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Autore: Ignis    09/12/2015    2 recensioni
Eli De Vile è un vampiro, così come lo sono tutti i membri della sua famiglia. Ha diciassette anni e le sue preoccupazioni sono piuttosto poche; non è il tipo da cacciarsi nei guai, è diligente alla Scuola Notturna ed evita di fare incontri indesiderati.
Bianca Petresi, invece, è l'umana che, piombando all'improvviso in casa De Vile, gli sconvolgerà la vita in modi che Eli non può nemmeno immaginare.
Tratto dalla storia:
«Secondo me credono che tu sia il ragazzo di Bianca».
Il vampiro rise di gusto. «Sì, certo! Che razza di rubacuori dovrebbe essere Bianca per trovarsi un ragazzo in un paesino sconosciuto nel giro di una manciata di giorni?»
Luca si mise seduto sulle zampe posteriori, continuando a guardarlo fisso. «Perché, tu sei così sicuro di poterti mettere con una ragazza nel giro di pochi giorni? Una come Bianca, con cui vai così poco d'accordo e perfino in lutto per i suoi genitori?»
«Io sono bello. Piaccio facilmente».
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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04. La punizione

«...e alla fine è scappata al piano di sopra» concluse Eli, stringendosi nelle spalle.
Era l'ora della pausa alla Scuola Notturna e il vampiro aveva appena finito di raccontare quello che era successo. Se ne stava seduto su una delle panchine poste lungo il cortile esterno, vicino al quadrato di prato grigio e triste; alla sua destra c'era Chiara, che era rimasta ad ascoltare con aria non molto interessata, mentre dall'altra c'era Isabella. La fattucchiera si era fatta un nuovo taglio di capelli in onore del quarto di luna calante; se prima portava una bella chioma lunga e leggermente mossa con la frangetta, ora sul lato destro del capo li aveva cortissimi, mentre dall'altro continuavano a crescerle lunghi e incolti. In mezzo alle ciocche castane ne spiccavano alcune di un vivace verde prato.
Tutt'intorno, i ragazzi che volevano approfittare del loro quarto d'ora d'aria stavano facendo i loro comodi: dei gargoyle si erano arrampicati sul tetto dell'edificio, tre o quattro folletti si divertivano a fare ruote e verticali sul prato e cercavano di farsi perdere l'equilibrio a vicenda con gli scherzi. Più della metà degli studenti della scuola consisteva in fattucchieri e quelli preferivano di gran lunga stare al chiuso, salvo eccezioni come Isabella.
«Che cattiveria» commentò quest'ultima in tono lamentoso quando Eli ebbe finito di parlare. «Chissà come ci è rimasta male, poverina!»
«Sì, questa potevi decisamente risparmiartela» concordò Chiara, anche se dal tono che aveva non sembrava le importasse molto. «Quindi alla fine le hai chiesto scusa?»
«Io e Heidi stavamo facendo tardi...» borbottò lui evasivo.
Era vero. Eli si era limitato a ripulire le stoviglie usate per la colazione, poi aveva preso la borsa a tracolla ed era uscito di casa. La sua sorellina non si era risparmiata la predica per il suo comportamento, ovviamente: per tutto il tempo aveva ribadito quanto Eli avesse fatto male a dire quelle cattiverie a Bianca e quanto fosse importante che lui si scusasse appena tornato a casa.
«Quindi te ne sei fregato e l'hai lasciata da sola a deprimersi. Bravo» commentò la maga in tono sarcastico, sospirando e appoggiandosi allo schienale della panchina.
Il vampiro si disse che Chiara e Bianca sarebbero diventate ottime amiche: avevano la stessa maniera irritante di usare il sarcasmo per far sentire inferiori gli altri, che era una cosa che Eli aveva sempre detestato.
Isa cominciò a torcersi le mani. «E adesso starà bene, secondo voi? Ha perso i genitori da pochissimo, secondo me non le passerà facilmente!»
