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Autore: La Tigre Blanche    09/12/2015    1 recensioni
"Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior." - Catullo.
Dal testo:
« Odi et Amo…? » lesse Antonio con voce sommessa, poggiando la guancia tra i capelli biondi del consorte.
« Mh? » Fece questi, scrutandolo perplesso. Spagna volse i suoi smeraldi scuri in quelli chiari di Arthur:
« Querido, come si può amare e odiare allo stesso tempo una persona? » L’altro gli rivolse uno sguardo perplesso:
« Non lo so » ammise « sono due sentimenti potenti e contrastanti e—
« Un po’ come te e Francia » Il tono di Spagna si fece gelido, quasi rabbioso nel pronunciare il nome della nazione nemica, e cinse le spalle di Inghilterra con un braccio, stringendolo a sé con una possessività che mal si addiceva al suo volto sorridente – ma quel sorriso era diverso dai soliti, e questo Arthur lo sapeva: era un sorriso tagliente, minaccioso e famelico, il sorriso di un predatore che non ha alcuna intenzione di lasciar andare la propria preda.
[...]
« Te amo, Arthur… » L’inglese esitò:
« I love you too » Mentì.
SpUK pseudostorica, perché questi due ciccini sono più storicamente canon di quanto ci si aspetti e perché non posso fare a meno di loro. Tanto angst.
Genere: Angst, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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† Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior †

 

 [Agosto 1588 – battaglia di Gravelinga e sconfitta dell’Invincibile Armada]

 

L’odore di salsedine impregnava il legno marcio – si  infilava malandrino nelle narici del prigioniero, solleticandogli la gola secca ad ogni suo faticoso respiro. Sulla pelle bruna, vellutata e morbida al tatto, fiorivano lividi scuri e pulsanti di dolore e il torso era solcato da tagli e ferite vermiglie, non ancora cicatrizzate del tutto.

Gli occhi verdi erano vacui e ottenebrati dall’odio e dalla vergogna, che gli corrodeva piano il cuore, crudele – le labbra gonfie e tumefatte erano schiuse a mostrare i denti digrignati. Fece un movimento brusco, la pelle dei polsi tirò e fece così male che per un attimo temette che si fosse strappata. Era stato legato – quel figlio di puttana lo aveva legato! – e i polsi erano stretti da una cima ruvida e indurita dal sale, annodata a un anello di ferro sporgente dalla parete lignea. Le mani erano arrossate e formicolavano e le ferite sulla schiena, premuta contro il legno irto di schegge, mandavano fitte lancinanti. Gemette, riversando la testa all’indietro, ed esponendo il collo abbronzato, unica parte rimasta intatta da quella battaglia. Rimase così, osservando i fasci di legno che correvano sopra la sua testa.

La Grande y Felicisima Armada era stata brutalmente sconfitta e lui, Antonio Fernandez Carriedo, la Spagna in persona, era stato fatto prigioniero da quel… quell’inglese. Chiuse gli occhi stanchi, prendendo un respiro profondo. L’ondeggiare perpetuo del galeone andava di pari passo con gli scricchiolii delle assi di legno, e il rumore scrosciante delle onde lo rilassava – era come musica per le sue orecchie, una dolce melodia che lo cullava e lo faceva sentire al sicuro, per quanto potesse esserlo trovarsi tra le grinfie di Inghilterra. Arthur – il suo nome gli solleticava il palato. Istintivamente lo pronunciò a fior di labbra, assaporando il modo in cui rotolava aggraziato sulla lingua. Lo odiava.

Arthur – lo mormorò sommessamente, con voce roca e spenta, e gli sembrò più armonioso che mai. Lo desiderava. Si leccò le labbra.

« Arthur… » Per la terza volta il suo nome uscì dalla chiostra dei denti, stavolta sferzando l’aria e infrangendo il silenzio.

« Sono qui. » Antonio spalancò gli occhi, sussultando e portando lo sguardo dinanzi a sé. Inghilterra era là, in piedi davanti a lui, con solo una manciata di piedi a separarli. Impugnava una candela dalla fiamma tremula, e le ombre danzavano tutt’attorno, sobbalzando ad ogni movimento vibrante del fuoco. Il volto era per metà illuminato da quella luce aranciata e le iridi chiare lo trapassavano, inespressive.

