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Autore: cartacciabianca    05/03/2009    3 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Soddisfazione






Le damigelle di Adha arrotolarono le tende, e i raggi di sole penetrarono violenti nel buio salotto delle Dee. Le due si apprestarono ad aprire le finestre e a sbattere i cuscini, mentre Adha restava immobile al centro della stanza.
La donna poggiò le mani sui fianchi e spostò il peso su una gamba.
C’era una scia di vestiti e armi seminata per il pavimento, e questa si allungava fino alla porta chiusa della camera da letto di Elena.
Adha avanzò bruscamente verso l’ingresso e aprì la porta di colpo, per nulla timorosa di cosa avrebbe trovato.
Elena era rannicchiata all’angolo del letto; la coperta intrecciata tra le gambe e i cuscini sparsi per terra, resti di un sonno agitato.
-Elena, so che sei sveglia- mormorò la donna.
La Dea si tirò su lentamente, stropicciandosi gli occhi e guardandosi attorno sperduta.
-Adha- sbadigliò stiracchiandosi. In realtà Elena non aveva chiuso occhio quasi tutta la notte, ma non poteva far altro se non biasimare se stessa.
La donna lanciò un’occhiata un po’ ovunque, accertandosi che i suoi erano stati vani pensieri. –Dormito bene?- chiese serena.
Elena annuì.
Adha andò a togliere le tende dai vetri. Aprì la finestra e una ventata fresca invase la stanza. Poi richiamò le sue due ancelle.
Le ragazze cominciarono a mettere ordine nella camera.
Adha si schiarì la voce, ed Elena incontrò il suo sguardo.
La donna si fece da parte e indicò i vestiti gettati sul pavimento del salotto. –Quella è roba tua?- domandò seria.
Elena curvò le spalle, e sull’istante le tremarono le gambe. –Sì- balbettò andando a raccogliere vesti e lacci di cuoio. Adagiò le armi sui cuscini e si avviò nel bagno a testa china.
Chiudendosi la porta alle spalle, Elena sperò che Adha non facesse nascere quel genere di sospetti, anche se qualcosa era effettivamente successo quella notte.
Non ci pensò allungo, perché finalmente trovò il modo di distrarsi impiegando gran parte del tempo a disposizione a lavarsi per bene. Una settimana lontana dalla vasca da bagno trascorsa a correre per vicoli bui e arrampicarsi sotto la pioggia… era stato divertente fino ad un certo punto.
Anche se le sarebbe piaciuto rimanere nell’acqua più allungo, Elena si costrinse ad affrettare le cose.
Si avvolse in un asciugamano, lasciò il bagno e si avviò nella sua stanza, che trovò in perfetto ordine.
La damigelle di Adha e la donna stessa si erano dileguate mollandola sola sul piano.
Elena si abbigliò di tutto punto e in una decina di minuti fu in grado di lasciare gli alloggi. Il peso della spada al fianco e gli stivali stretti ai polpacci: si tornava alla carica.

Come prima tappa Elena raggiunse la cucina.
Il locale era deserto, così la ragazza ebbe libero accesso alle dispense accanto ai fornelli, trovandovi della frutta e qualche pezzo di pane da intingere nel latte. Fece colazione lì, di gran fretta, perché non le piaceva rimanere da sola e tantomeno l’idea di non esserlo… se a farle compagnia erano certe persone.
Quando ebbe finito, Elena lasciò la scodella vuota sul ripiano, e si diresse fuori dalle cucine con lo stomaco troppo pieno.
Nel più totale silenzio delle scale, voltò l’angolo e fu investita da una confusione assordante che proveniva dai tavoli della sala mensa.
Assassini, ce n’erano una cinquantina minimo e parlottavano confusamente. La maggior parte di loro erano di rango medio - basso, e quei pochi che portavano una veste bianca erano seduti cauti in disparte, più o meno come la volta alla festa.
Tra di quelli, Elena riconobbe Fredrik che aveva il cappuccio abbassato.
La ragazza andò in quella direzione, ma tra tutti gli assassini che vide seduti al tavolo, le era familiare solo il viso di Fredrik, che si volse ancor prima che la ragazza potesse chiamarlo per nome.
-Elena- si alzò in piedi. –Hai già fatto colazione?- le chiese.
