio di jeans e un paio di sneakers e lei stava decisamente sbavando sul tappeto arancione di Sarah.
-In realtà non usciamo insieme- iniziò a rispondere Michael, incuriosito dalla prima affermazione della ragazza. Cosa significava che Sarah l’aveva lasciato venire a casa sua?
-Oh andiamo, vi ho visto insieme alla mostra, è inutile negarlo!- esclamò la ragazza, soddisfatta di aver centrato l’obbiettivo e facendo l’occhiolino al ragazzo.
-No, davvero, oggi è la…- stava cercando di dire Michael, divertito da quella situazione, ma Karen non gli diede il tempo di rispondere.
-Conosco Sarah da una vita- iniziò a dire –E non avrebbe mai dato appuntamento ad un ragazzo sotto casa sua se non…-
-Scusate l’attesa!- esclamò improvvisamente Sarah, aprendo la porta del bagno e uscendo, totalmente su di giri per aver sentito la voce di Michael attraverso la porta.
In quei mesi avrebbe immaginato tutto, tranne di ritrovarselo al centro del suo appartamento a Brooklyn.
-Scusami, ero in anticipo e avevo pensato di salire- fece Michael voltandosi e trovando davanti a sé Sarah, con i capelli sciolti che le ricadevano morbidi dietro la schiena, un velo di trucco e vestita di un semplice pantalone nero e cardigan lungo.
Il ragazzo sorrise, leggermente imbambolato dalla semplicità e dalla bellezza della ragazza. Era così fine e mai troppo eccessiva, che quasi stentava a crederci che potesse essere così vera.
Karen fece scorrere lentamente gli occhi da Sarah, che sembrava stesse sbavando sullo  stesso tappeto su cui stava sbavando lei da almeno dieci minuti, a Michael, che invece stava guardando la mora con un sorriso strano e uno sguardo più che intenso.
Il cuore di Sarah iniziò ad accelerare quando incontrò gli occhi blu del ragazzo. Michael era di fronte a lei, al centro del suo appartamento e fino a tre settimane prima lei aveva deciso di cancellarlo definitivamente dalla sua vita. 
Il ragazzo che per più di due mesi era stato come un fantasma e che l’aveva fatta quasi innamorare stando in un letto in coma, era lì, vivo e vegeto, più bello che mai e le aveva chiesto di uscire.
-Ok, credo sia meglio andare!- esclamò la bionda, interrompendo quello strano gioco di sguardi tra i due ragazzi e andando a prendere il cappotto.
-Vieni anche tu?- chiese Michael, ripresosi immediatamente dal piccolo momento di trance.
-Certo che no!- fece Karen, che non avrebbe di certo voluto fare il terzo incomodo durante quell’appuntamento, facendo l’occhiolino alla sua amica e al ragazzo.
Sarah scosse la testa e alzò gli occhi al cielo: era già tutto imbarazzante di suo, non c’era bisogno di complicare le cose in quel modo.
-Se ti va puoi venire con noi, sei appena arrivata…- aggiunse Sarah, completamente terrorizzata dall’idea di rimanere sola con Michael.
Karen la guardò dischiudendo un po’ le labbra: ma era impazzita o cosa? La guardò con sguardo truce e poi le rivolse un sorriso fintissimo e molto eloquente.
-Devo vedermi con Jordan- asserì, cercando di essere il più convincente possibile –Al massimo ci sentiamo più tardi-
Scesero tutti e tre a piano terra e si salutarono, separando le loro strade definitivamente per quel pomeriggio.
-E’ simpatica- fece Michael dopo che Karen chiamò un taxi e vi salì dentro.
-Già- commentò Sarah, a cui il cuore stava battendo così velocemente che di lì a tre minuti sarebbe svenuta per il troppo ossigeno al cervello.
-Allora…- iniziò a dire lui girandosi e facendo vagare gli occhi sulla figura della ragazza.
–Ciao- aggiunse, sporgendosi improvvisamente e lasciando un bacio sulla guancia di Sarah.
La mora deglutì e rimase pietrificata da quel movimento. Non era abituata a quel genere di sensazioni, soprattutto se era lui a procurargliele.
-Ciao- commentò lei a mezza voce, arrossendo violentemente per quel gesto spontaneo e magnetico.
Michael sorrise, avvertendosi del rossore sulle guance della ragazza. Ci avrebbe scommesso che non fosse dovuto al freddo di quei giorni.
-Come sono andati questi giorni?- chiese il ragazzo, iniziando a camminare e a seguire una via indefinita. Sarah fece la stessa cosa e cercando di riprendersi velocemente dal breve momento di trance rispose sincera.
-Non male, sono stata in galleria a tirare un po’ le somme con Davidson- rispose –A proposito, credo di non averti ancora ringraziato a dovere, insomma, probabilmente non riuscirò mai a sdebitarmi con te- aggiunse, guardando a terra e cercando di non incontrare gli occhi del ragazzo.
