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Autore: MissKiddo    13/12/2015    1 recensioni
Jessica Ludlow ha vent'anni e sta per affrontare l'avventura più grande della sua vita. I suoi genitori le hanno offerto un viaggio e lei ha deciso di partire per l'Alaska insieme alla sua migliore amica.
Quando arriverà al piccolo paesino rimarrà affascinata da quel luogo così suggestivo ma quando si perderà nel bosco in mezzo ad una bufera di neve si renderà conto che la sua scelta si è rivelata fin troppo estrema. In suo aiuto arriverà Vincent Sullivan, un ragazzo cresciuto nel bosco insieme a tutta la sua famiglia.
Tratto dalla storia: "Si incamminò nella direzione che pensava fosse giusta ma dopo cinque minuti ancora vagava per il bosco senza sapere dove fosse. Fermandosi vicino ad un albero il panico iniziò a prendere il sopravvento. Non aveva camminato così tanto per raggiungere lo scoiattolo. Il suo istinto di sopravvivenza iniziò a mandarle un messaggio molto chiaro. “Mi sono persa, mi sono persa, mi sono persa”. Iniziò ad urlare il nome di Fran senza sentire alcuna risposta."
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 4

Vecchie conoscenze

 

Alfred Buckster, o semplicemente Buckster, era uscito da appena una settimana dalla prigione. Non aveva una cosa e non aveva nessun parente ancora in vita. Quei dieci anni in prigione avevano alimentato il suo odio verso la famiglia Sullivan e appena uscito decise immediatamente di tornare alla fattoria, si sarebbe vendicato.
Adesso che si trovava nel giardino di quei zoticoni provò un piacere immenso, aveva programmato ogni cosa.

 

Vincent era sveglio, stava seduto sul divano completamente al buio. La sua insonnia si faceva di nuovo sentire, i suoi pensieri erano tutti per Jessica. Ricordava il profumo dei suoi capelli quando si era avvicinato per insegnarle a sparare e quel sorriso così radioso.
Un rumore proveniente dal giardino lo distrasse, poteva essere un animale? Ma quei passi sembravano umani. Sbirciò lentamente dalla finestra, una sagoma scura si stava muovendo furtivamente. Senza farsi prendere dal panico, prese il suo fucile ed uscì all'aperto, cercò di fare tutto con molta calma, non voleva svegliare gli altri. «Chi c'è?» disse all'oscurità. Il silenzio della notte lo colpì, i rumori che normalmente si sentivano nel bosco adesso tacevano, c'era sicuramente qualcuno. Vincent scrutò meglio il giardino e poi lo vide, era Buckster con il suo solito ghigno sdentato. Non lo vedeva da dieci anni. Il volto dell'uomo lo riportò indietro nel tempo, ricordò l'odore acre del fumo.
Buckster e suo padre erano soci, si occupavano del legname e gli affari erano sempre andati bene. Però, il caratteraccio di Buckster dava molto fastidio ai clienti, Tom dal canto suo lo sopportava scusandolo ogni volta, cercando sempre di fare da pacere.
Un giorno l'ex galeotto diede un pugno ad un signore, cliente da molti anni, solo perchè aveva chiesto di pagare con due giorni di ritardo. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Tom lo licenziò ma ad Alfred non andò giù, insultò tutta la famiglia e poi non si fece vedere per un mese. La famiglia Sullivan pensò che si fosse trasferito, in cerca di qualche altro lavoro, ma una notte la casa prese fuoco, fortunatamente Tom se ne accorse e tutti rimasero illesi. La casa non fu così fortunata, dovettero ricostruire parte del soggiorno e della cucina. Infine Buckster fu ritrovato ed arrestato per tentato omicidio.
Vincent ricordava che quel periodo fu orribile, aveva paura per la sua famiglia e per la sua vita, quell'uomo era totalmente pazzo. «Cosa ci fai qui? Vattene immediatamente» disse Vincent puntando il fucile contro l'uomo.
Buckster si avvicinò lentamente tenendo le mani alzate. «Calmo, abbassa l'arma, amico!» Vincent alzò un sopracciglio. «Amico? Non siamo più amici da quando hai tentato di uccidere la mia famiglia!» l'altra rise di gusto. «Sembri tuo padre! Sono venuto in pace, tranquillo». Vincent continuava a puntare l'arma, non si fidava di quell'uomo.
Buckster si avvicinò fino a toccare la canna del fucile. Vincent vide il lampo di follia passare negli occhi di Alfred, cercò di allontanarlo ma lui stava già cambiando la traiettoria del fucile. «Ti ammazzo!» urlò Buckster sferrando un pugno in pieno viso al ragazzo. Vincent sparò, ma il proiettile si conficcò in un abete. Urlò per il dolore e lasciò cadere l'arma. Buckster gli fu addosso di nuovo e gli diede un altro pugno, lacerandogli lo zigomo. Vincent vide doppio per un momento, ma quando l'altro cercò di sferrare un terzo colpo, lui lo schivò. Buckster barcollò in avanti colpendo solo aria. Vincent ne approfittò e diede un pugno potente allo stomaco dell'uomo.

