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Autore: Ignis    07/10/2015    1 recensioni
Eli De Vile è un vampiro, così come lo sono tutti i membri della sua famiglia. Ha diciassette anni e le sue preoccupazioni sono piuttosto poche; non è il tipo da cacciarsi nei guai, è diligente alla Scuola Notturna ed evita di fare incontri indesiderati.
Bianca Petresi, invece, è l'umana che, piombando all'improvviso in casa De Vile, gli sconvolgerà la vita in modi che Eli non può nemmeno immaginare.
Tratto dalla storia:
«Secondo me credono che tu sia il ragazzo di Bianca».
Il vampiro rise di gusto. «Sì, certo! Che razza di rubacuori dovrebbe essere Bianca per trovarsi un ragazzo in un paesino sconosciuto nel giro di una manciata di giorni?»
Luca si mise seduto sulle zampe posteriori, continuando a guardarlo fisso. «Perché, tu sei così sicuro di poterti mettere con una ragazza nel giro di pochi giorni? Una come Bianca, con cui vai così poco d'accordo e perfino in lutto per i suoi genitori?»
«Io sono bello. Piaccio facilmente».
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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03. I vari punti di vista

Il pomeriggio di Eli trascorse piuttosto monotono, al di là dell'irritazione causata dalla chiacchierata con Bianca. Più tardi sperò davvero di poter parlare direttamente con la nonna: che cosa ci guadagnavano, come famiglia, ad accogliere in casa una depressa del genere?
Eli si era fatto un'idea molto chiara di Bianca: non gli piacevano per niente né il suo carattere suscettibile né il suo vittimismo. Mentre risolveva l'ennesimo esercizio di matematica si chiese come sarebbe andata a scuola il giorno seguente; forse sarebbe rimasta per tutto il tempo a piagnucolare perché non le piaceva il posto o perché non poteva più seguire i corsi con i suoi vecchi amici.
Tra qualche digrignare di denti per la rabbia e qualche borbottio, Eli finì di studiare e guardò l'orologio.
Erano le quattro del mattino. Aveva ancora tre ore da poter passare all'aperto, prima che arrivasse l'ora di chiudersi in casa per evitare i raggi solari: valeva la pena approfittarne. Uscì dalla propria stanza e scese al piano inferiore; ai piedi delle scale incrociò Angela, appena tornata dalla sua giornata di soli divertimenti. La donna aveva in mano una busta di carta di chissà quale marca straniera sconosciuta e tra i capelli portava un nuovo fermaglio in metallo prezioso.
«Diego continua a trattarti bene, vedo» commentò distrattamente Eli, osservandola da capo a piedi. Si accorse che i collant di Angela avevano una smagliatura e che aveva cambiato il rossetto rispetto a quello che si era messa a inizio serata.
«È così dolce» parve giustificarsi lei con un sospiro languido. «Quasi mi dispiace di non potergli dare quello che vuole».
Eli si scostò una lunga ciocca nera dal viso. «E perché ne parli a me? Ti stanno venendo i sensi di colpa a furia di usarlo? Quanto tempo è passato da quando l'hai convinto, vediamo... cinque mesi?»
Angela aggrottò la fronte. «Oh, non so perché continuo a perdere tempo parlando con te, Eli! Sei il solito insensibile!» sbottò irritata; quando parlò una zanna appuntita fece capolino per una frazione di secondo da dietro il labbro superiore. «Sarai contento tu di aver vissuto diciassette anni senza neanche trovarti uno straccio di fidanzatina».
Detto questo si allontanò su per le scale alla massima velocità che i suoi tacchi vertiginosi le consentivano. Eli la seguì con lo sguardo distrattamente, poi raggiunse finalmente il portone... solo che non riuscì ad aprirlo, perché qualcuno dall'esterno fu più veloce di lui.
«Oh, Eli, guarda un po'! Il nostro ometto di casa!» tubò allegramente nonna Sybil quando ebbe aperto il portone. «Vai a fare una passeggiatina prima della bara, tesoro?»
Poteva sembrare strano, dal punto di vista di un essere umano, vedere una donna dall'aspetto giovane e avvenente come Sybil parlare in quella maniera; non lo era per i De Vile, ovviamente. La nonna, dopotutto, è sempre la nonna, indipendentemente dalla specie.