Lui sbuffò. «Perché la fate tanto lunga? Ho sbagliato, va bene, ma lei poteva anche evitare di prendersela con me senza un vero motivo».
Aveva raccontato ciò che era successo a Chiara e Isabella sia per spiegare il motivo dell'assenza di Bianca, sia per cercare di capire cos'aveva fatto di tanto sbagliato. Non poteva negare di aver sperato in un minimo di appoggio in più, da parte loro: si era immaginato Chiara mentre prendeva in giro il comportamento dell'intrusa, mentre Isa lo avrebbe consolato, dicendogli che non era colpa sua. La discussione invece aveva preso una piega opposta a quella prevista.
Guardò in direzione di Luca. Il lupo mannaro se n'era rimasto per tutto il tempo seduto accanto alla panchina, con il muso puntato verso il fondo del cortile e l'aria del tutto assente, come se non avesse ascoltato una sola parola.
«Luca, ci sei?» domandò il vampiro dopo un po'.
Lui annuì all'istante, segno che stava ascoltando eccome. «Scusa, stavo pensando».
«E a cosa pensavi?»
«Pensavo che questa famigerata Bianca ti sta dando parecchio da pensare, in questi ultimi due giorni».
Eli si sporse verso di lui, superando Isabella con il busto. «Senti, non è colpa mia se i miei genitori mi hanno detto di starle vicino e occuparmi di lei. Che altro vuoi che faccia?»
Finalmente Luca si voltò verso di lui. I suoi occhi erano di un bel giallo aranciato; non si sarebbe riusciti a distinguerlo da un lupo vero e proprio, a occhio. «Niente. Per come la vedo io, più ti preoccupi di qualcosa e più ti infastidisce. Non potresti ignorarla e basta?»
Eli fu sul punto di rispondere che l'avrebbe fatto volentieri se fosse stato possibile, ma Chiara s'intromise nel discorso più in fretta.
«Però! Non pensavo sarebbe venuto il giorno in cui Luca sarebbe stato tanto perfido. Fino a ieri tu non eri quello che voleva darle una possibilità?» domandò interessata.
Gli occhi di tutti e tre si posarono sul lupo mannaro, che inclinò un orecchio all'indietro e sbuffò appena. Era una cosa che in genere faceva quando tentava di nascondere un'emozione – non che fosse poi così difficile nascondere le emozioni per uno con la faccia da animale. «La possibilità l'ha avuta, no? Eli non è perfetto. Finora ha fatto solo un paio di passi falsi e lei ogni volta si è chiusa a riccio e non gli ha nemmeno dato la possibilità di scusarsi o di spiegarsi meglio. Non vale la pena perdere tempo con qualcuno che non è nemmeno disposto a starti a sentire fino alla fine».
Isa storse la bocca. «Beh, su questo hai ragione... ma lei è in una situazione difficile. Sicuramente è ancora sconvolta per quello che le è successo».
«Avrai anche ragione tu» convenne Luca «ma il fatto di essere orfana non ti rende più simpatica. Se Eli deve impegnarsi per andare d'accordo con lei, non vedo perché debba essere l'unico a farlo. Avrà senso provarci ancora quando anche Bianca si impegnerà sul serio, ma fino ad allora sarà tutto fiato sprecato».
Le sue parole caddero nel silenzio. Luca si alzò e fece un paio di passi per piazzarsi davanti alla panchina, probabilmente per evitare che Eli continuasse a schiacciare Isa contro lo schienale. «Beh? Che avete da fissarmi così?» incalzò.
«Oggi sei proprio spietato, Luca» osservò Isa. «In questi casi di solito sei tutto dolce e comprensivo! A dire il vero ero convinta che avresti preso le parti dell'umana».