Non avrebbe dovuto avvicinarsi: a quel tavolo poteva esserci anche Rhami, che però mancava. In compenso, gli altri assassini di rango alto si allontanarono dalla mensa.
-Sì- rispose lei afflitta. Perché la sua presenza era tanto indigesta? Si chiese.
-Bene- Fredrik si guardò attorno. –è buffo, ma il tuo maestro non si è ancora fatto vedere; ora devo andare, comunque puoi aspettarlo nel cortile. Non tarderà, vedrai - disse e fece per avviarsi.
Elena osservò l’assassino sparire nei corridoi che collegavano la mensa ad altre piccole salette. Quando tutti gli occhi della mensa furono su di lei, Elena tornò sulle scale e le scese quasi correndo.
Il sole della mattina la colpì in pieno volto, si affacciò dal parapetto che dava sul cortile interno e prese un gran respiro d’aria fresca.
Gli arcieri sulle mura miravano composti l’orizzonte, le pattuglie facevano avanti e indietro senza sosta guardandosi dalla moltitudine di assassini.
Elena non poté far altro che restare dov’era, perché il cortile era pieno zeppo di incappucciati.
-Ma che diavolo succede?- borbottò lanciando un’occhiata in basso. L’arena degli allenamenti era vuota, manco a dire che qualcuno di grosso stava dando dimostrazione delle sue abilità.
La ragazza fece alcuni passi indietro, rientrando nel salone d’ingresso della fortezza. Si diresse verso lo studio del maestro e trovò Tharidl che parlava con un saggio dalla tunica bianca.
-…Tra due giorni potrebbe essere perfetto. Con il rientro di Adel da Alhepo potremmo svolgere le cerimonie in una sola volta- disse il saggio.
Tharidl annuì. –Sì, mi associo. D’altro canto, sono gli unici che mancano all’appello?- il vecchio gran Maestro le volse uno sguardo facendole segno di aspettare, ed Elena indietreggiò chinando il capo.
Il saggio riprese: -Sì. Onestamente, Maestro, molti di noi si aspettavano che i fatti si sarebbero svolti separatamente per ciascun membro- disse.
Tharidl scosse la testa. –Non entriamo nel dettaglio. Ora puoi andare- con un gesto congedò il saggio che si allontanò dallo studio.
Elena avanzò alzando gli occhi. –Allora… una cerimonia?- domandò. –Tutti quelli assassini sono qui per questo?- aggiunse.
Il vecchio Maestro sedette alla scrivania, sulla quale era poggiato il Frutto dell’Eden ancora avvolto nei suoi panni. –Sì, ma per ora non fartene alcuna ragione- disse congiungendo le mani sul tavolo.
-Adel…- pensò ad alta voce la ragazza. –Vuol dire che lui e il suo gruppo torneranno così in anticipo?- chiese ancora. Per “gruppo” intendeva dire “Marhim e Halef”.
Tharidl annuì.
-Potete dirmi di che cerimonia si tratta, o non sono tenuta a sapere?- aggrottò la fronte. Quel genere di segreti non le erano mai piaciuti.
Tharidl sospirò. –Te e alcuni assassini passerete al rango più alto, nulla di ché- proferì composto.
-Tutto qui?- fece sbigottita. –Tutta questa gente per un’investitura? Buffo…-.
-No- disse serio. –Il Tesoro dei Templari è nuovamente a rischio, ho ordinato che gli itinerari venissero sospesi anche per questo motivo-.
-Ah, ecco. Mi pareva strano!-.
-Ma la cerimonia di cui ti parlavo è da assecondare lo stesso. Non è cosa di tutti i giorni che una donna avanzi così rapidamente di rango- mormorò assorto.
-Davvero? Insomma…- abbassò lo sguardo pensierosa. –Mi stavo domandando giusto questo… i miei addestramenti stanno correndo veloci, me ne sono accorta chiaramente, e so che ho tutti gli anni della mia infanzia da recuperare. Ma Maestro… non sono un’assassina, ora?- alzò il viso.
Tharidl sorrise. –Un uomo può essere chiamato assassino se la sua mano è ancora pura?- fece gioioso, con un tono di voce profetico.
Elena curvò la testa da un lato, confusa.
-Non mi sembra di averti mai affidato una piuma, mia cara…- bisbigliò soave.