Il primo pensiero di Eli fu di chiederle spiegazioni riguardo Bianca, ma cambiò idea nel momento in cui aprì bocca. «Che cos'è quella roba?»
Sybil aveva entrambe le braccia occupate da due voluminose buste della spesa. Dall'esterno si potevano scorgere un paio di sfilatini, un pacco di biscotti, burro, olio, carne, uova e latte. In casa De Vile il cibo umano non entrava quasi mai e sicuramente non era mai così tanto.
«Capiti a proposito, Eli. Prendi una busta, da bravo, e aiuta la nonna». Sybil si sporse verso di lui per permettergli di prendere la busta di sinistra. Eli decise saggiamente di tenerla tra le braccia come faceva Sybil, rendendosi conto che era molto più pesante di quel che sembrava.
«Nonna, perché hai preso tutta questa roba?» domandò Eli.
«Che domande fai? È la cena di Bianca, questa!» replicò lei con semplicità. «Non conosco i suoi gusti in fatto di cibo, così ho pensato di prendere un po' di tutto».
Seppur contrariato, Eli seguì Sybil fino al soggiorno-cucina. Era uno stanzone bello grande, con un tavolo abbastanza grande da poter ospitare dodici persone e un angolo cucina più spazioso di quanto ci fosse bisogno per una famiglia che si nutriva esclusivamente di sangue.
«Secondo me sarebbe bastato qualcosa di più semplice. Un po' di frutta, dell'insalata e l'acqua bastano e avanzano, no?» fece il ragazzo.
Sybil appoggiò finalmente la busta sul tavolo e prese ciò che doveva andare in frigorifero, non senza rivolgere al nipote un'occhiata di rimprovero. «Sempre così rigido, Eli! Non paragonare un'umana a una fattucchiera. La tua amica Isabella forse può tirare avanti con solo i vegetali, ma un essere umano in media ha una dieta molto varia. Mangiando sempre la stessa cosa rischia di ammalarsi, cosa che noi non vogliamo per la povera Bianca».
«E nella dieta varia degli umani si includono anche le radici di liquirizia?» chiese Eli tirando fuori una piccola busta e mostrandola alla donna.
«Assolutamente sì. Una delle piccole gioie degli umani è proprio il cibo: chi sono io per negarglielo?» Sybil ridacchiò. «Eli, avevi per caso intenzione di costringere la nostra ospite a una dieta pane e acqua? Quella povera ragazza non è certo una carcerata!»
Il ragazzo si strinse nelle spalle. In effetti era proprio quella la sua idea. «Noi vampiri beviamo solo sangue e nient'altro che sangue e ce la passiamo benissimo, no?»
La nonna si limitò a ridere ancora più forte. Insieme misero in fretta a posto tutto il cibo tra il frigorifero e la dispensa da sempre inutilizzata.
«Ecco fatto» disse Sybil alla fine in tono soddisfatto, poggiando le mani sui fianchi. «Che dire? Finalmente i nostri servizi di bicchieri, piatti e posate serviranno a qualcosa».
Eli non sembrava altrettanto soddisfatto. La cucina era la stanza meno utilizzata della casa, eppure lo indispettiva l'idea che dentro ci fosse roba destinata a Bianca. Non poteva farci niente: si sentiva ingiustamente invaso. La parte peggiore di quella storia era che niente di ciò che avrebbe potuto dire ai suoi genitori o alla nonna sarebbe mai servito a far cambiare loro idea.
«Nonna, perché l'hai fatto?» chiese dopo qualche secondo di silenzio.
Lei lo guardò con un sorriso dolce. Si avvicinò e gli accarezzò i lunghi capelli neri: un gesto che si era abituata a fare da quando Eli aveva scelto di farseli crescere così tanto. «Spiegati meglio».
«Perché hai portato Bianca a stare da noi?»
«Credevo che Abel Orlando e Sonja vi avessero spiegato come si deve la situazione di Bianca...» disse Sybil.