Anche Eli era stupito. Conosceva Luca da poco tempo – giusto dall'inizio del liceo – ma aveva imparato presto a capire com'era fatto e come si comportava in genere. In genere era sempre molto deciso e istintivo e non esitava a dire da subito quello che pensava fosse giusto, ma allo stesso tempo era una persona molto dolce e facile da intenerire. Considerato che Bianca era orfana, il vampiro si era aspettato che Luca si impegnasse a giustificare qualsiasi suo comportamento.
«Non fraintendetemi, sono convinto che Eli abbia sbagliato e che dovrebbe chiedere scusa a Bianca appena torna a casa» replicò prontamente il lupo mannaro. «Sul serio, Eli, non potevi scegliere una risposta peggiore. Come se non fosse già una situazione abbastanza triste, per lei!»
Eli sbuffò. Non gli piaceva granché quando Luca si comportava da “mamma” come in quel caso, ma doveva anche ammettere che un po' gli era simpatico pure per quello.
«Però se lei si comporta in un modo che non ti va giù, non dovresti costringerti a sopportarla. Di questo passo finirai per restare di malumore fino al diploma» concluse l'amico con semplicità.
Il ragionamento filava, ma Eli si disse che sarebbe stato molto più facile a dirsi che a farsi. L'idea di dover incontrare ancora quella Bianca gli stava facendo perdere ogni voglia di tornare a casa.
«Hai voglia di fare un giro, più tardi?» borbottò Eli.
Luca capì all'istante, come sempre. Drizzò le orecchie e fece guizzare fuori la lingua per un istante. «Ma certo. Andiamo a fare un giro. Voi venite, ragazze?»
Isa e Chiara si lanciarono un'occhiata d'intesa che i due ragazzi conoscevano fin troppo bene: quella carica di sottointesi che solo un'altra ragazza avrebbe potuto comprendere. Eli aveva rinunciato da parecchio a tentare di capire cosa volessero dire quegli sguardi; gli bastavano giusto per intuire che cosa avrebbero detto subito dopo. Le sue previsioni si avverarono:
«Io e Isa abbiamo altri progetti per oggi» dichiarò Chiara con un sorriso. «Voi divertitevi anche per noi. Magari domani».
«Sì, magari domani» le fece eco Isabella con un ampio sorriso.
Il lupo mannaro piegò un orecchio, decisamente poco convinto. Il vampiro non lo biasimava: quel “magari domani” se l'erano sentiti rivolgere più di una volta, ormai.

Dopo la scuola Eli e Luca accompagnarono Heidi solo fino a un certo punto, per poi congedarsi. La bambina posò brevemente i propri occhi verdi su entrambi.
«Guarda che tornare più tardi non ti serve a niente».
«Serve ad avere qualche ora di pace in più prima di incontrare di nuovo quella là» sibilò Eli scontroso.
Luca mosse appena la coda. «Ci vediamo domani, Heidi».
Lei sorrise di rimando in direzione del lupo mannaro, poi si avviò da sola in direzione della villa. I due ragazzi si allontanarono per conto loro.
«Mi sembra che a Heidi piaccia, questa Bianca» osservò Luca dopo un po'.
«Per favore, almeno per un po' evita di parlare di lei. Sono due giorni che non si fa di parlare di Bianca. Bianca, Bianca, Bianca!» si lamentò Eli. «Non ti viene in mente nient'altro?»
Luca rimase silenzioso per quasi un minuto mentre camminavano. Stavano scendendo dalla collina, diretti verso il centro di Montenebbia. Da qualche parte, in quel paese, doveva trovarsi la casa del lupo mannaro, ma Eli non poteva dirlo con certezza, non essendoci mai stato.
«Va bene, parliamo d'altro. Che è successo con Elia?» domandò Luca.
Per il vampiro fu come fare una doccia gelida; sentire quel nome lo fece rabbrividire leggermente – cosa piuttosto rara per uno della sua specie. Sbirciò l'amico di sottecchi, rispondendo solo dopo qualche secondo. «Un altro argomento ancora, magari?» propose esitante.