Il fatto che lui avesse premuto su Davidson per organizzare quella mostra era ancora una cosa a cui stentava a crederci.
-Non l’ho fatto perché tu ti sentissi in debito con me- replicò calmo Michael guardando di lato la ragazza e cercando di interpretare la sua strana espressione.
-Se c’è qualcosa che posso fare per te allora, non devi far altro che chiedere- fece la ragazza. Le sembrava la cosa più ovvia da dire. Probabilmente lei non avrebbe potuto mai soddisfare qualche sua richiesta, per lo meno economicamente parlando, ma le avrebbe fatto piacere riuscirsi a sdebitare per quanto le fosse possibile.
Michael ci pensò su qualche secondo e poi sorrise.
-Se proprio vuoi farmi un regalo per ringraziarmi, mi farebbe molto piacere avere il quadro nero e dorato- disse, sorridendo sornione ripensando a quel dipinto.
Sarah aggrottò un po’ la fronte.
-Il quadro nero e dorato? Quello esposto?- chiese titubante. Perché voleva proprio quello? In fondo non era molto grande e non era nemmeno uno dei suoi migliori lavori.
-Sì, quello di fronte cui ci siamo messi a parlare durante la mostra- continuò a dire sorridendo, ripensando allo strano ricordo che aveva di Sarah in una circostanza simile.
 –Sembri più un modello…che uno studioso- concluse imbarazzata.
A Michael scappò una risata –E chi ti dice che non posso essere entrambi? Mi stai sottovalutando!-
Le guance della mora diventarono rosse, non era stata una bella uscita.
Per cercare di non dare a vedere il suo continuo e palese imbarazzo, protese una mano e con le dita iniziò a seguire i segni della pittura sulla tela.
“-Questi gli ho fatti con dei pennelli piatti- iniziò a dire con voce quasi tremante –Mentre questi gli ho ottenuti tamponando la tela con una spugna di corallo- continuò indicando le parti nere –Le parti dorate invece sono fatte con la foglia d’oro applicata sulla tela con un collante naturale- e poi si girò, rivolgendo un sorriso a Michael.
-E’ bellissimo- fece lui –C’è qualcosa di angosciante ma anche qualcosa di terribilmente speranzoso in questo disegno. E’ come se ci fosse la luce in fondo al tunnel, non so come spiegarlo- disse con profonda ammirazione.
-Già- commentò la ragazza –qualcosa del genere-”
-Se è quello che ti piace, certamente- commentò Sarah, cercando di interpretare il suo sorrisetto. Non lo conosceva bene, anzi non lo conosceva affatto, ma avrebbe potuto affermare che quando il ragazzo si vestiva di quella espressione, stava pensando a qualcosa che gli gradiva particolarmente, o che quanto meno lo divertiva.
-Allora è deciso. Tu mi dai il quadro e niente più debito- le disse il ragazzo facendole l’occhiolino.
Sarah rimase qualche secondo interdetta. Quei suoi atteggiamenti, il suo modo di parlare, di sorridere, di strabuzzare gli occhi, erano così veri, così vivi, che stentava a credere che quello che le stesse camminando accanto fosse Michael, il suo Michael.
Sospirò, accennando un sorriso. Chissà perché l’aveva invitata a quell’appuntamento.
-Dunque…- riprese a dire il ragazzo qualche secondo dopo –Cosa fanno i ragazzi a Brooklyn per passare il tempo?-
-Mmm…- iniziò a dire Sarah sorridendo istericamente –Io credo sia la persona meno indicata a cui fare questa domanda-
-Perché?- chiese curioso Michael, scrutando la mora di fronte a sé.
-Beh, diciamo che non esco molto…Sai lavoro, dipinti…- rispose vaga la ragazza, leggermente imbarazzata di confessare quelle cose. Non voleva fare la parte della sfigata asociale davanti agli occhi del ragazzo, ma non voleva nemmeno dare l’impressione di una persona che non era.
Michael la guardò silenzioso, cercando di pensare ad un buon passatempo. In realtà voleva qualcosa di molto soft e rilassante, quindi da un certo punto di vista gli stava anche bene che la ragazza non sapesse dove andare.
-Sai una cosa…- iniziò a dire il biondo –Da quando mi sono svegliato, non faccio che pensare ad un posto- continuò, guardando Sarah con occhi strani.
Diamine, perché la stava fissando in quel modo? Si sarebbe potuta sciogliere da un momento all’altro.
-Che posto?- chiese Sarah, giusto per focalizzare l’attenzione su qualcos’altro che non fosse il viso di Michael.
Il ragazzo sospirò, titubante su quello che stava per dire, ma poi guardò meglio la ragazza, e notò di come le sue guance fossero rosee per l’imbarazzo, e si ricordò di quella sensazione di familiarità che provava in maniera naturale quando era con lei.
-Credo che tu mi abbia parlato di un lago, vicino un cimitero…- disse il ragazzo deglutendo, questa volta guardando fisso di fronte a sé.