-No, infatti. Ma nella fortezza sia Adha che le sue damigelle mi chiamano Dea già da molto- dichiarò lei.
-Quel nome è pieno di sottintesi- proferì Tharidl. –Nel momento in cui tua madre ti diede al mondo saresti potuta essere chiamata Dea…-.
-E allora è dopo questa cerimonia che potrò essere chiamata così in sede ufficiale?-.
-Indovini il giusto. Temo di sì…- borbottò il vecchio.
-Perché… temete?-.
Il Maestro si sollevò dalla sedia e andò ad affacciarsi alle vetrate. –Mi ricordi tanto… troppo tua madre, troppo- mormorò.
Tacquero entrambi allungo, fin quando ad Elena non balzò in mente una domanda, che le era ronzata in testa tutta la notte.
-Maestro- chiamò, e l’uomo si voltò.
Elena indugiò un istante. –La madre di Rhami, Maestro, fu una Dea?- domandò, alzando gli occhi e fermandoli in quelli scuri di lui.
Il vecchio alzò un sopracciglio. –Tu come lo sai?- fece contegnoso, celando lo stupore.
Elena, colta in contro piede da quella domanda, indietreggiò come se da un momento all’altro sarebbe scappata. –Ecco- si morse un labbro.
Tharidl si fece ancor più serio. -È stato lui a dirtelo?-.
La ragazza tornò dritta e annuì sospirando.
-Se lo stava tenendo dentro da parecchio-.
L’assassina sgranò gli occhi.
-Non l’aveva mai detto a nessuno. Io lo sapevo perché certe cose non sono tenute nascoste al Gran Maestro, ma Rhami ha voluto da sé tenere il segreto, chiedendomi di tacere. Mi sorprende che l’abbia detto proprio a te… ma pensandoci, forse l’ha fatto per aiutarti? Offrirti il suo aiuto?- la interrogò schivo.
Elena non aveva bisogno di nessuno, ancora non era chiaro? –Non credo- parlottò rabbiosa, ripensando che era stata solo una scusa per abbordarla.
-In ogni modo- riprese il vecchio –dovresti…-.
Non terminò la frase che una colomba grigia si fece largo nella sala, il suo sbattere d’ali confusionario e spaventato si arrestò solo quando l’animale poggiò le gracili zampette sulla scrivania del Maestro. Attorno al collo, quando richiuse le ali, Elena notò che portava un messaggio stretto in una piccola capsula di vetro soffiato.
Tharidl si chinò sull’uccello e gli sottrasse di dosso il messaggio.
La colomba zampettò qua e là.
Il Gran Maestro aprì il piccolo stralcio di pergamena e dovette avvicinarlo al viso per leggere al meglio cosa vi era scritto.
Elena rimase paziente ad aspettare.
-Sono ad Acri- proferì in fine il Maestro, poggiando sul tavolo il foglietto.
-Chi?- domandò interessata.
Il vecchio mostrò tutta la sua gioia in un improvviso e luminoso sorriso. -Adel e i suoi- proferì. -Questa lettera risale al massimo a ieri, e vuol dire che sono già in viaggio e diretti qui-.
Dentro di lei si agitò una felicità immensa. I suoi amici stavano facendo ritorno.
Tharidl accarezzò le piume argentate dell’uccello, che al suo tocco gli montò sul braccio. Poi il vecchio richiuse la bestiolina nella gabbietta sullo scaffale della libreria, assieme alle altre colombe.
-Entro domani a quest’ora saranno qui. Stavo dicendo…- borbottò tornando con gli occhi su di lei. –Dovresti avviarti; ho del lavoro da sbrigare e il tuo maestro ti starà cercando-.
Elena scosse la testa allegra. –Invece era il contrario. Altair non si è fatto vedere tutta la mattina- rise.
-Concordo- parlottò tra sé e sé. -Speravo che passasse da me perché avevamo della cose di cui discutere-.
-Potrei andare… a cercarlo- propose lei.
Il vecchio annuì poco convinto. –Ma non spingerti troppo oltre. Modera le tue destinazioni- l’ammonì.
Elena rimase in dubbio sulle quelle ultime parole; nonostante ciò proferì un inchino e si avviò sulle scale.