Uno scatto in avanti e subito i polsi urlarono dal dolore e il legno scricchiolò. Emise un verso frustrato – lo voleva, voleva prenderlo a pugni e voleva mordergli le labbra a sangue. Voleva fare l’amore con lui, sul suo letto, come avevano fatto tante volte quando c’era ancora Caterina D’Aragona, voleva sentirlo stringersi contro di lui come durante il regno di Mary Tudor, quando era fragile e debole, divorato da quelle lotte sanguinarie per contrastare gli eretici. Voleva amarlo, ma non poteva, poiché non si lasciava amare. L’odio era l’unico sentimento che poteva toccarlo, per questo lo odiava. Per essere ricambiato.

« Sono qui, Antonio. » E quelle gelide parole vibrarono nell’aria, conficcandosi nel cuore di Spagna, ancora ribollente di quel sentimento al confine tra l’odio e l’amore.

 

« Arthur! » Antonio lo fissava come un bambino beccato a rubare la marmellata. Era seduto scompostamente sul letto a baldacchino, e tra le mani stringeva convulsamente una lettera. Singhiozzò, il volto paonazzo e gli occhi smeraldini lucidissimi, e subito premette una mano sulla bocca, distogliendo lo sguardo e tentando di nascondere le lacrime – l’orgoglio non gli permetteva di mostrarsi debole, non davanti a lui.

 Arthur, la mano ancora stretta sulla maniglia dorata della porta e i sensi di colpa avviluppati allo stomaco, guardò quel foglio scritto stropicciato dalle mani goffe del proprio marito e volle sprofondare per aver commesso un errore del genere. Si morsicò il labbro, chiudendosi la porta alle spalle. Avanzò di qualche passo: non avrebbe dovuto lasciare incustodita la lettera che il Re gli aveva incaricato di custodire e di spedire al Papa – sulla carta scorreva crudele il desiderio di Henry VIII di divorziare da Catalina de Aragón, in quanto bisognoso di un erede maschio: si sarebbe recato dal papa in persona pur di mettere fine a quel matrimonio tanto odiato dal re – e Spagna l’aveva letta tutta, fin quando le lacrime non gli avevano appannato gli occhi, fin quando la delusione non gli era divampata nel petto e aveva bruciato tutte le sue speranze e i suoi desideri più reconditi.

Arthur non era stupido. Si era accorto da tempo che il sentimento che Antonio provava per lui andava ben oltre l’ammirazione: i suoi occhi smeraldini, tersi, erano come un libro aperto su cui le emozioni erano state trascritte in bella vista. Essi si illuminavanodi una luce diversa ogni qual volta incrociavano lo sguardo di Inghilterra, fiduciosi e pregni di Amore. L’inglese, ogni volta che si scontrava con quel sentimento tanto palese, si limitava a volgere gli occhi altrove, in un malcelato tentativo di ignorarlo – e ignorare il senso di colpa che gli pizzicava il fondo della gola ogni qualvolta notava di sfuggita lo sguardo speranzoso dell’iberico.

Inghilterra deglutì, fermandosi esattamente davanti a Spagna. Con un gesto meccanico gli strappò malamente la lettera dalle mani, la accartocciò e la gettò con rabbia tra le fiamme del camino, bloccandosi nell’osservare i lembi candidi della carta annerirsi e carbonizzarsi lentamente. Le labbra di Arthur si stirarono in una linea dritta quando si volse a guardare quello che ancora era suo marito: gli occhi spalancati e la bocca schiusa dalla sorpresa, Spagna fissava incredulo il fuoco che divorava la fonte di ogni suo dolore.

Inghilterra lo trafisse con lo sguardo: era la prima volta che lo vedeva piangere e quello spettacolo lo straniva: dopo anni passati a guardarlo girare sorridente per le ali del palazzo, la visione delle sue lacrime che gli striavano le guance arrossate non gli piaceva. Con stizza allungò una mano verso di lui, afferrandolo per il mento e costringendolo a far incatenare le loro iridi, così simili eppure così dannatamente differenti. Se gli occhi di Antonio erano gentili e lasciavano trapelare facilmente ogni emozione, limpidi come l’acqua di un ruscello, quelli di Arthur erano glaciali, una foresta difensiva che bloccava ogni tentativo di leggergli dentro.