Quello era uno dei più bei ricordi che aveva di Sarah. Si ricordava di quel pomeriggio passato sul lago, come fosse davvero trascorso. Ricordava di come Sarah l’ebbe sfiorato, di come gli avesse accarezzato il viso, e di come lei avesse iniziato a disegnare con le dita sulle sue braccia, cullata dal suono dei cigni nell’acqua e riscaldata dai raggi del tramonto.
-Oddio…- fece Sarah, che si doveva ancora abituare all’idea che Michael avesse sentito tutto ciò che lei gli aveva raccontato –Il Green Wood Cemetery…- concluse, alzando gli occhi imbarazzata, ripensando anche lei a quel pomeriggio.
-Già, credo sia quello- annuì Michael, ricordandosi il nome del posto.
Sarah sorrise leggermente, cercando di non farsi sopraffare dall’emozione che stava provando in quel momento.
-Davvero vuoi andare in un cimitero? Alla nostra prima uscita? Un po’ macabra come cosa- commentò la ragazza, cercando di sciogliere quel fastidioso nodo allo stomaco.
Michael scoppiò a ridere, ricordandosi delle stesse parole che anche lui aveva usato nel suo sogno.
-Da come me ne hai parlato è un bel posto- fece il biondo, assumendo un’espressione da cucciolo che voleva il latte.
Sarah deglutì, totalmente travolta dalla presenza di Michael accanto a lei.
-Ok- cercò di dire a fatica, notando di nuovo come il cuore le aveva ripreso a battere più velocemente nel petto –E’ che forse ora è un po’ tardi per andarci- continuò guardando l’orario. Erano le quattro, ed era Dicembre, quindi di lì a breve il sole sarebbe tramontato.
-Ma se vuoi qui vicino c’è un altro parco abbastanza simile, ci vado ogni tanto a correre- concluse la ragazza.
-E’ andata, mi fido di te- commentò il ragazzo, sorridendo sghembo. Non vedeva l’ora di stendersi su una panchina.
Una decina di minuti dopo si ritrovarono a camminare uno al fianco dell’altra, in un viale pieno di foglie arancioni a terra e con grandi alberi spogli ai lati della strada.
Proseguendo verso il piccolo lago artificiale incontrarono un chiosco di bevande e Michael insistette sul fatto di voler prendere per forza qualcosa.
-Hai la punta del naso rossa- commentò sorridendo il ragazzo guardando Sarah –Hai bisogno di qualcosa per riscaldarti- aggiunse, senza voler sentire ragioni.
Il biondo si avvicinò al camioncino senza aspettare una risposta della ragazza e iniziò a guardare attento il menù.
-Allora…un caffè latte bollente- fece, guardando i prodotti esposti.
-Uno anche per me- fece Sarah, colpita dal fatto che volessero entrambi la stessa cosa.
-E’ già per te- disse Michael, sorridendole, facendo un ghigno malizioso e tornando a rivolgersi al signore.
Sarah lo guardò interdetta.
-E una cioccolata calda. Puoi allungarmela con un po’ di Rhum e cannella?- chiese il ragazzo al signore baffuto e canuto di fronte.
Dopo qualche secondo si ritrovarono entrambi seduti su una panchina, con di fronte un laghetto artificiale con delle papere e con il sole che calante, si specchiava nell’acqua.
-Vuoi assaggiare?- fece il ragazzo guardando la sua cioccolata fumante come se fosse un bambino e rivolgendosi con estrema naturalezza alla mora, ancora un po’ scossa dall’avvenimento di poco prima.
-No, grazie- rispose Sarah, guardando interdetta il suo caffè.
-Come lo sapevi?- chiese improvvisamente, prendendo coraggio, riferendosi al fatto che Michael sapeva cosa avrebbe preso.
-Me l’hai detto tu- commentò tranquillo lui, pregustandosi il sapore della cioccolata che avrebbe bevuto di lì a cinque secondi.
-Ok, questa cosa inizia ad inquietarmi…- commentò Sarah, ricordandosi del fatto che probabilmente aveva detto a Michael, durante qualche visita, che lei prendeva sempre del caffè latte in qualsiasi ora della giornata.
Sprofondò sulla panchina, sentendosi improvvisamente nuda e spoglia di qualsiasi barriera accanto a lui.
-Ti da’ fastidio?- chiese lui, tirando un sorso alla cioccolata e poi guardando fisso di fronte a sé.
I raggi del sole erano arancioni e puntavano nella loro direzione e stava avvertendo un caldo sollievo nei punti del suo corpo colpiti dalla luce.
-Cosa?- chiese Sarah, notando come il tono di Michael si fosse fatto più serio e meno sbarazzino.
-Che…insomma, io sappia queste cose…-rispose, girandosi a guardare la ragazza. Sarah era immobile e stava guardando di fronte a sé, attratta da una simpatica paperella che sguazzava nell’acqua.
La vide sospirare, visibilmente in imbarazzo e forse anche tormentata dalla cosa.
