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Autore: Barbara Baumgarten    08/12/2015    1 recensioni
Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato Twilight se a parlare fosse stato Edward. Ecoo che, allora, ho deciso di ripercorrere l'intera vicenda con gli occhi del vampiro.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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Lentamente Edward fece vedere a Bella la casa, portandola in una specie di giro turistico. Quando giunsero nel lungo corridoio sul quale si affacciavano le diverse stanze, Bella venne attirata da una decorazione appesa al muro: una croce. Edward sorrise all’espressione incredula della ragazza che, con molta probabilità, era convinta che la leggenda sulle croci e i vampiri fosse vera.

“Deve essere antichissima” disse lei, notandone la fattura datata.

“Anni Trenta del diciassettesimo secolo, credo. Apparteneva al padre di Carlisle”, rispose Edward ben sapendo che quella informazione ne avrebbe subito richieste delle altre. L’espressione di Bella era un misto fra incredulità e ammirazione: in effetti, era davanti ad un cimelio di famiglia decisamente antico.

“Quanti anni ha Carlisle?”. La domanda, lecita, diede qualche secondo da pensare ad Edward.

“Dunque… ha da poco compiuto il suo trecentosessantaduesimo compleanno. È quasi certo di essere nato a Londra negli anni Quaranta del diciassettesimo secolo”. L’espressione di Bella si fece carica di domande.

“Quasi certo?”, chiese.

“All’epoca i registri delle nascite non erano molto curati, soprattutto per le persone comuni. Suo padre era un pastore anglicano, attivamente impegnato nella persecuzione dei cattolici, mentre la madre morì di parto. Quando Carlisle prese l’eredità del padre si dimostrò fin da subito meno incline alle condanne e, tuttavia, molto più sveglio ed intelligente. Suo padre credeva nell’incarnazione del male: caccia alle streghe, ai vampiri e ai licantropi. Un giorno, Carlisle scoprì un covo di vampiri ed organizzò una battuta: si trattava di una famiglia che viveva nelle fogne della città, uscendo di notte per nutrirsi. Quando la folla, guidata da Carlisle si avvicinò al covo, uno dei vampiri tentò di scappare. Ma era debilitato dalla fame e perciò decise di attaccare. Aggredì Carlisle, mordendolo, prima di scappare con un uomo fra le mani”. Edward fece una pausa. Ogni volta che ripensava alla storia di Carlisle sentiva il peso della propria maledizione: un vampiro è l’incarnazione del male e per quanto si adoperi nel cancellare l’onta dell’omicidio, si ciba di sangue. Ciò lo rende un essere senza perdono e questo, Edward, lo teneva sempre a mente. Carlisle fu portato al vampirismo dalla pazzia del padre che credeva di poter sconfiggere le maledizioni nel nome di Dio.

“Carlisle sapeva bene cosa avrebbe fatto suo padre se avesse notato il morso: avrebbe bruciato il proprio figlio come fosse una bestia vomitata dall’Inferno. Così scappò. Si trascinò fino ad una vecchia cantina dove rimase nascosto per tre giorni, sotto i sacchi di patate andati a male. Nessuno sa come fece a non emettere nemmeno un lamento…”. Edward interruppe la storia, notando l’espressione atterrita di Bella. Ascoltare quella storia non era facile per un vampiro e, di certo, non lo era per un essere umano. Alcune cose rimangono affascinanti fin tanto che sono relegate alla mitologia, ma sapere che le storie sono reali spaventa.

“Tutto bene?”, le chiese, sperando di non aver esagerato nel raccontare. A volte Edward dimenticava l’effetto che la verità ha sulle persone e si trovò a chiedersi se Bella non ci avesse ripensato a proposito della loro relazione. La ragazza aveva accettato fin troppo velocemente il fatto che lui fosse un vampiro, ma ora la minaccia del mostro diventava sempre più reale.

“Bene”, rispose la ragazza.

“Immagino che tu abbia qualche altra domanda…”

“Qualcuna”, gli sorrise. Edward si sentì più rilassato alla vista del sorriso, ma se davvero voleva continuare la storia di Carlisle allora avrebbe lasciato che, a raccontarla, fosse il protagonista.