 

In casa le luci si accesero, tutti avevano sentito lo sparo. Tom uscì dalla camera e disse a Betty di prendere le ragazze e chiudersi dentro.
«Adam, Noah prendete i fucili e seguitemi». I ragazzi ubbidirono e corsero di fretta giù per le scale. In soggiorno Vincent non c'era, quindi pensarono immediatamente che il colpo di fucile era stato provocato da lui. Senza pensarci due volte uscirono nella notte.
Betty corse in camera di Cristel, la trovò in piedi, poi insieme andarono da Jessica. «Cosa succede?» chiese quest'ultima ancora mezza addormentata. «Ancora non lo sappiamo, ma è meglio rimanere dentro casa» disse Betty con la voce affaticata.

 

Vincent stava ancora lottando, nonostante Buckster fosse vecchio e gracile aveva molto forza. Schivò tutti i suoi pugni cercando di recuperare nuovamente il fucile. Sentì i passi provenire dalla fattoria, e seppe subito che stavano arrivando i rinforzi. «Fermo!» urlò Tom puntando il fucile. Buckster si fermò e fece un passo indietro. Vincent aveva lo zigomo spaccato e un labbro tumefatto, quando vide il padre e i due fratelli trasse un respiro di sollievo. Noah gli andò incontro e lo aiutò a muoversi.
Tom era infuriato, quel pazzo era tornato e aveva quasi ucciso suo figlio. «Noah, porta in casa Vincent, ci pensiamo io e Adam».


Vincent entrò in casa e si sdraiò sul divano, gli doleva la testa. Noah chiamò sua madre e le tre donne scesero al piano di sotto. «Santo cielo! Vince! Cosa è successo?» chiese Betty osservando il figlio. Noah le raccontò di Buckster e lei impallidì, quell'uomo era tornato a tormentarli. Poi cercò di scacciare quei pensieri, in quel momento doveva pensare a suo figlio. «Prendi il kit di pronto soccorso, presto!» Noah corse subito in bagno.
Cristel e Jessica erano rimaste in disparte. Jessica respirava a fatica, vedere Vincent in quelle condizioni le fece stringere il cuore. Si avvicinò lentamente al divano e lo osservò meglio. «Dio, ma chi è questo Buckster?» chiese lei poggiando una mano sulla fronte di Vincent.
Quando Noah tornò con il kit, Betty iniziò a medicare le ferite. Poi Cristel con voce tremante iniziò a raccontare alla sua nuova amica tutto quello che era successo dieci anni prima.