-No…- iniziò a  dire la mora –…E’ che mi devo abituare all’idea…- continuò –Cioè, in teoria noi non ci conosciamo, quindi tendo a dimenticare che ricordi tutte le cose che ti ho detto- confessò.
Michael respirò piano, cercando di interpretare quelle parole.
-Vorresti non averlo fatto? Ora che mi sono risvegliato e che…sono qui?- chiese, preoccupato per la risposta che la ragazza gli avrebbe potuto dare.
La sua voce era calma, ma il suo tono era abbastanza eloquente ed era misto a tristezza e frustrazione.
-Cosa?!- chiese Sarah, sperando di non aver capito bene. Come poteva pensare una cosa del genere?
-Sì, insomma…Credo che tu probabilmente l’abbia fatto perché credevi che non mi sarei svegliato oppure che non ci saremmo mai incontrati…- iniziò a dire il ragazzo. Era da qualche giorno che ci pensava, da quando l’aveva incontrata alla mostra. Quali erano i motivi a spingere una ragazza a confidarsi con un estraneo in coma?
-E poi tutta la storia che io ricordi le cose che mi hai detto…Posso capire…- continuò, portando gli occhi sul bicchiere con la cioccolata, almeno si stava riscaldando le mani.
Sarah si girò a guardarlo, colpita da quelle parole e dal tono malinconico che Michael aveva usato, e per la prima volta da quando l’aveva incontrato, osò abbattere la barriera più grande che aveva fissato.
Allungò una mano e gliela poggiò sul braccio stringendoglielo delicatamente. Michael fece scorrere i suoi occhi dal bicchiere che aveva in mano, alla mano di Sarah e poi al suo viso.
Avvertì un improvviso brivido dietro la schiena e si ricordò di tutte le volte che, mentre era in coma, Sarah nei suoi sogni lo sfiorava o gli stringeva la mano.
-Perché pensi questo?- gli chiese, riducendo la sua voce ad un sussurro.
-Perché probabilmente l’avrei pensato anche io se fossi stato nella tua situazione- rispose sincero, rabbuiandosi in volto –Non è per quello che l’hai fatto? E non è per quello che sei sparita quando mi sono svegliato?- chiese ancora.
Non c’era rimprovero nella sua voce, né rabbia, voleva solo capire cosa stesse pensando la ragazza di quella situazione.
Perché aveva smesso di andarlo a trovare una volta saputo che si era svegliato?
-Non sapevo che tu riuscissi a sentire la mia voce quando ti parlavo quindi non ho smesso di venirti a trovare solo perché ti eri svegliato. Non lo sapevo nemmeno- fece Sarah, che non riusciva a comprendere quelle domande.  
Deglutì leggermente in ansia.
No, non era andata affatto come pensava lui ma non poteva dirglielo, sarebbe risultata pazza ai suoi occhi. Non poteva dirgli che aveva smesso di andare a trovarlo perché si era accorta di iniziare a provare un sentimento più forte di quello che pensava. Non poteva di certo dirgli che aveva smesso di fargli visita perché si era accorta che lui era al centro dei suoi pensieri in ogni istante della sua giornata, che lui era nei suoi sogni e nelle sue aspettative.
-Non è andata così- disse solo Sarah, cercando di mettere fine a quello strano discorso, il quale aveva decisamente imboccato una strada pericolosa. –E comunque non mi sono pentita nemmeno un attimo di averti fatto compagnia mentre eri in ospedale…- aggiunse, omettendo la parola “coma” –…anche se adesso sai che mi piace il caffè latte o che non ho mai avuto una relazione seria in tutta la mia vita- fece, un po’ in ansia soprattutto per l’ultima cosa, ma sicura delle sue parole –E’  che queste cose non le avevo mai dette a nessuno, quindi mi risulta solo un po’ strano che tu adesso le conosca. Non sono una ragazza che si confida molto facilmente, quindi mi sento solo un po’ a disagio- concluse, scostando la mano dal braccio del ragazzo e tornando a guardare con la testa bassa il suo caffè: probabilmente si era congelato.
Michael ascoltò in silenzio quelle parole e lo strano tono usato dalla ragazza per qualche ignoto motivo lo convinse. Dopotutto non poteva certo prendersela se era sparita così nel nulla di punto in bianco, le doveva già molto.
Guardò Sarah che aveva gli occhi bassi e stava fissando il suo caffè, inoltre poteva scommettere che le sue guance si fossero tinte di rosso per l’imbarazzo.
C’era una strana atmosfera tra loro ed entrambi non sapevano come comportarsi. Da una parte ognuno di loro sembrava conoscere l’altro da tempo, ma dall’altra parte entrambi erano consapevoli che quella sensazione di familiarità che provavano l’uno per l’altra non era supportata da nessun tipo di conoscenza personale.
-Perché non hai mai avuto una relazione seria?- chiese improvvisamente il ragazzo, cercando di cambiare discorso, incuriosito da quelle parole.