Eli scosse la testa, liberandosi dalle carezze della nonna. «No, non è questo. Voglio sapere come mai hai deciso di accoglierla in casa. Forse non le saprò tutte sul conto degli esseri umani, ma so che trovano sempre un modo di impicciarsi degli affari degli altri. Là fuori è pieno di gente che si sarebbe occupato di trovarle una nuova casa dove stare: una casa umana con tutori umani. Non era in pericolo o altro del genere: sarebbe riuscita a cavarsela da sola, in qualche modo».
«Come vi è stato già spiegato, Armando e io...» cominciò Sybil.
«La so la storia, questa ce l'hanno spiegata papà e mamma stasera» tagliò corto Eli. «Scusa, nonna, non volevo interromperti» aggiunse, notando lo sguardo di rimprovero della donna. «Volevo dire che se tu avessi voluto ripagare Armando in qualche modo, avresti potuto farlo lo stesso. Potevi vegliare su Bianca da lontano e aiutarla così, senza lasciarti coinvolgere fino a questo punto».
La nonna annuì, i lucenti boccoli biondi che tremavano con i suoi movimenti. «Ho capito dove vuoi arrivare. Vieni con me, passeggiamo insieme».

Uscirono e cominciarono a camminare. La strada di casa loro era una singola striscia isolata che andava da nord-ovest a sud-est con un orientamento tanto dritto e preciso da rasentare la perfezione. A sud-est c'era la Scuola Notturna, mentre Eli e Sybil si diressero a nord-ovest, verso le ultime due ville del paese prima dei campi e del bosco accoccolato sul pendio del colle. La luna era ancora alta e c'era una buona probabilità di incrociare lupi mannari, ma questo non impediva mai ai vampiri di andarsene a zonzo come più preferivano – specie se erano vampiri come Sybil, capaci di ipnotizzare più o meno chiunque.
Immerso così nel buio e nel silenzio rotto solo dai passi leggeri della nonna, Eli si sentì molto più rilassato e inspirò a fondo. Per un vampiro non era davvero necessario respirare, ma lasciarsi avvolgere all'interno e all'esterno dall'aria fresca era sempre una sensazione piacevole.
«Io mi rendo conto di aver fatto un azzardo» disse Sybil all'improvviso. Non sorrideva e teneva gli occhi viola fissi sulle scarpe. «Alec è mio figlio e fa quel che gli dico, mentre Sonja nutre sempre totale fiducia in quello che decido. Tu sei un ragazzo intelligente, Eli, e sei capace di farti valere in ogni situazione: immaginavo che non ti saresti accontentato di una spiegazione sommaria».
Il ragazzo non si lasciò distrarre dal complimento. «Allora spiegami meglio. Perché hai voluto che Bianca venisse a vivere con noi?»
Passò un lungo momento di silenzio. Si sentì il battito d'ali di un pipistrello ed Eli sollevò gli occhi gialli verso il cielo. Era una notte serena, con la luna grande e dorata che stava per tramontare.
«Non sono sicura di potertelo spiegare come si deve. Noi vampiri ultracentenari vediamo il mondo in una maniera molto diversa da quella dei più giovani... ma cercherò di utilizzare parole che tu possa capire». Sybil sorrise appena. «Si tratta di una percezione che svilupperai se e quando supererai i duecento anni, come me, ma varia da persona a persona. Nel mio caso è una cosa che sento nei confronti di altre persone».
Eli restò in ascolto, tornando a guardarla con attenzione. L'espressione della nonna era assorta e i suoi occhi viola parevano fissare qualcosa che andava oltre l'asfalto nero della strada. Come se stessero perforando il mantello terrestre per osservare il centro stesso della Terra.
«Non credo che anche parlandone riuscirò a convincerti» confessò.
«Non importa. Dimmelo con parole tue e mi sforzerò di capirci qualcosa. Non devi affatto convincermi, no? Basta che tu me ne parli».
Lei gli rivolse un sorriso dolce. «Beh... è come provare un sentimento, ma allo stesso tempo è una sensazione più definita. Una sorta di sesto senso che riesco a esercitare su tutte le persone con cui vengo a contatto ogni giorno».
«Sembra molto invasiva, come sensazione» mormorò Eli storcendo la bocca.