« Sono qui, Antonio. » Asserì seriamente, carezzando con inaspettata delicatezza una guancia umida di pianto. Spagna batté confuso le palpebre, boccheggiando, incapace di proferire alcunché:

« Arthur… io, i-io—» e un paio di labbra sottili e ruvide si posarono delicatamente su di lui. Durò pochi secondi, ma bastarono per mettere a soqquadro l’animo di entrambi – fece nascere un turbinio di farfalle che si dibattevano frenetiche nei loro stomaci e un brivido traversò le loro spine dorsali. Inghilterra non seppe mai il perché di quel gesto d’affetto – si allontanò quasi subito, ma quando schiuse le palpebre gli smeraldi di Spagna lo inchiodarono al posto, non permettendogli alcuna fuga, illuminati di una luce strana, mai vista prima. Era in trappola. Un battito di ciglia e la sua schiena impattò la morbidezza del materasso, con lo spagnolo che lo sovrastava  – e Antonio liberò quella bestia famelica che è l’amore, lasciando che si scagliasse su di Arthur e lo divorasse. Fu passionale e istintivo, le sue labbra carnose e bollenti baciavano fameliche quelle del biondo mentre le mani tiepide lo stringevano a sé, imprigionandolo nella dolce morsa della passione.

E Arthur, travolto, si lasciò amare.

 

 

Inghilterra piegò le labbra in un sorriso di scherno, sedendosi su una cassa là vicino e poggiando la candela a terra:

« Guarda come ti sei ridotto, Carriedo… » sibilò, accavallando elegantemente le gambe – e Antonio seguiva ogni suo movimento, come ipnotizzato – « Sei arrivato a chiedere al papa il permesso di rovesciare il mio trono, dopo avermi fatto scomunicare. Ti brucia così tanto non riuscire più a controllarmi? »  Spagna continuò a perforarlo con quei suoi smeraldi lampeggianti di brama:

« Ti odio. » Inghilterra alzò le sopracciglia, fingendosi sorpreso, dopodiché il sorriso si ripresentò sulle sue labbra.

« Anche io. » Esitò appena. Seguì una pausa; « Mi fai pena, Antonio. Ti ostini a voler esercitare il controllo su di me, come se io fossi una tua proprietà. Sei ridicolo. »

« Bugiardo. » Hai ragione, avrebbe voluto dirgli.

« Mi chiedo perché tu sia così cocciuto, talvolta. » sospirò Inghilterra, e il sorriso si fece

mesto; « Perché non mi lasci in pace… » mormorò, massaggiandosi la fronte.

« Sai benissimo il perché… » mormorò l’iberico, chiudendo gli occhi e abbassando il capo – sentiva lo sguardo di Arthur addosso a sé, perforante.

« Sei pazzo. Malato. » Sputò, senza smettere di fissarlo. Spagna piegò il capo di lato, schiudendo appena  le palpebre e sorridendo – un brivido corse lungo la schiena di Arthur, mozzandogli il fiato e lasciandolo atterrito dinanzi a quel sogghigno insano che ornava le labbra dell’altro.

« Soy enamorado, ma ti odio: tu godi nel vedermi soffrire, Inglaterra. So quanto ti sei divertito con me, mentre mi scopavi senza vergogna alcuna. » Mormorò rocamente. I sentimenti gli turbinavano confusi nel petto. Lo amava, lo odiava, non lo sapeva nemmeno lui. Pochi secondi e Inghilterra scattò in piedi come punto da una vespa, colto da una vampata d’ira. Un paio di falcate e si parò davanti ad Antonio, gli occhi verde acido che lampeggiavano di irritazione – la punta dello stivale di cuoio colpì il prigioniero dritto nello stomaco. Il moro strabuzzò gli occhi, spalancando la bocca in un muto urlo di dolore.