Sarah sospirò. Ok, Michael stava facendo decisamente delle domande sbagliate e di difficile risposta.
-Non lo so- rispose lei, cercando di essere molto vaga –Mancanza di tempo, suppongo- disse, cercando di non incontrare gli occhi del ragazzo.
Michael trattenne una risata.
-Andiamo, tutti hanno tempo per le relazioni…- fece lui, notando di come la ragazza fosse un po’ in difficoltà. Sorrise malizioso e poi si girò a guardarla. Voleva proprio sentire cosa aveva da dirgli.
Sarah sospirò, trattenendo una risatina. Doveva ammettere che il ragazzo sapeva come trarla in fallo.
-Sei l’unico a cui non è andata bene questa risposta- commentò lei sorridendo, notando di come il ragazzo avesse intuito fosse solo una scusa.
-Beh, io non sono come gli altri- rispose Michael pavoneggiandosi un po’ e facendo l’occhiolino alla ragazza.
-Decisamente- commentò la mora, che condivideva a pieno quelle parole.
Michael sorrise sornione e diede un altro sorso alla cioccolata. Quella conversazione aveva preso una piega alquanto interessante.
-E quei due ragazzi della mostra?- chiese lui impertinente.
-Chi? Jordan e Bryce?- chiese Sarah. Davvero Michael gli stava chiedendo di loro? Alla loro prima uscita?
-Sì- fece lui, non curandosi del fatto che probabilmente erano delle domande personali.
–Chi sono?-
-Oh, Jordan è la cosa più vicina ad un migliore amico che ho- rispose Sarah, ripensando al ragazzo. Anche se erano stati anni senza sentirsi spesso, da qualche mese a questa parte sembrava stessero recuperando tutto il tempo che non avevano passato insieme.
-Mmm…- mugolò Michael, contento di constatare che la sua impressione sul ragazzo era giusta. –E Bryce?- chiese ancora, accennando un sorrisino malizioso e girandosi a guardare Sarah.
-Beh…Bryce è…- iniziò a dire Sarah, che non sapeva nemmeno come definire l’amico.
-L’ex fidanzato geloso?- domandò Michael a denti stretti, ripensando all’incontro con il moro e agli sguardi omicidi che il tipo gli mandava.
Sarah rise istericamente cercando di guadagnare tempo. Michael la stava guardando sorridendo sghembo, ma in realtà voleva indagare sulla vita sentimentale della ragazza.
-No! Assolutamente- rispose la ragazza con una vocina stridula e tremante –Lui è…un mio amico del liceo-
-Beh, anche Jordan è tuo amico, ma non voleva uccidermi l’altra sera- commentò Michael.
Sarah spalancò gli occhi al sentire quelle parole. Si era accorto di tutto?
-Bryce è…Insomma noi ci frequentavamo l’ultimo anno di liceo. Poi lui è andato al college decidendosi di farsi mezza Boston e io sono rimasta qui a New York. Lui per me è solo un amico- riassunse la ragazza, cercando di risultare tranquilla e di non dare a vedere il fatto che fosse leggermente sconvolta dalla perspicacia del ragazzo.
Era così intuibile la situazione?
-E lui lo sa? O è rimasto all’ultimo anno di scuola?- chiese Michael, che sembrava aver capito tutto di quella storia.
Sarah sorrise, leggermente divertita dal tono del ragazzo.
-A quanto pare, sì- disse lei –Ma gli voglio bene e mi spiace farlo soffrire. Si è fissato con la storia che vuole darci una possibilità, ma la verità è che credo che siamo incompatibili. E poi non…-
-Non hai tempo per una relazione- concluse di dire Michael, sorridendo malizioso.
Sarah sorrise, facendo un cenno con la testa. -Già- disse, arricciando un po’ le labbra di lato.
-Perciò rifiuti tutti gli inviti o i complimenti che i ragazzi ti fanno, solo perché hai mancanza di tempo?- chiese Michael.
Aveva capito fin troppo bene cosa Sarah provasse in genere e avrebbe scommesso che non era mancanza di tempo la sua, ma semplicemente paura, paura di condividere qualcosa con un'altra persona.
Sarah deglutì. Michael probabilmente si era fatto un’idea sbagliata su di lei.
-Non ricevo nessun tipo di complimento, né inviti da parte di nessuno- commentò lei a bassa voce. Non sapeva perché Michael le aveva detto quella cosa, ma lei invece sapeva bene che non era vero, e che la maggior parte del tempo la passava tra i suoi quadri e al lavoro, e non aveva avuto modo di conoscere nessuno che la colpisse.
Beh, nessuno che la colpisse tranne lui.
-Quindi vuoi dirmi che non c’è una fila di ragazzi che ti aspettano dietro la porta?- commentò scettico lui. Chiedendosi cosa mai avesse passato quella ragazza per essere così timida e chiusa a qualsiasi tipo di rapporto.