«Oh, al contrario. È come la vista, o l'udito. Forse all'inizio lo è, ma imparando a conoscerlo si riesce ad adattarsi a tutte le nuove informazioni. Sarebbe come vedere una stanza piena di persone». Sybil ridacchiò. «Beh, ripensandoci, un'immagine del genere è sempre stata invasiva per te! Ma andiamo avanti. Questa sensazione l'ho sentita chiaramente quando ho conosciuto Armando per la prima volta. Come descriverlo? Vediamo se riesco a trovare le parole giuste». Si morse il labbro inferiore, pensosa. «Non è come innamorarsi, no. È come la sorpresa... anzi, no. Come incontrare uno sconosciuto che si conosce da tantissimo tempo».
Fu il turno di Eli di sorridere divertito. «La descrizione non ha senso».
«So che è paradossale, ma non riesco a trovare parole migliori. Porta un po' di pazienza e sopporta la tua povera nonna, da bravo!» si difese lei.
Parlare con la nonna era molto più facile di quel che poteva sembrare. Non esercitava sulla famiglia l'autorità seria e inappellabile di Alec Orlando De Vile, né aveva una presenza dolce e materna come Sonja; era una via di mezzo tra genitore e vecchia amica di famiglia. Tra le persone che abitavano in casa, solo Angela pareva non sopportarla.
«Insomma, non riesco a descriverlo in nessun altro modo. Sentii di essere legata a lui in qualche modo e che era giusto che diventassimo amici. Quest'istinto mi stava guidando in una decisione precisa e io ho accettato di farlo. Ho seguito un percorso già segnato, ma allo stesso tempo è stata una mia totale decisione. So di stare ancora parlando per paradossi, ma è così».
Ormai avevano superato il territorio della villa dei vicini – dei tizi che trascorrevano lì esclusivamente l'estate. Tutt'intorno non si sentiva più neanche un rumore.
«Ad essere sincera non ho sentito la stessa cosa per suo figlio, né per sua nuora o per sua moglie... infatti sono rimasta semplicemente amica di Armando. È diventato un'ottima compagnia e farò sempre tesoro dei momenti passati insieme. Ho sofferto moltissimo quando è venuto a mancare».
Eli sollevò un sopracciglio. «Oltre quattrocento anni di vita e hai sofferto per un umano che muore?»
Sybil annuì. «Eli, tu fai tanto il duro, ma anche se fattucchieri e maghi hanno una vita piuttosto lunga, la morte arriverà anche per Isabella e Chiara. I mortali non sono presenze così poco rilevanti come credi: se siete amici come credo, purtroppo arriverà anche il tuo turno di soffrire».
Lui per un attimo pensò a Luca. Neanche i lupi mannari erano immortali, purtroppo; questo punto però non l'avrebbe mai tirato fuori in presenza di Sybil... né in presenza dei suoi genitori, ovviamente. Guai a parlare di lupi mannari con loro.
La nonna continuò: «con Bianca è stato completamente diverso da qualsiasi altra cosa io abbia mai provato. L'ho conosciuta già quando non era altro che una bimba, ma è cresciuta in fretta. Credevo che per me sarebbe rimasta un'insignificante vita sconosciuta come tante altre... invece è successa quella terribile tragedia che ha cambiato tutto. Io all'inizio avevo solo intenzione di accertarmi che stesse bene, proprio come hai suggerito tu poco fa: sarebbe stato sufficiente vederla andare da una famiglia adatta a lei, o comunque da qualcuno che potesse davvero provvedere alla sua istruzione in maniera completa. Avrei anche potuto darle parte dei miei risparmi in forma anonima per provvedere al suo sostentamento. Invece, appena l'ho vista, è stato come un fuoco d'artificio».
«In che senso?» domandò il nipote incuriosito.
«Beh, come... come per suo nonno, ma... più forte. Molto, molto più forte. Ho visto quella povera ragazza in stato di shock all'ospedale e ho sentito di doverle dare tutto quello che avevo. Anzi, no: ho sentito di volerlo fare. No, neanche questo...» Sybil si passò le dita tra i capelli, costernata. «Io l'ho sentita, Eli. Ho sentito il suo grido di aiuto. L'ho percepito sulla pelle, ne ho assaggiato il sapore. Ho intuito che avrei fatto qualcosa di grande e di radicale sia per lei che per me e alla fine l'ho fatto».