“Vieni, ti faccio vedere”. Il vampiro guidò Bella fino allo studio del dottore, in modo che potesse apprendere dalle sue parole il resto della storia.

 

Carlisle li accolse benevolo come sempre, con un ampio sorriso e i modi garbati.

“Volevo mostrare a Bella un po’ della nostra storia”, disse Edward motivando la loro presenza.

“Mi farebbe davvero piacere, ma purtroppo devo andare all’ospedale. Il dottor Snow è rimasto a casa in malattia e devo sostituirlo”, disse Carlisle e poi aggiunse “Ma tu conosci al storia bene quanto me”. Edward sorrise e i due vennero lasciati soli davanti ai numerosi quadri appesi alle pareti dello studio.

“Cosa accadde dopo che scoprì di essere diventato un vampiro?” chiese Bella, rompendo il silenzio.

“Tentò di autodistruggersi. Provò a buttarsi giù dalle montagne, ad annegarsi nell’oceano… invano. Un vampiro appena nato ha una forza incredibile e non è facile ucciderlo. Ma la cosa davvero notevole è il fatto che riuscì a non nutrirsi, decidendo così di morire di fame”.

“Ed è possibile?”, domandò Bella, curiosa.

“No. Esistono pochissimi modi per uccidere un vampiro”. Edward disse la frase a bassa voce, quasi avendone paura. Sapeva che la curiosità di Bella l’avrebbe portata a domandargli i “modi”, perciò decise di proseguire togliendole il tempo di formulare la domanda.

“Era molto debole e cercava luoghi solitari. Poi, un giorno, trovò un branco di cervi e la sete ebbe il sopravvento. Da quel momento Carlisle scoprì che esisteva un’alternativa. Poteva essere diverso dai vampiri, poteva non essere un mostro. Così raggiunse la Francia a nuoto…”

“A nuoto?”, chiese sbalordita Bella.

“Si, i vampiri non hanno bisogno di respirare”. Edward cominciò a chiedersi se Bella potesse davvero reggere la situazione.

“Cosa c’è?”, domandò la ragazza.

“Continuo a credere che prima o poi accada”. C’erano tristezza e paura in quelle parole. Edward temeva con tutto se stesso che Bella arrivasse alla logica conclusione di evitarlo. In fondo era già stato un miracolo poter condividere con lei quei giorni e non avrebbe potuto biasimarla se avesse deciso di lasciarlo. Ma per quanto quell’idea fosse sensata e ben motivata, la sola possibilità che accadesse lo faceva tremare. Cosa avrebbe fatto? Come avrebbe vissuto, anche solo un’ora in più, sapendo che l’amore della sua vita aveva paura di lui?

“Accada cosa?”. Edward prese qualche secondo e diede voce alle sue paure.

“So che prima o poi qualcosa di ciò che ti dirò, o che vedrai, sarà troppo. E allora fuggirai da me strillando”. Sorrise o, almeno, cercò di abbozzare un sorriso. “Non ti fermerò. Voglio che questo accada, perché solo così saresti finalmente al sicuro. Io voglio che tu sia al sicuro”. Quanto male facevano quelle parole. Anche solo il pronunciarle gli aprivano un vortice di nulla proprio lì, dove una volta, anni prima, vi era il cuore.

“Eppure” continuò “voglio anche stare con te. Conciliare i due desideri è impossibile…”. Lasciò cadere la frase a metà. La paura che lei prendesse in considerazione di assecondarlo era… insopportabile. Ma sapeva che solo così Bella avrebbe potuto vivere felice. Edward si sentiva sul ciglio del burrone, fra la dannazione senza perdono per aver costretto la ragazza a correre dei rischi pur di assecondare il proprio egoismo di averla accanto, e la dannazione di averla persa per sempre.

Lei lo guardò negli occhi e lui potè scorgere tutta la determinazione della ragazza.

“Non scapperò, te lo prometto”. Sebbene la felicità fosse dietro l’angolo, quelle parole non riuscirono ad addolcire del tutto l’amaro della sua anima. Sarebbe andato all’Inferno… dannato per il proprio egoismo.

   
 
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