«Eli, non puoi cercare di evitare tutti gli argomenti che ti stanno scomodi. Mi sta bene non parlare di Bianca perché se n'è parlato anche troppo, ma almeno dimmi di Elia. Avanti!» lo spronò l'altro con decisione, guardandolo. «Sputa il rospo, una buona volta! Lo sai che a me puoi dire tutto quello che vuoi».
Lui esitò, per nulla convinto. Si trattava di un argomento delicato, molto più di quanto potesse esserlo la faccenda di Bianca.
Elia era un mezzo folletto, figlio di un folletto vero e proprio e di una fattucchiera, che frequentava la Scuola Notturna. Alto e smilzo, capelli castani con una piega interessante che lo faceva assomigliare a un porcospino, piccole orecchie a punta e sorriso smagliante; si riconosceva a colpo d'occhio.
Eli l'aveva conosciuto durante la pausa dalle lezioni, quando Elia aveva tentato di intrecciargli di nascosto i capelli per fargli uno scherzo; dopo dei primi momenti in cui il vampiro semplicemente non riusciva a sopportarlo, erano diventati molto amici. Poco più di un mese prima dell'arrivo di Bianca, però, avevano cominciato a vedersi sempre più raramente, fino a perdersi completamente di vista.
Luca teneva il muso puntato verso il suo viso. «L'ultima volta mi hai detto solo che non te la sentivi di parlarne, ma sei rimasto giù di corda per giorni... e anche adesso non sembri di umore granché migliore».
Eli sospirò a fondo, pur non avendo davvero bisogno di respirare. Luca era il suo migliore amico: doveva dirlo almeno a lui. Si chiedeva cosa avrebbe pensato di lui una volta sentito quello che era successo, ma il punto di essere migliori amici era proprio quello di non temere nulla l'uno dall'altro. Per di più, per quanto Luca sembrasse aggressivo in certe situazioni, era l'unico cui sentiva di potersi confidare in tutto e per tutto.
Cercò di ripeterselo mentalmente mentre si faceva forza e rispondeva.
«Ho cercato di baciarlo».
La voce gli uscì più sicura e ferma di quello che si sarebbe aspettato, ma una volta detto avvertì un'insopportabile stretta al cuore. Il lupo mannaro restò a guardarlo in silenzio, cosa di cui Eli gli fu immensamente grato. Smisero di camminare entrambi.
«Non so neanche io cosa mi sia preso. Tu mi conosci, non sono il tipo da cercare il contatto fisico con nessuno» continuò. Le parole gli si stavano accavallando nella mente, come un fiume in piena, mentre teneva lo sguardo fisso sull'asfalto. «Eravamo andati al bosco. Lui mi ha portato in un posto bellissimo sopra un albero. Poi... non so cosa sia successo. Mi guardava, io lo guardavo e... e all'improvviso...» raccontò, ritrovandosi ad annaspare.
Il ricordo era ancora vivido, anche se era passato già un mese. Gli occhi di Elia, di solito così scuri e profondi, riflettevano la luce del cielo stellato più bello che avesse mai visto. Era stato in quel momento che Eli aveva tentato di avvicinarsi, guidato da un bisogno improvviso e insensato di avvicinare le labbra alle sue. La sola idea di aver perso il controllo dei propri pensieri e del proprio corpo in quella maniera lo terrorizzava; era come se i suoi pensieri, in un singolo istante, avessero deciso di uscire allo scoperto tutti in una volta.
«Eli...» mormorò Luca in tono tranquillo, riportandolo alla realtà. «Tutto ok. Ho capito».
Eli si strofinò gli occhi a due mani. Si sentiva improvvisamente stanco. «Comunque è successo quello che ti puoi immaginare da solo: lui mi ha spinto via e mi ha dato uno schiaffo». D'istinto si massaggiò la guancia, come se percepisse ancora l'impronta della mano di Elia sulla pelle.