Ci fu un altro lungo silenzio. Sybil aveva evidentemente finito di spiegare, come poteva, ciò che era successo: in maniera confusa e sicuramente di dubbia lucidità, ma lo aveva fatto.
Eli tornò a guardare avanti, riflettendo. Dovendo giudicare il discorso della nonna per quello che era, l'avrebbe definito solo come una grandissima brodaglia allungata con paroloni e discorsi articolati, tutto per ammettere che sì, era stato un banalissimo colpo di testa – bello grosso, ma pur sempre un colpo di testa. Al tempo stesso, però, non ritenne giusto riassumere i pensieri di Sybil in quel modo. Anche se gli costava ammetterlo, c'erano davvero delle cose che i vampiri con meno di cinquant'anni non potevano capire... figurarsi poi quello che potevano comprendere e percepire i vampiri ultracentenari: si trattava di percezioni estremamente soggettive che solo loro potevano davvero studiare fino in fondo, in maniera più o meno accurata.
Fatto stava che al momento avevano un'umana in casa, e Sybil non pareva avere la minima intenzione di buttarla fuori tanto presto: prima doveva compiere quel "qualcosa di grande e di radicale" di cui gli aveva parlato. Nel frattempo potevano passare settimane, mesi, forse anni.
«Grazie per aver cercato di spiegarmi, nonna» mormorò Eli. «Non ho capito molto, ma lo apprezzo». Non si mise a spiegare quanto odiasse la situazione e quanto sarebbe stato difficile perdonarla per quell'atto di puro egoismo; sapeva già che i vampiri anziani non reggevano bene i litigi in famiglia.
«E io apprezzo la tua buona volontà, Eli. Non sarà facile, lo so, ma cerca di andare d'accordo con Bianca. Potrebbe sorprenderti per le sue qualità» replicò lei con un sorriso.
Il ragazzo non capì se sua nonna stesse parlando per convincere lui o se stessa; era comunque certo che non sarebbe mai riuscito ad andare d'accordo con quell'umana. Per lui era paragonabile a un insetto fastidioso che non gli era permesso schiacciare.

La sera successiva, quando Eli scese al piano inferiore per bere la sua dose quotidiana di sangue, trovò Heidi e Bianca già accomodate alla tavola e Katrina che invece stava mettendo via il bicchiere.
Bianca sembrava essere di umore migliore. Stava mescolando qualcosa di marroncino in una tazza – probabilmente caffellatte – e osservava con curiosità Heidi mentre beveva la sua razione da una grossa ciotola, usando una cannuccia.
«È normale per i vampiri bere il sangue come se fosse succo di frutta?» stava chiedendo l'umana con curiosità.
«Mai bevuto succo di frutta in vita mia» replicò Katrina spiccia mentre lavava il proprio bicchiere. «Delle abitudini umane m'importa davvero poco. Buongiorno, Eli! Cerca di non fare tanto il rompiscatole, oggi».
Dal viso di Bianca sparì il suo sorriso leggero quando si accorse della presenza di Eli. Quest'ultimo si limitò a scostarsi una lunga ciocca di capelli neri dal viso e a lanciare un'occhiataccia alla sorella maggiore. «Anche tu, Katrina».
«Buon lavoro Katrina!» le augurò allegra Heidi.
«Buono studio, nanetta» la canzonò la vampira. Arricciò il naso in direzione della sorella, che rispose allo stesso modo, dopodiché uscì dalla stanza.
Restarono in tre e calò uno strano silenzio, infranto solo dal rumore lieve di Heidi mentre sorseggiava il proprio sangue e dal masticare leggero dell'umana. Eli si avvicinò al mobile sotto la dispensa, dove erano rimaste due bottiglie di vetro piene di un liquido vermiglio. Lui prese la più vicina e un bicchiere, poi si accomodò accanto alla sorella, dal lato opposto del tavolo rispetto a Bianca.
Nella stanza c'era soprattutto odore di sangue, ma dal lato della ragazza proveniva un odore dolciastro di latte misto a zucchero. Lei era intenta a immergere un biscotto in un gesto lento e pareva estremamente assonnata.