Sam non faceva altro che ripetergli quanto fosse bella. In realtà aveva usato altri termini per definirla, ma lui era molto meno troglodita dell’amico certe volte.
Sarah fece una risata. -Sei stato dietro la porta di casa mia e hai visto che non c’era nessuno- ribatté sorridendo.
-Solo perché sapevano che sarei arrivato io da un momento all’altro- disse Michael, scolandosi la cioccolata e leccandosi le labbra. Ripensò di nuovo alle parole di Karen di qualche ora prima e divenne immediatamente curioso, ma la sua curiosità fu stroncata da un’improvvisa fitta alla tempia che lo destabilizzò per un attimo.  
Sarah scosse la testa e alzò gli occhi al cielo: doveva essere una cosa comune a tutti  i ragazzi
mediamente attraenti tirarsela in quella maniera.
Si girò a guardarlo, ma quando lo fece lo ritrovò con i tratti induriti, la testa appoggiata sulla panchina e gli occhi chiusi.
-Ehi, stai bene?- esclamò Sarah, preoccupata dall’espressione sofferente assunta dal ragazzo. Vederlo con gli occhi chiusi le fece ritornare alla mente il periodo in cui era in coma e una sensazione di malessere allo stomaco la pervase.
-Sì- fece Michael, riaprendo gli occhi e massaggiandosi una tempia. Non avrebbe voluto farsi vedere così da lei, quindi cercò di far finta che il dolore era passato.
-Ti fa male ancora?- chiese Sarah con voce bassa, intuendo che il ragazzo avesse dolore alla testa, lasciando il suo bicchiere un attimo a terra.
Michael sospirò cercando di distrarsi e di non percepire quel fastidio.
-Ora è passato- commentò solo, sentendosi in imbarazzo per la prima volta davanti a lei. Odiava quei fastidi, odiava le fitte alla testa, per come la vedeva lui lo rendevano debole, e poi non sapeva mai se le persone che gli stavano attorno provavano pena o altro.
Sarah lo guardò intensamente, scorgendo nei suoi occhi un alone di tristezza.
Da quando si erano conosciuti Michael non le aveva mai accennato dell’incidente, non aveva mai parlato del suo ricovero in ospedale, né di cosa avesse provato al suo risveglio. Avrebbe tanto voluto conoscere i suoi pensieri, le sue emozioni, ma capì anche che quelle erano cose personali del ragazzo e non volle indagare, se mai avesse voluto renderla partecipe dei suoi sentimenti l’avrebbe fatto di suo spontanea volontà.
Passarono alcuni secondi di silenzio e alla fine Sarah, con il cuore in gola e le mani tremanti, si alzò posizionandosi dietro Michael, che era ancora seduto con la testa rilassata e distesa sulla panchina.
Deglutì pensando a ciò che stava per fare, ma alla fine fu spinta da una voglia immensa di sentire di nuovo la pelle del ragazzo sotto le sue dita.
Lentamente portò le dita vicino le tempie del biondo e le poggiò delicatamente.
Aspettò qualche secondo e poi con premura iniziò a massaggiargli la fronte, cercando di alleviare il dolore del ragazzo.
Michael sussultò, sorpreso dal contatto con le dita della ragazza e riaprì gli occhi, intuendo cosa Sarah stesse facendo.
-Scusa…se non vuoi…- iniziò a dire Sarah, lasciando la presa e allontanandosi di un passo da lui, iniziando a darsi della stupida per quel gesto avventato.
-No- disse improvvisamente Michael, sentendo la ragazza allontanarsi. –Continua- aggiunse, rimanendo immobile, con lo sguardo fisso di fronte a sé e prendendo una mano di Sarah. –E’ che hai le dita fredde- fece sorridendo, tenendo ancora la ragazza per mano.
Sarah mantenne fisso gli occhi sulla sua mano e su quella di Michael che gliela stringeva, e un brivido le attraversò la schiena.
Non era più come quando era in ospedale e il ragazzo dormiva, come quando lei lo sfiorava e lui era immobile, freddo sotto il suo tocco. Le mani di Michael erano calde ed erano morbide e lei stava letteralmente morendo dietro di lui.
-Ok- sussurrò, lasciando la mano del ragazzo e riconcentrandosi sulla sua fronte.
Mosse lentamente e delicatamente le dita e piano gli iniziò a sfiorare la fronte e poi le tempie fino a scendere ai lati della mascella.
Il suo cuore le stava letteralmente galoppando nel petto e ogni volta che incontrava la pelle di Michael era come provare tante piccole scosse elettriche.
Michael era immobile sotto di lei, e stava seguendo mentalmente tutti i movimenti delle dita di Sarah. Il dolore poteva ammettere fosse quasi passato e il contatto con i polpastrelli della ragazza gli causava dei brividi dietro il collo.  Era da tempo che non provava una sensazione del genere, ma improvvisamente si ricordò dei suoi sogni, di tutte le volte che lui aveva tenuto Sarah per mano, o di quella volta al parco in cui erano stesi sul prato e lui si era fatto sfiorare il viso, quasi come la sua pelle fosse una tela su cui disegnare.