«Uno schiaffo?!» ripeté Luca sbigottito. Mostrò i denti. «Che stronzo! Neanche volessi morderlo!»
«No, non dire così... aveva ragione lui, non credi?» mormorò Eli. «E poi si è subito scusato, ma è finita lì. Mi ha proposto di parlarne, ma non c'era molto di cui parlare, no?»
Fece qualche lento passo in avanti. Sentì le unghie di Luca graffiare l'asfalto dietro di lui mentre riprendeva a camminare. Si sentiva talmente in imbarazzo e vulnerabile da non riuscire nemmeno a guardarlo negli occhi.
«Tu non hai fatto niente di sbagliato» disse Luca piano.
«Sì che l'ho fatto, Luca. Ho rovinato...»
«No, Eli, fammi finire di parlare» insisté Luca alzando il tono di voce. Continuò, più tranquillo: «lui ti piaceva, no?»
Eli si fermò di nuovo. Restò di spalle e con il capo chino, con i capelli che gli coprivano il viso e lo nascondevano alla vista. Non avrebbe saputo dire dove trovò il fiato per rispondere.
«...sì».
Sentì il corpo grande e caldo di Luca aderire a contatto con la sua gamba; la sua mano sinistra trovò una folta pelliccia sotto le dita.
«Allora ne è valsa la pena. Se lui ti piaceva, allora dovevi per forza provarci. Anche se l'hai fatto senza rendertene conto, sicuramente l'hai fatto perché ne avevi bisogno».
Ormai Eli non si sentiva particolarmente triste per quello che era accaduto. I primi giorni erano stati davvero uno strazio, per lui, ma ormai sentiva di aver esaurito perfino la tristezza. L'unica cosa di cui sentì di pentirsi, in quel momento, era di non averne parlato subito con Luca.
«Come fai a dire sempre la cosa giusta?» domandò piano.
Il lupo mannaro sbuffò. Eli lo sentì ridere leggermente.
«Mi sopravvaluti, come al solito. Solo con te sono bravo».
Il vampiro rise. «Finirai per diventare il mio psicologo, di questo passo».
«Io pensavo di esserlo già».
«Deficiente!» sbottò Eli ridendo. Luca si scansò appena in tempo per evitare la sua sberla.
«Comunque adesso ho capito perché avete cominciato a evitarvi come la peste».
«Se non fosse andato all'estero con la sua famiglia, credo che sarei impazzito del tutto».
Ricominciarono a camminare.
«Non dirlo a Chiara e Isa» aggiunse il vampiro dopo un po'.
«Beh, in realtà Chiara diceva che secondo lei era andata esattamente così. Non ha usato la chiaroveggenza» si affrettò ad aggiungere Luca vedendo l'espressione di Eli. «Ha solo tirato a indovinare. Isa ha preso per buona l'idea di Chiara, ma secondo lei era Elia il respinto».
«E tu che ne pensavi?» domandò Eli rassegnato. Poteva vantarsi di nascondere bene le emozioni, ma in quella situazione era stato stupido credere che nessuno si sarebbe insospettito. Chiara non era solo una maga, era anche molto furba... e Isa era una gran romantica.
«Io ero solo sicuro che Elia ti aveva fatto qualcosa di male, visto come stavi in quel periodo. Ti ho chiesto tante volte cosa fosse successo, ma visto che non me ne parlavi mai mi sono accontentato di quello. Mi bastava che Elia la pagasse».
«Non hai fatto niente, però, vero?»
Luca aveva inclinato le orecchie all'indietro. «Non sono abbastanza “lupo” per sbranare nessuno, tranquillo. Poi sarebbe uno shock per l'altro Luca se si ritrovasse il sapore del sangue in bocca».