 

Fuori il vento si alzò, le foglie vorticavano nell'aria. Adam stava fissando Alfred, anche lui ricordava tutto il male che aveva causato alla sua famiglia. Sentendosi pieno di rabbia, si avvicinò all'uomo e, con il calcio del fucile, gli sferrò un colpo dritto allo sterno. Buckster urlò per il dolore, poggiandosi le mani sul petto. «Cosa ci fai qui?» chiese Tom. «Non volevo fare niente di male! Lo giuro...» padre e figlio si guardarono, sapevano entrambi che stava mentendo. «Non ti sparerò solo perchè mi sbatterebbero in prigione e non potrei più vedere la mia famiglia. Ti do la possibilità di scappare, ma sappi che, se mai tornerai nella mia proprietà, ti ucciderò senza pensarci» Buckster alzò gli occhi e sorrise. «Grazie, Tom, grazie! Non tornerò mai più, ho imparato la lezione!»
«Avanti, corri». Alfred corse e mentre scompariva nel bosco, Tom sparò verso il cielo, era un avvertimento. «Tornerà?» chiese Adam scrutando gli alberi. «Spero proprio di no. Accidenti! Torniamo dentro, vediamo come sta Vincent».


Buckster corse velocemente, quel bastardo di Vincent gli aveva rovinato tutti i piani. Aveva rischiato grosso, ma per fortuna che quel coglione di Tom era ancora un pappa molla. Doveva assolutamente trovare un altro modo per vendicarsi. “Non è finita, zoticoni”.

 

Adam e Tom tornarono in casa chiedendo immediatamente di Vincent. Lo trovarono in salotto mentre Betty cercava di mettergli i punti. «Cosa è successo?» chiese lui. «Sta fermo, Vince!» esclamò Betty mandandogli un occhiataccia. Jessica, che ormai sapeva tutto su Buckster, era seduta accanto a Vincent e gli stringeva la mano. «È andato via, non credo che lo rivedremo. Se avessi potuto l'avrei ucciso!» Tom cercava di rimanere calmo, ma era ancora colmo di ira. «È assurdo! Dovete chiamare immediatamente la polizia! Quell'uomo è pazzo! » disse Jessica incredula. «In Alaska non ci sono molto controlli e forze dell'ordine, molto spesso gli ex galeotti vengono qui, viviamo senza regole» rispose Adam. «Dio! Poteva uccidere Vincent!» Jessica si rese conto di averlo detto con troppa enfasi, quindi abbassò la voce. «E anche tutti noi, ecco...» Vincent si voltò verso di lei e cercò di sorridere, ma il dolore era troppo forte. «Ragazzi, andate in cucina con Noah e Cristel, c'è del tè appena fatto» disse Betty impaziente. «Vuoi liberarti di noi?» chiese Tom sorridendo. Betty posò ago e filo poi si voltò verso il marito. «Se continuate a parlare con lui non riuscirò mai a mettere questi punti!»
«E va bene, va bene. Andiamo Adam» padre e figlio andarono in cucina. Betty riprese gli strumenti e si concentrò sul lavoro di sutura. Jessica la stava osservando, come era possibile che sapesse farlo? «Sei brava, Betty»
«Quando hai quattro figli e vivi nei boschi devi essere pronta a tutto. Molto anni fa ho seguito un corso da infermiera» Vincent soffrì in silenzio, stringendo talvolta la mano di Jessica. Dopo circa mezz'ora le suture erano finite. Betty si alzò e andò a parlare con gli altri in cucina, lasciando da soli gli altri due.
«Fa male?» chiese Jessica. «Ho passato di peggio, ma fa male!»
«Mi dispiace, accidenti! Ma come gli è venuto in mente»
«C'è molta gente strana da queste parti. Sono felice che tu stia bene» Jessica continuò a stringerli la mano grande e calda, lo trovava rassicurante. «Sai, volevo scusarmi per prima. Ti ho risposto troppo bruscamente»
«Ehi, tranquilla. Io volevo solo dirti che non voglio approfittarmi di te, insomma, sarebbe assurdo, no? Ma sappi che mi stai simpatica» Jessica alzò un sopracciglio, simpatica? Gli stava simpatica? Ma che razza di commento era. Ma sapeva che aveva ragione, era tutto troppo strano. «Beh, la cosa è reciproca, Vince» si sorrisero entrambi sapendo di mentire a loro stessi.