«A me piace berlo con la cannuccia» disse Heidi, tornando al discorso. «Papà, mamma , Angela ed Eli lo bevono dal bicchiere. Katrina a volte lo beve direttamente dalla bottiglia. La nonna invece non beve mai con noi! Sta sempre a nutrirsi fuori». «Ah, capito». Bianca finì di masticare il biscotto che aveva in bocca e ci bevve sopra del caffellatte prima di continuare. Eli si chiese cosa le stesse passando per la testa in quel momento: probabilmente era strano per lei immaginarsi Sybil in giro, in cerca di sangue da bere per conto proprio. «E tutti i vampiri bevono il sangue così? Pensavo andassero a caccia o qualcosa del genere».
Heidi soffiò involontariamente nella cannuccia, producendo qualche bolla di sangue, per poi staccarsi alla svelta e scoppiare a ridere di cuore. Eli, che si era proprio messo a bere in quel momento, dovette fare uno sforzo immenso per evitare di farsi uscire il sangue dal naso.
«Va bene, va bene, ho capito! Niente caccia» borbottò Bianca, abbassando lo sguardo sulla tazza. «Che c'è da ridere? Non lo sapevo!»
«Sì, però è buffo!» Heidi ridacchiò ancora, divertita. «No, non cacciamo. Abbiamo i donatori».
«Tutti donatori maggiorenni e consenzienti» specificò Eli, inserendosi nel discorso. «Ad alcuni piace bere direttamente dalla fonte, come la nonna, mentre altri preferiscono farsi impacchettare tutto». Si versò un altro bicchiere di sangue. «Per una sola persona servono un paio di litri di sangue al giorno, quindi servono un donatore o due».
Anche se gli umani avrebbero dovuto sentirsi nauseati all'idea – esattamente come i vampiri erano nauseati al pensiero di nutrirsi di cibo umano – Bianca non parve avere nessun problema. Anzi, appoggiò gli avambracci sul tavolo e lo guardò con più interesse. «Non ne basta uno soltanto, in genere?»
«Dipende!» Eli si strinse nelle spalle. «Per esempio, Angela ogni tanto beve dal suo ragazzo, e...»
«Il ragazzo di Angela è umano?!» fece la ragazza, sbalordita.
Lui la guardò malissimo, infastidito. Heidi fece segno ad Angela di fare silenzio.
«Dicevo» riprese il vampiro «che Angela ogni tanto beve dal suo ragazzo, ma non rischia mai di fargli niente, perché quello è un tizio alto due metri e peserà un centinaio di chili in muscoli. Se invece, per esempio, uno di noi provasse a bere da te per colazione, scommetto che non riuscirebbe neanche a bersi metà razione prima che tu muoia dissanguata».
Bianca divenne pallida in viso e parve improvvisamente concentrarsi sulla propria colazione.
«Ohu!» Eli si piegò in avanti sul tavolo e fulminò con lo sguardo Heidi, che gli aveva appena tirato un calcio nello stinco. La guardò in cagnesco mentre la più piccola si rivolgeva a Bianca: «a Eli piace fare il sapientone, perciò se hai una domanda chiedi a lui! Così si diverte».
Bianca sorrise, divertita. «E così sei un secchione, eh? Ti avrei detto più un metallaro».
«Un cosa?!» Eli la guardò con tanto d'occhi. «Guarda che quella è Katrina! Io sono il contrario di un metallaro».
«La mia seconda opzione era "nonnetto bisbetico"».
Gli occhi del vampiro lampeggiarono pericolosamente in direzione di Bianca; Eli si sentì ancora più furioso, però, quando dovette accorgersi che la cosa non sembrava sortire alcun effetto sulla giovane. Si limitò a bere il suo bicchiere di sangue e a versarsi alla svelta il resto della bottiglia.
Heidi si associò: «per lui è azzeccato! Si comporta spesso come se fosse nato cent'anni fa. Ascolta solo musica classica e va sempre a letto presto».
«Ah, per quest'ultima cosa penso di capirlo. Mi devo ancora abituare a questi orari assurdi...» sbadigliò. «Se è per la luce del sole, non basterebbe uscire di casa ben protetti?»