“L'altro Luca” era Luca in forma umana. I lupi mannari non erano tutti uguali; a seconda dell'età in cui venivano trasformati, la situazione, l'agente (il mannaro che aveva dato il morso) e la fase lunare, poteva venire fuori un lupo mannaro diverso. Luca, ad esempio, rimaneva trasformato in un lupo dal sorgere al calare della luna, quindi approssimativamente per dodici ore. Se da lupo mannaro riusciva a ricordare alla perfezione la propria identità e a mantenere una coscienza umana, da essere umano dimenticava completamente qualsiasi cosa avesse detto o fatto durante la trasformazione.
Eli non aveva mai visto l'altro Luca, quindi per l'altro Luca Eli era un perfetto estraneo. Il lupo mannaro era sempre categorico a riguardo: non voleva mai che Eli provasse a incontrarlo quand'era umano, né gli permetteva di andare a casa sua; riteneva importantissimo mantenere le due parti di se stesso ben separate. Per quanto al vampiro la cosa non andasse a genio, aveva deciso di accettare la cosa in nome della loro amicizia.

Finì per trascorrere quasi tutta la notte con Luca, andando in giro e parlando del più e del meno. Eli non era un gran chiacchierone e Luca evitava sempre con cura di parlare di sé più del necessario, ma alla fine si erano fatte le quattro del mattino in un batter d'occhio; Eli era dovuto tornare a casa per evitare di restare fuori alla luce dell'alba.
Una volta messo piede in casa, vide subito la nonna e i suoi genitori vicino all'ingresso. Sembravano proprio aspettare lui, cosa che non prometteva niente di buono. Avevano un'occhiata molto penetrante – altro indizio molto negativo. Non tentò nemmeno di scappare: in quei casi non c'era mai via di scampo.
«Eli, è il caso che scambiamo un paio di parole» cominciò Sonja, gli occhi blu che emettevano un lieve bagliore.
Il ragazzo guardò i tre uno per uno, in attesa. Sapeva già che non avrebbe avuto il permesso di replicare, inoltre lo sguardo ambrato di Alec Orlando De Vile gli impediva di ragionare come voleva. Rimase in silenzio e annuì leggermente, a lasciar intendere che avrebbe ascoltato.
«Questa sera Bianca era semplicemente sconvolta. Ha saltato il suo primo giorno di lezioni ed è rimasta in camera sua per tutto il tempo» disse Sybil in tono triste.
Quindi era già diventata la sua camera. Eli strinse le labbra nel tentativo di non mostrare le zanne.
Ad Alec la cosa non sfuggì. «Non guardarci in quel modo, Eli».
Lui chinò automaticamente il capo, guardando per terra per un paio di secondi. «Sì, papà».
«Oggi ha saltato il suo secondo pasto e non sembra aver intenzione di uscire. Agli umani non fa bene rimanere a digiuno per tutte queste ore» continuò Sonja, guardando suo figlio come se fosse stata la causa di tutto quanto. «Devi capire che quella povera ragazza ha perso i genitori da poco. Se la tratti in quel modo non sarà mai in grado di superare la cosa».
Eli aggrottò la fronte, irritato. «Non le ho impedito io di mangiare. Sono rimasto fuori tutta la notte, ha avuto tutto il tempo che voleva per andare in cucina senza dovermi incrociare. E comunque come fate a dire che è colpa mia se non va a scuola? Ve l'ha detto quella lì?»
«“Quella lì” si chiama Bianca, Eli. È stata Heidi a raccontarmi tutto» replicò Alec.
Il ragazzo rabbrividì leggermente all'idea, ritrovandosi senza altro da dire. Sybil ne approfittò per continuare – sembrava che quei tre si divertissero a finire l'uno i discorsi dell'altro, quando sgridavano qualcuno. Probabilmente per risultare più intimidatori.
«Abbiamo deciso di punirti per il tuo comportamento, sperando di evitare ulteriori incidenti come quello di oggi».