« Non sai nulla. » la voce dell’inglese fu come una stalattite di ghiaccio che si piantava dritta nel caldo cuore iberico, congelandolo. Era piegato su se stesso, lo stomaco che gridava pietà e i muscoli delle braccia doloranti. E lì, con le corde che gli consumavano i polsi e le schegge che gli sfregiavano la schiena, rise – una risata incrinata e disperata, paragonabile agli aridi singhiozzi di una persona che ha esaurito le proprie lacrime.

« Odi et amo, Inglaterra, odi et amo. »

 

 

Inghilterra era seduto in una stretta poltroncina imbottita dai colori scuri e pesanti. Era dimagrito: le continue lotte intestine tra cattolici e anglicani imperversavano nei suoi territori, e, in quanto Nazione, ne risentiva. Antonio, poggiato allo stipite della porta, lo osservava con attenzione: era pallido e gli zigomi si erano fatti più evidenti da quando lo aveva visto l’ultima volta, i capelli biondi erano spenti e lo sguardo stanco scorreva sulle pagine di un libro che teneva sulle ginocchia. Era da tanto che non lo veniva a trovare: nonostante Mary Tudor e Felipe II fossero sposati, questi aveva deciso di non trasferirsi in Inghilterra – visitava la consorte di rado e costringeva di conseguenza Spagna a fare lo stesso.

Si avvicinò all’inglese e gli posò la mano sul capo, carezzandogli dolcemente i capelli. Gli era mancata la sensazione di quelle ciocche seriche contro il suo palmo – gli era mancato tutto di lui, in verità, da quelle sue sopracciglia cespugliose perennemente corrucciate alle mani affusolate e infreddolite. Arthur sussultò per quel contatto inaspettato e subito volse lo guardo inasprito verso chi aveva osato interromperlo nella lettura, probabilmente con l’intento di cacciarlo via dalla biblioteca a suon d’insulti, ma non appena vide il sorriso familiare di Spagna le parole gli si incastrarono in gola. Spalancò gli occhi, meravigliato:

« Antonio – non mi hanno avvertito del tuo arrivo… » Affermò, mentre la mano calda dell’altro gli scorreva sulla guancia per poi posarsi sulla spalla.

« Volevo farti una sorpresa, mi amor » rispose il compagno, chinandosi poi a depositargli un bacio tra i capelli, a cui Inghilterra rispose con un sospiro. Chiuse gli occhi, assaporando l’odore di salsedine, di sole e d’oro che sprigionava Antonio – era approdato da poco e il sapore delle terre straniere che aveva visitato si era ormai incastrato nei suoi abiti.

« Che leggi? » i suoi pensieri furono interrotti dalla voce squillante del compagno, e Arthur posò gli occhi sulle pagine in cui era immerso fino a poco tempo fa:

« Il Liber Catullianus, sono arrivato agli Epigrammata… » Non fece in tempo a terminare la frase che subito il libro sparì tra le mani di Spagna che, senza tanti preamboli, si era comodamente seduto sulle sue ginocchia, gli aveva passato un braccio attorno al collo e gli si era accoccolato addosso – e quelle membra tiepide a contatto col suo corpo infreddolito gli fecero subito mancare il respiro: era da tanto tempo che non percepiva quel calore familiare addosso e in più l’odore salmastro di quella pelle bronzea continuava a solleticargli le narici, trascinandolo in un piacevole stordimento.

« Odi et Amo…? » lesse Antonio con voce sommessa, poggiando la guancia tra i capelli biondi del consorte.

« Mh? » Fece questi, scrutandolo perplesso. Spagna volse i suoi smeraldi scuri in quelli chiari di Arthur:

« Querido, come si può amare e odiare allo stesso tempo una persona? » L’altro gli rivolse uno sguardo perplesso:

« Non lo so » ammise « sono due sentimenti potenti e contrastanti e—

« Un po’ come te e Francia » Il tono di Spagna si fece gelido, quasi rabbioso nel pronunciare il nome della nazione nemica, e cinse le spalle di Inghilterra con un braccio, stringendolo a sé con una possessività che mal si addiceva al suo volto sorridente – ma quel sorriso era diverso dai soliti, e questo Arthur lo sapeva: era un sorriso tagliente, minaccioso e famelico, il sorriso di un predatore che non ha alcuna intenzione di lasciar andare la propria preda. Preda che non aveva la minima voglia di soccombere. L’Inglese affilò di rimando lo sguardo, raddrizzando la schiena:

« Mi stai forse accusando di tradirti, Spain? » Corrucciò le sopracciglia, di colpo scostante e diffidente. Antonio rimase lì per lì congelato sul posto, per poi sciogliersi in una di quelle sue risate, calde e secche come la sabbia desertica, e stringersi ancora a lui, stavolta senza quella nota possessiva a incrinare il tutto. Agilmente, Spagna si sistemò a cavalcioni sul bacino del compagno e allacciò le mani dietro la sua nuca, facendo combaciare le due fronti affinché l’inglese si trovasse costretto a guardarlo negli occhi.

Gli smeraldi di Antonio erano pieni di devozione, straripanti dell’amore più puro e sincero, e Arthur si trovò inspiegabilmente senza fiato, travolto da emozioni troppo intense per essere spiegate. D’istinto si sporse verso quelle labbra carnose, solcate dal più tenero dei sorrisi. Fu un bacio rapido, dolce e affettuoso, a cui Antonio rispose con uno di quei suoi sorrisi raggianti, di quelli che riscaldavano dentro:

« Mi amor, non dubiterei mai di te e della tua fedeltà, so che non mi tradirai mai… » e la magia si frantumò di colpo: un’ombra scura calò repentina sul suo volto, spegnendogli il sorriso e raffreddando la sua espressione; « E’ di Francia che non mi fido. » Il suo tono di voce, freddo e tagliente come la lama di un’alabarda, fece rabbrividire la nazione più giovane: conosceva abbastanza bene Spagna, e ben sapeva cosa era capace di fare quando delle interferenze rischiavano di mandare all’aria i suoi piani. Lo aveva visto accendere impietoso i roghi designati agli eretici protestanti. Lo aveva visto uccidere persone con una freddezza calcolatrice che mai si era aspettato di vedere. Come poteva quella persona capace di tante barbarie contro vittime innocenti essere così dolce, passionale, talvolta addirittura sottomesso nei suoi confronti?

« Te amo, Arthur… » L’inglese esitò:

« I love you too » Mentì.

 

Spagna gettò il capo all’indietro, lo sguardo folle che trapassò quello di Arthur, impassibile. Rideva ancora, isterico, producendo un verso altisonante che infranse brutalmente il silenzio e frustò le orecchie del britannico. “Odi et Amo”, continuava a gracchiare Antonio con voce distorta – e Arthur si sentì morire dentro, il cuore che gli implodeva per i sensi di colpa. Gli si strinse un nodo in gola mentre continuava a scrutare gelidamente Spagna – voleva scappare via da lì, voleva che quel pazzo smettesse di ridere come se non fosse successo nulla, voleva fermare quel suono atrocemente straziante che grattava contro la gola di Antonio. E lo fece.

Si avvicinò nuovamente, afferrando malamente Spagna per il bavero della camicia – che un tempo era bianca, ma ora si ritrovava screziata del rosso sangue del suo proprietario. Fece cozzare la sua fronte con quella di Antonio, che smise improvvisamente di ridere, spiazzato dal comportamento dell’altro:

« Guardami, Antonio. » E per la prima volta, quando Spagna immerse i propri smeraldi nei prati di Inghilterra, vide, percepì, sensazioni tenute nascoste per troppo tempo – gli scrutò l’anima.

« Sei così… ostinato. » Inghilterra parlava a fatica, la voce vibrava di emozioni contrastanti ed esasperate – lui stesso era esasperato da quella situazione. Antonio lo aveva amato. Antonio lo amava ancora – e lo odiava, perché, per tutto il tempo in cui erano stati sposati, tutte le volte che si erano baciati o avevano fatto l’amore, Arthur lo aveva illuso. E ciò feriva entrambi.

Spagna era corroso da un sentimento contrastante al confine tra odio e Amore – amore, quel sentimento originario così puro che si era però evoluto in qualcosa di più oscuro: Ossessione. Inglaterra era la sua ossessione e desiderava possederlo con la stessa intensità con cui voleva annientarlo.