 

Il mattino seguente il sole splendeva alto nel cielo, la temperatura era salita di qualche grado e la neve stava per sciogliersi completamente. Jessica non era più riuscita a dormire da quando quel Buckster aveva scatenato l'inferno, aveva pensato per tutta la notte a ciò che era successo, alla mano di Vincent, alle sue parole. Si alzò dal letto e si diresse alla finestra, notò che la neve era diminuita e che presto sarebbe potuta tornare. Ad un tratto sentì come una fitta allo stomaco, tornare significava non rivedere mai più quelle persone, non rivedere mai più Vincent. Scosse la testa, cosa le stava accadendo? Non poteva farsi coinvolgere in quel modo.
Mentre osservava il cielo, la porta della camera si aprì e Cristel entrò nella stanza come una furia. «Buongiorno! Hai visto il cielo? Domani tornerai a casa!» disse lei con un sorriso radioso. Jessica si voltò e l'altra notò qualcosa sul suo viso. «Ho detto qualcosa si sbagliato?»
«No, assolutamente no. Sono felice di tornare dalla mia amica, anzi, probabilmente ci saranno anche i miei genitori, chissà che paura che hanno» Cristel la osservò ancora per qualche secondo. «E allora perchè hai quel viso triste? Sai bene che potrai venire a trovarci quando vuoi...» Jessica alzò il viso e si stupì per quello che aveva appena detto Cristel, era stata capace di intuire il suo stato d'animo. «Ma presto tornerò in California e...» Cristel si avvicinò e l'abbracciò. «Non importa, la nostra casa è sempre aperta, e Vincent ti aspetterà, sai?» Jessica rise. «Cosa ti fa credere che a me interessi?»
«Stai scherzando? Ho visto come vi guardate»
«Sarebbe a dire?» chiese Jessica portandosi le mani sui fianchi. «Sguardi d'amore!» esclamò Cristel con voce sognante. «Forse ti stai immaginando troppe cose!» le due ragazze iniziarono a ridere, finendo entrambe sul letto. Jessica osservò il viso di quella ragazza, forse ingenua, forse fin troppo perspicace, ma adesso lo sapeva, erano amiche.

 

Il paese era in fermento, tutti cercavano di sapere che fine avesse fatto la turista. Quella mattina erano arrivati anche i genitori della ragazza e adesso si trovavano proprio nell'albergo dei Rey. Fran e Jason erano con loro, ormai stavano perdendo le speranze. Vivien, la madre di Jessica, piangeva seduta sul divano mentre il padre, Roger stava camminando nervosamente per la stanza. «Mi state dicendo che non potete fare niente? Dannazione, mia figlia è là fuori da qualche parte!» Roger stava urlando. Lo sceriffo si tormentava le mani in silenzio. «Signor Ludlow, mi dispiace ma non siamo attrezzati...»
«Siete degli incompetenti! Chiamerò i giornali, vedrete! Dovete trovare dei rinforzi» Vivien singhiozzò ancora più forte, e Fran la strinse accanto a sé. «Roger ha ragione, siete degli incompetenti!» aggiunse Jason. I genitori di Jessica non sapeva cosa avesse portato la figlia a lasciare quel ragazzo, ma quello non era il momento di indagare. Lo sceriffo si alzò e andò verso Roger. «Le prometto che faremo il possibile, domani dovrebbe arrivare una squadra di ricerche più qualificata»
«Certo, dopo tre giorni! Mia figlia è sicuramente morta, lo capite?» Vivien smise di piangere e guardò suo marito. «Non ti azzardare a dirlo! Mia figlia è viva!» Roger prese la mano di sua moglie e la baciò delicatamente. «Certo, tesoro, scusami».
Fran uscì all'aria aperta, aveva bisogno di una boccata d'aria. I signori Ludlow erano andati nella loro stanza, dopo tutte quelle ore di viaggio avevano bisogno di un momento di tranquillità. Jason seguì Fran e si accese una sigaretta. «Non sono uno stronzo...» Fran si voltò. «Si che lo sei»
«Mi sono pentito immediatamente di quello che ho fatto, Jess lo sa»
«Senti, adesso non mi interessa, questa è una cosa passata, voglio ritrovare Jess e portarla a casa» Fran si appoggiò al muro esasperata. «Hai ragione, è passato» disse infine Jason prendendo una lunga boccata di fumo.