Se lo aspettava, ma cominciò a preoccuparsi seriamente. In famiglia si amava infliggere punizioni, specialmente se il punito non aveva alcun modo di evitare la cosa. Più lunga e odiosa era la punizione, più i castigatori si divertivano... e dal momento che Bianca era la preziosa bimba umana di Sybil, era probabile che sarebbe stata una punizione su misura per sfasciargli i nervi.
Era stato punito solo un'altra volta in vita sua e sapeva per certo che sarebbe stato orribile. Tuttavia, con suo padre che lo guardava fisso, non aveva modo di ribellarsi.
«D'ora in poi il tuo tempo passato fuori casa sarà interamente nelle mani di Bianca».
Sperò di aver capito male. Batté le palpebre, confuso, mentre la nonna gli sorrideva amorevole, gli occhi viola curvi in due mezzelune lucenti.
«Se uscirai da questa casa, sarà per andare da qualche parte insieme a Bianca. Se passerai il tempo fuori casa a fare qualcosa con i tuoi compagni di scuola, sarà perché Bianca è lì con te a permettertelo. Fuori da queste mura dovrete essere inseparabili» spiegò Sonja in tono sognante, come se stesse parlando della trama di un romanzo rosa. «In questo modo imparerai a conoscerla meglio e a rispettarla».
«No. No, no, no» fece Eli a mezza voce, guardando smarrito il bel viso di sua madre. «Non voglio stare tutto il tempo appresso a quella lì!»
Fu come parlare al vento. Il sorriso di Sybil si allargò in maniera sinistra mentre concludeva il discorso. «Peccato, perché è così che abbiamo deciso, io e i tuoi genitori. Ti dirò di più: sarà Bianca a decidere quando finirà la tua punizione».
Non capiva. Il vampiro guardò smarrito sua nonna, in attesa che continuasse a parlare.
«Per restituirti la libertà, Bianca non deve fare altro che venire da noi e dirci chiaramente che ti ha perdonato. Ovviamente dev'essere un perdono sincero: riusciremo a capire se pensa davvero quello che dice oppure no». Sybil lanciò un'occhiata a Sonja, i cui occhi brillarono di blu ancora più intensamente per qualche secondo.
Eli si sentiva sprofondare sempre di più. Quella condizione era la più ingiusta: sapeva per certo che Bianca Petresi avrebbe preferito lasciarsi esplodere e raggiungere i genitori, piuttosto che concedergli il perdono. Il che significava che sarebbe stato costretto a passare giorni, settimane, mesi interi gomito a gomito con l'intrusa.
Sbirciò gli occhi del padre. Alec Orlando De Vile teneva il suo sguardo ambrato fisso sul suo unico figlio maschio, con l'aria di chi non ammette repliche di nessun genere. Eli sospirò.
Era inutile. Non poteva opporsi alle decisioni di suo padre. Era costretto a ubbidire.
«Posso andare adesso? Vedo se riesco a convincerla ad andare a mangiare».
La mamma e la nonna parvero subito rincuorate. Tutti e tre gli fecero finalmente largo per raggiungere le scale. Mentre le saliva, Eli ebbe l'impressione che fossero più numerose e ripide del solito.

Bussò alla camera da letto di Bianca per ben cinque volte prima di sentire la sua voce da dietro la porta in legno.
«Chi è?»
Dal tono sembrava irritata. Dovrei essere io quello arrabbiato, qui... pensò Eli, irritato. Decise di lasciar correre.
«Sono io» rispose.
«“Io” chi?»
«Eli».
«“Eli” chi?»
«Eli De Vile, quello che sfonderà la porta a calci tra dieci secondi esatti se non sarai tu ad aprire per prima».
«Mi piacerebbe vederti che ci provi».
Eli si prese quei dieci secondi di tempo per respirare a fondo e tentare di calmarsi. Non ricordava nessuno di tanto odioso sia negli atteggiamenti che nel modo di comportarsi come trovava odiosa Bianca. Avrebbe tanto voluto dissanguarla e poi vomitare fino all'ultima goccia per ripicca, ma purtroppo la nonna ci sarebbe rimasta male... e l'avrebbe punito, ovviamente.