Dal canto suo Arthur era dilaniato dai sensi di colpa – lo era stato per tutto il tempo. Non amava Spagna, non lo aveva mai amato, ma, ogni volta che incontrava quelle gemme verdi così devote, non riusciva a dire di no, a ferirlo. E si lasciava amare, inerme, incapace di contrastare quel sentimento così potente. Era stato un codardo, lo ammetteva, perché non aveva mai avuto il coraggio di dirgli ciò che provava davvero. Non si può fingere di amare.

Antonio deglutì a vuoto, completamente in balìa di quello sguardo penetrante. Avere Arthur a quella distanza lo destabilizzava, e in più quel contatto visivo era così inaspettatamente espressivo da mozzargli il fiato – percepiva il dolore che provava Inghilterra. Un dolore diverso dal suo, ma ugualmente devastante.

Le mani del biondo, ancora ancorate al bavero della camicia, iniziarono a tremare – Arthur stesso iniziò a tremare, e i suoi occhi, spalancati, si annacquarono. Un singhiozzo roco rimbalzò fuori dalle sue labbra. A Spagna gli si mozzò il respiro: sgranò gli occhi a sua volta, incredulo.

« Arthur…? » la voce era appena un sussurro, un refolo caldo che carezzò il volto dell’altro.

Perle d’acqua salmastra si incastonarono tra le ciglia dell’inglese, aggregandosi l’un l’altra e scivolandogli lentamente lungo le guance nivee e scavate. Un altro singhiozzo, forte e limpido, sferzò l’aria.

« Y-you don’t un-understand how… how hard it was for me… God, I’m such a horrible person, Spain- » le parole arrivavano sconnesse alle orecchie di Antonio che, paralizzato, continuava a fissare inerme il suo nemico che piangeva, stravolto dal dolore. Arthur gli sembrava così fragile in quel momento, tremante come una foglia, pareva potersi spezzare da un momento all’altro.

« I- I’m sorry » Il cuore di Antonio perse un battito nell’udire quella parola, una delle poche che aveva mai imparato in inglese. Inghilterra continuava a fremere; le ginocchia cedettero e si lasciò cadere a terra, distrutto, le mani ancora strette attorno alla stoffa della sua camicia e gli sguardi ancora incatenati. La fronte coperta da ciocche dorate si staccò da quella di Spagna, e il volto dell’inglese fu nascosto nell’incavo del suo collo – la pelle dell’iberico era morbida e calda e lo faceva sentire in qualche modo a casa – e pianse, sfinito.

Antonio poggiò la testa su quella di Inghilterra, un sorriso mesto a solcargli il volto stanco. Chiuse gli occhi e sospirò piano:

« Un giorno ti perdonerò Arthur. Per ora né le tue lacrime, né le tue scuse, potranno risanare le mie ferite. » Piegò appena il volto, strofinando le labbra tra i capelli di Inghilterra: « Ora vattene. » gli soffiò nell’orecchio, con un tono indifferente che fu come una stilettata dritta nel cuore colpevole di Arthur. Questi si irrigidì, allentando la presa sul bavero e allontanandosi lentamente, lo sguardo vuoto. Si rialzò, con ancora le ciglia imperlate di lacrime, e si voltò, esitando appena prima di andarsene:

« E sia… »

*

Antonio e Arthur erano fin troppo diversi. Il primo, dalla pelle dorata e i riccioli color cioccolato, era come il Sole – ovunque andasse, era luminoso, raggiante, e il suo sorriso riusciva a catturare l’attenzione di tutti. Il secondo, dai capelli come di filigrana d’oro e dalle membra eburnee, era la pioggia – grigio e malinconico, talvolta aggressivo come un temporale estivo, talvolta delicato come la fine pioggerella autunnale. Eppure queste due nazioni appartenenti a due mondi totalmente diversi, erano finite col collidere.

