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Autore: jaki star    08/12/2015    1 recensioni
Un omaggio ad una delle coppie più belle di sempre: che lo ship abbia inizio!
#Roses
Gerard sollevò la mano, stringendo delicatamente lo stelo del fiore fra le dita: lo scarlatto dei petali di quella magnifica rosa gli ferì gli occhi, colpendogli dolorosamente il cuore
#Sunset
Forse, sotto i colori di quel tramonto, entrambi avrebbero iniziato il cammino che avrebbe per sempre alleviato i loro animi dal peso del passato
#Diamonds
“Sai, il diamante è un minerale davvero duro, il più resistente che si sia mai visto! Sai che può tagliare il vetro?” esplicò, entusiasta
#Bells
Titania quasi sorrise, interpretando quel suono come l’eco della sua ultima ora: quello strumento che aveva scandito le sue ore di prigionia tornava a tormentarla, ricordandole che il suo destino non era cambiato.
#Constellations
E le uniche stelle che aveva visto erano fatte di sangue e lividi, e splendevano sulla pelle rovinata del suo salvatore.
#Future
“No. Non voglio festeggiare l’inizio di un altro anno di prigionia”
“Vedrai che tutto cambierà, Erza. E mi assicurerò di essere al tuo fianco, quando accadrà”.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erza Scarlet, Gerard, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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A Roby_Chan, che continua a seguirmi


 
Costellazioni



 
Gerard si lasciò cadere, stremato. Con estrema lentezza calò le palpebre, reclinando il capo all’indietro: non una mosca volava nella sua cella. I suoi compagni erano tutti rannicchiati in un angolo, le labbra fortemente serrate: dall’occhiata che il blu aveva rivolto a loro pochi istanti prima si era capito che non c’era bisogno di alcuna parola. Qualsiasi suono, qualsiasi rumore gli sarebbe giunto alle orecchie come un acuto fastidio, e non aveva alcuna intenzione di provare altro turbamento.

Andava bene così.

Erano queste, le parole che si ripeteva: “Va bene così”.

Tremante, il suo petto si alzò e si abbassò: i suoi amici sospiravano ad ogni suo movimento, perché questo significava che il loro piccolo leader era salvo.

Era vivo.

Per un momento, tutti avevano creduto che non ci sarebbe più stata la speranza di rivederlo: era stato trattenuto dalle guardie più a lungo delle volte precedenti, e le sue urla di dolore si erano sentite fino alle prigioni degli schiavi.
Avevano tremato, avevano pianto e avevano pregato: se i secondini avessero ucciso Gerard Fernandes, probabilmente avrebbero ucciso anche la loro speranza, la loro voglia di vivere. Sarebbero sprofondati tutti in una rassegnazione che li avrebbe ridotti a cadaveri ambulanti, come la maggior parte dei prigionieri che lavoravano giorno e notte alla Torre del Paradiso. Speravano che, da un momento all’altro, qualcuno l’avrebbe buttato fra le loro braccia, al sicuro.
Tuttavia, quando le guardie avevano scaraventato il corpo del ragazzo sul pavimento lercio della cella, le loro ansie non si erano per nulla acquietate: l’impulso di correre verso il compagno era stato frenato dalla voce perentoria dei loro aguzzini e dalle braccia secche di nonno Rob. Così i fanciulli erano stati in religioso silenzio, attendendo un movimento, un guizzo da parte del giovanissimo Fernandes. Non appena le guardie se ne erano andate, Gerard si era mosso: con un sorriso sicuro si era alzato, simulando una scioltezza che non aveva nemmeno quando era in forze.

“Va tutto bene, ragazzi” la sua giovane voce era arrocchita per gli urli di dolore che aveva emesso fino a pochi istanti prima “Va bene così”.

E dopo quelle frasi si era lasciato cadere a terra, facendo intendere che avesse solo bisogno di riposo.
E di silenzio.

Quando una pezza bagnata gli sfiorò il viso, Gerard aprì gli occhi di scatto: il viso di Erza era chino sul suo, con gli occhi coperti dal bellissimi capelli scarlatti. Il blu restò un poco sorpreso, per poi distendere le labbra in un sorriso.

“Va tutto bene, Scarlett” esalò, cercando di confortare l’amica: la bambina non gli rispose, limitandosi a pulirgli il viso tumefatto e incrostato di sangue e sporcizia.
“Io non volevo che succedesse tutto questo”.

Il sussurro della piccola si scontrò con il cuore del ragazzo, il quale  perse un battito: Fernandes si affrettò a riportare gli occhi sulla sua figura, scostandole la frangia dalla fronte. Non appena compì il gesto, qualcosa di salato ed incredibilmente umido gli cadde sulle gote: gli occhi di Erza, traboccanti di lacrime, non riuscivano più a trattenere la disperazione e la paura che le avevano attanagliato l’anima fino a pochi istanti prima.

“Volevo solo vedere il cielo con te… Per una volta” singhiozzò, per poi cedere definitivamente: si accasciò sul petto del ragazzino, iniziando un pianto che sarebbe durato interminabili minuti.

La cruda verità di quelle parole accompagnò quello sfogo disperato: se Gerard era stato torturato era tutta colpa sua, sua e del suo egoismo, sua e del suo sciocco desiderio da ragazzina. Durante la settimana, Erza aveva espresso la sua voglia di poter vedere il cielo notturno, costellato di astri: ne sentiva il bisogno, sentiva il bisogno di doversi riempire l’anima di qualcosa di meraviglioso come la volta celeste, di fingere di librarsi in quell'immensità magnificamente disegnata per gustare un quarto d’ora di libertà.