Sarah scese giù con le dita, fino ad arrivare all’incavo della mascella e risalì sulle sue guance.
Da quanto tempo desiderava farlo? Da quanto tempo le mancava sentire Michael sotto le sue dita? Non c’era più barba sul suo viso,  la sua pelle risultava liscia e glabra sotto le mani e lei per un attimo desiderò perdersi dentro di lui, rendendosi conto di provare davvero qualcosa per quel ragazzo.
Sarah fece scorrere le dita lungo la sua mascella, a tratti ai lati del suo collo e poi ancora sulle guance e lui non resistette. Prese una mano della ragazza e intrecciò le sue dita tra le sue, portandosele vicino le labbra.
Sarah sentì le labbra umide di Michael baciarle il palmo e si arrestò, incredula di quello che il ragazzo avesse appena fatto.
Abbassò lo sguardo e vide Michael rilassato, con le guance leggermente arrossate per il freddo e gli occhi chiusi, tenere ancora la sua mano vicino la bocca.
Il ragazzo si rese conto che la mora si era fermata, e aprì gli occhi, ricordandosi improvvisamente di aver preso Sarah e di averle dato un bacio sulla mano, totalmente non curante della reazione che la ragazza avrebbe potuto avere. Resosi contò di ciò si riprese, facendosi ritto sulla panchina e lasciandola.
-Scusami- disse il biondo, non girandosi a guardare il viso della ragazza.
-No, di niente- fece Sarah, con la voce ridotta ad un sussurro, rimanendo immobile dietro di lui.
Le sembrava che il punto su cui Michael aveva poggiato le labbra stesse bruciando, e poteva giurare di sentire ancora le sue labbra sfiorarla. Guardò per qualche secondo la sua mano, poi i suoi pensieri furono  interrotti dalla voce del ragazzo.
-Forse è meglio andare- disse improvvisamente, alzandosi dalla panchina e aggiustandosi il cappotto. Solitamente non era uno che non sapeva controllarsi, ma i brevi istanti passati l’avevano catapultato in un’altra dimensione traendolo in inganno.
Sarah fu scossa  dal repentino cambio di voce del ragazzo, ma cercò di ricomporsi, facendo finta che non fosse successo niente e cercando di mascherare l’improvviso disagio che provava.
Avrebbe tanto voluto dirgli di non fermarsi, che le sue labbra sulla sua mano erano state la cosa più intensa che aveva provato, ma le parole le morirono in gola e si ritrovò a camminare silenziosamente lungo il viale, ormai illuminato dai lampioni.
Michael camminava in silenzio, cercando di raccogliere le idee. Quella ragazza gli faceva uno strano effetto, riusciva ad estraniarlo e al tempo stesso a farlo sentire vivo, riusciva a dare un senso a qualsiasi piccola cosa e questo lo spaventava terribilmente, perché lui non era mai stato così. Non era mai stato uno a cui piaceva far soffrire le persone, ma poteva ammettere che con le ragazze si era comportato quasi sempre con frivolezza, forse perché anche loro l’avevano fatto con lui.
Sarah però era diversa, lui l’aveva immaginata diversa, e si era rivelata tale.
Da quanto la conosceva? Da due giorni in teoria, ma a lui sembrava di conoscerla da molto più tempo ed era questa cosa a destabilizzarlo. Inoltre la ragazza era sempre gentile, mai inappropriata e a lui questo lato di lei piaceva e gli interessava particolarmente.
La guardò con la coda dell’occhio: perché era in silenzio? Aveva osato troppo con quel gesto un po’ affrettato di prima?
I capelli le ricadevano morbidi dietro la schiena e le punte rossicce, più chiare del colore del resto della chioma, risaltavano ed erano in contrasto con il nero del cappotto. I suoi lineamenti erano marcati e il nasino alla francese le evidenziava il profilo, ma le sue labbra erano imbronciate, come se si stesse torturando con i pensieri.
-A che pensi?- fece Michael, interrompendo il silenzio che era calato tra di loro.
Sarah sembrò risvegliarsi da uno stato di trance.
-Mmm?- fece distratta –Ah, no, a niente- rispose solo, cercando di non incontrare gli occhi del ragazzo. Si stava sentendo a disagio, si sentiva quasi come fosse stata rifiutata e Michael per di più continuava a guardarla cercando di capire chissà cosa, come se la stesse squadrando dalla testa ai piedi.
-Arrivati- fece Sarah, riconoscendo il suo portone qualche minuto più tardi. Michael sospirò e si fermò per poterla salutare.
-Allora…- fece lui, cercando di capire il cambiamento di comportamento nella ragazza. –E’ stato un bel pomeriggio…- fece sorridendo.
Sarah lo guardò negli occhi e per un attimo si sentì morire. Le sue perle blu risaltavano ancora di più nella fioca luce della sera.