Al nono secondo di tempo fu Bianca stessa ad aprire la porta, dopo un fastidioso rumore di chiave girata in una toppa usata troppo poco.
Si era aspettato occhi gonfi e solchi di lacrime su quel viso così scialbo, invece Bianca sembrava rilassatissima. In effetti aveva l'aria di chi ha passato la notte a sonnecchiare.
«Che vuoi da me?» domandò sulla difensiva. «Se è per la punizione, io non c'entro. Hanno deciso tutto da soli! Io ho provato a dirgli che non volevo, ma non mi hanno voluto ascoltare!»
La notizia lo sorprese. Si era detto che Bianca doveva trovare l'intera situazione parecchio divertente, invece non era così. «Fidati, quando si tratta di punizioni non ascolterebbero neanche il Lord Italiano in persona. A me però hanno detto che la punizione finirà quando tu mi avrai perdonato. Lo sapevi?»
Lei si afferrò le punte dei capelli castani, che finalmente erano stati ben pettinati e messi in ordine per darle un aspetto decente. «Ho provato anche a dirgli che ti avevo già perdonato, ma Sonja...»
«Come sarebbe?» domandò Eli, confuso. «Mi hai già perdonato?»
Per qualche motivo Bianca arrossì lievemente; a Eli parve quasi di sentire il flusso di sangue caldo che si concentrava sulle sue gote, all'altezza del naso a patata. «Sì, certo. Insomma, me la sono presa, ma poi ho pensato che devo essere stata io a farti perdere la pazienza». Strinse le labbra. «E comunque, senza offesa, ma l'idea di passare la maggior parte del tempo con te non mi va così tanto a genio. Speravo di poter risolvere il problema alla radice da subito».
Eli annuì lentamente. Non ci aveva pensato, ma quella punizione aveva doppia valenza: Bianca avrebbe dovuto passare tutto il tempo con un vampiro che le aveva dimostrato in più di un modo quanto poco apprezzasse la sua compagnia.
In quel momento Bianca continuava a guardarlo fisso in viso. Non sembrava irritata o altro, quanto in attesa. Eli si ricompose.
«Bene, anche io vorrei risolvere il problema prima possibile. Perciò cerchiamo di andare d'accordo e di non pestarci i piedi a vicenda».
Lei inarcò le sopracciglia in una maniera che gli ricordò molto Isabella. «Volevi dirmi soltanto questo?»
Il vampiro la guardò senza capire. Bianca alzò gli occhi al soffitto e scosse la testa, sorridendo rassegnata. «Lascia stare, Eli. Domani verrò a scuola anche se tu dovessi ricoprirmi di insulti fino in classe, perciò goditi le tue ultime ore di libertà».
Lo salutò con un cenno vago della mano e gli chiuse la porta in faccia.
Eli storse il naso per quel congedo, ma scelse di lasciar perdere e di rimandare alla notte seguente. Per il momento la cosa da fare era andare a chiudere tutte le persiane in vista del sorgere del sole. Mentre si avviava verso la camera da letto, però, si chiese cosa volesse dire Bianca. C'era forse qualcos'altro che avrebbe dovuto dirle, ma di cui si era dimenticato?
Il pranzo? No, non credo. Ma allora cosa?
Eli non se ne sarebbe ricordato fino al giorno successivo.






Finalmente il quarto capitolo!
Avevo detto (se non ricordo male) che non prevedevo di scrivere una fiction troppo lunga, ma ho l'impressione che raggiungerò tranquillamente il decimo capitolo.
Come al solito, vi invito a farmi sapere cosa ne pensate scrivendomi una recensione oppure per messaggio. Al prossimo capitolo.
Ignis

   
 
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