 


Jessica stava lavando i piatti, ormai si sentiva a suo agio e cercava di sdebitarsi come meglio poteva. Di fronte al lavandino vi era una finestra e da lì poteva osservare Vincent che stava ancora lavorando al capanno degli attrezzi nonostante il viso tumefatto. Lo fissò per molti minuti ma non riusciva ad averne abbastanza. Aveva una canotta che lasciava scoperte le braccia possenti e muscolose, piccole gocce di sudore gli scendevano dalla fronte che brillavano alla luce del sole. Gli occhi chiari erano concentrati e decisi, poteva sentire la sua determinazione, la sua mania di fare tutto in modo impeccabile. Per un secondo, un secondo soltanto pensò che, molto probabilmente, metteva la stessa passione quando baciava. Sospirò rumorosamente. “Jess, sei sicura di non volerlo più rivedere?”. Era questa la domanda che si stava ponendo dal mattino, ma non c'erano soluzioni.
Vincent si sentì osservato e guardando verso la casa vide Jessica, decise di fare una pausa ed entrò in casa. «Prendo qualcosa da bere, tu hai sete?»
«No, grazie. Non dovresti lavorare con quelle ferite» Vincent prese una sorsata d'acqua. «Tranquilla, sto benone. Ti va di fare un giro?» chiese lui. «Le strade sono
libere?» chiese preoccupata. «Mh, no. Ma sicuramente domani lo saranno...»
«Non ho fretta. Dove volevi portarmi?»
«In montagna. Le strade verso valle sono bloccate ma quelle più in alto sono libere. Dovresti vedere i sentieri e i ruscelli» Jessica sorrise, le sarebbe piaciuto tantissimo. «Molto volentieri».

 