Tornò ad affacciarsi sul cortile interno, che traboccava ancora di assassini, ma quei pochi uomini che portavano un cappuccio bianco, Elena non riconobbe né il rango pari al suo maestro; quindi non era lì.
Si avviò dentro la fortezza e cercò nella biblioteca: nulla da fare.
Salendo le scale, si fermò a controllare nelle stanza dei bambini, che trovò curiosamente vuote. Tornò nelle cucine, nella sala mensa e, quando ormai aveva perso tutte le speranze, tentò dicendosi:
-Magari sta ancora dormendo…- era poco probabile, ma tanto valeva tentare con tutte le ipotesi più assurde dato l’evenienza. Quella stanca e ancora sotto le coperte sarebbe dovuta essere lei…
La ragazza raggiunse l’ala degli appartamenti nobili in un batti baleno. Una volta nel cortile con la fontana, si ricordò alla perfezione quale corridoio imboccare e davanti a quale porta fermarsi.
Era lì lì per bussare, quando il suo braccio tornò steso al suo fianco.
Si sarebbe arrabbiato da morire, se l’aspettava! Ma dopotutto, l’aveva fatta girare in lungo e in largo per la fortezza mentre lui era rimasto (forse) a dormire. Chissà che cosa l’aveva stancato tanto…
La ragazza entrò, scostando delicatamente il primo battente.
Si affacciò all’interno e lo trovò ben illuminato di luce solare che penetrava dalle vetrate spalancate, dalle quali passava anche un rinfrescante venticello.
-Rashy!- sussurrò lei entrando del tutto nel locale, e la falchetta, con gli artigli stretti sul cornicione della finestra aperta, si voltò a guardarla coi suoi puzzi scuri.
L’animaletto emise un sibilo acuto, appena percettibile e spalancò le ali come per salutarla.
Elena sorrise, ma tornò presto a guardarsi attorno.
La stanza era schiava dell’ordine e della compostezza, cosa che Elena non aveva trovato nella sua prima venuta. Gli armadi ben chiusi e i libri riposti negli scaffali. Le carte geografiche arrotolate sulla scrivania, i tappeti lindi e impeccabili sparsi sul pavimento.
Era sicura di essere nella stanza giusta?
Sì, era nella stanza giusta, o Rashy non sarebbe là a fissare il panorama dalla finestra.
Elena non sapeva dove altro cercare quando, distrattamente, il suo sguardo cadde sulla scala che portava al soppalco.
Ne valeva la pena di fare qualche gradino constatando che era una gran deficiente se pretendeva di poter ficcanasare nella stanza del suo maestro così? Ovvio.
La ragazza si arrampicò silenziosamente fino ad affacciarsi solo con il busto sul soppalco.
Vuoto.
Il letto era rifatto, c’erano dei testi impilati su una piccola e bassa libreria e una candela spenta sul comodino. Il tutto avvolto da una luce più soffusa perché i raggi del sole non arrivavano fin là su.
-Che cosa stai facendo?-.
La ragazza sobbalzò, perse l’equilibrio e l’unica cosa che vide fu la scala allontanarsi, mentre la sua schiena cadeva dritta dritta verso il pavimento.
Altair l’afferrò svelto e senza sforzo per i fianchi, poi i piedi di Elena toccarono terra.
L’assassina si scansò di colpo voltandosi. –Maestro-.
-È quasi tutta la mattina che ti cerco- rispose lui. Il volto celato dal cappuccio e le armi indosso. –Si può sapere che cosa stavi facendo qui?- sbottò furioso.
E così era lui che la stava cercando? Insomma, si erano rincorsi per la fortezza entrambi tutta la mattina? Ma che scemi, si disse…
Elena fece un passo avanti. –Mi spiace, ma anche io vi cercavo! Sono stata nella biblioteca, nello studio del maestro, nelle stanze dei bambini, ovunque!-.
-Altrettanto- parlottò lui confusamente, in piedi davanti all’ingresso. –Andiamo, oggi non abbiamo tempo da perdere- le disse facendosi da parte.
La ragazza si avviò nel corridoio, e Altair, prima di chiudere la porta della sua stanza, attese che Rashy si posasse sulla sua spalla.
Una volta nel cortile interno, l’aquila si levò in cielo con un grido, e la massa di assassini lì riunita tacque.