-Sì- ribatté lei con un po’ di difficoltà. E se magari smetteva di guardarla in quella maniera, sarebbe riuscita a dirgli qualcosa di più sensato e di un po’ più interessante.
Michael la guardò ancora, palesemente divertito dall’imbarazzo di lei che non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi.
-Senti…questo Sabato…- iniziò a dire il ragazzo assumendo una sorta di ghigno malizioso in volto –C’è una specie di festa a casa mia- aggiunse, cercando di cogliere i movimenti della ragazza.
Sarah lo ascoltò in silenzio, deglutendo leggermente e aspettando che finisse.
-Quindi, non so, se non hai nulla da fare…- continuò a dire il ragazzo –Mi farebbe piacere se venissi- concluse.
-A casa tua?- chiese Sarah, che sembrava non aver capito bene. Michael la stava invitando ad una festa? Lo stesso Michael che pochi minuti prima la aveva presa per mano e che di tutto punto aveva cambiato comportamento?
-Già. Sai, mia madre è fissata con i ricevimenti e lei ha organizzato questo evento…E’ solita fare queste cose- aggiunse il ragazzo sorridendole leggermente –Allora? Se non vieni ci rimarrò molto male!- scherzò facendo un ghigno malizioso.
-…Ok- rispose allora Sarah. Solitamente il cervello era collegato con le sue proprietà di linguaggio, ma evidentemente la presenza di Michael mandava in tilt tutti i suoi sensi e tutte le sue certezze.
Non appena il ragazzo sentì quella piccola parolina assunse un’  espressione quasi di felicità.
Si sentiva leggero e spensierato e quello stupidissimo ricevimento aveva improvvisamente preso un senso.
Il sorriso che le riservò fu dei più smaglianti e dei più mozzafiato, e la sua esperienza in fatto di ragazze gli fece intuire che aveva avuto l’effetto desiderato sulla mora di fronte a lui.
Sarah stava sentendo la bava bagnarle il mento, perché probabilmente era quella l’espressione che aveva assunto, e lo sguardo divertito di Michael le confermò proprio ciò.
-Perfetto!- fece lui –Ti mando un autista alle otto- aggiunse.
-Un autista?- ripeté incredula Sarah. Certe volte tendeva a dimenticare che Michael fosse ricco sfondato, ma era solo un piccolo dettaglio.
-Sì, tranquilla- fece lui, sporgendosi a salutarla.
-Ehi, aspetta!- esclamò Sarah confusa –Cosa devo mettermi? Devo portare qualcosa?- iniziò a dire. Non era mai andata ad una festa di quel tipo, e poi cosa si festeggiava? C’erano gli amici di Michael, o gli amici di famiglia? Era una festa formale o un party per ragazzi?
-Non devi portare nulla!- esclamò Michael, confuso e divertito dalle domande di Sarah. Cosa avrebbe mai voluto portare?
-E poi, vestiti come vuoi!- aggiunse, guardandola con degli occhietti vispi e maliziosi –Anche se devo ammettere che con il vestito della  mostra non eri niente male- disse sorridendo sghembo.
Sarah spalancò gli occhi, convinta di non aver sentito bene. Sentì le guance arrossarsi violentemente e cercò di sorridere, senza fare la parte della stupida.
Michael trattenne una risata e poi guardò le lancette dell’orologio.
-Allora ci vediamo Sabato- fece lui, guardando comprensivo la ragazza.
-Sì, ci vediamo Sabato- fece Sarah, che stentava ancora a crederci.


 
***
Ciao stelline! Per prima cosa vi faccio i miei auguri per l'Immacolata e poi ho anticipato la pubblicazione perchè mi aspetta un luuuungo pranzo e non volevo pubblicare in ritardo!
Purtoppo non sono riuscita a pubblicare venerdì come avrete visto, ma ce lo messa davvero tutta )': perdonatemi! 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! E' bello lungo e mi volevo concentrare sui pensieri e sulle sensazioni che entrambi i personaggi provano. 
Sarah e Michael sono attratti l'uno dall'altra, ma sono praticamente bloccati dal fatto che non si conoscono affatto benchè loro provino una sensazione di familiarità a stare insieme e quindi fanno tutto con calma, e questo è un atteggiamento che non si addice proprio a MIchale, che si è sempre comportato in maniera diversa con le ragazze in generale, complice anche il suo bell'aspetto!
Martedì prossimo, se non mi spostano l'esame dovrei pubblicare regolarmente, altrimenti ci potrebbero essere dei ritardi di alcune ore nella pubblicazxione, dipende da che ora finisco!
Vi ringrazio di cuore per tutti consensi che questa storia sta ricevendo. Questa settimana è stata inserita da 35 nei preferiti e addirittura è seguita da 55 persone! Vi adoro! 
Ci vediamo al prossimo capitolo che vi annuncio sarà scoppiettante, anche perchè Sam combinerà un po' di casini! 
Ciao cuori!
E mi raccomando, ingozzatevi!!!
   
 
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