E Gerard aveva esaudito la sua richiesta.

Aveva pianificato tutto e come al solito aveva colto Erza di sorpresa: era riuscito ad eludere la sorveglianza delle guardie, era riuscito a trovare un passaggio, una scorciatoia che, con il favore delle tenebre, gli avrebbe permesso di far ritorno alla cella senza farsi scoprire.
Ma qualcosa era andato storto. A causa di una mancanza, di un’esitazione, le guardie li avevano scoperti: Erza venne agguantata da un secondino, e Gerard la difese.

Si offrì al suo posto, risparmiandole la tortura.
Si sacrificò nuovamente per lei, mise a repentaglio la sua vita per evitarle delle violenti percosse.
E le sorrise, mentre lo portavano via.

Erza venne ricondotta alla sua cella, ricevendo solo un forte calcio nella schiene che nemmeno sentì: nella sua anima non c’era spazio per il dolore fisico. I sensi di colpa l’avevano completamente pervasa.
Lei voleva solo vedere le stelle.
E le uniche stelle che aveva visto erano fatte di sangue e lividi, e splendevano sulla pelle rovinata del suo salvatore.  


“Ti prometto… Ti prometto che un giorno le vedremo insieme, Erza”.

La bambina sussultò, alzando appena il volto per incrociare l’espressione rassicurante di Gerard: il bambino le sorrise, posandole una mano fra i capelli che adorava.

“Te lo giuro. Ma ora non piangere più, perché ora…” Scarlett tirò su con il naso, facendolo sorridere più ampiamente.
“Va tutto bene” terminò, stringendola lievemente a sé.

E andava davvero tutto bene, perché aveva salvato la persona che amava più della sua stessa vita.
 
 
 
 
“Ad ogni modo, se non percepisci quell’energia magica forse vuol dire che non c’è niente, giusto?” Erza si staccò lievemente dal muro, per poi portare la sua attenzione sulla figura di Gerard: lui reclinò la testa all’indietro, limitandosi a fissare il cielo.
“Se così fosse, sarebbe splendido” proferì infine, portando la propria attenzione sulla ragazza.
“E’ davvero bello, questa sera”.
Fu la volta di Gerard a staccarsi dal muro a cui poco prima era appoggiata anche la rossa: aggrottando le sopracciglia la vide avvicinarsi al limitare del balcone, il naso puntato all’insù. Il blu la raggiunse, togliendosi la bandana scura: era notte fonda ed era sicuro che nessuno li stesse osservando. Oltretutto si trovavano in un terrazzino isolato e discreto, che aveva scelto appositamente per il loro “appuntamento”.

Si scambiarono un lungo sguardo e al Fernandes parve di scorgere l’ombra di un ricordo in quelle iridi color nocciola: inclinando il viso le sorrise per poi annuire, sentendosi complice e parte di quell’intimità che si era venuta a creare fra di loro.

“In tutti questi anni ho provato a comprendere, a riconoscere tutti quei bellissimi disegni creati dalle stelle ma non ho raggiunto buoni risultati” ammise la rossa, sospirando sconsolata.
“Questo è perché non hai avuto un buon maestro” le rispose sornione il giovane, guardandola di sottecchi con finta sufficienza: Erza gonfiò le guance, per poi assumere un sorrisetto di sfida.
“E' il campo della tua magia: perché non mi insegni?” gli propose, mantenendo l’atteggiamento provocatorio senza vacillare: Gerard le si avvicinò, indicando con un cenno del capo il cielo.

Le appoggiò una mano sulla schiena, facendo aderire il palmo aperto con la maglietta di lei: la ragazza arrossì lievemente, ma decise di non farsi distrarre e di concentrare l’attenzione sul dito del Master di Crime Sorciere.

“Fissa quella stella che ti sto indicando: quello è il tuo punto di riferimento…”. 

E così iniziarono a disquisire di astronomia, immergendosi in una bolla di vetro che li teneva separati dalla realtà.
 
 
 
“Questo è quanto” mormorò il blu: Titania annuì, grata.
“Devo ammettere che non sei niente male come insegnante”
“Grazie. Comunque non posso darti torto: il cielo di questa sera è davvero luminoso. È una fortuna essere in un posto come questo, isolato dalle luci della città”

“Mi chiedo se tu non l’abbia fatto apposta” ribadì Erza, le braccia incrociate ed uno sguardo falsamente inquisitorio.
 
“Bè, un giorno ti promisi che avremmo visto le stelle insieme”.

Le parole gli uscirono di bocca, senza che se ne accorgesse.
Erza dischiuse le labbra in un moto di vivo stupore, mentre un rossore accennato le affiorava alle gote. Gerard si irrigidì, colpito tanto quanto la compagna: i suoi occhi si incatenarono a quelli di lei e la mano che teneva ancora appoggiata alla sua schiena si fece rovente.
Si scambiarono uno sguardo intenso, che voleva dire tutto o niente: dopo interminabili minuti la magia che aveva permesso loro di godere della compagnia reciproca così a lungo svanì, ricordando ad entrambi i propri ruoli e le proprie posizioni.

“Non strafare” gli raccomandò all’improvviso Scarlett, offrendogli un sorriso sincero, una luce affettuosa negli occhi.
“Grazie per essertene ricordato” pensò, voltandogli le spalle.

“’Notte, Erza” le rispose, sorridendole alla stessa maniera: mentre camminava si girò a guardarla.
“Sapevo che non te ne eri dimenticata… E pensare che un giorno avremmo avuto una conversazione normale come questa... Grazie, Erza”.

 
  
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