Eh no… si disse Elena seguendo il suo maestro fino all’arena per gli allenamenti.
Quell’improvviso mutismo… Elena si sentiva avvolta, graffiata e violentata da quelli sguardi tutti o la maggior parte puntati su di loro.
Al passaggio del mastro assassino, la calca si snodava e lo lasciava continuare indisturbato, mentre Elena, alle sue spalle, avvertiva l’aria mancarle poiché stesse trattenendo il respiro.
Non le andava a genio che dovessero allenarsi davanti a tutta quella gente che non aveva un cavolo da fare se non spettegolare ulteriormente su di lei. Già la voci giravano, e con quell’ennesima comparsa in pubblico, la ragazza non sapeva come avrebbe tirato avanti nelle prossime 24 ore.
La verità era che le mancava Marhim; le mancava il suo sorriso che le dava forza e le mancavano i suoi abbracci quando si convinceva di non farcela.
Altair entrò nel recinto balzando oltre la staccionata, sfoderò la lama corta e restò impalato ad aspettare che Elena facesse lo stesso.
La ragazza non mosse un piede più avanti per diverse manciate di secondi, fin quando non fu il suo maestro a riportarla con la mente sul pianeta Terra.
-Elena- la chiamò.
Eppure non le piacque, perché subito dopo quelle poche sillabe pronunciate, tra la folla alle sue spalle, Elena avvertì nascere un brusio costante e ripetuto, alquanto fastidioso.
La ragazza avanzò, accedendo lentamente all’arena e, con movimenti dimezzati, sguainò la piccola arma.
Voleva far cessare quel brusio innervosente, e l’unico modo era lasciare senza parole tutti i presenti, ovvero combattere.

Non seppe se riuscì nel suo intento.
Erano ore o minuti che si esercitavano nel cortile, alternando l’uso della lama corta a quello della spada. Poco prima avevano interrotto per rinfrescare le nozioni con i pugnali da lancio, ma la cosa si era conclusa presto. Durante l’itinerario ad Acri, Elena aveva affinato parecchie delle sue qualità, tra cui la mira e il lancio dei coltellini. Senza volerlo, il suo stile di combattimento era diventato più classificato e meno rozzo. I suoi colpi andavano spesso a buon fine, i suoi pugnali facevano sempre centro. Altair non aveva motivo di non essere fiero della sua allieva, che sicuramente aveva appreso così velocemente da lasciarlo anche piuttosto stupefatto.
-Sei troppo rigida; accompagna il movimento con le gambe- le diceva sempre.
Ed Elena ascoltava, annuiva, sorrideva e di seguito lo rendeva ancor più sorpreso dei suoi risultati. Imparava troppo in fretta, si disse, perché sarebbe venuto un giorno in cui molte cose sarebbero cambiate. Il giorno in cui sarebbe stata una vera assassina, preda della solitudine e dello sconforto che solo togliere la vita altrui può portare. Solo allora sarebbe stato tutto più difficile, le scuola superiore che tutti temevano, il rango a cui quasi non voleva aspirare. Ma l’avrebbe fatto per sua madre e suo padre, e dimostrare che la sua famiglia aveva donato a questo mondo pullulante di guerra e ignobili bastardi una nuova, poderosa e ben affilata arma tagliente: una Dea.

La ragazza schivò il colpo piegando le ginocchia e, alzando svelta il braccio, menò un pugno con la mano sinistra al costato del suo maestro.
Altair indietreggiò, sorpreso da quell’offensiva, ma senza dare alcun segno di dolore. –Però- gioì.
Elena tornò dritta. –Non avrei dovuto, scusate!- disse avvilita, ma il suo maestro l’aveva messa in condizione di respingere l’attacco solo in quel modo.
-Non scusarti, non mi aspettavo che avresti reagito così, anche se era quello che volevo facessi- disse, massaggiandosi il punto colpito.
Elena aprì e chiuse il palmo libero sgranchendosi le nocche. –Come mai?- domandò.
-Non sempre avrai a disposizione un’arma, e quando ne possiederai una in particolare dovrai essere in grado di usarla- dette quelle parole, l’assassino fece scattare la lama nascosta che fuoriuscì dal suo polso in un sibilo metallico. La lama stette all’aperto frazioni di secondi, perché l’uomo, con un semplice tocco, la richiamò all’interno del fodero celato dai lacci del guanto.