«La luce del sole ci uccide all'istante» replicò Eli secco.
Bianca finì di bere il caffellatte e si alzò in piedi. «Si può sapere che ti prende? Ci tieni un po' troppo a fare la parte di Mister Simpatia, con me!» sbottò, sarcastica.
«Sarei molto più rilassato se tu usassi il tuo cervellino umano prima di aprire bocca. Non sono neanche le otto di sera e non fai che blaterare cose stupide» ribatté Eli, alzandosi in piedi a propria volta.
«Che cosa c'è di stupido? Fino a quattro giorni fa non credevo nemmeno esistessero, i vampiri! Sto solo chiedendo per conoscervi di più».
«Tu dici? A me sembra solo che tu ci stia prendendo gusto, a mandarmi fuori dai gangheri».
«Oh, per favore, vuoi smetterla? Ti comporti come se avessi invaso la tua preziosa fortezza, ma nessuno qui dentro mi tratta male come stai facendo tu!»
«Ragazzi, basta litigare!» tentò di inserirsi Heidi. Tutto inutile: ormai Eli era davvero arrabbiato.
«Non ce la faccio a restare buono e caro davanti a una che è qui da ventiquattr'ore e si crede già la regina del castello!» la attaccò ancora.
Bianca alzò gli occhi al cielo, mettendosi a braccia conserte. «Oh, mi scusi, maestà! Lungi da me usurpare il trono dell'unico, vero erede dei De Vile!» commentò.
«Gentilmente, vorrei che tu prendessi il tuo sarcasmo e lo nascondessi bene, quando parli con me. È una cosa che odio».
«Una delle poche» insisté lei. «Perché, altrimenti che mi fai? Sei già abbastanza detestabile per i miei gusti, ma non ti reputo capace di superare i tuoi limiti».
Fu il turno di Eli di mettersi a braccia conserte. «Scusa, ma tu non eri in lutto per i tuoi genitori? Smetti di infastidire me e vai a piangere per qualche altra ora nella camera che ti ha preparato la nonna. Comincio a pensare che abbiano deciso loro di farla finita, con una figlia come te».
Bianca non rispose: si limitò a sgranare gli occhi per la sorpresa, per poi assumere un'espressione ferita.
«Eli...» si lamentò Heidi, coprendosi il viso con le mani e scuotendo lentamente la testa.
Non c'era bisogno di farglielo notare: Eli si rese conto quasi subito di aver parlato troppo. Aveva pensato solo a offenderla, nell'unico tentativo di zittirla, ma quelle non erano assolutamente parole da dire a qualcuno. Tentò inutilmente di rimediare: «no, aspetta, non...»
«Risparmiatelo». La voce di Bianca era già rotta dal pianto. Aveva i muscoli del viso contratti nel tentativo di non piangere, ma le lacrime le solcavano già il viso, il naso a patata era già scarlatto. Si allontanò dalla stanza con passo spedito – probabilmente diretta nella propria stanza, proprio come Eli le aveva appena suggerito.
Heidi guardò con rimprovero il fratello maggiore. «Gli umani saranno anche tipi assurdi, Eli, ma tu potresti anche fare uno sforzo ed essere meno cattivo».
Lui sospirò, poi prese il proprio bicchiere e la ciotola di Heidi. «Ci penso io a ripulire, tu vai a prendere lo zaino, o faremo tardi» disse in tono neutro.
Era riuscito a far piangere la stessa ragazza umana due volte in meno di ventiquattr'ore, eppure non riusciva a sentirsi granché vittorioso.







Ecco qui il terzo capitolo. Come al solito vi invito a farmi notare gli errori, se ce ne sono, ma soprattutto a farmi sapere cosa pensate della storia. Vi piace oppure no? Quali sono i personaggi che, di primo impatto, vi piacciono di più? Quali sono le vostre previsioni sulla storia?
Io mi impegnerò a rispondere alle recensioni e ai messaggi, quando potrò. Come al solito gli aggiornamenti non saranno uniformi – penso che con quest'ultimo aggiornamento si sia fatta chiara, la cosa. Detto questo, vi saluto.
Al prossimo capitolo!
Ignis

   
 
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