*

[Settembre 2015 – Meeting mondiale]

 

Spagna sussultò appena, destandosi da quel sogno ad occhi aperti non appena America decretò ufficialmente la fine della riunione. Sospirò, alzandosi e sistemando i documenti nella propria ventiquattrore con gesti meccanici. Assottigliò lo sguardo vacuo, la testa che gli pulsava dolorosamente: i pensieri gli vorticavano in mente, confusi. Non riusciva a capire perché fosse stato tutto quel tempo a pensare a una cosa accaduta mezzo millennio prima – davvero, non se lo spiegava. Si stiracchiò, dopo ore costretto a stare seduto non vedeva l’ora di andarsene, prendere il primo aereo per Madrid e tornarsene a casa a dormire, magari col sonno tutti quei pensieri negativi sarebbero slittati via. Afferrò quindi la ventiquattrore, voltandosi per dirigersi all’uscita; neanche un passo e subito qualcuno gli venne addosso, facendolo rovinare a terra.

« Mierda! » Sibilò, mentre la valigia si apriva e le sue scartoffie scivolavano sul pavimento.

« Fucking frog! » Antonio si irrigidì quando, alzando il volto, si ritrovò addosso niente di meno che Inghilterra. Poco più in là, piegato in due dalle risate, c’era Francis, colpevole del misfatto. Con le folte sopracciglia corrucciate, Arthur si rialzò, togliendo con le mani della polvere invisibile sulle ginocchia. Occhieggiò poi Antonio, ancora semisdraiato a terra, e sbuffò, dopodiché gli porse un po’ riluttante la mano – era pur sempre un gentleman, lui:

« Ah! Sorry Spain, è tutta colpa della fottuta rana… » Borbottò, irritato. Spagna sospirò, scansandogli la mano e rialzandosi da terra:

« Non importa, Inglaterra… » Lo guardò poi negli occhi, sorridendogli dolcemente: « Ti perdono… » si chinò quindi a raccogliere i documenti sparsi a terra

Arthur batté un paio di volte le palpebre, spiazzato da quell’occhiata e quella frase così inspiegabilmente ambigue. Scosse poi la testa, preferendo non indagare sul vero significato di quelle parole sibilline:

« Sei strano, Spain, più strano del solito » Alzò le spalle, allontanandosi. Antonio ridacchiò, fra sé e sé:

« Odi et  Amo… » Inghilterra si bloccò sul posto. Si voltò appena, guardandolo con la coda dell’occhio:

« Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior » Mormorò di rimando.  Si sorrisero, complici. Forse non tutto era perduto.

 

 

Note:

Salve ragazzuole, eccomi ritornata con la seconda spuk! :D E’ basata su ciò che è accaduto prima e appena dopo l’Armada: la guerra anglo-spagnola infatti fu una di quelle guerre che non ci si aspetterebbe mai, considerato che fino a quel momento i rapporti tra Spagna e Inghilterra erano stati piuttosto buoni! Infatti la Spagna era restia a ingaggiare battaglia con l’Inghilterra, poiché teneva alla sua alleanza e non voleva distruggere tutto(?). Poi però Elisabetta I se ne è fregata altamente, iniziando a far attaccare le navi spagnole dai pirati Inglesi come Francis Drake e a quel punto Filippo II si è giustamente arrabbiato e ha iniziato a reclamare il trono inglese, affermando che gli spettava di diritto in quanto marito della defunta Mary Tudor di Inghilterra – Bloody Mary, per intenderci, quella che voleva cattolicizzare l’Inghilterra condannando i protestanti. Ecco perché l’Invincibile Armada. In poche parole, Spagna voleva il culo inglese(?)

Prima però di tutta questa manfrina, prima ancora della nascita di Elizabeth I e Felipe II, ci fu Enrico VIII, il bastardo che mi rovina male l’OTP. Praticamente, nonostante fosse felicemente sposato con Caterina di Aragona, voleva per forza un figliuoletto maschio così, gira che ti rigira, chiese al papa di divorziare con quella poraccia. Tanto ha detto e tanto ha fatto che alla fine riesce nella sua impresa e si sposa l’amante, Anna Bolena, madre di Elizabetta I. Caterina di Aragona farà quindi una brutta fine, in quanto, nonostante fosse amata dal popolo, fu buttata fuori a calci dalla corte inglese e costretta a morire in solitudine per un cancro.

I matrimoni tra Spagna e Inghilterra quindi non furono per niente felici, poveri i miei ciccini <3 Se ci sono altre domande sui riferimenti storici non esitate a chiedermelo <3 Bacini baciò,

 

La Tigre Blanche

 

   
 
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