Impressionante, ma possibile che Altair si stesse riferendo a quell’arma?
Elena si guardò il braccio sinistro, distendendo le dita della mano e voltando il palmo verso l’alto. Possibile che un giorno anche lei ne avrebbe posseduta una?
-Forza e coraggio- Altair le venne vicino. –Intendi proseguire l’addestramento?- aveva tono pacato, ma che tendeva all’affettuoso.
La ragazza annuì, pienamente convinta.
-Ottimo- l’assassino si stanziò e i due ripresero lo scontro.
Il cielo azzurro, la brezza fresca e il silenzio della folla. Quel giorno stava diventando piacevole, e alquanto divertente.
Riuscì a pieno nel suo intento, poiché più volte costrinse il suo maestro a faticare per rivalersi nello scontro, e quelle volte gli assassini che presenziavano nel cortile si cimentavano in un gradito silenzio.
In fine, Altair fece scivolare la sua piccola lama contro quella di Elena, afferrò il polso della ragazza e la fece voltare, portandole il braccio dietro la schiena.
Elena trattenne il gemito, ma il suo maestro le puntò la spada corta alla gola. –Situazione familiare?- chiese ridendo, e il suo fiato affaticato le arrivò sul collo.
La ragazza soffocò una risata. –Sì- disse allegra, e l’assassino lasciò che si divincolasse.
Elena tornò dritta facendo scricchiolare le ossa della schiena e slogando le spalle.
Altair la guardò divertito. –Fai progressi ma rimango sempre il migliore-.
Elena ricambiò il sorriso luminoso del suo maestro con altrettanta gioia.
Altair rinfoderò la lama. – Ora…- si guardò attorno. –Mi piacerebbe tanto che qualcuno…- disse.
La giovane sobbalzò. –che qualcuno?- era confusa.
Il suo maestro le lanciò un’occhiata da sotto il cappuccio. –Mi piacerebbe tanto che qualcuno ingaggiasse con te non un addestramento, ma un duello vero e proprio. Nessuna esclusione di colpi e mettiamo da parte le regole accademiche, vorrei che imparassi a fare sul serio- disse accigliato.
La ragazza annuì. –Ebbene?-.
-Ebbene- proseguì l’assassino passeggiando per l’arena. –Lascio a te scegliere il tuo avversario. Uno qualunque, novizio o Angelo che sia! Avanti, me compreso- ridacchiò malizioso.
Elena ci pensò.
-Vo…- stava per dire “voi”. Voi riferito al suo maestro, ma il suo sorriso di sfida si spense lentamente, mentre i suoi occhi azzurri scorrevano tra la folla in cerca di quelli che li somigliavano.
Quando il silenzio cominciò a farsi intollerabile anche per il suo maestro, questo mosse un passo avanti. –Vuoi che scelga io?-.
-Rhami- disse solo in sussurro. –Rhami- ripeté meno incerta.
Altair si arrestò dov’era, ma non assentì. Si voltò verso la calca attorno alla recinzione. –So che hai sentito, ragazzo! Puoi anche venire avanti, ma non ti è concesso rifiutare!- rise.
Era stato lui a chiederle se l’invito a duello era ancora valido, dunque sì, lo era. Era ora di tener fede alle sue parole, di menare qualche colpo a quel ragazzino presuntuoso e arrogante.
-Non ho mai avuto intenzione di tirarmi indietro!- rispose Rhami, ma alle orecchie di Elena giunse solo la sua voce, perché la figura del ragazzo era celata tra la folla di assassini.
Altair le andò affianco. –Ne sei sicura?- le chiese.
-Certo. Avete qualcosa in contrario, maestro?- rise lei.
-No- Altair tornò a scrutare i volti dei presenti.
Rhami avanzò verso l’arena con passo deciso, ed Elena incontrò i suoi occhi di ghiaccio.
Il ragazzo saltò la staccionata e sfoderò la spada. –Sarà un vero piacere- arrise maligno.
-Mi associo!- fece Elena contegnosa traendo dal fodero la sua arma.
Altair si allontanò dal centro del campo e sedette sulla ringhiera di legno. –Cominciate- li disse.
-Eri così impaziente?- assentì Rhami.