Jessica uscì di casa ed espose il viso verso il sole, quella sensazione la fece fremere di piacere. Vincent la raggiunse poco dopo. «E il fucile? Non ci sono gli orsi?» chiese lei. «Sono sicuro che dove ti porterò io non ci saranno orsi».
Si incamminarono lungo un sentiero secondario e camminarono per alcuni minuti in silenzio. Jessica stava imparando a muoversi con più agilità e dopo poco camminò davanti a Vincent. «Fai strada tu?» chiese lui sorridendo. «Sto prendendo confidenza con il bosco, che te ne pare? Ormai so sparare, so camminare...» Vincent le fece capire di stare in silenzio, inizialmente Jessica non capì il motivo ma voltandosi vide una volpe che attraversa il sentiero. La cosa vaporosa era rossa, il muso allungato la rendeva elegante e gli occhi erano intelligenti. Poco dopo la volpe fu raggiunta da due cuccioli, anch'essi rossi. I tre animali si fermarono ed osservarono gli umani per alcuni secondi, dopo aver capito che non erano pericolosi, rientrarono nel bosco. «Li hai visti? Mio dio sono fantastici!» Vincent, vedendo il sorriso di Jessica, si sentì colmo di gioia. «Già, è il mio animale preferito» rispose prendendola per mano. Jessica alzò il viso, data l'altezza di lui, era l'unico modo per guardarlo negli occhi. «Grazie, Vince»
«Proseguiamo, tra qualche minuti troveremo una piccola radura» continuarono a camminare mano nella mano. Jessica pensò che quel gesto le veniva naturale sin dall'inizio, prendere la mano di Vincent la faceva sentire al sicuro.
La radura era ricoperta di erba e fiori, il sole illuminava le piccole gocce di rugiada sui petali. Vincent la portò fino ad un enorme roccia dove si sedettero a gambe incrociate. «Meraviglioso, dico davvero» lo sguardo di Jessica vagava in ogni dove, voleva assaporare quel momento secondo per secondo. «Adam mi ha parlato...dice che stai scappando da qualcosa, è vero?» non seppe per quale motivo le fece quella domanda, ma sentiva di voler essere protettivo nei suoi confronti, l'avrebbe protetta da qualsiasi cosa. Jessica fece una smorfia, non voleva pensare a Jason proprio in quel momento così perfetto. «Non sto scappando, volevo soltanto prendere una pausa...»
«C'entra un uomo?»
«Purtroppo si, ho un ex ragazzo, Jason» Vincent la esortò a continuare. «Siamo stati insieme per tre anni, stavo davvero bene con lui, ho sempre pensato che fosse l'uomo della mia vita, ma a quanto pare mi sbagliavo» Vincent, sentendo quelle parole, si innervosì. «Cosa è successo?» chiese infine facendo attenzione a non far trapelare la sua rabbia. «Nell'ultimo periodo non andavamo molto d'accordo, lui era impegnato con lo sport e io ero presa dallo studio. Litigavamo quasi ogni giorno per colpa della sua gelosia, e io ero stufa di dover giustificare ogni mio spostamento. Poi una sera, a casa sua, ha iniziato ad accusarmi; diceva che avevo un amante, o forse più di uno. Io mi sono infuriata perchè sono sempre stata fedele, l'ho insultato e beh...» Vincent sentiva la rabbia salire sempre di più. «Non dirmi che...» Jessica annuì. «Mi ha dato uno schiaffo. È molto forte e l'impronta della sua mano è rimasta sulla mia guancia per almeno due giorni, un male assurdo...» Jessica si interruppe, vide Vincent cambiare espressione. «Cos'hai?»
«Come ha potuto farlo? Che razza di uomo picchia una donna! Assurdo! Un vero vigliacco»
«Calma, calma. L'ho lasciato e se sono fortunata non lo rivedrò mai più»
«Se lo avessi tra le mani... maledizione» Jessica si avvicinò a lui, tanto vicino da poter sentire il suo alito sul viso. Alzò una mano e la passò delicatamente sulle ferite. «Ci ho pensato io, gli ho dato un calcio nelle palle!» sussurrò lei con un'espressione estremamente seria. Vincent, anche lui molto serio e nervoso, non solo per quello che le aveva detto, ma anche per il contatto della sua mano sulle ferite gonfie e calde, rilassò il viso e scoppio di una risata fragorosa. «Così si fa, ragazza!» Jessica rise a sua volta. «Ci voleva, quel bastardo!» poi Vincent tornò serio e prese le mani di lei nelle sue, le strinse e le sfiorò con le labbra. «Non permettere a nessun altro di toccarti, intesi? Chiama me se ti trovi in difficoltà...»
«E come potrei? Non avete il telefono...» dopo aver parlato Jessica si rese conto di quanto fosse triste quello che aveva appena detto. Come avrebbe fatto a tenersi in contatto con lui? Le ultime speranze che aveva cedettero all'istante. «Già...» rispose Vincent capendo cosa stava pensando l'altra.

 

Buckster era tornato in paese, la paura della sera precedente l'aveva già abbandonato. Doveva trovare al più presto un piano. Voleva ucciderli tutti, ma si accontentava di farli soffrire. Raggiunse l'unico bar del posto, decise che prima avrebbe preso una sbronza colossale e poi avrebbe pensato.

 

 

Spazio autrice:
Salve! Ci ritroviamo con il quarto capitolo, che ve ne pare? Buckster è un brutto ceffo, vero? Ci voleva un cattivo u.u
Mi raccomando, recensite, per me è molto importante e soprattutto voglio sapere cosa ne pensate. Chi è il vostro personaggio preferito?

PS: volevo ringraziare Kira Nikolaevic, non solo per le belle parole, ma anche perchè senza le sue recensioni questa storia sarebbe finita nel dimenticatoi del mio PC  :)

A presto,
MissKiddo

 

   
 
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