Elena disprezzava il suo atteggiamento menefreghista. –Se la metti in questo senso- tenne il suo sguardo accattivante, e c’era una sfida anche in quei piccoli gesti.
-Perché umiliarti combattendo con me?- domandò il ragazzo alzando le spalle.
-Me lo devi, ricordi?- lei strinse i denti.
-Che furore…- commentò l’assassino.
-Che tu possa bruciare all’Inferno…- ribatté lei.
-Accanto a te?- sbottò divertito.
Elena si sentì attraversata da un brivido. Quanto avrebbe pagato pur di poterlo decapitare lì, sul momento! Strinse con più forza l’impugnatura dell’arma. –Fatti avanti!- gridò lei.
Altair sgranò gli occhi. –Che sta succedendo?- domandò sospettoso lanciando un’occhiataccia al ragazzo.
Rhami lo ignorò e fece un passo verso di lei.
Elena gli puntò la spada contro. –Te la sei cercata!-.
-E ne sono tanto, tanto felice!- lui l’attaccò, con un colpo ben piazzato all’altezza dei fianchi ed Elena fu costretta ad indietreggiare.
Il suo avversario menò un nuovo affondo, ma la ragazza lo parò con facilità. Spinse via la sua spada, e Rhami si trovò in breve disarmato. –Ma che cavolo…- borbottò lui.
Elena scoppiò in una fragorosa risata. –Ti sei lasciato prendere… dall’emozione?- avvicinò il volto al suo.
-Può darsi- alzò un sopracciglio.
La ragazza sorrise. –Ho già vinto?-.
-No-.
Rhami scartò di lato con un balzo e la tirò per il braccio. Elena lasciò la presa sulla spada che passò nelle mani del suo avversario. Questo la minacciò alla gola. –Sorpresa!- gioì con il viso poco e nulla distante da quello di lei.
Elena alzò una gamba e lo spinse via con un calcio. Gli saltò incontro e gli sottrasse la spada di mano.
La ragazza rinfoderò poi l’arma ed estrasse la lama corta. Quando tornò addosso al suo avversario, Rhami schivò con un saltello, ma Elena non gli diede tregua e menò un colpo alto.
Il ragazzo levò il braccio sinistro e la sua lama nascosta andò ad impedire che Elena gli infilzasse la spalla. –Anche questa è abilità, non trovi?- rise lui.
Elena restò sbigottita di quel gesto tanto veloce: il meccanismo pareva essersi innescato da solo, eppure i movimenti di Rhami più di una volta erano stati capaci di sorprenderla.
La sua lama corta spingeva contro quella nascosta dell’assassino che, senza attendere un secondo di più, utilizzò la mano libera per sottrarle l’arma.
Quando ritrasse la lama nel polso, Elena finì per perdere l’equilibrio e cadere tra le sue braccia.
-Ben tornata…- le mormorò Rhami assaporando il suo profumo, ma Elena non riuscì a divincolarsi  dalla sua presa, incredibilmente salda e possessiva.
-Ehi, Don Giovanni! Vedi di tenere le mani apposto!- gridò qualcuno dalla folla, mentre altri ridevano.
-Rhami vecchio Rhami!- ridacchiò un assassino.
-Scendi dalle nuvole!- disse qualcun altro.
Altair si alzò d’un tratto dalla staccionata. –Basta così!- era irritato da quel genere di comportamenti. –Se sei qui per combattere, bene; sennò Rhami puoi anche lasciare questo cortile!-.
Il giovane assassino ebbe solo il tempo di aprire la bocca, proferendo parole mute, mentre il suo viso veniva attraversato da un’espressione di dolore extremis.
Elena aveva mirato lì in basso, con una ginocchiata ben assestata, e le braccia del ragazzo si erano sciolte dai suoi fianchi permettendole di indietreggiare col sorriso soddisfatto.
Rhami si rovesciò a terra in ginocchio, portandosi le mani tra le gambe. –Maledetta…- strinse i denti fulminandola con un’occhiataccia. Alla malizia e al furore dei suoi occhi azzurri si sostituì uno sguardo che sapeva solo impietosire.
Forse aveva esagerato?
-Nah- si disse Elena andando a recuperare la sua lama corta da terra, accanto al ragazzo.
-Soddisfatto?- gli mormorò all’orecchio.
Rhami la guardò senza fiato. –hai vinto!- la voce incrinata dal dolore, la stessa voce che non era più tanto angelica. –Maledetta Dea, hai vinto!-.
Elena si avvicinò al suo maestro rinfoderando la lama nel fodero sulle spalle.
Altair sorrideva divertito a braccia incrociate. –ben fatto- le disse.
-Se lo meritava- borbottò la ragazza tra se.
-Hai perfettamente ragione. È sempre stato parecchio strafottente- Altair avanzò verso il giovane al centro del campo.
Rhami si sollevò lentamente, e il suo volto fu attraversato diverse volte da scosse di dolore.
-E tu dovresti imparare a non sottovalutare certi tuoi punti deboli. Soprattutto quando combatti una Dea- gli disse.
Rhami chinò il capo, ma non riuscì a drizzare le spalle dal dolore persistente al cavallo. –…certo- balbettò. –Me lo ricorderò…- aggiunse.
Elena sarebbe scoppiata a ridere da un momento all’altro, sbellicandosi allo stesso modo di come si divertivano gli assassini tutt’attorno nel cortile.
-Che ti serva di lezione- Altair gli diede una pacca sulla spalla e al giovane scappò un gemito.
Rhami si allontanò tutto dolorante come se gli avessero rovesciato addosso tonnellate di pietre, e sparì tra la folla che gli fece largo, al poveretto.
La massa di assassini si disperse per la fortezza lentamente, chi diretto a pranzo e chi invece altrove, come in città, al mercato o nelle proprie stanze.
-Noi abbiamo finito?- domandò la ragazza quando il suo maestro le fu di nuovo affianco.
-Non so, tu che dici?- sorrise.
Lei annuì.
-Allora sei libera, te lo meriti- dicendo così le strinse una spalla e si allontanò dal cortile, avviandosi nella roccaforte.
Elena si guardò attorno. Prese una grossa boccata d’aria fresca e riempì i polmoni di un immenso senso di soddisfazione.




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Novità: Elika non posò codesto capitolo non alle 3 del mattino, ma intorno alle 18.30, mi pare. Sì, sì. Dunque, che dire? Rhami, vecchio Rhami, te lo meriti! E te la sei davvero cercata, mascalzone… parlo come mia nonna. Ma tornando al dunque. Ecco un nuovo capitolo più corto della media ma che spero vi sia piaciuto. Certo, anche qui sembra tutta una situazione di “passaggio” ed è così. Elena ha appena staccato dal vivo dell’azione, e volevo farle prendere fiato… Soddisfazione? Che cos’è questa parola? Un nome, ovviamente in analisi grammaticale. XD Allora… Ora passo ai ringraziamenti.

GRAZIE AI MIGLIORI UTENTI DI QUESTO SITO:

Saphira87
goku94
Lilyna_93
Carty_Sbaut

X Saphi: non c’è molto da dire, se non che mi sto cimentando a cercare qualcosa da scrivere nel presente, insomma nell’Abstergo… e devo dire che mi trovo alquanto a corto di idee. Sia da un punto di vista di “azione” che da un punto di vista “sentimentale”. Sì, sono saltate fuori le vere mansioni delle Dee, e be’… sinceramente metterò un piccolo punto più grosso nel prossimo capitolo, su questo. Col ritorno di Marhim, la cerimonia, e tutto il resto… Spero che ti sia piaciuto questo giovane allocco chappo!

X Lilyna: Non c’è molto da dire… mi mancano le tue recensioni ç__ç

X goku94: su msn ti faccio sempre una CAPA COSI’. Ovviamente sia per quanto riguarda la tua ff che quando aggiorno le mie… insomma, sei il primo a saperlo e il primo a correre a leggere! (assieme alla Saphi). Recensisci anche questo o ti sei stufato di dirmi quanto scrivo bene? *__*

X Carty_Sbaut: nuova lettrice, grazie e sono contenta che la mia ff ti piaccia. Mi dispiace così tanto per Lilyna, ma io qui mi sento male se non scrivo e non poso tutti i giorni qualcosina! Comunque, spero che continuerai a seguire la mia storia, che man a mano che va avanti sta diventando sempre più ben scritta e interessante !!! *__* anche per me!!! ù.ù
   
 
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